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Autore: iamnotgoodwithnames    24/01/2017    1 recensioni
" -ha mai provato a farlo, ha mai provato a conoscersi, signor Holmes? Lei, che osserva tutto, ogni singolo dettaglio, ogni più piccolo indizio nell’altro, ha mai provato ad osservare se stesso?-
Ti coglie impreparato, ti sorprende e colpisce, uno schiaffo, una verità che hai evitato, una realtà che hai ignorato a lungo.
Sbatti le palpebre, distogliendo per alcuni brevi istanti lo sguardo, deglutisci a vuoto, l’effetto della morfina sta cominciando a diminuire e non aiuta
-lo faccia ora signor Holmes, si analizzi-
[...]
-ho due giorni di tempo?-
-in realtà lei ha tutto il tempo che desidera, ma se vuole potrà tornare qui e riscuotere la risposta che le spetta, come d’accordo, non dubito che impiegherà meno tempo di chiunque altro nell’analisi, infondo è la sua specialità, voi consulenti siete abili osservatori-
Sentenzia, allontanandosi da te a passo rapido."
Sherlock Holmes e le droghe, non una dipendenza, non può uno stimolo, ma un semplice bisogno di evasione dai tormenti della memoria.
Un incontro in una fabbrica dismessa, uno strano accordo, l'inizio di una nuova indagine, di un caso che non ha nemici da sconfiggere se non le inside della mente.
Sherlock contro Sherlock, dedurre se stesso.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Molly Hooper, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avevi smesso, lo avevi fatto, di nuovo.
Poi tutto era andato com’era andato, Mary, l’esplosione, Sherrinford, Eurus, le morti, l’esperimento, la bara, RedBeard, Victor, la verità.
Non si torna indietro, non dalla verità.
Le parole, le parole restano come echi costanti, risuonano nella mente, riproducono sempre lo stesso straziante suono; il rumore della verità.
Lo hai sopportato, lo hai ignorato, sovrastandolo con mille altri suoni, ma è sempre troppo forte, troppo vivido, troppo chiaro e riecheggia, portando con sé bagliori, reminiscenze di una memoria che avevi resettato, modificato, dimenticato.
Ed è diventato insopportabile, intollerabile.
Perché non lo hai compreso, prima.
Perché non lo hai intuito, mai.
Un errore.
Un errore che ti tormenta, non essere stato in grado di osservare, analizzare, dedurre.
Devi anestetizzarlo.
Non bastano più le premure di Mrs Hudson, non sono più sufficienti i casi di Lestrade, non bastano più i tentativi di John di ripetere velate tattiche di mera psicoterapia per affrontare un trauma emotivo, non sono più sufficienti le scuse, mai esplicite, di Mycroft, non bastano più le visite settimanali a Sherrinford.
Neppure più i sorrisi di Rosie sono sufficienti a distrarre la tua mente da quell’eco costante, dai bagliori del passato, dalla verità, dai tuoi errori.
 
“Contesto emotivo Sherlock. Ti distrugge. Ogni volta”

È una costante litania, una melodia sgraziata, una macabra ninna-nanna che accompagna ogni tua giornata.
È il tuo errore.

“è umano Sherlock”

Non serve, non serve che ti rassicurino, sei sempre stato umano, lo hai sempre saputo, non hai mai voluto dirlo; è differente.
Una sottile differenza, una linea invisibile tra l’ammissione e la consapevolezza che non avresti mai voluto oltrepassare.
Lo hai fatto, l’hai oltrepassata.
Ed ora sei qui, è per questo che sei qui.

Evitare l’occhio del grande fratello sopra di te è stato difficile, il brillante consulente investigativo Sherlock Holmes, costretto ad usare le fogne londinesi per sfuggire ad una versione tecnologicamente avanzata, ma ugualmente puerile ed insistente, del comune gioco del nascondino.
Una squallida e maleodorante fabbrica abbandonata, ai margini della periferia londinese, sufficientemente distante da Beaker Street, ma non troppo difficile da raggiungere a piedi, dal sottosuolo.
Le pareti sono incrostate di graffiti variopinti, per lo più scritte infantili, privi di qualsivoglia significato o nesso logico, firme, segni di un passaggio, stati d’animo, nulla di rilevante, né interessante.
I cartoni consumati dal tempo e dall’umidità, poggiati al suolo, hanno ormai assunto una colorazione verdognola, alcuni presentano evidenti segni di impronte sporche di fango, il che suggerisce che sono stati recentemente calpestati e, quindi, per la logica di tale poso sono inutilizzabili.
Le coperte, sparse in modo casuale, al terreno, sono per la maggior parte sfibrate, erose dal tempo e dagli animali, visti i segni presumibilmente roditori, probabilmente topi, di certo non sono igieniche, ma forniscono comunque una maggiore sicurezza rispetto al nudo pavimento, le cui croste di vomito e chiazze di sangue rendono ben chiaro il livello di parassiti che prolifera all’interno della fabbrica.
Dopo una rapida ed attenta analisi stabilisci che quell’unico materasso, residuo di lontane giornate di estivo relax, è l’oggetto meno contaminato che sia presente e lo scegli come tuo.
Ti lasci scivolare sopra la superficie bluastra, ha una consistenza ruvida e, a giudicare dall’elasticità e dalla resistenza alla pressione, è stato trasportato qui di recente.

