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Autore: __roje    23/01/2017    1 recensioni
-- QUESTA STORIA CONTIENE SCENE DI SESSO ESPLICITE! --
Aki Nomura è solo un ragazzo di 16 anni che ha sempre sognato di poter condurre una vita scolastica del tutto normale, fatta di amicizia e nuovi amori. Tuttavia la realtà in cui si trova non è affatto così; a causa di diversi eventi il suo carattere è diventato molto più rude e introverso e i primi due anni di scuola non sono stati esattamente ciò che credeva ed una delle ragione è la continua presenza nella sua vita di quello che una volta era il suo migliore amico: Hayato Maeda. Un ragazzo di straordinaria bellezza che viene definito da tutti "Principe" per i suoi tratti e i suoi modi, ma la realtà è ben altra infatti Aki scoprirà presto i nuovi gusti sessuali della persona che credeva di conoscere bene e da quel momento tutta una serie di strani eventi cominceranno a susseguirsi nella vita di questo giovane ragazzo.
IKIGAI: è l'equivalente giapponese di espressioni italiane quali "qualcosa per cui vivere" o "una ragione per esistere" o "il motivo per cui ti svegli ogni mattina".
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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CAPITOLO 3

Avevo cantato vittoria troppo in fretta però. I giorni seguenti, al maledetto incontro con gli amici di Yoshida, furono l’inferno e il motivo era solo uno: Saori.
Non so come, non so quando ma quella tizia era riuscita ad ottenere il mio numero di cellulare, e molto probabilmente proprio dallo stesso Yoshida che non ne poteva più di essere tartassato dalle sue domande così aveva mollato tutto quanto il problema a me.
Quei quattro giorni era stati un susseguirsi di messaggi con su scritto: ‘Allora? Hai chiesto? Che ti ha detto? Novità?’ e quando decisi di smettere di risponderle iniziarono le telefonate a raffica con le stesse identiche domande. Non importava quale fosse il momento o se fossi impegnato, Saori telefonava lo stesso come se da quella richiesta verso Maeda dipendesse chissà cosa.

La mattina del quinto giorno Yoshida mi trovò disteso sul mio banco, completamente stremato da quel continuum di telefonate nostop. Mi accorsi subito che si trattava di lui, ne riconobbi le scarpe e la borsa che poggiò ai piedi del suo banco accanto al mio.
“Ti sta ancora chiamando eh? Mi dispiace.” Sollevai la testa per guardarlo, e gli mostrai la faccia cadaverica che avevo quel giorno. “Oddio Aki!” si spaventò.
“Già. Devo ringraziare la tua amica” e lasciai cadere nuovamente la testa sulla superficie del banco.
“Non capisco. Perché è così insistente? Che cosa le importa se Maeda viene o meno.”
“Chiedilo a lei...” borbottai con la faccia schiacciata sul legno. Mi ero posto anche io la stessa domanda più volte, e tutto quello che dovevo fare era solo aspettare che arrivasse quella dannata domenica cosicché quell’evento passasse, e tutta quella storia si sarebbe finalmente dissolta nel nulla. Improvvisamente però sentii nuovamente vibrare il cellulare nella tasca, con molta riluttanza lo tirai fuori sapendo già di chi si trattava. Per fortuna quella mattina erano arrivati solo messaggi.
Yoshida si affacciò per leggerne il contenuto insieme a me, ed entrambi ci avvicinammo allo schermo.
- Ti chiamo più tardi durante l’intervallo. Metticela tutta Aki-kun ;) –
“Sei sicuro di non voler proprio chiedere a Maeda di andare?”
Ecco che ricominciava con quella storia. Misi via il cellulare ignorando il messaggio, potevo sopportarli ancora, tanto non mancava molto a Domenica. “Perché dovrei? Se vuole invitarlo può anche venire lei.”
“Beh da come ho capito vi conoscete molto bene voi due, forse se glielo chiedi tu verrà.”
“Ti ho già detto che non ci conosciamo!”
Fu in quel momento che entrò in classe il principe, arrivato di buon mattino e con un aria così radiosa da illuminare quella orribile giornata grigia. E naturalmente dietro di lui non poteva mancare il corteo di almeno cinque ragazze dietro; a tale visione sospirai sentendomi improvvisamente stanco.
L’idea di Yoshida in fondo non era così male, chiedergli di andare ad un evento del genere non avrebbe significato nulla e non l’avrebbe certo fatto per me, ma andare da lui e chiederglielo significa anche solo rivolgergli la parola e trovarmi davanti quella faccia di poker. Non lo farò mai!

