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Autore: Soul of Paper    22/01/2017    6 recensioni
Camilla, ad un passo dal Capodanno, dopo aver ricevuto una “doccia fredda”, si ritrova a lottare contro i fantasmi che la tormentano – veri e figurativi. A cercare di ricordare la persona che era e a capire chi vuole diventare e chi NON vuole diventare. Perché spesso quella che chiamiamo libertà, diventa in realtà una prigione. E solo la verità, anche quella che ci fa più male, può renderci davvero liberi.
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camilla Baudino, Gaetano Berardi, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fantasmi

 

Nota dell'autrice: Mi scuso innanzitutto per il ritardo nella pubblicazione ma la stesura di questo capitolo e soprattutto dell'ultima scena si è rivelata un po' più complicata del previsto, e purtroppo gli impegni di lavoro tolgono tempo alla scrittura.

 

Voglio nuovamente ringraziare di cuore tutti quelli che hanno speso un poco del loro tempo per leggere e commentare questa storia: davvero mi date una carica e un'iniezione di fiducia incredibili per continuare a scrivere e cercare di fare sempre meglio, pur con tutti i miei limiti. Grazie a chi continua a spronarmi e a incitarmi a non mollare e a spicciarmi :D, è bello sapere che ci sono persone che hanno voglia di leggere ciò che scrivo, nonostante la mia prolissità e la mia lentezza.

 

Spero davvero di non deludervi e di continuare a rivivere insieme le atmosfere delle vecchie serie e a sognare un finale diverso, attendendo la settima serie che speriamo ci dia finalmente #unagioia.

 

Non vi faccio quindi perdere altro tempo e ci leggiamo alle note di fine capitolo, sempre se non vi avrò fatto addormentare prima :D

 

 

 

Capitolo 3: Passato Remoto

 

 

 

 

Francesca Berardi?!

 

Camilla si osserva per qualche istante, intenta a studiare il pacco con un'espressione assorta sul viso: un misto di curiosità, apprensione ed una punta di malinconia. I denti a tormentare il labbro inferiore, mentre, dopo un attimo di esitazione e con uno sguardo vagamente circospetto, scuote delicatamente il cartone.

 

L'unica risposta che ne ottiene è un rumore metallico ben poco chiarificatore.

 

Per la Camilla di oggi, invece, è tutto improvvisamente chiarissimo: riconosce perfettamente quel momento e quel particolare Santo Stefano, e non solo perché i suoi capelli avevano abbandonato per sempre il carré liscio ed erano tornati ad un riccio per lei decisamente più naturale.

 

Pochi mesi prima Gaetano era ripiombato nella sua vita dopo... dopo la fuga a gambe levate da quel loft in cui le aveva, per la prima volta, confessato di amarla.

 

Non si erano né visti, né sentiti, né cercati per lungo tempo ma alla fine... lo stramaledetto destino – se così vogliamo chiamare un caso di omicidio – li aveva rimessi sulla stessa strada.

 

E, poco dopo, anche un'altra mina vagante aveva invaso la carreggiata, seppur in modo molto diverso dal fratellone.

 

Francesca le era stata subito istintivamente simpatica, con la sua spontaneità, i suoi casini, la sua follia, i suoi tormenti ed il suo non riuscire a trovare il suo posto nel mondo, nonostante – o forse proprio per – la sua intelligenza, la sua sensibilità e quel bisogno quasi viscerale che aveva di essere amata.

 

Ma, allo stesso tempo, Camilla aveva ben presto imparato a temere i colpi di testa di Francesca e gli sconvolgimenti che poteva portare nella sua vita. Perché avere a che fare con due mine vaganti insieme era decisamente molto pericoloso. Troppo pericoloso.

 

Ricorda benissimo che, nel ricevere quel pacco inatteso, per un attimo aveva temuto di avere tra le mani il vaso di Pandora. Che il contenuto potesse portare brutte notizie per Francesca e, di conseguenza, per Gaetano. Perché le era stato evidente, fin dai primi scontri tra i due fratelli a cui aveva assistito, che Gaetano adorasse la sorella e che la sua severità, il suo distaccarsene emotivamente, fossero semplicemente un modo di proteggersi dal dolore di vederla continuamente sbagliare e farsi del male.

 

Eh... certo che non capita tutti i giorni di ricevere un pacco da Londra...” la voce di Rosetta la porta a spostare lo sguardo sulla portiera, che scruta la scatola con malcelata curiosità.

 

No, infatti. E scommetto che muore dalla voglia di sapere che cosa contiene...” la punzecchia Camilla con un sorrisetto sarcastico.

 

Ma si figuri, professoressa! Lo sa che sono molto discreta!” nega, con tono quasi offeso.

 

Ma certo, Rosetta, non si preoccupi, tanto a lei posso dirlo: qui c'è roba che scotta! Non ha idea di che cosa si trova in certi negozietti di Londra!” si ascolta proclamare con un tono ed uno sguardo a dir poco allusivi, “sa... dopo tanti anni di matrimonio... c'è proprio bisogno di... un po' di pepe!

 

“Sì... cinquanta sfumature di Ferrero!” esclama sua madre, con un tono tra il disgustato ed il sarcastico che le strappa, suo malgrado, una risata, “cioè un bel barattolo di Nutella, che sicuramente dà molte più soddisfazioni di Mister PolloAllePrugne!”

 

“Mamma!” cerca di protestare, non riuscendo però del tutto a stare seria.

 

Ma è proprio senza pudore! Che vergogna!

 

Il borbottio scandalizzato di Rosetta, con tanto di segno di croce, la riporta al presente – o meglio, al passato – e ad avvedersi che la vecchia se stessa sta per inforcare il portone.

 

Si affretta a raggiungersi, proprio mentre il sacco nero viene inghiottito dal cassonetto e Camilla torna a concentrarsi sulla scatola, stringendola ed esaminandola, come se dovesse rivelarle i segreti dell'universo o esploderle tra le mani da un momento all'altro.

 

Dopo essersi guardata in giro in modo circospetto, infila il pacco sotto braccio e si avvia verso il parco vicino a casa, sedendosi sulla prima panchina disponibile ed iniziando ad armeggiare con gli strati di scotch.

 

“Chissà perché non volevi aprire quel pacco in casa, eh, Camilla?” la punzecchia l'onnipresente Andreina, facendole alzare gli occhi al cielo.

 

“Mamma lo sai benissimo il perché, visto che mi leggi nel pensiero!” sbuffa, cominciando ad essere stufa di tutte queste domande retoriche e sarcastiche.

 

“Certo che lo so il perché. L'importante è che te ne renda finalmente conto anche tu, visto che sei quasi più brava a mentire a te stessa che agli altri!”

 

“Io non mento a-”

 

Ma come si apre questo coso?? Doveva proprio avvolgerlo nello scotch peggio di una mummia?!” sbotta Camilla, frustrata, tirando con forza sull'ennesimo lembo di nastro adesivo, per poi arrendersi di fronte all'evidenza.

 

Almeno per un istante.

 

Ma certo le chiavi!” esclama, estraendo il mazzo di tasca ed utilizzando la chiave più sottile come se fosse un seghetto, fino a che, infine, il nastro cede e la scatola si apre con uno scatto.

 

Vediamo che c'è qui... scatolette?!” si domanda, stupita, prendendo in mano una delle latte, “Gourmet Dog: handmade with love in Bloomsbury, London. Però...! Più che cibo per cani, queste scatolette sembrano uscite da una gioielleria! E qui Potti ha di che sfamarsi per almeno un mese.

 

Camilla si osserva rovistare nella scatola, fino a che individua una busta gialla, di quelle imbottite. Dopo un attimo di esitazione, la apre e ne estrae un cartoncino ripiegato ed una cornice.

 

Bibì...” sussurra Camilla, un sorriso intenerito sul volto mentre traccia il musetto vispo del cane, immortalato in primo piano con un buffissimo cappello di babbo natale in testa, per poi tornare a concentrarsi sul foglio, “e questo? Vediamo cosa c'è scritto...

 

In famiglia siamo un po' tutti delle mine vaganti, ma in fondo sappiamo come farci perdonare e voler bene... almeno spero!” si ascolta leggere ad alta voce, il sorriso che si allarga mentre un velo di commozione le tinge la voce, “grazie ancora di tutto, Camilla: se oggi sono qui a godermi le luminarie di Londra e non chiusa in una cella è soprattutto merito tuo – oltre che del mio fratellone, anche se non lo ammetterò mai di fronte a lui. A proposito, se lo vedi, dai un bacio da parte mia alla terza mina vagante, che se lo merita, anche se molte volte non ci capiamo e non riesco a dirglielo. Ma questo per te non è un problema, mi sembra, no? ... O forse sì ;)? In ogni caso, a presto, spero! Un bacio! Francesca.

 

Altro che se è un problema...” sospira la Camilla di allora, le guance un po' troppo rosate, mentre rilegge tra sé e sé quelle poche righe con sguardo grato e malinconico al tempo stesso.

 

Del resto, i sottotesti le erano e le sono chiarissimi: Francesca aveva notato quasi subito che suo fratello si era innamorato di lei e non si era fatta alcun problema a dirlo apertamente, davanti ad entrambi. Questa schiettezza, il non avere tabù o imbarazzi era una delle cose che Camilla più adorava e più temeva di Francesca Berardi – e anche di Francesca Gariglio, a ben pensarci. Nomen omen.

 

Mi sa che è meglio rientrare...” si ascolta mormorare tra sé e sé, prima di ripiegare il cartoncino, nasconderlo in borsa, afferrare pacchetto e cornice ed alzarsi dalla panchina.

 

“AH!” esclama, venendo investita da una luce accecante, che le provoca una fitta alla testa.

 

Coprendosi gli occhi con una mano, prova gradatamente ad aprirli, intravedendo, tra le macchie colorate che le ondeggiano sulla retina, le ormai arcinote piastrelle del corridoio della casa di Roma – almeno stavolta non sono caduta!