Sollevi la manica del lungo cardigan nero, la scelta di indossare una semplice maglietta a maniche corte, d’un neutrale color grigio, è volutamente pratica, picchietti la superficie dell’avambraccio con l’indice destro, cercando di individuare la vena, la vedi, la senti pulsare, stringi il laccio emostatico attorno al bicipite, poco sopra al gomito, ti aiuti afferrando un lembo di plastica tra i denti, assicurandoti che il nodo sia sufficiente ad impedire l’afflusso di sangue; bloccando la consueta circolazione.
Sfili la siringa dalla tasca destra del lungo cardigan scuro, picchietti, premendo l’indice al pollice sinistro, alla superficie in vetro, stringendo tra le labbra il sottile tappo che riveste lo sterile ago, ti soffermi, individuando nuovamente il punto esatto, la giusta vena, inietti l’ago sotto cute per poi esercitare una lieve pressione allo stantuffo e lasciare che la sostanza agisca.
Attendi alcuni secondi, prima di sciogliere il laccio emostatico, la soluzione di morfina sta agendo.
Dimentichi l’ambiente malsano poggiando la nuca contro il muro, tra le firme di tossicodipendenti e teppisti di quartiere, inspirando socchiudi gli occhi, ma non c’è più pace neppure qui; nel buio delle sostanze chimiche.
La costante dell’errore umano continua a tormentarti.
Hai ritenuto opportuno ripetere l’operazione una seconda volta, nell’arco di otto ore, fuori sarà già calata la sera, tra poco meno di due ore John ti chiamerà; lasciando intendere che anche Mycroft l’avrebbe fatto.
E, dopo anni di convivenza, deve aver appreso le basi dell’osservazione deduttiva, deve aver compreso la tecnica, perché sembra essere l’unico, oltre tuo fratello, ad avere il forte sospetto che le droghe siano tornate ad assecondare il tuo bisogno di anestetizzare la mente.
Non è più uno stimolante, ora è pura e semplice anestesia.

-l’unico consulente investigativo del mondo, il brillante detective di Baker Street, il geniale Sherlock Holmes, placidamente disteso sopra al mio materasso gonfiabile, a cosa devo tale onore?-

giunge chiaro il suono di quella voce femminile, ma la staticità, la piattezza del tono vocale ti spinge ad aprire gli occhi, sollevando il capo

-la prego di restare, ma potrebbe concedermi un piccolo spazio, se non è chiedere troppo s’intende-

potrebbero essere frasi sarcastiche, così come potrebbero essere reverenziali ed eccessivamente garbate, non riesci a comprenderne appieno il significato ed il fatto che il volto della giovane donna, ritta in piedi di fronte a te, sia una maschera imperscrutabile ti destabilizza ancora di più.
Lasci scivolare le gambe al pavimento, portandoti a sedere lentamente, lasciando un ampio spazio alla giovane

-la ringrazio signor Holmes-

ma non c’è né gratitudine, né gentilezza, né disprezzo, né ironia impressa in quel volto roseo, si siede e i due tagli, all’altezza del ginocchio, che aprono un varco nel tessuto dei jeans si allargano mostrando le spigolose rotule, è magra, per quanto l’ampia felpa, un tempo di uno sgargiante giallo limone, ora sbiadito, le copra le braccia, i sottili polsi e le lunghe dita son ben evidenti, così come è evidente l’ossatura rivestita da quel sottile strato di pelle; che aderisce sin troppo alle ossa.