Che quella giornata fosse completamente grigia lo dimostrava anche il tempo stesso, infatti cominciò presto a piovere e nessuno di noi si aspettava che potesse peggiorare in quel modo.
Le lezioni finirono presto, ma non potevo neppure andare a casa, il tempo non lo permetteva proprio così lasciato Yoshida alle sue attività extra scolastiche mi rifugiai all’ultimo piano, nella famosa biblioteca abbandonata, per perdere un pò di tempo. Aspettando almeno che smettesse di piovere. Però, non feci neppure in tempo a mettere piede dentro che come l’altra volta vi trovai Hayato, stavolta seduto al tavolo tutto concentrato a leggere un libro. Non di nuovo, mi ripetevo.
Quando quest’ultimo si rese conto della mia presenza non ne parve così sorpreso come la volta scorsa e continuò a leggere dopo avermi dato una breve occhiata di sfuggita. Forse era la cosa migliorare da fare, comportarmi come faceva lui e ignorare che fosse lì.
Di solito non avevo chissà cosa da fare in quel luogo, non amavo leggere e perdevo solo tempo col cellulare, così mi misi a sedere vicino al tavolo adiacente, giocando a un giochino a caso appena scaricato.
“Fammi capire vieni in una biblioteca e non leggi nulla?”
Mi stupì molto sentire la sua voce alle mie spalle o che comunque mi avesse posto una domanda, e imbarazzato per la cosa, non so neppure perchè, nascosi il telefono. “Lo sai che odio leggere.”
“Si, ricordo.”
Che mi avesse posto quella domanda era davvero stupido, nessuno meglio di lui sapeva cosa mi piacesse e forse non dovevo neppure stupirmi troppo se lo trovavo spesso in quel luogo, fin da piccolo aveva sempre amato molto leggere qualsiasi cosa gli capitasse a tiro ma non lo avevo mai visto con un libro in mano. Avevo sempre pensato che fosse uno sportivo, tutto coinvolto nell’allenare il corpo e non la mente.
“Che leggi?”
Perché avevo fatto una domanda. Non avevo nulla di cui parlare con lui, né volevo sentire la sua voce. Eppure come conseguenza della sua domanda mi era venuto spontaneo farne una a mia volta, ma mi aspettai che non rispondesse.
“Non lo so di preciso ma è abbastanza carino.”
Che risposta era quella? “Non sai il titolo del libro che stai leggendo?”
“Sapere i titolo delle cose non serve a nulla.”
Cos’è era diventato filosofico tutto di botto? Mi irritò molto quel suo fare saccente così proseguii con la mia politica di far finta che non fosse li con me, e tornai a fissare le finestre dinanzi a me. Le enormi vetrate che venivano battute da acqua a vento. Quand’è che sarei potuto andare a casa? Sospirai, e senza rendermene conto lo feci rumorosamente. In quel preciso momento vibrò di nuovo il cellulare, per la centesima volta quella giornata, ed era di nuovo Saori.
- Novità? – Non avevo mai provato tanta voglia di voler picchiare una persona come in quel momento. Non mi conosceva affatto, eppure mi stava dando il tormento per quella storia.
Ci pensai un pò, feci due conti e che mi cambiava chiedere una cosa del genere? In fondo Hayato era lì, e un no avrebbe significato dire a Saori di perderci le speranze una volta per tutte.
“Ehm senti” iniziai a dire, ma non ne ero completamente sicuro. Non ebbi nemmeno il coraggio di voltarmi a guardarlo, ma sapevo che era ancora lì alle mie spalle. Sentivo il suo respiro.
“Che vuoi?”
Già il tono che aveva usato mi fece pentire di aver iniziato quella conversazione, era come al solito freddo.”Vedi l’altro giorno ho incontrato un amica di Yoshida”.
“E chi diamine è Yoshida?”
Mi voltai allora a guardalo trovandolo girato verso di me, lo fissai basito per quella risposta idiota “Seriamente? E’ un nostro compagno di classe...”
Ne parve come stupito “Ah.. e quindi che c’entra con me?”
Respira Aki, fai respiri profondi, e io che volevo anche provarci, che risposta speravo di ottenere se non un sonoro no, ma continuai a parlare. “Vedi questa amica di Yoshida e stranamente si ricorda di noi, cioè di te... e solo perché frequentava anche lei il dojo a quei tempi.”
“Dannazione le hai parlato di me?”
“No!” ribattei immediatamente, come gli spiegavo che era stato il suo amico inquietante a ricordarsi di me e lui, e di quanto facesse paura quel tipo, “Ha una buona memoria purtroppo... ma non è questo il punto! Vedi questa domenica ci sarà un evento di beneficenza o qualcosa del genere, e quella tipa voleva che ti chiedessi di andare perché eri uno dei migliori.”