 

Un rumore metallico ripetuto la porta a voltarsi e dirigersi con cautela verso la cucina, riacquistando gradatamente del tutto la vista, giusto in tempo per ritrovarsi davanti alla Camilla di dieci anni prima, accovacciata per riporre le scatolette nell'armadietto dedicato alle cose di Potti, mentre il cane scodinzola allegro accanto a lei, l'aria di chi pregusta una scorpacciata.

 

Il trillo del cellulare la fa sobbalzare così tanto che solo per un soffio evita di spalmarsi rovinosamente sul povero Potti che, con un guaito, corre a rifugiarsi sotto al tavolo.

 

Lo stesso sguardo di speranza, mista ad apprensione, che si era già rivista sul volto nel ricordo del natale precedente. Solo che, questa volta, non appena ripesca il telefono dalla borsa e legge il mittente del messaggio sul display, alla speranza e all'apprensione si aggiunge anche una traccia di risentimento, seguito da un consapevole senso di colpa.

 

Gaetano...” si ascolta sospirare, lasciandosi cadere sulla sedia come se improvvisamente tutto le pesasse, “certo che avresti pure potuto farmeli gli auguri ieri... ma forse non era il caso ed è stato meglio così. Ma perché allora mi scrivi adesso? Tu che dici Potti? E dai, su, non fare l'offeso: mica ho fatto apposta!

 

Per tutta risposta, un musetto peloso fa capolino accanto alle sue gambe, sembrando quasi studiarla, gli occhi all'insù e il capo inclinato verso destra.

 

Che dici? Devo aprire il messaggio, eh? E va bene... vediamo cosa vuole... SE vuole qualcosa...” borbotta con tono ancora vagamente offeso, “dunque: “Se non sbaglio ti devo ancora una cena, per la tua intuizione sul caso di mia sorella. E ho qualcosa che ti appartiene. Sei libera una di queste sere?”. Certo che ha proprio una bella faccia tosta, eh Potti?

 

Camilla non può fare a meno di notare come, nonostante quanto appena proclamato, il suo tono sia passato dall'impermalito al vagamente lusingato e compiaciuto, un mezzo sorrisetto che le fa capolino sul viso, suo malgrado.

 

Se non sbaglio la cena la dovevi offrire a qualcun'altra, a cui peraltro l'hai pure già offerta, quindi pensavo proprio che avessi l'agenda piena in questi giorni. In ogni caso, ti ringrazio del pensiero ma non posso: sono già impegnata,” si ascolta leggere a bassa voce, rivolta a Potti, “che dici? Sarà troppo? Però almeno così impara a sparire! Che dici? Mando?

 

Potti si esibisce in un sonoro sbadiglio e, dopo averle lanciato un'ultima occhiata, le si acciambella sui piedi, pronto a schiacciarsi un pisolino.

 

Non mi sei d'aiuto però così, Potti! E va bene, dai, hai ragione: è inutile farsi problemi. Se si offende sono affari suoi, tanto sai te a me che importa!” proclama decisa, premendo il tasto di invio con un sorriso soddisfatto, “ecco fatto!

 

“Infatti, non ti importava proprio: eri solo offesa a morte perché aveva osato non farti gli auguri, nemmeno fosse il tuo fidanzato! Per non parlare della gelosia se solo si azzardava ad andare a cena con un'altra donna. Proprio chiari segnali di disinteresse ed indifferenza,” commenta Andreina, sarcastica, guadagnandosi un'occhiataccia da manuale ed una specie di ruggito, “figliola, è inutile che continui a farti venire altre rughe: la verità ti farà male, lo so, ma è necessaria, oltre che innegabile.”

 

Di nuovo il suono del cellulare: Camilla lo afferra e legge il messaggio con una velocità a dir poco incredibile, un sopracciglio alzato, insieme all'angolo destro della bocca.

 

Siamo permalose oggi, professoressa! Ma a natale non dovremmo essere tutti più buoni?” mormora, scuotendo il capo, per poi digitare, dopo un attimo di riflessione passato a tormentarsi il labbro coi denti, “A natale, forse, peccato che oggi sia Santo Stefano, commissario!

 

D'accordo, d'accordo, mi arrendo! Ma resta il fatto che ho qui qualcosa da restituirti. E anche se sei già impegnata, temo ti tocchi proprio rivedermi, professoressa. A meno che tu non voglia che lo lasci alla tua portiera...

 

Per carità! Ci manca solo quella pettegola di Rosetta!” esclama la Camilla di allora, prima di rivolgersi nuovamente a Potti, “mi sa che non abbiamo scelta, eh, Potti? E no, non voglio vedere Gaetano per i motivi che pensi tu! È un amico e basta e poi ci manca solo che Rosetta si faccia strane idee... o che Renzo lo incontri: l'unica volta che ci ha visti insieme si è messo a fare Otello e a pedinarci! No, no, non è proprio il caso.”

 

“Chissà come mai Renzo era così geloso di Gaetano, eh, Camilla? A differenza di Otello, forse tutti i torti non ce li aveva ad essere sospettoso!” la rimbecca la madre, aggiungendo, con tono sempre più sarcastico, “e comunque tu Gaetano non lo volevi proprio vedere, ovviamente! Era proprio un grande sacrificio incontrarlo e lo facevi solo ed esclusivamente per la tranquillità familiare!”

 

“Mamma! La vuoi-”

 

A cena non posso proprio. Ma tra un'ora devo portare Potti a fare due passi. Se sei libero...” si ascolta rileggere, un tono che del dispiaciuto non ha nemmeno l'ombra, ma che sembra soltanto in lieve apprensione mista a speranza, “ecco, inviato! Voglio proprio vedere se si scomoda o se ha già di meglio da fare, eh Potti?

 

Il trillo del cellulare, la mano che nervosamente lo afferra, esitando per qualche secondo prima di premere il pulsante per aprire il messaggio, i denti che nuovamente vanno a martoriare il labbro inferiore, l'aria di chi non sa bene in quale risposta sperare. O meglio, lo sa, ma sa anche che non è affatto quella in cui dovrebbe sperare – certo che ero proprio patetica: sembravo veramente una quindicenne!

 

Al parco vicino a casa tua tra un'ora?” legge e Camilla non può fare a meno di notare il sorriso ebete che quasi inconsciamente si era fatto largo sul viso della vecchia sé – no, mi correggo, ero peggio di una quindicenne!

 

Ok!” risponde, il sorriso che ancora non accenna a volersene andare, prima di farsi prendere da un dubbio, “il parco è grande, forse è meglio che specifichiamo la panchina, vero Potti?

 

Il cagnolino però, già bello che addormentato, si limita a continuare a pisolare sui suoi piedi.

 

Va beh... io glielo scrivo. È inutile che gli faccio perdere tempo!

 

“Disse prima di fargli perdere altri dieci anni a correrle appresso!” ironizza Andreina, ricambiando con un'occhiata eloquente lo sguardo omicida della figlia.

 

Ci troviamo alla-

 

Camilla!

 

La voce di sua madre le fa fare un salto e, d'istinto, Camilla si volta verso lo spirito di Andreina che però si limita a guardarla con il suo solito sorrisetto sarcastico ed un'aria placida, tranquilla e innocente che manderebbe in bestia pure un santo.

 

È a quel punto che, con la coda dell'occhio, nota la donna appoggiata allo stipite della porta, mentre la successione degli eventi di quella giornata si fa più chiara nella sua mente.

 

Mamma!” esclama la Camilla di dieci anni prima, afferrando al volo il telefono prima che le caschi dalle mani, l'aria spaventata non solo di chi è stato colto di sorpresa, ma soprattutto di chi è stato beccato con le mani nella marmellata – ero davvero trasparente!

 

Ti disturbo?” domanda l'Andreina sessantenne, un tono ed uno sguardo che sono tutto un programma e che le fanno capire sembra ombra di dubbio, col senno di poi, che la madre aveva probabilmente capito tutto.

 

“Da quanto eri lì? Avevi sentito tutto?” chiede Camilla alla madre, prima di bloccarsi per un secondo, rendendosi conto di cosa sta facendo – ma mi metto pure a chiederle chiarimenti, come se lei fosse realmente qui e questo non fosse solo un sogno?! Sono proprio messa male!

 

“Sì, figliola, sull'ultima parte non posso che concordare, purtroppo. Anche se spero che prima o poi ti entrerà in testa che questo NON è un sogno. Per il resto... non avevo sentito granché in realtà, solo la parte su parco e panchina. Ma non serviva: bastava guardarti, con quel sorriso rincretinito che avevi!” spiega con tono bonario ed un sopracciglio alzato.

 

No, mamma, certo che no, ma mi hai spaventata!” la voce della Camilla di allora le raggiunge dopo un attimo di silenzio in cui, evidentemente, stava cercando di ricomporsi, aggiungendo, in un tono troppo concitato e dopo un ulteriore momento di esitazione, “stavo scrivendo a Martina. Sai, per mettersi d'accordo su a che ora passa a prendere Livietta, per portarla al parco giochi con Giulio. A proposito, Livietta dov'è?

 

Si sta preparando in camera sua: ha tirato fuori un sacco di vestiti prima di sceglierne uno. L'amore rincretinisce proprio – e meno male che alla sua età, a differenza che in altre, non ci sono ancora di mezzo gli ormoni!” proclama l'Andreina sessantenne, squadrando la figlia in un modo che pare volerle leggere dentro.

 

Per carità, non farti sentire da Renzo a parlare di ormoni che, ansioso com'è, come minimo le mette una cintura di castità!” ribatte Camilla, in un tentativo evidente di cambiare argomento, l'aria di chi non sa bene se si stia solo immaginando i possibili doppi sensi della frase della madre.

 

Forse Renzo dovrebbe preoccuparsi più della castità di qualcun altro,” sottolinea, con un tono asciutto, quasi duro, ed un'altra di quelle occhiate penetranti, “e comunque non può sentirmi, visto che non è qui.

