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Autore: Helmwige    23/01/2017    0 recensioni
Aislinn è la figlia più giovane di Elrond il Mezzelfo, ma non ha niente in comune con Arwen: non è delicata, nè dolce, nè riflessiva. Non ha le solite qualità di un Elfo femmina. Aislinn ama combattere, tutto ciò che vuole è aiutare i propri famigliari e il proprio popolo a difendersi dalle forze del male, ma nessuno sembra volere il suo aiuto, così è costretta a fare di testa sua.
Il suo viaggio però non manca di pericoli: i Nazgûl la incontreranno spesso, tanto che farà la "macabra" conoscenza di uno di loro in particolare.
Questa è la storia della Battaglia per la Terra di Mezzo da un altro punto di vista, dove il Male e la Purezza si incrociano.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nazgul, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO I

Gran Burrone, 9 ottobre 3018
“Combatti proprio come una donna” la schernì Glorfindel, roteando la spada con un’espressione beffarda sul viso.
Aislinn si passò una mano sulla fronte e lo guardò, distesa sul pavimento. Glorfindel le aveva appena fatto uno sgambetto coi fiocchi e lei c’era cascata come un mortale alle prime armi.
Patetico, veramente patetico.
Si rialzò lentamente, cercando di riprendere fiato.
“Non so se ne sei a conoscenza”, gli rispose. “Ma io sono una donna.”
“Sì, infatti si vede” rispose lui, lanciandole un’occhiata eloquente.
Aislinn arrossì per la rabbia e attaccò. In realtà, non era vero che combatteva come una donna; per prima cosa, le donne di stirpe Elfica che combattevano erano rare quanto gli Hobbit nelle Terre Selvagge; per seconda, Aislinn menava fendenti alla pari del miglior soldato degli Uomini.
Certo, non era un comportamento adatto alla figlia di un re e, a dirla tutta, era la “disperazione” di tutta la sua famiglia. Non una vera disperazione, capiamoci. Era semplicemente… una cosa inadeguata per una Elfa di stirpe reale. Ma a lei era sempre importato poco o niente.
Era nata per combattere, lo sentiva sotto la pelle. Nessuno, vedendola in quel momento, l’avrebbe ritenuta indegna di prendere in mano una spada.
Continuava a menar fendenti a destra e a sinistra. I suoi occhi blu fiammeggiavano. Voleva far sparire quel sorrisetto insopportabile dalle labbra di Glorfindel.
L’Elfo, a sua volta, parava ogni colpo con agilità. Gli anni e l’esperienza giocavano sicuramente a suo favore e ben presto si ritrovò di nuovo in vantaggio. Con un colpo più intenso fece perdere l’equilibrio alla ragazza, la quale abbassò inevitabilmente la guardia. Glorfindel le assestò un calcio tra le costole, buttandola per terra. Di nuovo.
Aislinn gemette e si portò una mano all’addome. Lui si mise a ridere sonoramente. Altro che Signore degli Elfi; quello che aveva davanti era un bambino cresciuto solo nel fisico.
Le sfuggì un’imprecazione e tentò di tirarsi su.
“Che linguaggio, Dama Aislinn” la schernì lui, continuando a sghignazzare.
“Zitto, Glorfindel. Abbi almeno la decenza di chiudere la bocca.”
“Perché, il tuo orgoglio ferito sanguina?”
Aislinn alzò la spada con lo sguardo minaccioso. “Sono sicura che se non la smetti sanguinerà qualcos’altro.”
“Sono terrorizzato” ribatté, ridendo ancora più forte.
Lei tirò indietro il braccio, pronta a tornare all’attacco. “Sei proprio…”
“Aislinn!”
La ragazza si girò verso la voce che l’aveva chiamata. Il respiro le si bloccò per un momento quando si trovò davanti Arwen. Anche Glorfindel trasformò la sua risata in un colpo di tosse imbarazzato.
Un Signore degli Elfi imbarazzato.
Aislinn avrebbe di certo usato l’occasione per schernirlo a dovere se non si fosse sentita così… intimorita da Arwen Undòmiel.
Aislinn rinfoderò la spada mentre le guance le si imporporavano sotto lo sguardo impassibile della sorella. Si spolverò i pantaloni, prendendo tempo per far tornare il viso al suo solito colore.
Fu una pessima idea. Gli occhi di Arwen si soffermarono sugli indumenti della ragazza e divennero dello stesso colore del mare in tempesta. I suoi occhi esprimevano sempre tutto. Il volto riusciva a rimanere impossibile anche quando si infuriava (cosa che, a dir la verità, accadeva assai raramente), ma i suoi occhi parlavano.
Fu Glorfindel, fortunatamente, a interrompere il silenzio assordante che si era creato. “Dama Arwen” la salutò, chinando leggermente il capo.
Arwen ricambiò il saluto, ma tenne lo sguardo inquisitore puntato su sua sorella per diverso tempo prima di rivolgerlo all’Elfo.
“Mio padre desidera vederti, Glorfindel” disse, con la voce leggere e calma.
Senza aggiungere altro, lui mise a posto l’arma e si avviò, lasciandole sole.
Il silenzio ricadde e nessuna delle due, per parecchi minuti, tentò di romperlo.
Arwen continuava a fissarla con insistenza, mentre Aislinn giocherellava con i lacci della sua camicia, incapace di incontrare gli occhi di sua sorella.
Alla fine, fu la maggiore a prendere la parola per prima: “Vieni, ti devo parlare.”
Aislinn la seguì di malavoglia, con la spada che le dondolava al fianco.