Era incredibile che l’avessi detto davvero e la reazione di Hayato fu tutta come me la ero immaginata, seccato della cosa e per nulla interessato.
“Mi hai detto questa cosa sperando che accetti l’invito di qualcuno che non conosco affatto? Che fossi uno stupido me ne ero già accorto da tempo ma non fino a questo punto” chiuse il libro che aveva sul tavolo e si alzò, incredibile che fossi riuscito a metterlo in fuga con una sola richiesta.
“Non è colpa mia! E’ quella tizia che mi sta mettendo ansia affinché te lo chieda” ma perché mi stavo giustificando, che cosa me ne fregava.
“Dille di no e basta idiota” e fece per andarsene via.
“Si, certo come se bastasse a fermare quella Saori...” borbottai tra me ad alta voce temendo che non bastasse affatto dirle che aveva rifiutato.
Tuttavia il mio borbottare a voce alta aveva attirato la sua attenzione, lo aveva misteriosamente fermato e mi fissava come colpito da qualcosa. Lo fissai incuriosito, che cosa era successo?
Cercai di capire cosa avesse sentito di tanto interessante ma non ne ebbi il tempo, se ne andò via senza aggiungere una sola parola.

Quella sera stessa dissi a Saori di non assillarmi più e che Maeda aveva risposto di no al suo invito, sperai che facendo così quel tormento avesse fine e così fu. Saori rispose con un secco ‘Ah mi dispiace...’, il suo entusiasmo, l’allegria con cui mi aveva sempre mandato quei messaggi si erano spenta di colpo. Un pò ne capii il motivo, forse anche a lei era sempre piaciuto Hayato e se aveva così insistito era perché voleva a tutti i costi vederlo.
Che poveretta, pensai. Beh mal per lei, io avevo chiuso con tutto e tutti, non sarei più stato assillato e non avrei più dovuto rivolgere la parola ad Hayato o chiedergli qualsiasi altra cosa.
“Lo sai che odio leggere.”
“Si, ricordo.”
Sussultai che mi fosse tornata in mente una cosa del genere, e che la sua voce fosse risuonata nella mia mente. Che ci pensassi ancora era assurdo, che cosa mi aveva colpito di quella conversazione così breve... forse il fatto stesso che avesse detto di ricordarsi una cosa che mi riguardava o magari l’aveva detto giusto per..
Hayato era sempre stato un mistero, fin da quando ero piccolo. Non era mai stato molto estroverso, né così voglioso di fare qualcosa di nuovo anzi aveva sempre preferito restare a casa anche solo per guardare un dvd, a tal pensiero mi venne da sorridere.
Un momento però! Stavo ridendo? E perché. Io odiavo Hayato, non sopportavo il suo essere principe, o che se la tirasse così tanto con buona parte del genere femminile. Il suo modo di fare era altezzoso, scortese e non mostrava mai interesse verso nulla. Per cosa sorridevo allora?
Vibrò nuovamente il cellulare. “E che cavolo!”
Era arrivato l’ennesimo messaggio, lo sapevo che non sarebbe finita lì, me lo aspettavo.
- Grazie di averci provato Aki-kun, spero di vedere almeno te domenica. A presto! -
Ne rimasi davvero sorpreso. Ricevere un grazie per una cosa del genere era un pò assurdo, o che quel messaggio fosse arrivato con tipo venti minuti di ritardo rispetto al primo. Non sapevo proprio come interpretare la cosa, eppure uno strano calore attraversò la mano dove tenevo il telefono fino al petto. Eh no, non stavo ancora avendo un infarto! Piuttosto quel grazie mi era parso sincero.


Ricordavo ancora perfettamente dove fosse la palestra che un tempo frequentava Hayato, e come dimenticarla visto che vi avevo trascorso buona parte delle mie giornate.
Mi ero ancora una volta fatto convincere a fare qualcosa che normalmente non avrei mai fatto, eppure, il messaggio di Saori aveva smosso qualcosa e un pò mi ero sentito in colpa. Nessuno in quegli ultimi anni mi aveva mai invitato a fare qualcosa, rifiutare sembrava addirittura maleducato e perdere qualche ora del mio tempo non mi avrebbe portato via nulla, così avevo deciso di andarci. La cosa tuttavia divertente è che non avevo mai praticato judo in vita mia e stavo andando ad un evento che riguardava proprio quello sport dove non si sarebbe parlato di altro. Che cosa avrei fatto esattamente? Pur pensandoci era troppo tardi per tornare indietro, la mia decisione l’avevo presa quindi dovevo caricare di forza e sfoggiare i miei sorrisi migliori per sembrare cordiale.