 

Ma che vuoi dire...?” balbetta Camilla, dopo un attimo di esitazione, un lampo di senso di colpa misto ad apprensione che per un secondo le fa capolino sul viso, prima di sembrare assalita da un dubbio, “ma non penserai mica che Renzo...? Ma no, lo so che è la prima volta che non c'è a Santo Stefano, ma non è colpa sua se gli hanno appioppato l'allestimento del comune per il capodanno!

 

E questa volta, Camilla se lo ricorda bene, il suo non era affatto soltanto un tentativo di rigirare la frittata: perché le parole della madre l'avevano portata a riflettere su quanto fosse insolita quell'assenza del marito durante le festività. Stranezza che si assommava ad altre avvenute in quello stesso periodo, come la voglia improvvisa di rimettersi in forma e praticare sport, ad esempio, oppure quei regali e quei mazzi di fiori, dopo anni in cui il massimo del romanticismo era stato una cena fuori o acconsentire, obtorto collo, ad un'uscita mondana.

 

Pensando a te... l'insegnante di danza di Livietta: col senno di poi tutte quelle stranezze non avevano proprio nulla di strano. Una parte di Camilla si era sempre chiesta fino a dove si fosse spinto Renzo già allora. Se il primo tradimento fosse stato quello, reo confesso, con Carmen o se tra una salsa un merengue e una bachata... Renzo l'avesse altro che baciata quella specie di barbie-maestra-di-danza.

 

Ma no Camilla, ci mancherebbe. Sulla fedeltà di tuo marito non ho alcun dubbio,” rimarca Andreina, in un modo che di nuovo trasuda doppi e tripli sensi, “e lo so che deve lavorare. Però se fosse più presente forse sarebbe meglio, non credi? E non solo perché il pranzo di oggi sarebbe stato sicuramente molto più mangiabile. Quando si è troppo spesso fuori casa si corre il rischio di perdersi e di lasciarsi sfuggire tante cose!

 

“Senti come lo difendevo, mentre come minimo se la stava spassando con quella! Ero proprio ingenua!!” commenta lo spirito di sua madre, scuotendo il capo e sembrando quasi in collera con se stessa, “però, pure tu figliola! Che dovevo fare?”

 

Beh, ma recupererà più avanti, ne sono sicura!” la voce della vecchia se stessa la blocca prima che possa formulare una risposta, e Camilla si ricorda benissimo che non aveva affatto colto tutti i tripli sensi materni – o forse sperava che fossero solo frutto della sua immaginazione e dei suoi sensi di colpa.

 

Certe cose non si possono più recuperare, Camilla. Ricordatelo sempre. Quando ci si perde... non è sempre facile ritrovarsi e da certe cose non si torna indietro,” pronuncia Andreina con una solennità che ancora adesso, ad anni di distanza, è come un pugno allo stomaco.

 

Mamma... ma che stai dicendo? C'è qualcosa che mi devi dire?” si sente domandarle, con aria chiaramente spaventata, e non ricorda se temesse più di essere scoperta o che la madre sapesse qualcosa su quell'assenza di Renzo.

 

Sono io a chiederlo a te, Camilla: c'è qualcosa che mi devi dire?” le fa eco la madre, sempre con quel tono grave, quegli occhi di ghiaccio che sembrano volerle scavare fin nel profondo dell'anima, in una specie di sfida a chi avrebbe per prima distolto lo sguardo.

 

No, certo che no!” si ascolta negare, anche se gli occhi le precipitano al suolo in un modo che, a rivedere la scena dall'esterno, sembra quasi un'ammissione di colpevolezza, “e comunque forse ora è meglio-

 

Mamma!! Mamma!!

 

La voce di Livietta la porta a voltarsi, ora come allora, verso la porta della cucina, dove la bimba fa capolino, con un vestitino blu a dir poco adorabile e che faceva risaltare ancora di più quegli occhioni meravigliosi.

 

Che ne dici? Piacerà a Giulio?” domanda con un sorriso, facendo una giravolta.

 

Amore, ma sei bellissima!” proclama la vecchia sé con un tono talmente dolce da provocarle una fitta al cuore, raggiungendo in un secondo la figlia per soffocarla di abbracci e solletico, facendola ridere, mentre cerca di divincolarsi – se penso che ora sei già diventata mamma! Ma dove saranno finiti tutti questi anni? Sei cresciuta e non me ne sono quasi resa conto!

 

“AH!”

 

Di nuovo la luce accecante, che la lascia disorientata e pervasa da un senso di nausea, la testa che pulsa.

 

Le ci vuole qualche secondo prima di riuscire anche solo a tentare di riaprire gli occhi. Si ritrova davanti al marrone avvizzito di foglie ormai secche e mezze congelate.

 

Il parco.

 

Si guarda intorno, cercando la panchina dove, già sa, la se stessa di dieci anni prima starà aspettando l'arrivo di un certo commissario – e infatti, eccomi lì!

 

A passo ancora instabile, inizia ad accorciare la distanza che la separa da quella Camilla mezza imbacuccata nel cappotto, intenta a coccolare la palla di pelo nera accucciata in grembo.

 

Voglio proprio vedere se arriva puntuale, eh, Potti? Mancano ancora due minuti!” si sente mormorare, con tono vagamente polemico e allo stesso tempo speranzoso – certo che quei mancati auguri non mi erano proprio andati giù! Non mi ricordavo di essermela presa così tanto!

 

Camilla!!

 

Con un sorriso perfettamente speculare a quello della vecchia sé, si volta verso la direzione della voce e incontra due occhi azzurri che brillano in un modo che le sembra quasi impossibile. Gaetano, completo a giacca, niente cravatta, e cappotto nero, si avvicina a Camilla, che lo saluta con un mezzo sorriso quasi timido e un rapido movimento della mano, che viene da lui ricambiato – ci facevamo pure ciao-ciao con la manina! Come i bambini! Mamma mia, quanto eravamo imbranati!

 

È da molto che aspetti? L'appuntamento era alle 16, vero?” le domanda, un poco preoccupato, controllando l'orologio.

 

No, non è da molto che aspetto e sì, sei puntuale, commissario, mi tocca riconoscertelo,” ammette con un sorrisetto sarcastico, che viene però tradito dalla nota affettuosa nella voce e dagli occhi che – non può negarlo – brillano quasi più di quelli di lui.

 

Veramente la sorpresa è che tu sia arrivata puntuale, anzi addirittura in anticipo, professoressa,” rimpalla, senza perdere un colpo, nello stesso identico tono, per poi punzecchiarla, sornione, “cos'è? Non vedevi l'ora di vedermi?

 

Ti piacerebbe! Ma la colpa è di Potti: sai com'è... il richiamo della natura...” ribatte, con aria sostenuta – certo che avevo una faccia tosta da manuale!

 

Il povero Potti, tirato in ballo, per tutta risposta solleva il capo e abbaia sonoramente per due volte, fermandosi poi a studiare con attenzione l'uomo che gli si staglia davanti.

 

La tua padrona è una bella bugiarda, vero Potti?” ironizza Gaetano, allungando una mano verso la testa del cane che però si ritrae leggermente e abbaia diffidente.

 

Attento a te, commissario: l'ultimo che ha osato darmi della bugiarda e ha poi tentato di coccolare Potti, si è ritrovato senza una mano!” lo minaccia scherzosamente, con tono fintamente offeso.

 

Vorrà dire che correrò questo rischio, professoressa: le mani mi servirebbero entrambe, ma posso anche farmene bastare solo una, se è necessario,” ribatte, fulminando la Camilla di allora con un'occhiata e un tono a dir poco allusivi, che la fanno diventare quasi dello stesso color rubino del cappotto.

 

In un silenzio carico di tensione – solo in minima parte dettato dall'imbarazzo – Camilla, il cuore in gola e il viso caldo, ora come allora, osserva Gaetano allungare nuovamente la mano verso il suo Potti che, dopo averla annusata con circospezione per qualche istante, infine cede e si lascia accarezzare, rimanendo però sempre un poco guardingo.

 

Gaetano, continuando a coccolare Potti, si siede accanto a Camilla, che rabbrividisce visibilmente, complice la vicinanza di lui e quella mano che si muove pericolosamente vicina al suo seno, sebbene per motivi del tutto innocenti.

 

È proprio quel brivido che porta Gaetano a spostare l'attenzione dal cane alla padrona, rivolgendole uno sguardo interrogativo.

 

Brrr... certo che si gela!” esclama, abbracciandosi e sfregandosi le braccia con le mani, come se tentasse disperatamente di riscaldarsi – certo che ero brava a deflettere!

 

Beh, forse su questo posso esserti d'aiuto, professoressa...” proclama Gaetano, con un sorriso ed un tono che già da soli basterebbero a far avvampare chiunque – altro che freddo!

 

D'aiuto... d'aiuto a scaldarmi?!” si ascolta balbettare, i muscoli del collo che le si contraggono mentre deglutisce rumorosamente.

 

Sì, ma devi chiudere gli occhi...” soggiunge, basso, suggestivo, quasi roco, quel sorriso da schiaffi ben impresso sul viso.

 

Qualche istante trascorso occhi negli occhi e la Camilla di allora scoppia in una mezza risata, tra l'incredulo e l'imbarazzato, scuotendo il capo in segno di diniego.

 

Che c'è?! Non ti fidi di me?” le chiede con tono per nulla offeso, anzi, divertito e giocoso.

 

Per niente!” esclama decisa, scoppiando insieme a lui in un'altra risata piena e sincera.

 

E dai, professoressa! Lo sai che a natale dovremmo essere tutti più buoni – e pure a santo Stefano, visto quanto sei pignola!” scherza, per poi farsi serio e affermare, guardandola negli occhi, “e poi non farei mai niente che tu non voglia. E lo sai!

 

“Il problema era proprio quello che anche tu volevi, non è vero, Camilla?!” la punzecchia la voce di sua madre, facendole fare un mezzo salto, nonostante ormai dovrebbe essersi quasi abituata al suo sbucare sempre fuori all'improvviso.