-che ci fa qui, signor Holmes?-

chiede poi, dopo una manciata di minuti trascorsi nel silenzio, senza tuttavia distogliere lo sguardo dal nulla di fronte a sé

-è qui per un’indagine?-

azzarda l’ipotesi e scuoti il capo, dimenticandoti di rispondere, ma sei certo ti abbia intravisto

-un analisi sulle tossico dipendenze?-

ed è allora che si volta, i suoi occhi sono oceani neri, scuri come la notte, la pelle, osservata così da vicino, è segnata da cicatrici, vecchie iniezioni all’altezza del collo, le labbra sono screpolate, percorse da piccoli tagli, la pelle ha perso elasticità e luminosità, è indubbiamente colpa della tossicodipendenza e, osservandole le unghie ingiallite e le crune annerite, dal fumo di sigarette e dall’inalazione di eroina

-mi sta analizzando, che onore-

e ti ritrovi a capire che non è colpa della morfina se, a dispetto di ciò che lei pensa, non riesci affatto ad analizzarla, o meglio non riesci ad andare oltre alle ovvie deduzioni: tossicodipendente, intorno ai trent’anni, nubile, dall’accento londinese, fumatrice, amante degli animali in particolare dei gatti.
E il resto è un incognita, ti ricorda quel giorno in cui incontrasti la Donna, neppure di lei riuscisti a giungere ad una valida deduzione, ma la differenza che ti incuriosisce è racchiusa in ciò; la Donna era nuda, indossava solo del trucco ben elaborato che ne rendeva ancora più affilati ed ammalianti i tratti somatici, lei invece, lei è vestito, perfettamente struccata; eppure tutto ciò che riesci a dedurre si racchiude in quelle poche parole.

-il mio nome non può intuirlo-

ti ritrovi a fissare nuovamente quelle iridi scure, c’è qualcosa di insondabile, di intangibile

-Diana, ma non in memoria di Lady D, i miei genitori erano più interessati alla mitologia che alla dinastia regale-

e, forse, quella lievissima, quasi impercettibile, increspatura al lato destro delle labbra, che piega l’angolo della bocca leggermente all’insù può essere considerato un accenno, un ombra, un tiepido segno di un sorriso inespresso, bloccato

-tendo sempre a precisarlo, una vecchia abitudine-

sembra quasi volersi giustificare, ma il suo volto è tornato nuovamente inespressivo, questo è l’unico aggettivo che riesci ad attribuirgli

-allora, signor Holmes, non mi ha ancora risposto, cosa l’ha portata qui?-

-lo stesso motivo per cui è qui anche lei-

rispondi con naturalezza, sistemandoti la manica del cardigan blu notte e Diana annuisce, semplicemente

-che tipo di droghe?-

-cocaina, morfina e, stando al pensiero collettivo sociale, tabacco-

-assuefacenti che non creano eccessiva dipendenza, specie in persone come lei-

annuisci, conscio della validità della sua osservazione

-eroina e tabacco-

ti limiti a dirle, Diana socchiude gli occhi, in un tacito segno di conferma

-dipendenza totale e completa-

aggiunge poi, ma le sue parole sembrano essere riscontrabili solo nei segni che riporta sul corpo e non nella mente che, per quanto azzardato ed affrettato possa ritenersi un parere così rapido, ti sembra perfettamente lucida

-fortunatamente non è il genere d’uomo che riserva solo sguardi compassionevoli ai tossici, né tanto meno ci osserva con disprezzo-

-non ne avrei motivo-

-nessuno ne avrebbe, eppure è nella natura umana, non trova?-

chiede, voltandosi ad osservare un punto indefinito del muro a metri dal materasso su cui sedete

-siamo portati a compatire e disprezzare, i nostri occhi ci ingannano, vediamo prima il dolore della ragione che si lega ad esso e compatiamo, notiamo prima il diverso e non l’identità che vi è dietro e lo disprezziamo, la paura e l’incapacità di comprendere ci portano a questo, lei che ne pensa; signor Holmes?-

-la tossicodipendenza è socialmente considerata amorale, logicamente si tende ad associarla a disperazione, povertà e malattie, ovviamente sono potenziali conseguenze, ma il pensiero generale che la società attribuisce al tossicodipendente in sé è quello dell’anima bisognosa di redenzione ed aiuto, dal passato tormentato, segnato da tragedie e…-

-ma cosa ne pensa lei, signor Holmes, non la società, lei-

ti interrompe Diana, impassibile, voltandosi verso di te, senti il suo sguardo attraversarti la pelle, scrolli le spalle continuando ad analizzare i due ragazzi, placidamente sdraiati al suolo, dormienti, probabilmente in estasi da stupefacenti

-riguardo alla tossicodipendenza, ai tossicodipendenti o alle reazioni che entrambe suscitano nella società?-

non ricevendo alcuna risposta decidi di sintetizzare in una semplice affermazione

-non ritengo sia di mio interesse giudicare come qualcuno decide di spendere la vita, la dipendenza è nata con la specie umana-

Diana sospira, non sapresti dire se sia d’accordo con la tua affermazione o se invece la trovi inappropriata, ma in ogni caso sei più che certo che non abbia alcuna importanza, non per te.