Pur avendo dei dubbi sulla strada trovai facilmente il posto vedendo una bella folla accanto ad un edificio che riconobbi essere la palestra. Non era invecchiata di un giorno, forse un pò di giallo qua e là ma nulla di diverso. Il complesso era sempre stato piccolo, non si era mai ingrandito neppure nei suoi giorni migliori. Un casone di cemento di forma rettangolare, un bel giardino fuori dove vi era una caffetteria per atleti e passanti che magari avevano voglia di fermarsi a guardare, e a suo tempo ero stato uno di quelli.
Provai una strada gioia di vedere di nuovo un posto del genere, quegli alberi e le pigne cadute sul prato. Ne raccolsi una pensando a quanti anni fossero passati dall’ultima volta che ero stato lì. Mi guardai un pò in giro, e c’era gente che si divertiva: bambini con i loro judogi appuntati e le cinture dai colori più vari, i genitori fieri di loro intenti a fotografarli e non mancavano anche allievi più grandi; nel vedervi mi venne un tuffo al cuore, Hayato se avesse continuato sarebbe stato come loro e molto probabilmente avrebbe ottenuto già la cintura nera. A pensarci non ricordavo neppure perché avesse lasciato.
“Aki-kun!” Una voce acuta pronunciò il mio nome a chiare lettere in mezzo a tutto quel casino. Mi voltai a guardare da dove provenisse e da lontano vidi Saori. Che bellezza, uao. Si avvicinò rapidamente riprendendo fiato vestita con un bel vestitino a fiorellini che le cadevo largo su fianchi e gambe, fino al ginocchio, dove credeva di essere, alla fioritura dei ciliegi? “Credevo non venissi più!”
“Ho fatto un pò tardi in verità. Ma gli altri non ci sono ancora?”
Saori sfoderò un ampio sorriso “Certo che si sono! Sono già tutti dentro per le dimostrazioni, sono arrivati tutti prima per cambiarsi.”
Fin da quando avevo conosciuto Saori avevo immaginato che fosse anche lei un allieva del dojo, ma a quanto pare mi ero sbagliato. “Tu non ti cambi?”
La ragazza mi osservò per la domanda, “Tu non ti ricordi affatto di me vero?” Scossi la testa imbarazzato della cosa, “Mio padre è uno dei maestri di questo dojo, e da piccola ero sempre qui dopo la scuola. Questa è praticamente la mia casa” ne parlò con una certa passione, gli occhi lucidi guardandosi in giro.
“Mi dispiace di non ricordare quasi nulla.”
Mi sentivo uno stupido, tanto tempo passato lì e non ricordavo neppure le persone di quei giorni. Nella mia mente si era resettato tutto, ogni cosa avesse preceduto il liceo si era cancellata.
Saori mi sorrise e mi punzecchiò con la mano “Tranquillo. Anche a quei tempi eri molto distratto, non mi stupisce affatto che tu abbia rimosso completamente chi sono.”
Forse avevo giudicato male quella ragazza, non era così stupida come avevo pensato all’inizio. Era solare, carina e molto gentile, eppure nessuna di quelle caratteristiche mi facevano ricordare di lei.
Saori di punto in bianco mi afferrò per il braccio e mi trascinò con se verso l’ingresso della palestra, dove vi era una folla di persone che attendevano di entrare, tuttavia essendo quasi la proprietaria di quel posto prese un altra strada, sul retro dove vi era una porta secondaria che fungeva da uscita di emergenza.
Mi lasciò andare appena fummo dentro. “Ti ho evitato una bella fila eh?” ridacchiò.
“Già. Ma da qui dove si sbuca?” ero molto smarrito, non ero mai passato di lì. Mi avventurai un pò, anticipai Saori mentre lei era intenta a chiudere la porta dietro di noi.
Quella scorciatoia dava su un corridoio buio, circondato da lunghi tendaggi scuri in velluto che impedivano alla luce di entrare così cercai uno spiraglio per passarvi in mezzo e una volta trovato mi trovai davanti al dojo.
Mi raggiunse anche Saori “Sarebbe stato bello avere qui anche Hayato” disse e la cosa mi stupì, la guardai in cerca di una spiegazione ma lei non fece altro che sorridermi e andò a preparare le ultime cose. Che cosa era significata quella frase? E perché lo chiamava per nome. Non ebbi tempo di farmi troppi film mentali, la ragazza andò ad aiutare i vari addetti dello staff all’ingresso per permettere che tutti entrassero in maniera ordinata mentre gli allievi erano sul retro o negli spogliatoio a cambiarsi.