 

“Mamma, dai, è imbarazzante!” protesta, anche se, lo deve ammettere, rivedere quelle scene le provoca uno strano calore nel petto, che neanche la presenza di sua madre riesce a rovinare.

 

E va bene!” la raggiunge la sua stessa voce, e Camilla solleva lo sguardo giusto in tempo per osservarsi annuire con un mezzo sorriso, intimando scherzosamente, puntando un dito dritto in faccia a Gaetano, “ma attento a te, Berardi!

 

Camilla chiude gli occhi, i denti che quasi immediatamente tornano a tormentarle il labbro inferiore, mentre attende un poco tremante che Gaetano faccia la sua mossa.

 

Ricorda ancora benissimo che una piccola parte di lei, una parte oscura, nascosta e di cui non andava fiera, aveva sperato, almeno per un secondo, che lui non ascoltasse le sue minacce, infrangesse le sue promesse e la scaldasse in quel modo che aveva desiderato disperatamente fin da quando le si era avvicinato un po' troppo, mettendola letteralmente al muro, a casa di Mazzeo.

 

Del resto, come potevo non desiderarti? Sei stato proprio bravo a conquistarmi, Gaetano, te lo devo riconoscere. E poi... mamma mia, ma guarda un po' come mi guardavi, mannaggia a te! - sospira tra sé e sé, osservando il modo in cui Gaetano era intento a studiarla, approfittando del fatto che Camilla fosse ancora con gli occhi chiusi. Un sorriso dolce gli si dipinge sul viso, prima che gli occhi gli cadano sulle labbra a pochi centimetri dalle sue e il sorriso sparisca lasciando il posto ad uno sguardo talmente intenso da causarle un lieve tremore.

 

Camilla lo vede esitare per un secondo, il viso che si avvicina quasi impercettibilmente a quello della vecchia se stessa. Un sussulto e Gaetano si blocca, scuote il capo e lo ritrae, l'aria di chi sta dando mentalmente dello stupido. Mordendosi le labbra, infila una mano sotto al cappotto, da cui estrae una sciarpa nera che aveva nascosto tra la giacca e il soprabito.

 

Con un sorriso e mani leggermente tremanti, gliela drappeggia sulle spalle, per poi avvolgergliele completamente in una specie di abbraccio di stoffa, continuando a tenere ben salde le estremità della sciarpa anche quando, a quel contatto, Camilla riapre gli occhi.

 

Si osserva alternare lo sguardo tra lui, le sue mani e la sciarpa, un lampo di riconoscimento che spazza via la confusione, “ma è la mia sciarpa! È una vita che la cerco! Pensavo di averla persa!

 

L'hai lasciata a casa di Francesca, quando sei andata a salutare lei e Bibì!” le chiarisce con un sorriso, “l'altro giorno stavo mettendo un po' d'ordine a casa sua, perché mi ha chiesto di spedirle alcune cose e vorrebbe metterla in affitto, fino a che starà a Londra e... l'ho trovata dietro a un cuscino del divano. Chissà come ci sarà finita...

 

Sarà stata Bibì, sicuro!” esclama, ricambiando il sorriso, prima che un lampo di dubbio le attraversi lo sguardo, “ma scusa, come hai fatto a capire che la sciarpa era mia?

 

Beh, prima di tutto mi era familiare. E poi...” si interrompe, un'espressione imbarazzata che gli increspa il volto.

 

E poi?” lo incalza, incuriosita da questa sua esitazione.

 

E poi... ho riconosciuto il tuo profumo,” ammette con un sospiro, le guance che si fanno più scure, gli occhi che precipitano al suolo e la sicurezza da gatto sornione che lascia per un attimo il posto ad un'aria impacciata da adolescente alle prime armi.

 

Il mio profumo? Ma io non metto nessun profumo,” replica Camilla, più confusa che imbarazzata.

 

Ma hai comunque un tuo profumo... come tutti del resto,” chiarisce Gaetano, per poi proseguire, in un mezzo sussurro, “solo che il tuo mi sa che lo riconoscerei tra mille, professoressa.

 

Camilla nota le guance della se stessa di allora farsi talmente paonazze da far impallidire perfino il cappotto, gli occhi incastrati in quelli di Gaetano, che sembra a sua volta reduce da una corsa intensa, tra il colorito e il modo quasi affannoso in cui respira. Non che lei fosse messa meglio, anzi.

 

I loro visi si fanno di poco più vicini, le pupille che si dilatano, mentre si ascolta pronunciare, dopo un attimo di indecisione, la voce terribilmente roca, “a proposito di Francesca... anche io ho qualcosa da darti, da parte sua.

 

Ah, sì?” le chiede, intrigato, non rompendo nemmeno per un secondo il contatto visivo, gravitando ancora più verso di lei.

 

Sì, ma anche tu devi chiudere gli occhi...” sussurra, lo sguardo che, inconsciamente, le cade sulle labbra di lui.

 

Gaetano la scruta per qualche istante, un'espressione dubbiosa e speranzosa al tempo stesso, prima di chiudere gli occhi, senza nemmeno un tentativo di protesta.

 

Camilla si osserva esitare per un secondo, gli occhi semi socchiusi ed ancora ben piantati sulle labbra di lui, prima di iniziare lentamente ma inesorabilmente ad accorciare le distanze, sempre di più, sempre di più, sembrando quasi ipnotizzata.

 

Due centimetri, solo due centimetri li separano quando, come colpita da una specie di scossa, sobbalza e si blocca bruscamente, tirando indietro capo e busto con movimento quasi violento, prima di lasciarsi andare ad un sospiro, la mano che le copre gli occhi e poi la bocca.

 

Ricorda benissimo cos'era stata la scossa: le parole di sua madre le erano entrate in testa, quasi dal nulla, e si era improvvisamente chiesta cosa diamine stesse facendo – certe cose non si possono più recuperare... non si torna indietro... avevi ragione, avevi ragione da vendere!

 

“Tu che mi dai ragione? Ora sì che mi fai davvero preoccupare, Camilla!” ribatte Andreina, in modo solo in parte scherzoso, “e poi... a volte forse è meglio, sai? Non poter tornare indietro, intendo. Ci costringe ad andare avanti e a non cedere alla tentazione di vivere nel passato.”

 

C'è una nota di grande rimpianto nella voce della madre che sorprende Camilla e la porta a voltarsi verso di lei, che però continua semplicemente a guardare dritto davanti a sé, non sembrando realmente vedere nulla.

 

Con la coda dell'occhio, si rivede rovistare nella borsa ed estrarne un oggetto metallico, per poi prendere la mano destra di Gaetano tra le sue e poggiarglielo sul palmo. Con uno scatto, si affretta a ritrarre le dita che lui cerca di afferrare, l'espressione di chi si è appena scottata, in più di un senso.

 

Gaetano, che era rimasto con gli occhi perfettamente chiusi fino a quel momento, li riapre con un'espressione interrogativa.

 

Una... una scatoletta di cibo per cani?! Ma che significa??” domanda, il tono che lascia trapelare chiaramente la confusione e anche una punta di delusione, alternando lo sguardo tra la sua mano e gli occhi di Camilla.

 

Me l'ha mandata tua sorella... in realtà me ne ha mandate molte, per Potti. Ma una mi ha chiesto di lasciarla a te... chi lo sa... magari ti sta dicendo che dovresti adottare un amico a quattro zampe anche tu!” si ascolta improvvisare, con quell'incredibile faccia tosta che sta sempre più scoprendo di avere – certo che ero proprio brava a raccontare palle!

 

Un cane? Io?” chiede, evidentemente scettico, sia sul suggerimento, sia sul regalo e la sua provenienza.

 

Perché? Non ti piacciono?” gli domanda e, per tutta risposta, Potti si mette ad abbaiare due volte, scrutandolo con aria offesa.

 

No, no, per carità, non è questo, anzi! I cani mi piacciono molto – certo che il tuo però è permaloso quasi quanto la padrona!” la punzecchia, allungando di nuovo una mano verso Potti che, seppur con aria sostenuta, si lascia accarezzare, “anzi, figurati che quando vivevo ancora a casa dei miei ne avevamo pure adottato uno, io e Francesca.

 

Ah, avevate preso un cane del canile? Ma che bravi!” gli sorride con tono di approvazione, Potti che abbaia un'altra volta come a darle supporto.

 

No, veramente l'avevamo trovato per caso... era appena un cucciolo, qualcuno l'aveva abbandonato dentro ad un cassonetto rovesciato vicino a casa nostra. Per fortuna l'avevo sentito guaire mentre andavo a buttare l'immondizia: era novembre e faceva molto freddo. Sarebbe sicuramente morto.
 

Ma che bastardi!” prorompe la vecchia sé, mentre Potti, di nuovo, prima guaisce e poi abbaia forte, in un sincronismo comico e dolce al tempo stesso, “e lui com'era? O era una lei?

 

Lui, lui: Ozzy.

 

Ozzy??” gli domanda incredula, l'aria di chi sta trattenendo una risata.

 

L'avevo chiamato così perché, quando ci si metteva, superava in decibel il cd dei Black Sabbath di mia sorella, col volume a palla,” chiarisce e questa volta Camilla non può evitare di scoppiare a ridere, “tu ridi, ma dovevi sentirlo: era piccoletto, ma ogni volta che uscivamo di casa, o rientravamo, o qualcuno suonava al campanello, dovevi sentire che casino che faceva! Infatti mio padre non lo poteva vedere. Mia madre lo tollerava, anche se i primi tempi gliene ha combinate di tutti i colori. Ma con me e con Francesca era dolcissimo e davvero fedele: credo che si sarebbe fatto ammazzare per noi.

 

E poi? Che fine ha fatto? Perché qualcosa mi dice che questa storia non è finita qui, vero?

 

Purtroppo no... certo che però non te ne sfugge mai una! Ma come fai?” commenta con uno sguardo ed un tono così carichi di ammirazione da farle sentire una specie di peso sul petto, pure ad anni di distanza, “comunque ad un certo punto è scappato e non è mai più tornato. O almeno questa è stata la versione ufficiale. Non ci ho mai creduto ma... ero via all'università e Francesca... era già in giro per l'Europa a fare la mina vagante...