“So cosa vuoi dirmi.”
“Ne sono sicura, Aislinn.” La voce di Arwen era serena e dolce, come se stesse parlando con una bambina. Forse la riteneva una bambina. Aislinn si trattenne dallo sbuffare.
Arwen era la Dama perfetta. Così saggia, così regale.
Era estremamente  somigliante a Elrond. E a Elledan ed Elrohir. E alla maggior parte di tutti gli Elfi.
Tranne lei. Lei non somigliava a nessuno.
Lei, Aislinn, la più piccola e la meno saggia, quella che dagli Elfi aveva ereditato solo le orecchie a punta e il fisico slanciato.
“Allora non dovrei essere qui,” rispose. La sua voce era così bassa che Arwen quasi fece fatica ad udirla.
“Voglio solo sapere cosa ti turba.”
Aislinn la guardò sorpresa. “Cosa… mi turba?”
“Sì.”
“Non mi turba niente, lo sai.”
“Nostro padre è preoccupato…”
“Faresti meglio a dire che è amareggiato” ribattè Aislinn.
“Egli vuole bene a tutti noi, Aislinn. Ѐ solo preoccupato per te.”
“Te lo ripeto: non sono turbata. Volevo solo fare un po’ di… esercizio con Glorfindel. Tutto qui!”
Arwen lasciò andare un lento sospiro. “Abbiamo tutti degli obblighi qui. Tutti noi abbiamo il nostro posto.”
“E qual è il mio?” sussurrò la più giovane, più a se stessa che ad Arwen. Già conosceva la risposta. Arwen non faceva che ripeterglielo; erano tutti parte di un’unica grande famiglia, e in ogni famiglia le persone si stanno vicine, sempre. Era la solita litania.
“Tu starai accanto a me, a nostro padre e ai nostri fratelli. Non è così?” le chiese Arwen. La sua voce era di una dolcezza indescrivibile, tanto che ad Aislinn sembrò di aver davanti di nuovo sua madre.
Le mancava sua madre, terribilmente. Lei era diversa, o almeno se la ricordava così. Dopo l’incidente era cambiata un po’, ma prima era sempre stata affettuosa come tutte le madri. Era stata premurosa, amorevole e tenera. Celebrìan le aveva fatto amare le storie e le leggende. Ogni sera, da piccola, le aveva raccontato qualcosa e Aislinn s’era impressa nella memoria personaggi eroici, guerre e animali feroci e spaventosi.
Arwen, Elladan ed Elrohir assomigliavano a Elrond; Aislinn era la copia identica di Celebrìan, nel fisico e nell’animo. Ma non nella voce, quella l’aveva ereditata Arwen. E ogni volta che la sentiva con quel tono, Aislinn diventava quasi malinconica. Quel giorno non andò diversamente.
“Sì, è così.”

Quando uscì dalla camera di sua sorella, Aislinn si diresse verso il Salone del Fuoco. Aveva bisogno di stare un po’ da sola e la penombra era quel che le serviva. Una bellissima, oscura e silenziosa sala.
Non era neanche a metà strada quando s’imbatté in Glorfindel che camminava spedito, come se avesse avuto una gran fretta.
“Come mai così pieno di urgenza?” gli chiese lei.
“Elrond ha chiamato me e altri per pattugliare la zone e tener d’occhio la Via.”
Aislinn lo guardò perplessa. “Che intendi dire?”
“Hanno avvistato i Nove, provengono da Ovest.”
“I Nove?”
“Tuo padre vuole che facciamo perdere loro la pista giusta. Dobbiamo fare in modo che devino verso le Terre Selvagge.”
“Perché? Cosa stanno seguendo?”
“Due Hobbit, forse accompagnati da Aragorn.”
“Aragorn è tornato?”
“A quanto pare… ora devo andare.” Si zittì per qualche secondo, come se fosse indeciso tra aggiungere qualcosa o tacere. Alla fine parlò: “Non cacciarti nei guai, Aislinn.”
Detto questo, si voltò e si diresse velocemente verso le scuderie.
Aislinn rimase a guardarlo finché non fu sparito dietro l’angolo. Una strana eccitazione le aveva invaso pian piano le membra e ora quasi fremeva d’impazienza.
Aspettò diversi minuti, girovagando per i corridoi finché non fu sicura di aver atteso abbastanza. Poi corse anche lei dal suo cavallo.



Nota dell'autrice:
Questa fanfiction prende spunto dagli avvenimenti dscritti nel libro, dove ci sono molti dettagli diversi dal film. Mi rendo conto che per un amante delle opere di Tolkien questo racconto potrebbe sembrare quasi un affronto, ma non riesco a pensare ad altro, quindi spero mi perdonerete. Ad ogni modo, mi sono documentata a lungo su luoghi e date, in modo tale che non ci siano buchi temporali, paradossi o altri errori relativi alla trama principale. Mi piacerebbe molto a questo riguardo poter ricevere delle critiche nel caso abbia dimenticato o sbagliato qualcosa.
Vi ringrazio per essere arrivati fino alla fine di questo capitolo e spero di avervi incuriosito almeno un po'!
Helmwige
  
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