Ancora non avevo visto Yoshida in giro e mi chiedevo come stesse o cosa stesse facendo.
“Non dirmi nulla ma devo chiederti di sistemarti con gli altri spettatori ai lati del dojo” Saori avvicinò le mani in segno di scusa ma era ovvio che dovessi farmi da parte, sapevo già quale fosse il mio posto. Non era la prima volta che assistevo a qualcosa del genere.
Mi allontanai dal centro del campo raggiungendo le persone che lentamente stavano prendendo posto chinandosi a terra sul parquet di legno, sistemando borse e videocamere. Erano tutti così eccitati, manco fosse una sorta di gara.
Non volevo disturbare nessuno così andai dietro a tutto, lontano da tutte quelle famiglie e non mi importava se la vista mi sarebbe stata ostruita da qualche testa di troppo, qualcosa avrei comunque visto.
“Da quanto ti piace guardare qualcuno fare sport?”
Quella voce, così familiare, così profonda ma era impossibile che fosse proprio la sua, eppure sollevando appena la testa e guardando dinanzi a me trovai poggiato alla parete proprio Hayato in persona. Spalancai gli occhi per quella apparizione, o allucinazione o come la si voleva chiamare. “Che ci fai qui?” domandai molto sorpreso.
“Mi hai invitato tu non ricordi idiota?” incrociò le braccia contro il petto.
“Sì ma tu hai detto di no e mi hai dato dell’idiota come sempre.”
“Mh? L’ho fatto davvero?”
Non poteva fare sul serio... “Si l’hai fatto e non prendermi in giro!” Il principe abbozzò un sorriso e strani bagliori comparvero insieme a lui manco fosse entrato il sole in quella sala, come faceva a splendere così tanto. “Hai cambiato idea alla fine.”
“Beh questo era pur sempre il mio dojo.”
Si lo era, ma non sembrava essersene interessato tanto quando gliene avevo parlato la prima volta. “Beh io vado a sedermi da qualche parte addio” e mi allontanai immediatamente da quel principe dei miei stivali, tuttavia, pur trovando un ottimo posto dove mettermi mi trovai anche lui seduto accanto con la sua impeccabile postura da atleta: bello dritto, gambe perfettamente incrociate e un aurea che non passava inosservata. Infatti almeno il 30 o 40% delle donne presenti lì quel giorno si erano voltate a guardarlo.
“Piantala di fare così” gli dissi a bassa voce.
“Fare cosa?”
Lo guardai truce “Lo sai perfettamente.”
Una ragazzina si accomodò alla sua destra, un altra davanti. Ecco che si ricominciava con la solita storia, improvvisamente l’attrazione di quella giornata non era più il judo bensì quel ragazzo. La cosa tuttavia non sembrava disturbarlo e se ne stava al suo posto con gli occhi puntati sul dojo, mostrando uno strano interesse, cosa che era molto rara da vedere in lui.
Le esibizioni finalmente ebbero inizio, si susseguirono alcuni allenamenti pubblici dei più piccoli alle prime armi per il piacere dei genitori presenti, e subito dopo seguirono molti scontri tra i più grandi e tra questi riconobbi Yoshida, Hiroto e Kuro, quindi tutti e tre erano allievi di quel posto.
Mostrarono le loro abilità al pubblico così come la loro forza e tecnica, ne rimasi affascinato pur capendone molto poco mentre Hayato accanto a me osservò tutto con grande serietà, gli occhi blu così luminosi da sembrarmi due fari. Non lo avevo mai visto così preso da qualcosa, o forse si, in fondo fin da piccolo era sempre andato con piacere in quel posto e sembrava essere stata l’unica cosa che avesse mai amato fare.
Le esibizioni per la beneficenza terminarono nel giro di un ora e mezza, e finita la cosa fummo tutti invitati al piccolo buffet organizzato nella caffetteria all’esterno. Una cosa fatta bene dovevo ammetterlo.
Tutti si alzarono seguendo le indicazioni, aspettai però che la maggior parte delle persone fossero uscite ma senza rendermene conto avevo perso di vista Hayato. Mi guardai intorno e lo vidi andare via, gli corsi dietro seguendolo ma non sembrò accorgersi della mia presenza.
Una volta fuori ci accorgemmo che si stava già facendo sera così le luci iniziarono ad accendersi in automatico rendendo il tutto molto simile ad un festival estivo. “Uao!” commentai entusiasta.
“Sembra che tu non abbia mai visto un giardino, baka.”
Strinsi i pugni “Perdona il mio entusiasmo mr. simpatia!” Hayato sogghignò per la mia espressione divertito della cosa, e ci guardammo entrambi in cagnesco. Fummo però interrotti dall’arrivo di Saori che nel frattempo si era cambiata indossando la divisa dello staff di quel posto. Forse per pubblicità.