 

Ma è orribile! Mi dispiace tanto!” esclama la vecchia Camilla, appoggiandogli istintivamente una mano sulla spalla, come per consolarlo.

 

Gaetano sposta lo sguardo su quella mano, che indugia ancora per qualche secondo, stringendogli leggermente il braccio, prima che Camilla la lasci ricadere in grembo.

 

E non hai mai più pensato di-

 

Prendere un altro cane? Con la vita che faccio? Non ho orari, sono più fuori casa che a casa. Non voglio costringerlo a una vita di solitudine. Per quella basto io,” proclama, guardandola dritto negli occhi, in un modo terribilmente malinconico che non fa altro che accrescere quel peso dolceamaro che Camilla ha sul cuore.

 

Eh mamma mia, quanto sei tragico!” prorompe la se stessa di allora, dandogli un colpetto sul braccio, “prima di tutto, che direbbe il tuo magistrato a sentirti parlare così-

 

Ma che c'entra Sonia?!

 

C'entra, c'entra, Sonia!” rimarca, pronunciando il nome dell'altra donna in un modo che è tutto un programma – certo che ero veramente gelosa! - per poi proseguire più seria, guardandolo negli occhi, “e comunque, guarda che quello che conta non è la quantità di tempo, ma la qualità di tempo che dedichi. E, secondo me, tua sorella forse sta cercando di dirti che dovresti smetterla con la vita di solitudine e darti una possibilità-

 

Mia sorella?” le domanda con un mezzo sorrisetto ed un sopracciglio alzato.

 

Certo, tua sorella,” ribatte, piatta, il viso perfettamente neutro, non fosse per gli occhi che le brillano sempre un po' troppo e quell'angolo della bocca che a tratti le si piega all'insù.

 

E tu?

 

E io cosa?” gli domanda, aggrottando la fronte, confusa.

 

E tu cosa ne pensi? Concordi con mia sorella?” le chiede, sottolineando le ultime due parole in un modo che fa invidia a quello con il quale lei aveva appena pronunciato il nome del magistrato.

 

Io penso che te la caveresti benissimo... a patto che eviti... troppe distrazioni,” ribatte, fulminandolo con un'occhiata eloquente, la voce che si fa sempre più bassa.

 

E stiamo ancora parlando di cani, naturalmente,” ironizza, scuotendo il capo con aria affettuosamente esasperata – ah, quanto mi piaceva quando mi guardavi così!

 

Naturalmente, sì,” rimpalla Camilla con un sorriso sornione.

 

I loro sguardi si incrociano in una sfida non verbale, i sorrisi che si fanno più ampi per poi gradatamente sparire, i denti di Camilla a tormentarle il labbro inferiore. Il busto di entrambi, già proteso in avanti nella concitazione del botta-e-risposta, gravita sempre di più verso quello dell'altro, i visi che di nuovo si ritrovano un po' troppo vicini, i respiri gelidi che quasi si mischiano in un'unica nuvola di condensa.

 

Ed è nuovamente Camilla a riscuotersi per prima, abbassando il capo quasi di scatto.

 

Vedi?” domanda dopo un attimo di pausa, con tono un po' troppo alto e squillante, indicando Potti che, nel frattempo, si è accoccolato in grembo a Gaetano e lo guarda in modo quasi adorante, “anche Potti concorda con me! Gli sei simpatico! Anzi, direi proprio che l'hai conquistato!

 

Quindi, visto che concorda con te, vuoi dire che ho conquistato anche te?” la incalza, senza perdere un colpo, dritto negli occhi, per poi aggiungere con un mezzo sorriso soddisfatto, quando lei balbetta qualcosa di incomprensibile, rossa come un peperone, “ma credo proprio che, almeno per quanto riguarda Potti, il merito purtroppo non sia mio, ma di questa.

 

Solleva tra due dita la scatoletta di cibo per cani, che ancora tiene in mano e che il cane scruta in modo quasi rapace, non perdendola di vista nemmeno per un secondo.

 

Posso...?” le chiede con un sorriso, mimando il gesto di aprirla.

 

Ma sì, va bene...” acconsente, ricambiando il sorriso con studiata tranquillità, sebbene il rossore sia ben lungi dall'essere sparito, “in fondo è natale-

 

Veramente è santo Stefano, professoressa!” la punzecchia, facendole il verso.

 

Ma come siamo spiritosi oggi!” proclama, scuotendo il capo con tono fintamente offeso, per poi confermare con un sospiro, “e comunque, visto che è festa, direi che per oggi Potti può anche mangiare un po' di più. Ma che non diventi un'abitudine, chiaro?

 

Dici a me o a lui?

 

A tutti e due! Tanto siete tutti uguali voi uomini!” lo canzona, strappandogli un sorriso ed un'altra di quelle occhiate dolcemente esasperate che aveva sempre adorato provocargli – peccato che poi hai iniziato solo ad esasperarti e, soprattutto, ad esasperarmi allo sfinimento!

 

Gaetano poggia la scatoletta aperta a terra e, nel giro di due secondi, Potti gli balza giù dalle gambe e ci si tuffa con voracità.

 

Dovrò proprio ringraziare mia sorella...” commenta Gaetano dopo attimi trascorsi in perfetto silenzio, ad osservare Potti abbuffarsi come se non ci fosse un domani.

 

La punta di ironia sulle ultime due parole non eclissa affatto la reale gratitudine che Camilla gli legge in viso, in quello sguardo intenso e malinconico che lancia alla se stessa di dieci anni prima.

 

Per la scatoletta che Potti si sta divorando?” si schernisce, confusa ed ancora un po' in imbarazzo.

 

No... non solo. Per avere trovato tempo tra tutti i suoi impegni di... di pensare anche a me, oggi. Non era scontato e lo apprezzo molto.”

 

Incredula e con ormai un macigno sul petto, Camilla osserva quel sorriso ampio, commosso e senza filtri che le si era appena aperto sul viso, ricambiato in pieno da Gaetano – sarò ancora capace di sorridere così? Saremmo ancora capaci di sorriderci in quel modo? È incredibile quanto siamo cambiati!

 

Momenti interminabili trascorsi a guardarsi negli occhi, in un dialogo non verbale che però dice così tanto, forse troppo, l'aria di chi è incredibilmente a proprio agio, nonostante l'elettricità statica che si respira nell'aria.

 

In realtà...” si ascolta pronunciare con voce roca, indugiando per un attimo sull'ultima sillaba, prima di riprendere coraggio, tirare un bel respiro ed ammettere, “in realtà... tua sorella mi ha affidato anche un altro regalo per te. Ma devi di nuovo chiudere gli occhi.

 

E che cos'è stavolta? Un guinzaglio?” la prende in giro, facendole l'occhiolino.

 

No, credo che tua sorella sappia benissimo che a quelli sei un po' allergico!” lo rimbecca con un mezzo sorriso ed un'occhiata eloquente.

 

Credo che a quelli sia molto allergica anche mia sorella,” rimpalla, tono e sguardo che riflettono perfettamente quelli di lei.

 

Gli occhi. Chiusi,” ordina, puntandogli un dito a due centimetri dal mento.

 

Camilla...” sospira esasperato, scuotendo per l'ennesima volta il capo.

 

Non ti fidi di me?” lo provoca, facendogli eco.

 

Pure troppo, anche se probabilmente non dovrei!” confessa con un altro sospiro, prima di cedere ed alzare le mani in segno di resa, “e va bene, e va bene, li chiudo!

 

La vecchia Camilla rimane per qualche istante lì, seduta immobile ad osservare non vista il viso di Gaetano, le pupille che si muovono rapidamente, l'aspetto di chi sta decidendo se tentare il tuffo dalla scogliera o darsela a gambe levate.

 

Inspira forte e solleva la mano destra, che tremolante fende per qualche istante l'aria, prima di appoggiarsi sulla spalla sinistra di Gaetano. Un altro respiro e si avvicina a lui, piano piano, le labbra ad un soffio dalla guancia destra di lui, gli occhi che le si chiudono.

 

Contatto.

 

In tutti i sensi, perché Camilla quella scossa elettrica se la ricorda ancora e probabilmente non se la scorderà fin che campa. Quello che doveva essere un innocente bacio sulla guancia, complici gli occhi chiusi, era arrivato a sfiorargli l'angolo della bocca.

 

Entrambi sussultano per un istante: Camilla si osserva indugiare in quel bacio per qualche secondo di troppo, prima di fare leva sulla spalla di lui e staccarsi quasi a forza.

 

O almeno provarci perché, sentendola ritrarsi, Gaetano apre gli occhi, catturando i suoi, e posa a sua volta la mano destra sul braccio sinistro di lei.

 

Camilla si paralizza completamente, occhi negli occhi, respiri nei respiri, che rimangono strozzati in gola, per farsi poi più affannosi.

 

Le palpebre che si socchiudono, le labbra che si schiudono e che, millimetro dopo millimetro, si attraggono inesorabilmente.

 

Camilla riesce ancora quasi a sentire il fiato umido e caldo di lui sulle labbra, tra le labbra, un tocco lieve, come un battito di farfalla, sul labbro inferiore e poi -

 

DRIIIIIIIN

 

Ora come allora, Camilla fa un salto: lo squillo del cellulare che interrompe la magia, portandola a staccarsi bruscamente da Gaetano, tuffando il viso paonazzo quasi fin dentro alla borsa, alla ricerca del telefonino e di un momento per ricomporsi.

 

Mamma?” si ascolta domandare ad alta voce, quasi tra sé e sé, prima di premere il pulsante verde con dita ancora tremanti, “mamma, è successo qualcosa? Come?! Ti sei chiusa fuori casa?! Sì, sì, tranquilla, arrivo subito!”

 

Come hai sentito...” abbozza, la voce tremendamente roca, incrociando finalmente di nuovo lo sguardo di lui.