Il respiro affannoso, il suono di un gemito, riecheggia nell’area, la suoneria del tuo cellulare causa l’ilarità di un piccolo gruppetto di quattro ragazzini, diciotto anni, tossicodipendenti alle primi armi, probabilmente in cerca di svaghi, nella fase della sperimentazione, nascosti in un angolo, ma Diana invece resta impassibile.
Ricordi lo sconcerto e l’imbarazzo di John, Lestrade e, e gli altri, il giorno di Natale, di anni fa, quando la sentirono, comprensibile; chi mai userebbe un gemito associabile al coito come suoneria del cellulare?
Sherlock Holmes, ovvio.
Risponderebbe John, ma la verità, anche in questo caso, non l’hai mai detta, mostrarti umano era ancora difficile in quei giorni, sapevi di esserlo, ma non superavi mai quel confine, la linea.
E non hai mai, neppure a John, rivelato che, l’unico motivo per cui hai mantenuto quell’assurda, nonché fastidiosa, suoneria era legato solo al puro ed infantile divertimento, vedere l’imbarazzo dipingersi nel volto dei presenti, degli sconosciuti, dei passanti, di chiunque casualmente avesse avuto l’onore di sentirla ti divertiva  e poi, quella notte, il Natale di anni fa, quando l’hai sentita per la prima volta, hai notato, tra tutte quelle reazioni impacciate, la sua.
Le gote arrossate, le labbra dischiuse, prontamente coperte dalle affusolate dita della mano destra, le palpebre sollevate, in una buffa smorfia di ingenuo imbarazzo.
È questa l’immagine che associ a quel suono, non è la Donna; non è mai stata la Donna.
John non lo sa, nessuno sa, neppure tu lo avevi mai davvero saputo; è una scoperta recente.

-non risponde al suo amico?-

-come fa a saper…-

-è ovvio, lei è Sherlock Holmes, chi mai potrebbe cercarla alle undici di un qualsiasi giovedì sera invernale, se non il suo fidato assistente, nonché amico, John Watson? –

e la semplicità con cui risponde alla domanda che non ti ha neppure lasciato finire è tale da convincerti che persino un bambino di appena quattro anni sarebbe stato in grado di giungere ad una simile deduzione, così elementare

-allora, non le risponde?-

dai una rapida occhiata al contenuto del messaggio:

“Mrs Hudson dice che non sei ancora tornato, Mycroft è preoccupato, dove sei?”

il secondo messaggio ti strappa un lieve sorriso mesto:

“per la cronaca, lo sono anch’io”

è solo un istante, un battito di ciglia e l’immagine di Mary, morente, tra le braccia di suo marito, riaffiora alla memoria, il tempo di riaprire gli occhi ed è già svanita, ma il ricordo, il ricordo è sempre lì, brucia, una ferita che non conosce cure

-alcuni diventano tossicodipendenti spinti dalla curiosità, altri lo fanno perché lo scelgono, ma lei, signor Holmes, lei è qui perché è triste, ha bisogno di evadere, mi spiace doverla informare che le droghe non sono una valida cura alle ferite della memoria, ma forse non spetta a me dirlo, perdoni l’insolenza-

riesci ad accorgerti solo ora di quanto suoni istruita e fredda la voce di Diana, forse l’avevi notato anche prima, ma avevi scelto di non dargli alcuna importanza, riponi il cellulare in tasca, decidendo di non rispondere

-da cosa lo deduce?-

-i suoi occhi signor Holmes, il mondo in cui osserva la stanza, il respiro, la reazione involontaria ed istintiva che ha avuto alla vista del messaggio, ma ancor prima al suono del cellulare, i gesti raccontano molto di una persona, ma non credo sia necessario doverle spiegare in ché modo, non a lei-

sentenzia infine Diana, incrociando le gambe, volgendo completamente il busto in tua direzione, in una posizione che non sapresti definire in altro modo se non di analisi

-le sembro triste?-

-non mi sembra triste, so che lei è triste, ma c’è dell’altro-

la osservi puntellare i gomiti alle cosce, incrociando le dita tra di loro, poggiandovi poi il mento sopra