Venendomi incontro rimase sconvolta di trovarvi lì Hayato, tanto che arrossì di colpo. Come prevedibile che fosse era anche lei presa da quel principe del cavolo. “Hayato! Wow non sei cambiato per nulla.”
“Yo’” la salutò così lo scorbutico, tuttavia la cosa prese una strana piega e Saori non seppe trattenersi. Afferrò Hayato stringendolo come un pupazzo contro il suo petto fino a soffocarlo. “Non ci posso credere che sia tu! Sei sempre bellissimo come ti ricordavo” gli afferrò il viso tirandogli le guance.
“Dacci un taglio donna!” cercò di dire il poveretto annaspando in quella morsa. Tale scena mi fece quasi ridere ma nascosi le mie risate dietro una mano. Hayato la spinse via “Dannazione datti un contegno!”
“Oh Hayato perchè? Non ci vediamo da anni e dovrei trattenermi? Non posso crederci che tu sia davvero venuto, allora Aki è riuscito a convincerti.” Sorrise contenta.
“Come?” dissi.
“Ehi aspetta non mi ha convinto a fare nulla questo qui” e mi indicò con riluttanza.
Questo qui. Sul serio aveva detto così, che poca considerazione di me poteva mai avere, ma almeno il mio nome se lo ricordava ancora o ero diventato un oggetto per lui? “Ehi!” tuonai furioso.
“Beh non importa, l’importante è che tu sia qui, papà sarà molto felice di vederti di nuovo.”
“Mi dispiace Saori ma non resto per la festa.”
Improvvisamente i toni si erano fatti seri, cupi e sulle loro facce aleggiava un velo molto scuro. Era chiaro come l’acqua che era successo qualcosa, ma esattamente cosa.
“Aki!” la voce di Yoshida così come la sua presenza mi fecero sussultare.
“Accidenti non apparire dal nulla così! Che paura...” ripresi fiato, “Che ci fai qui?”
“Come che ci faccio qui, mi sono cambiato e ora mi godo il cibo hahaha” poi la sua espressione da divertita mutò in una di puro sgomento e terrore “M-ma quello è il Principe!!” gridò senza ritegno indicandolo.
Bene, se anche non volevo che si venisse a sapere come tutti lo chiamavano ora era chiaro, e spiattellato davanti ai presenti.
 Infatti Saori scoppiò a ridere sentendoglielo dire, “Principe? Perché ti chiamano così?”
“Perché sono bellissimo mi sembra ovvio.”
Era sconvolgente quanto ego avesse in corpo quel ragazzo. “Aki, spiegami perché è qui, non aveva rifiutato l’invito?” sussurrò nel mio orecchio.
“Beh che ne so io, ci ha ripensato a quanto pare!”
A Yoshida quella risposta parve non bastare, tanto male, nemmeno a me era del tutto chiaro perché diavolo fosse venuto alla fine e poco importava tanto tra poco se ne sarebbe anche andato via.
Saori tentava di persuaderlo a rimanere ma era tutto inutile, era proprio sul punto di andarsene. Evviva.
“Oh allora è qui che eravate tutti” dal nulla comparve anche Kuro, che diversamente dagli altri allievi non indossava la tuta della palestra ma un paio di jeans strappati e una maglia nera molto casual, e notai con molto stupore che aveva anche eliminato l’arancione dei giorni scorsi coprendolo col nero. Finalmente una scelta decente, pensai e notai che aveva anche rimosso le lenti a contatto mostrando due occhi color smeraldo. Improvvisamente non mi sembrò più così bizzarro. “Vedo che alla fine sei venuto davvero ehmm..”
“Aki...”
Mi fece occhiolino “Giusto!” e si voltò poi verso gli altri notando anche la presenza del principe “Hayato” pronunciò con tono basso, e in maniera molto più seria.
Hayato corrucciò la fronte nel vederlo “Kurosaka” ricambiò quel saluto con il massimo dell’antipatia. Che succedeva all’improvviso eh? Erano amici? Nemici? Cosa?
“Non credevo che alla fine saresti venuto davvero ma oh sei sempre una sorpresa!”
L’atteggiamento di Kuro mi diede un pò sui nervi, sembrava quasi volerlo prendere in giro sebbene Hayato lo facesse giorno e notte con buona parte della scuola ma chissà perché mi dava meno fastidio.
“Tranquillo non resterò a lungo.”
Il resto di noi osservava quella scena come idioti non capendoci assolutamente nulla. Ciò che si poteva intuire è che fossero due stronzi entrambi, questo era chiaro.