 

Devi andare...” finisce per lei la frase con un sospiro rassegnato, “vuoi che ti venga a dare una mano? Con porte e serrature me la cavo abbastanza bene.

 

Già, proprio come i ladri!” lo canzona, in un chiaro riferimento al loro primo incontro, facendolo sorridere.

 

Beh, come hai potuto constatare le so aprire veramente le serrature. Ed è Santo Stefano e non so se riuscirete a trovare un fabbro e-

 

No, no, non ti preoccupare, non serve: a casa ho una copia delle chiavi di mia madre. Sai, per ogni evenienza...” declina l'invito, alzandosi dalla panchina ed abbassandosi per prendere in braccio Potti, accoccolato sopra i piedi di Gaetano, ormai satollo.

 

La verità era che non voleva assolutamente che sua madre la vedesse con Gaetano: sapeva benissimo che, come minimo, sarebbe stata sottoposta ad un altro terzo grado.

 

“Sforzo inutile, figlia mia, visto che ti avevo già vista con lui,” si inserisce Andreina con un mezzo sospiro.

 

“Beh, ma quasi un anno prima. Se l'avessi rivisto, allora sì che-”

 

“Ma io l'avevo rivisto, Camilla,” rivela, sospirando nuovamente, l'aria di chi si sta allo stesso tempo cavando i denti e togliendo un peso dalla coscienza, “possibile che tu non l'abbia ancora capito?”

 

“La telefonata non era una coincidenza?” sussurra Camilla, un velo di tradimento nella voce e nell'espressione, “e non ti eri affatto chiusa fuori, immagino!”

 

“No, in effetti no. La chiave ce l'avevo in tasca. Ho solo finto di ritrovarla, quando siamo rientrate in casa. E sì, ti avevo... ti avevo seguita al parco... sai avevo sentito dalla telefonata che dovevi incontrarti lì con qualcuno e...” esita, come se faticasse a trovare le parole giuste, “e quando vi ho visti insieme... da un lato mi sono rassicurata perché... perché eravate talmente imbranati che ho capito che non... insomma, che non c'era ancora stato niente di... serio tra voi. Ma poi... poi ho visto che stavi per baciarlo e allora... ho seguito l'istinto e sono intervenuta.”

 

“Mamma...” mormora, incredula, scuotendo il capo e coprendosi gli occhi con una mano.

 

“Lo so... lo so, Camilla. Non mi sarei dovuta impicciare...” proclama, con tono dispiaciuto, per poi proseguire, guardandola negli occhi, quasi implorante, “ma... volevo impedirti di fare quella che pensavo fosse una follia. L'avevo capito sai che... che provavi qualcosa di forte per lui, qualcosa che poteva mettere in crisi il tuo matrimonio con Renzo. E non volevo che Livietta soffrisse e... che tu facessi qualcosa di cui ti saresti potuta pentire. Dio, quanto sono stata stupida!”

 

“No, mamma, anzi, avevi ragione: sarebbe... sarebbe davvero stata una follia,” la rassicura, nonostante quelle parole incrementino il peso sul petto e senta la gola chiudersi per un secondo.

 

Un respiro, si calma, ed è di nuovo tutto ok... più o meno.

 

“Anzi, ti dovrei ringraziare, anche se non avrei mai pensato di dirlo un giorno. Visto come sono andate le cose tra me e Gaetano... avrei distrutto il mio matrimonio per... per un fuoco di paglia e non me lo sarei mai perdonato,” ammette, lottando contro il macigno e quel maledetto pizzicore agli occhi.

 

“Sarà, ma da come sorridevi guardandovi, non mi sembra proprio che sia stato un fuoco di paglia,” controbatte Andreina, lanciandole una di quelle occhiate penetranti, che sembrano quasi perforarle l'anima.

 

“No, è solo che... mi fa strano vederci dal di fuori,” chiarisce, non riuscendo a celare la nostalgia ed il rimpianto, “siamo cambiati così tanto in questi anni: era veramente una vita fa. Mi sembra impossibile che... che fossimo così.... così...”

 

D'accordo. Allora... ringrazia mia sorella per il regalo, se la senti.

 

La voce di Gaetano, un misto di gratitudine, ironia e malinconia, interrompe i suoi pensieri e la riporta alla scena di fronte ai suoi occhi: sono entrambi in piedi, l'uno di fronte all'altra, ed è arrivato il momento dei saluti.

 

Per la scatoletta di cibo per cani?” scherza nuovamente, con un mezzo sorriso altrettanto malinconico.

 

No, per tutto il resto,” ribadisce, in un modo che suona incredibilmente sincero e che ancora la sorprende, esattamente come dieci anni prima.

 

Ma...

 

Come ha detto qualcuno di mia conoscenza... non conta solo la meta, ma come è stato il viaggio, no?” le ricorda, facendola sorridere commossa, “e... mi piace molto viaggiare con te, professoressa, anche se di solito è solo per tratte molto brevi.

 

Gaetano...” si ascolta sussurrare, compiendo quasi inconsciamente un passo verso di lui, l'aria di chi sta per sciogliersi completamente – dio, quanto avrei voluto abbracciarti e...

 

DRIIIIIIIN

 

Di nuovo mia madre!! Devo proprio scappare, se no... sai te chi la sente!” esclama, indietreggiando nuovamente e lanciandogli un'occhiata piena di rimpianto, “mi puoi scusare?

 

Gaetano si limita ad annuire, mordendosi il labbro in un'espressione affettuosamente rassegnata.

 

“Certo che quando dovevi rompere le uova nel paniere lo sapevi fare proprio bene, vero mamma?” commenta con solo una punta di risentimento, voltandosi quando non ottiene risposta, “mamma?”

 

Ma sua madre non c'è più. È sparita.

 

Si volta di nuovo e sono scomparsi anche la vecchia se stessa, Gaetano e Potti.

 

“E ora che succede? Come faccio a cambiare ricordo? Mamma?!” domanda, colta dal panico, facendo un passo verso la panchina.

 

 

BUIO

 

 

“Ancora?! O mi accecate con la luce o con il buio?! Almeno stavolta mi risparmio il mal di testa...” sospira, un attimo prima che un'ondata di luce improvvisa le provochi una fitta quasi lancinante in mezzo alla fronte, “ecco, ho parlato troppo presto!”

 

Dopo qualche secondo, il senso di nausea e stordimento inizia a scemare e Camilla riesce finalmente a mettere a fuoco l'ambiente che la circonda: il letto, i comodini, l'armadio.

 

È nella vecchia camera da letto, quella in cui aveva condiviso letteralmente una vita con Renzo, prima di Barcellona, prima di... tutto, ma non c'è nessuno con lei.

 

E, quel che è peggio, la porta è chiusa – eh no, non sarò mica bloccata qui adesso!

 

Dopo un minuto buono di attesa senza che succeda nulla, presa ormai dall'ansia, si avvicina con circospezione alla porta e tenta di aprirla.

 

Ma non è cambiato niente: la sua mano fende ancora la maniglia come se fosse aria, ma il legno della porta è impenetrabile, tanto quanto il muro lì accanto.

 

Non le resta che attendere, l'inquietudine che si fa più forte mano a mano che i minuti passano.

 

E non solo perché si sente presa in trappola, ma perché... c'è qualcosa in quella stanza, con i vestiti di Renzo ripiegati con cura su una sedia, il libro su Gaudì sul comodino, il dopobarba e l'orologio buono tramandatogli dal nonno materno, che svettano in mezzo al caos dei fogli dei compiti in classe sparsi sul cassettone, che... che le dà un enorme senso di oppressione.

 

Quasi come quando entri in una casa dove c'è appena stato un omicidio e la cosa che ti fa più male non è la scena del crimine, il sangue, la violenza. No, quelle sono cose che ti impressionano le prime volte, poi in qualche modo ci fai il callo. Quasi ti ci abitui perfino a vederlo un morto ammazzato, tanto che non vomiti più l'anima.

 

Perché, in qualche modo, sai che quel corpo è solo un contenitore ormai vuoto e che quella violenza, quel sangue, altro non sono che tracce, tracce da decifrare e che ti aiuteranno ad arrivare alla verità.

 

Quello che invece ti colpisce come uno schiaffo ogni stramaledetta volta sono le stanze ancora perfettamente intatte ed inviolate: vedere tutta quella... normalità, tutti quegli oggetti che hai anche tu a casa, sparsi lì in quell'ordine caotico tipico di ogni abitazione. Quella foto che ritrae la vittima, sorridente, quando era ancora una persona e non solo appunto la vittima, qualcuno la cui vita verrà setacciata ed analizzata al millimetro senza pietà, quasi come se fosse in qualche modo la prima colpevole.

 

Quell'idea che basterebbe così poco perché possa succedere anche a te. Quell'impressione di stare in un certo senso camminando in un cimitero, in un ricordo di un qualcosa che una volta era scontato ma che ora non ci sarà mai più, di una felicità che ora è solo irrimediabilmente dolore.

 

Ed è esattamente così che si sente Camilla: in un cimitero. Un mausoleo della sua vita con Renzo, di quell'esistenza semplice, lineare, rassicurante, a cui non potrà mai più tornare. Come quella foto incorniciata sul suo comodino, che li ritrae con Livietta, felici e stretti in un abbraccio, subito accanto ad una copia de La Signora delle Camelie e-

 

I pensieri di Camilla si bloccano di schianto su quel libro bianco, appoggiato di sghimbescio sul legno scuro – non è possibile... non è possibile.... Ma certo, La Traviata!

 

Non era né la prima né l'ultima volta che aveva deciso di rileggere un libro già ormai ben noto. Ma il fatto che, dopo diversi anni in cui prendeva polvere in uno scaffale, avesse deciso di riprendere in mano proprio la storia che aveva dato origine alla Traviata, e proprio sotto natale, ad un anno esatto di distanza da quell'uscita improvvisata con Gaetano era... era...

 

Un lapsus Freudiano, ecco che cos'è stato! Sempre se è stato un lapsus!

