HERO
Due settimane…
Erano
solo due settimane che era finita la scuola ed io già non ne potevo più di
quella prigione.
Non
potevo uscire di casa,i Dursley non me lo permettevano.
Non
potevo andare dai Weasley o al Grimmauld Place, Silente non me lo permetteva.
I
primi per non rovinarsi la reputazione, il secondo per proteggermi.
Qualunque
fosse la loro motivazione,il risultato era il medesimo: ero praticamente
confinato in casa.
Per
mia fortuna gli zii sarebbero andati a passare le vacanze in Francia (l’avevo
capito quando vidi zia Petunia mentre cercava di insegnare a Dudley qualche
parola in francese), così avrei avuto la casa tutta per me per il resto
dell’estate, visto che non mi avrebbero sicuramente portato con loro.
Il
bello è che speravano di farmi un dispetto, man on sapevano quanto si
sbagliavano, credo di aver preso quel loro gesto come il più bel regalo in
tutta la mia vita ricevuto dai Dursley.
Grazie
a quella loro stupenda decisione, la monotonia delle mie giornate vuote e
solitarie si sarebbe spezzata; stavo già programmandomi le mie inaspettate
giornate all’aperto ancora prima che la mia cara famiglia partisse per le sue
benedette vacanze, ero su di giri come non mai, come non lo ero più da un po’
di tempo a quella parte.
L’ora
della cena era ancora lontana, saranno state le cinque di pomeriggio, ed io ero
appoggiato al davanzale della mia finestra mentre ero intento a guardare
distrattamente il cielo e vagavo con la mente, ripercorrevo gli ultimi tempi,
il periodo che credevo fosse stato il più brutto e distruttivo di tutta la mia
giovane esistenza: prima le distanze che Silente aveva preso con me perché
aveva paura di una mia possessione da parte di Voldemort, poi l’attacco da
parte di nasini ad Arthur Weasley e per ultimo, ma assolutamente non meno
importante degli altri, la caduta di Sirius dall’altra parte del Velo.
Ho
ancora adesso un ricordo vivido di come avevo distrutto l’ufficio di Silente,
quando ero tornato ad Hogwarts, però mi servì parecchio per calmarmi; durante
tutto il viaggio di ritorno ero rimasto nei miei pensieri, a darmi dell’idiota
in continuazione, a ripetermi che era stata colpa mia se Sirius era morto. Però
quando arrivai a Privet Drive ebbi, come ho accennato poco sopra, tutto il
tempo di capire, a mente fredda, com’erano andati i fatti, e mi ero calmato, se
così si può dire.
Insomma,
non che mi fosse passato il dolore costante all’altezza del cuore, questo no e
credo non mi passerà mai, quantomeno avevo smesso di dare la colpa a qualcuno
che non fosse Bellatrix Lastrange. Proprio così, la colpa era sua e sua
solamente; ricordo di essermi appuntato a mente il suo nome sulla mia lista
delle persone che avrei ucciso durante la grande guerra.
Smisi
per un momento di pensare a quelle cose poco… Belle; una figura sotto ad un lampione
attirò il mio sguardo, un ragazzo dai capelli neri come i miei e dagli occhi
color opale, unica cosa che si vedeva del suo viso nascosto un po’ dall’ombra
dell’albero lì vicino ed un po’ da una specie di foulard nero… “Strano
ragazzo”, pensai, “va bene che non fa tutto questo caldo per essere metà
giugno, ma mettersi un foulard attorno al collo… Esagerato!”. Ed era un tipo
strano anche perché, in quel momento lo ricordai, mi aveva seguito, se così si
può dire, per tutte e due le settimane che mi trovavo tra i babbani. Meglio se
mi spiego più chiaramente: da quando ero arrivato a casa degli zii avevo sempre
incrociato quel ragazzo con lo sguardo ogni qual volta che guardavo fuori dalla
finestra della mia camera, o quando stavo in giardino a curare le piante di zia
Petunia.
Il
fatto ancora più strano in quella già alquanto anormale situazione era che la
figura si limitava ad osservarmi per un po’, poi spariva così come era venuta;
all’inizio credevo che si trattasse di un giovane mangiamorte, ma visto che non
faceva altro se non fissarmi in silenzio, la mia ipotesi era volata via con il
vento estivo.