“Beh allora chi viene a mangiare un boccone con me eh?” domandò Kuro cambiando di nuovo atteggiamento e puntò il suo sguardo felino su di me “Che ne dici Kyo andiamo insieme?” mi sorrise circondandomi con il suo braccio.
“Io mi chiamo Aki!”
“Fa lo stesso. Su andiamo” e mi trascinò via contro la mia volontà.
Che prendeva alle persone? Ero circondato da pazzi a quanto pare e che avevano tutti contro il mio nome. Tre dannate lettere e nessuno sembrava mai ricordarle, che problemi avevano.
Kuro mi allontanò dagli altri portandomi davanti all’immenso buffet messo a disposizione dal centro e su di esso c’era ogni ben di dio, gli occhi si crogiolarono di tanto buon cibo. “Uao” dissi ancora.
“Ehi Ikyo ne vuoi due?” mi mostrò degli spiedini di polipo.
Lo guardai seccato, “E’ Aki...” Non era così che avevo immaginato quella serata, non certo a mangiare con qualcuno che non conoscevo affatto ma accettai di buon grado lo spiedino così allungai la mano per prenderlo, tuttavia non feci in tempo e questo mi fu rubato da una terza mano apparsa dal nulla.
Fissai Hayato mentre si gustava quello che sarebbe dovuto essere il mio spiedino, alle sue spalle comparve Saori che mi fece il segno della vittoria. “Alla fine l’ho convinto!” sorrise.
“Ma davvero?” commentai stupito e fissai il diretti interessato, quest’ultimo però distolse lo sguardo e andò altrove guardandosi in giro tra le tantissime cose da mangiare.
Stranamente anche Hayato aveva deciso di restare, assodai quanto fosse lunatico quella sera. Ogni qual volta che Saori gli proponeva qualcosa rispondeva immediatamente di no, ma appena quel Kuro lo punzecchiava un pò ecco che la vena sulla sua tempia si gonfiava e cominciava stare al gioco dell’altro.
Beh li lasciai perdere, e persi un pò di tempo insieme a Yoshida che trangugiava qualsiasi cosa avesse a vista. Sembrava un pozzo senza fondo. “Sono contento che tu sia venuto. Hai visto com’è bello qui?” cominciò a dire.
“Si, devo ammettere che è molto bello.”
Yoshida poggiò il piattino vuoto sull’immenso tavolo, “Sai ho sempre creduto che tu mi odiassi e non avessi alcun interesse nel voler essere mio amico, ma sono felice di essermi sbagliato.”
Mi morsi la lingua nel sentire quelle parole. Ero stato davvero pessimo nei suoi confronti e non lo meritava, e in cuor mio non sapevo neppure perché lo avessi tenuto così alla larga.
“Sono contento anch’io” e per la prima volta mi venne da sorridere, ma non un sorriso forzato come mio solito. Era sincero, rilassato e contento di avergli sentito dire certe cose. Yoshida parve sorpreso di vedermi sorridere così, forse avevo una faccia strana e non gli davo torto se mi fissava così, dopotutto ero parecchio strano.
“Dovresti sorridere più spesso Aki” disse però “sei davvero adorabile” rise.
Adorabile. L’espressione che aveva usato Yoshida era proprio quella, mi aveva paragonato ad un cucciolo di cane, o di foca. Che razza di complimento era mai quello! “Adorabile? Che sono un cane?”
“Scusa scusa non intendevo quello davvero, ma davvero non sapevo come esprimermi.”
“Meglio se taci allora.”
Mi guardai un pò in giro per vedere dove fossero finiti gli altri e nel voltarmi un ombra nera oscurò la mia vista, una grossa ombra imponente simile alla figura della morte. Era Hiroto e mi fece prendere uno spavento. Completamente vestito di nero, con i lunghi capelli neri che gli cadevano davanti al viso se ne andava in giro con un piatto pieno di cibarie in mano.
“Ehi amico” lo salutò Yoshida non sorpreso di trovarselo lì.
“Ehi ciao” poi puntò anche me e mi fece paura “Ciao Aki-kun.”
Com’era possibile che fosse l’unico a ricordarsi il mio nome, perché proprio lui. “C-cciao.”
“Alla fine ci sei riuscito, hai portato qui Maeda” osservò da lontano il principe e disse quella frase con una voce bassa e scandì ogni parola lentamente. Credevo sempre di più che fosse un becchino.
Annuii, non avevo la forza di rispondergli e cercai appoggio da parte di Yoshida ma notai con mio dispiacere che era sparito, si era di nuovo lanciato sul cibo rimando da solo me. Che cazzo dovevo fare.