 

Camilla per poco non fa un balzo che arriva fino al soffitto, non solo per la sorpresa, ma perché quella voce le è terribilmente familiare – ma è impossibile, come può-?

 

Col cuore in gola, si volta e si trova di fronte proprio a Renzo, che è appena sbucato dalla porta, finalmente aperta: folta chioma nera, niente occhiali ed un abbigliamento un po' troppo giovanile e un po' troppo sportivo. Si rende conto, con un sospiro di sollievo, che non si stava affatto rivolgendo a lei. O meglio, che si stava rivolgendo alla Camilla di dieci anni prima, che gli compare alle spalle, un'aria tra l'irritato e il dispiaciuto.

 

Non starai mica insinuando che mia madre l'abbia fatto apposta a chiudersi fuori da casa?!” si ascolta esclamare, indignata – e pensare che avevi pure ragione, Renzo! Almeno su quello.

 

No, no, Camilla, io non lo sto insinuando: lo dico proprio forte e chiaro! O che comunque, anche se non l'ha fatto apposta, aveva il desiderio inconscio di farmela pagare per non esserci stato oggi a pranzo e di farmi correre qui come uno scemo!

 

Ma Renzo, ragiona, come faceva mia madre a sapere che non ricordavo più dove avevo messo le sue chiavi di riserva?” gli domanda, poggiandogli una mano sulla spalla per portarlo a guardarla negli occhi, lo stesso tono che usava con Livietta quando faceva i capricci e non voleva ragionare.

 

Perché ti conosce e sa benissimo che ti perderesti pure la testa, se non fosse attaccata al collo?!” esclama, sarcastico, in quella che è a tutti gli effetti una domanda retorica.

 

Ti ho già detto che mi dispiace per non averle trovate, ok?! Ma-

 

Ma niente, Camilla! Ogni volta ce n'è una: o è la macchina che si blocca, o qualche tuo allievo che combina un casino, o sono le paturnie di tua madre. E a chi tocca sempre correre? A me! Ho dovuto mollare lì Pa- parecchie cose in sospeso!” conclude la tirata dopo un attimo di pausa – altro che lapsus Freudiano! Gran bel salvataggio, Renzo, non c'è che dire! E non me ne ero nemmeno resa conto: mamma mia, quanto ero cieca! E avevi pure il coraggio di incazzarti con me perché avevo ti interrotto sul più bello la... lezione di danza!

 

E mi dispiace! Ma secondo te che cosa avrei dovuto fare, eh?! Mica potevo mollare mia madre fuori di casa e oggi non si trova un fabbro neanche a pagarlo oro!” sbotta la vecchia sé, sollevando la mano dalla spalla di Renzo per dargli un lieve colpo e cominciando a sembrare ben più che irritata – Gaetano non si sarebbe lamentato, sarebbe accorso subito e, soprattutto, avrebbe risolto il problema in cinque minuti, altro che queste sceneggiate!

 

A proposito di oro...” si ascolta pronunciare lentamente, in un tono basso e che suona vagamente minaccioso, prima di alzare un'altra volta la mano dalla spalla di Renzo e mostrargli il lunghissimo capello biondo che tiene tra il pollice e l'indice, “e questo che significa?

 

Renzo impallidisce visibilmente per un secondo, un'aria impanicata sul viso, prima di farfugliare, “cos'è?

 

Ma come cos'è?! Secondo te?! È un capello e di sicuro non è né tuo, né mio!” lo fulmina con un'occhiata a dir poco omicida.

 

Ah...” prende tempo Renzo, allargandosi quasi inconsciamente il colletto della camicia con due dita.

 

Ah. Sentiamo, cosa ci farebbe questo capello sulla tua giacca?” incalza, battendo un piede sul pavimento.

 

Ma che ne so? E dai, Camilla, non dirmi che sei gelosa?!” le domanda con un sorriso, riprendendosi dall'attimo di panico con una nonchalance invidiabile.

 

Il punto non è se sono gelosa o no. Il punto è che cosa ci fa un capello di un'altra donna sui tuoi vestiti?!

 

Ma che ne so, Camilla! …Magari... magari è successo nel guardaroba del ristorante, sai con tutti i giacconi attaccati... o... sì, ora che ci penso può essere della sovrintendente ai beni culturali. È venuta per parlare dell'installazione temporanea sul lungotevere e mi ha chiesto di usare il computer per controllare una email. È bionda e ha i capelli lunghi... magari qualcuno dei suoi capelli si è attaccato sullo schienale della mia sedia e da lì-

 

La sovrintendente, eh? E sentiamo, quanti anni avrebbe questa sovrintendente?” chiede, squadrandolo negli occhi, a braccia conserte.

 

Ma che ne so? … Una cinquantina, forse?” spara, cercando evidentemente di evitare che Camilla potesse pensare si trattasse di una donna giovane e carina – che faccia di bronzo che avevi! La sovrintendente cinquantenne! Un po' come Nancy Hutton, la strabica... definizione assolutamente perfetta, a patto di scambiare la bi con una effe.

 

Cinquanta? Sei sicuro?” chiede conferma, guardandolo in un modo che quasi si spaventa da sola a rivedersi.

 

Sì, più o meno, non le ho mai chiesto l'età ma-”

 

No, perché vedi, Renzo, questo capello è biondo naturale, non è tinto. Ora, una donna di più di cinquant'anni, con i capelli non tinti... non ti sembra un po' poco credibile?

 

Eh certo, perché qui abbiamo l'esperta della scientifica!! Chiamiamo quelli di CSI, quelli dei RIS ad analizzare pure il DNA di questo capello! Così magari arriva pure coso lì, poliziotto superpiù! Che chissà quanto ti manca, visto che è quasi un mese che non trovi un caso umano ed un omicidio di cui impicciarti!

 

Ma che c'entra Gaetano?!” si ascolta sbottare, notando benissimo però il lampo di senso di colpa che le scorre sul viso, “e poi, comunque, i RIS sono dei Carabinieri, non della Polizia.

 

Pardon, dimenticavo che qui abbiamo qualcuno che la conosce molto approfonditamente la polizia, no, Camilla?” ironizza Renzo, lanciandole un'occhiata che è tutto un programma.

 

No, scusa, tu sei quello che rientra a casa con un capello biondo sulla giacca dopo che, per la prima volta in undici anni di matrimonio, ti sei assentato per lavoro nelle feste, e adesso devo essere io a giustificarmi con te per la mia amicizia con Gaetano?” si sente controbattere con indignazione, venendo assalita da un senso di deja-vu.

 

“Già... dove l'avremo mai già vista questa scena, a parti invertite, eh, Camilla?”

 

“Mamma, ma devi sempre sbucare fuori all'improvviso?” esclama, frustrata, il cuore che per un secondo le è finito tra le tonsille, voltandosi e trovando la madre nuovamente appollaiata sulla sedia d'angolo.

 

“Credimi, in questi ricordi sono io per prima che non ci tengo proprio a sbucare, né all'improvviso né con un mese di preavviso,” ironizza Andreina con un'espressione annoiata, “ma è indubbio che, almeno sul rigirare la frittata e sul mentire spudoratamente, tu e Renzo eravate proprio fatti l'uno per l'altra. Certo, lui poi ci ha preso un po' troppo gusto.”

 

Io mi sarò anche assentato nelle feste, peccato che tu ti assenti sempre: nei giorni feriali, prefestivi, festivi.... Reperibilità ore 24 per la detective Baudino. Sono mesi che passi più tempo tra questure e commissariati che a casa!

 

Ma mica è colpa mia se alcuni miei allievi sono stati coinvolti in casi di omicidio! Che avrei dovuto fare?

 

Quello che fanno tutte le altre tue colleghe e tutti gli altri tuoi colleghi, cioè l'insegnante, e lasciare il lavoro di investigazione alla polizia. Forse sarei anche io più presente a casa, se ci fosse una moglie da cui tornare e non solo tua madre o Livietta o il caro Giulio! A parte che sono già fin troppo presente a casa, io, e per tutti i restanti 364 giorni dell'anno, nei quali tu sei in giro a fare la Signora in Giallo,” sottolinea, squadrando la vecchia Camilla in un modo che la porta a bloccarsi, punta sul vivo da quelle parole, il senso di colpa che le si fa largo sul viso.

 

D'accordo, va bene, diciamo che te la do per buona. Per questa volta. Ma ti avverto: se dovessi trovare altri capelli biondi, io-

 

Non li troverai, a meno che la sovrintendente non se li strappi tutti quando avrà visto il costo finale dell'allestimento che abbiamo in mente,” scherza, rubandole, nonostante tutto, un sorriso, per poi appoggiarle a sua volta le mani sulle spalle e proporle con tono basso e suggestivo, “e poi, non pensi che potremmo fare di meglio piuttosto che litigare, per una volta che abbiamo casa libera per qualche ora?

 

Non lo so: sei sicuro che non devo tingermi di biondo?” lo punzecchia, anche se con una nota di avvertimento nella voce che suona decisamente minacciosa.

 

A me vai benissimo così come sei e mi piaceresti in ogni modo: bionda, mora, rossa, riccia, liscia, bicolor-” pronuncia, cingendole la vita e riempiendole di baci la guancia destra, facendola ridere, per poi bloccarsi e sussurrarle nell'orecchio, “no, ora che ci penso, bicolor forse no.

 

E io che per capodanno volevo tirare fuori la mia anima punk!” lo prende in giro Camilla, lanciando un mezzo urletto quando lui, tenendola sempre ferma per la vita, si butta sul letto insieme a lei, ricominciando a ricoprirle il viso di baci, mentre la tormenta con i solletico.

 

“E basta! Ma non possiamo fare una censura per i minori ed i cardiopatici? Non sarebbe l'ora di sfumare con eleganza, passare al prossimo ricordo e risparmiarci questi traumi?!” esclama Andreina, una mano a coprirle gli occhi ed un'espressione schifata che le strappa una mezza risata, quasi quanto la scena che ha di fronte agli occhi.