Dovetti
girarmi per rispondere alla chiamata della cena fatta molto gentilmente da zio
Vernon,
-
Scendi
ragazzo! Vorrai mica che ti aspettiamo?!-
Quando
mi girai nuovamente verso il lampione, bé…Era sparito. Così scesi in cucina per
cenare il più in fretta possibile per tornarmene ancora più velocemente nella
mia amata e tranquilla solitudine.
Quando
fui di nuovo nella mia camera da letto, mi appostai nel mio solito posto che
usavo come “pensatoio”, cioè dove mi veniva meglio pensare, e rammentai ancora
una cosa che era successa nel mio ultimo scontro con Tom Riddle, poco tempo
prima: quando lui si fu impossessato di me per un temporaneo periodo per
parlare con Silente, avevo avvertito una sensazione strana. Non era come
credeva il caro preside, io continuavo ad esserci e a pensare mentre nel mio
corpo c’era lui, era come se stessi ascoltando la loro conversazione
dall’interno, come se per un breve momento io mi fossi fuso con l’intruso.
Per
il breve tempo in cui eravamo stati a contatto con le nostre stesse anime,avevo
percepito tutti suoi sentimenti, le sue emozioni. Mi spiegherò meglio, è un
concetto piuttosto difficile da esporre qualcuno che non lo ha provato. Dal
momento in cui Tom entrò, non so ancora come, nel mio corpo, io cominciai ad
avvertire delle sensazioni che non mi appartenevano ed un potere che sapevo
benissimo essere completamente diverso dal mio.
Quelle
percezioni, quei sensi non miei continuarono a stare annidati in me anche dopo
che il mio contatto con Tom si fu sciolto, anche quando ero tornato tra i
babbani, e questo mi spaventò non poco.
Mandai
una lettera a Silente due giorni dopo essere arrivato a Privet Drive, dove anzi
tutto mi scusavo per il casino che avevo provocato nel suo studio, poi
descrissi ciò che ho appena detto ed esposi la mia teoria, cioè che quelli
fossero sentimenti di Tom.
Sfortunatamente,
o forse no, dipende dai punti di vista, lui affermò che la mia ipotesi era
corretta, e che probabilmente il legame che ci aveva uniti quel momento non era
ancora del tutto sparito, ma disse che presto mi avrebbe lasciato.
“Per
ora li avverti ancora perché tu e lui siete comunque sempre stati uniti dalla
maledizione non riuscita… Presto però tornerà tutto come prima, non
preoccuparti.”
Questa
fu una frase che mi scrisse… Non gli dissi però che non se n’era andato via,
anche in quel momento, affacciato alla finestra continuavo a sentire qualcosa
che non era di mia proprietà. Fu anche per quel motivo che ora, mentre racconto
questa storia, uso Tom e non Voldemort.
Ho
detto anche perché ci fu un altro episodio, che sarebbe presto accaduto, che mi
convinse a non chiamarlo più con il soprannome che tutto il mondo magico gli
aveva dato.
Ciao
raga! Come va la vita? E’ un casino che non posto più qualcosa, ma ecco a voi…
La storiella su Harry e Tom che vi avevo accennato qualche one-shot fa! J
Quando
avevo detto che forse l’avrei scritta, mi ero decisa a fare una one-shot un po’
tetra, ma ora ho deciso di darle un tono un ò meno lugubre, ci sarà anche
qualche scenetta romantica, anche se alla fine… Ehi! Posso mica dirlo già ora?!
Piuttosto,
questa storia sarà di non molti capitoli, il tempo sarà dall’estate che Harry
sta descrivendo, quindi quella della fine del suo quinto anno, fino alla fine
del sesto.
Però
salterò molto dell’anno scolastico, ci saranno solo dei ricordi di Harry che
sta raccontando… Dopo avervi fatto la scheda-fic della mia storiella… E’ vero
che recensite??? J J
A
già, ringrazio tutti/e quelli/e che mi hanno recensito “una sera d’estate”, e
cioè: titi, Severus_Pyton, Sanzina, goten, Patty, Sere, Wedra, vlad Zepesh, lori
e Melany… GRAZIE!! J
BaX
ek