 “Non sei vicino a lui” osservò ancora.
“Ehmm no.”
Mugugnò qualcosa di indecifrabile e parve pensieroso, si guardò ancora una volta in giro in cerca di qualcosa ma non aggiunse altro, mi lanciò un ultima occhiata scrutandomi attentamente da capo a piedi e se ne andò così come era venuto. Quel tipo faceva paura e aveva dei seri problemi, anche se durante le dimostrazioni di judo mi era sembrato una persona assolutamente normale.

Quando finalmente la sera terminò mi sentii privo di ogni forza manco avessi corso una maratona. Per tutta la sera avevo cercato di evitare di restare solo con Hiroto perché ne avevo paura, ma avevo fatto compagnia a Yoshida mentre mangiava e mi ero sorbito per buona parte della serata Saori che parlava senza fermarsi mai, e mentre lei lo faceva il principe si era pure addormentato infischiandosene di sembrare maleducato.
Sebbene fosse stata una serata eterna me ne andavo con la sensazione di essermi divertito a parte alcuni piccoli dettagli, ma tutto sommato era andata bene. Purtroppo però la ciliegina sulla torta non poteva mai mancare, e come mi ero immaginato dall’inizio fui costretto a tornare a casa proprio con Hayato, essendo il mio vicino di casa.
Per fortuna eravamo entrambi stanchi quindi nessuno dei due parlava o aveva voglia di iniziare una discussione, ero stranamente felice della cosa. Ero anche molto sorpreso che fosse rimasto fino alla fine della piccola festicciola sebbene fin dall’inizio avesse detto di volersene andare.
Quella piccola passeggiata da soli non sarebbe durata a lungo, le nostre case non era così lontane e ciò mi ricordò i tempi andati quando facevamo sempre quella strada per tornare dal dojo.
“Quindi è quello il Yoshida di cui parlavi.”
“Eh? Ah sì, è lui e sta nella nostra classe.”
Hayato portò il suo sguardo verso di me, un occhiata molto sfuggente e severa, “Sembra simpatico.”
“Sul serio? Non parliamo mai e ora mi dici che trovi simpatico Yoshida?”
“Stranamente mi hai ricordato perché non parliamo.”
Che rabbia mi faceva, che rabbia quel suo modo di fare. Mi fermai in mezzo alla strada non riuscendo più a trattenermi “Se non parliamo più è per colpa tua!” Hayato si fermò notando che lo avevo fatto, ma non parve stupirsi per il mio stato alterato. Non lo smuoveva assolutamente nulla, poteva crollare il modo e avrebbe fatto sempre la stessa faccia quindi altro che bel principe delle favole, lui era il mostro, il peggiore che potesse esistere.
“Datti una calmata o sveglierai tutto il vicinato.”
Sì era sempre così che faceva, il saputello colui che diceva agli altri che stavano sbagliando. “Va al diavolo Hayato, ti odio! Potevi anche non venire oggi mi avresti risparmiato di vedere la tua faccia anche lì.”
Hayato sorrise bieco “La mia faccia è l’unica cosa bella che hai visto oggi, fidati.”
Cosa gli dava tutta quella convinzione. Nel mondo esistevano tante persone di bel aspetto e nessuna di loro era così piena di se, quel ragazzo invece non guardava in faccia a nessuno, anzi guardava tutti dall’alto in basso come se tutti noi fossimo inferiori o qualcosa del genere per questo non aveva amici o una ragazza, nessuno era mai abbastanza per lui. “Fottiti... tu sei la faccia che più odio!”
E feci per superarlo e andarmene al più presto possibile a casa, ormai la vedevo era a duecento metri da noi e potevo porre fine a quella serata strana.
“La faccia che più odi eh” sentii dire alle mie spalle ma non mi voltai più a guardarlo o sentirlo, volevo solo che sparisse dalla mia vita e contavo ormai i giorni che mancavano al diploma.
Ero perso nei miei pensieri e nella mia rabbia per rendermi conto di cosa stesse succedendo intorno a me, troppo distratto per accorgermi che Hayato mi era corso dietro bloccandomi per un braccio. Troppo assente per accorgermi che mi aveva girato con la forza verso di lui, e che mi aveva afferrato il volto tenendolo fisso verso di lui, e che mi stava guardando con quei suoi occhi blu mare. E accadde.. Ciò che avrei voluto non succedesse mai neppure nei miei incubi peggiori, e neppure al mio peggiore nemico. Sperai che si trattasse di un brutto sogno ma non lo era, le mie labbra erano state catturate dalle sue. Il principe mi stava baciando e non era certo per sbaglio, bensì un bacio vero. Il mio primo bacio!
  
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