 

Perché la verità è che non la trova emozionante o coinvolgente ma surreale e quasi... tragicomica. C'è proprio qualcosa di stonato e di... di...

 

Mmm, mmm, ma hai cambiato profumo?” le sussurra Renzo tra i baci sul collo, mentre sta cercando di liberarla dal cappotto e... dalla sciarpa.

 

Profumo?” mormora, mezza stordita tra l'assalto di solletico e di baci ed intenta a togliergli la giacca sportiva, “lo sai che non metto nessun-

 

Le parole le muoiono in bocca, mentre si irrigidisce e si blocca bruscamente, le mani che gli afferrano la giacca in modo quasi spasmodico.

 

Ah, ma è questa sciarpa!” esclama Renzo, riuscendo finalmente a sfilargliela del tutto e portandosela vicina al naso, non sembrando aver notato l'irrigidimento di lei.

 

Camilla vede chiaramente il terrore balenare negli occhi della vecchia se stessa, per poi riscuotersi dopo un secondo, strappare quasi la sciarpa di mano a Renzo ed odorarla a sua volta – il profumo di Gaetano.

 

“Sì, è vero, hai ragione!” esclama con tono straordinariamente casual, “deve essere il profumo di Martina o il detersivo che usa. Ti ricordi che mi ero persa la sciarpa, no? Beh oggi me l'ha riportata, l'avevo lasciata a casa sua. Magari l'ha lavata o se l'era messa per sbaglio....

 

Renzo la squadra ancora per un secondo, perplesso, in perfetto silenzio.

 

Ecco, lo sapevo, lo vedi che avevo ragione?!” esclama, scuotendo il capo e lanciandole un'occhiata eloquente.

 

Su... su cosa?” balbetta, lo sguardo colpevole e allo stesso tempo atterrito all'idea di essere stata scoperta.

 

Sul fatto che ti perderesti pure la testa, se non fosse attaccata al collo!” la sfotte amorevolmente e Camilla tira un sospiro di sollievo talmente forte da soffiar via un riccio che aveva sul viso – ma come hai fatto a non capire che era una palla? E come ho fatto io a crederti riguardo al capello biondo? Ma come eravamo messi?!

 

“Forse non volevate capire o forse pensavate che fosse tutto un riflesso del vostro senso di colpa...” commenta Andreina, togliendosi per un secondo la mano dal viso per incrociare lo sguardo della figlia.

 

Non è colpa mia se è da più di dieci anni che ho un marito talmente affascinante, che me la fa sempre girare e anche perdere, la testa,” dichiara la vecchia Camilla con un tono ammiccante, gettando via la sciarpa e facendogli l'occhiolino.

 

“Che te LE fa girare, casomai,” si inserisce Andreina, strappandole una risata – ah, mamma.... Quanto mi sei mancata!

 

“Anche tu figliola... e continui a mancarmi, purtroppo...” sospira guardandola in un modo malinconico ed agrodolce che le fa fare un altro tuffo al cuore.

 

“Che vuoi dir-?”

 

Camilla!

 

Il suo nome, pronunciato in un mezzo grido, la porta a risollevare lo sguardo verso Renzo, che ride, le braccia alzate in segno di resa e bloccate sul materasso da Camilla, che è ora sopra di lui e si avventa sulle sue labbra con foga, troppa foga.

 

Si osserva liberarlo dalla giacca ed iniziare a sbottonargli la camicia tra un bacio e l'altro. Renzo che, a tentoni, riesce infine a toglierle il cappotto, mugugnando frasi incomprensibili sulle labbra di lei che ancora non si scollano dalle sue. E quel senso di strano, di stonato, di fuori posto ricomincia a montarle in gola.

 

Non riesce ad emozionarsi né, per quanto possa sembrare assurdo, a provare imbarazzo. È come se... come se quella davanti a lei non fosse davvero lei, come se stesse assistendo alla scena d'amore di un film o di una pièce teatrale. Quelle in cui è tutto troppo, per mascherare il disagio degli attori, tanto che alla fine risulta tutto ridicolo e... finto.

 

BUIO

 

“Oh sia ringraziato il cielo!” la raggiunge la voce di sua madre, causandole un moto di riso, anche se, a giudicare dai respiri affannosi e dai lievi gemiti, non hanno affatto ancora cambiato ricordo, “e adesso che succede? Non dovremo mica rimanere qui a sentirci questa sinfonia compensatoria ancora a lungo, spero!”

 

“Mamma!” esclama, in un modo che vorrebbe essere redarguitorio, se non fosse per il fatto che le scappa ancora da ridere – ma sì, ridiamo per non piangere!

 

A tentoni, cerca di raggiungere la voce, un passo, due e poi...

 

LUCE

 

Improvvisa, accecante, ma questa volta come... concentrata in un unico punto – l'abat jour!

 

Un rumore inconfondibile e che le strappa un sorriso: il russare di Renzo – e infatti eccolo lì, riverso a pancia in sotto, poi ci credo che russava!

 

Ma il suo lato del letto è invece vuoto, il cuscino martoriato che spunta di traverso dal piumone, visto che Renzo se ne è appropriato e lo sta stritolando in un abbraccio – ma dove...?

 

Un rumore metallico la porta a buttare lo sguardo a terra e finalmente si vede: carponi, in vestaglia, intenta a raccogliere i vestiti sparsi per il pavimento. La cintura di Renzo, nel caso di specie. Si risolleva e li butta con malagrazia sulla sedia d'angolo dove, fino a pochi istanti prima, era seduto lo spirito di sua madre, cominciando a ripiegarli, uno alla volta, e a riporli al loro posto.

 

Fino a quando giunge, infine, alla sciarpa e si blocca completamente, un'espressione indecisa sul viso, un sospiro che le sfugge dalle labbra che poi prende a tormentarsi con i denti.

 

Dopo un attimo di esitazione, con mani tremanti, solleva la sciarpa al viso e chiude gli occhi, respirandone il profumo.

 

Camilla non saprebbe dire perché, ma quel gesto, quel sorriso malinconico che le si è appena dipinto sul volto, mentre cede ad un altro sospiro e stringe più forte la sciarpa, la colpiscono peggio di pugno alla bocca dello stomaco.

 

Sensazione che non fa altro che incrementarsi esponenzialmente quando Camilla riapre gli occhi e lo sguardo le ricade sul letto dove Renzo dorme profondamente. Scuote il capo, come per ridestarsi da un sogno, spostando di nuovo l'attenzione sulla sciarpa.

 

Con l'ennesimo sospiro, comincia a ripiegarla con fin troppa decisione e fin troppa precisione, decidendo però all'ultimo secondo di non infilarla nella tasca del cappotto, come suo solito, ma di riporla con cura, quasi fosse una reliquia, in un angolo un po' nascosto di uno dei suoi cassetti, vicino alla sua scatola dei ricordi.

 

Camilla si sporge in punta di piedi sopra la spalla della se stessa di dieci anni prima, nel tentativo di vedere meglio. Ma, proprio in quel momento, Camilla decide di chiudere il cassetto, perforandola con due gomitate al plesso solare, per poi darle il colpo di grazia spingendosi all'indietro, trapassandola completamente da parte a parte.

 

“AAAAH!” urla, perdendo l'equilibrio e sentendosi cadere all'indietro, cercando disperatamente di afferrare qualcosa, lo stomaco, già sottosopra, che fa un triplo salto mortale carpiato quando, invece di schiantarsi sul pavimento, continua a precipitare nel vuoto, roteando su se stessa come la centrifuga di una lavatrice, “e adesso come ci si fermaaaaaAAHIAAAA!”

 

“Una porta, una finestra, una scala no, eh?! Devo sempre sfracellarmi o cavarmi la vista?!!” sbotta, toccandosi istintivamente i gomiti che pulsano, insieme alle ginocchia, come se ci fosse passato sopra un caterpillar.

 

Uno scalpiccio frenetico e improvviso, una specie di gara di tip tap: Camilla è ancora troppo scombussolata per riuscire a muoversi in tempo, trovandosi, letteralmente, infilzata da piedini lesti che le corrono lungo tutta la spina dorsale, per poi trafiggerla con un salto assestato esattamente tra le scapole.

 

Hiyaa!!” urla il pugnalatore sopra la sua testa, assordandola.

 

Raccogliendo tutte le sue energie, Camilla si fa leva sulle mani e, incurante della sensazione di starsi strappando via un pezzo del petto, riesce a rotolare di lato e a finire con la schiena contro al muro dell'ormai arcinoto corridoio, mettendo a fuoco la scena che le si para di fronte agli occhi.

 

Nino?!



 

 

Nota dell'autrice: Ed eccoci qui... tra mezzi baci sfiorati e mancati, madri impiccione, rotolamenti compensatori (che per scriverli ci ho perso dieci anni di vita) e sciarpe galeotte... siamo arrivati al natale della terza serie. Anche di questo ho quasi tutti i dialoghi già pronti, quelli di tutte le scene clou, mi manca l'introduzione e la parte finale e va beh, scrivere tutto quello che manca tra i dialoghi :D. Il prossimo capitolo quindi dovrebbe arrivare tra una settimana, salvo mole inattesa di lavoro e contenere sicuramente il natale della terza serie, forse anche i natali tra terza e quinta (sì, perché c'è stato qualcosa nel frattempo, anche se non lo ricordo bene ;) ) e poi col capitolo ancora successivo chiuderemo la parte del passato e si arriverà al presente, uscendo poco a poco dalle atmosfere natalizie in senso stretto, mano a mano che la nostra Camilla dovrà fare i conti con se stessa e con i suoi errori.

 

Spero che questo capitolo non sia stato troppo noioso e non abbia deluso l'attesa prolungata. Come sempre,ogni parere anche critico è davvero prezioso per me, per capire se sono più o meno nella direzione giusta o se ci sono un po' di cose da cambiare e ringrazio fin da ora chi mi farà sapere che cosa ne pensa.

 

Se vi andrà, vi do quindi appuntamento tra una settimana circa con il seguito :)

   
 
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