-malinconia, dolore, rabbia, c’è una tempesta nella sua mente, è il caos delle emozioni, un così vasto tormento dell’animo che neppure lei è in grado di analizzare e nel quale sta annegando lentamente, impossibilitato a scoprirne le cause-

-conosco le cause-

-ne è certo?-

vorresti rispondere sì, ne sei certo, sai cosa hai vissuto, cosa ti ha portato a questo, lo sai bene, eppure quella domanda, quell’insignificante domanda, espressa con quel tono neutrale, distaccato, distante, ti blocca, ora riecheggia insieme alle altre parole, alle emozioni che ti affollano la mente.
Ne sei certo? Sei davvero certo di conoscere i motivi di ogni tua singola emozione?

-devo dedurre, dal suo silenzio, di aver ragione, lei non conosce affatto se stesso-

sentenzia Diana, sospirando, assottigliando appena lo sguardo

-ha mai provato a farlo, ha mai provato a conoscersi, signor Holmes? Lei, che osserva tutto, ogni singolo dettaglio, ogni più piccolo indizio nell’altro, ha mai provato ad osservare se stesso?-

ti coglie impreparato, ti sorprende e colpisce, uno schiaffo, una verità che hai evitato, una realtà che hai ignorato a lungo.
Sbatti le palpebre, distogliendo per alcuni brevi istanti lo sguardo da quello di Diana, deglutisci a vuoto, l’effetto della morfina sta cominciando a diminuire e non aiuta

-lo faccia ora signor Holmes, si analizzi-

ed è nuovamente un ombra, un vago accenno, spezzato, quasi impossibilitato a manifestarsi, di quello che forse, azzardando, potresti definire sorriso, che piega un solo lato delle sottili labbra screpolata di Diana

-perché dovrei?-

-lei è una persona incline alla logica, mossa da un’innata e costante curiosità, lo faccia per lo stesso motivo per cui a scelto di diventare il primo ed unico consulente investigativo al mondo, lo faccia per spirito deduttivo e, soprattutto-

inspira, dilatando maggiormente lo sguardo, concentrando le iridi scure nelle tue

-lo faccia per il suo bene, signor Holmes, soprattutto per il suo bene-

la segui sollevarsi lentamente, si aggiusta il lungo maglione giallo spento, tirandone i bordi verso le sottili, quasi scheletriche, gambe, pulendosi granelli di invisibile, ma presente, polvere dai vestiti

-sembra essere convinta di conoscermi, meglio di quanto io stesso possa conoscermi-

esclami, mentre ti volta le spalle, Diana scuote il capo

-non mi creda così arrogante-

volta la nuca, sbattendo le palpebre ripetutamente, la noti inspirare

-nessuno può dire di conoscere realmente qualcuno, non del tutto, mai, ma-

torna a darti le spalle e ne cogli un secondo inspiro, più profondo

-un tempo conobbi una persona molto simile a lei signor Holmes, segua il mio consiglio, lo faccia per lei-

-chi? Chi conosceva?-

chiedi istintivamente, non sai se si tratti di semplice curiosità o di immotivata paranoia, sorprende te stesso l’improvvisa impulsività con cui hai sentito il bisogno di porgere quella domanda

-so che le piacciono le sfide, facciamo un accordo, lei cercherà di analizzarsi a fondo, di conoscersi ed io le risponderò a questa domanda, le sembra abbastanza motivante?-

-sì-

rispondi, semplicemente, sollevandoti rapidamente da terra, senza curarti di aggiustare i bordi del cardigan, raggrinziti e spiegazzati

-dove sta andando?-

-non so lei, signor Holmes, ma io ho bisogno di dormire, mi troverà qui, per i prossimi due giorni, quando vorrà potrà tornare, quello è il mio materasso,
è lì che mi troverà sino alle undici e mezza-

-ho due giorni di tempo?-

-in realtà lei ha tutto il tempo che desidera, ma se vuole potrà tornare qui e riscuotere la risposta che le spetta, come d’accordo, non dubito che impiegherà meno tempo di chiunque altro nell’analisi, infondo è la sua specialità, voi consulenti siete abili osservatori-

sentenzia, allontanandosi da te a passo rapido.

Non hai tempo di aggiungere altro, non hai avuto neppure tempo di pensare a parole adatte con cui controbattere, la tua mente è ora ferma, persino il caos di emozioni si è quietato, permettendo ad ogni singola sinapsi di concentrarsi su quelle ultime parole; voi consulenti.
Un plurale.
Un plurale immotivato, non può trattarsi di un errore, di una distrazione, di un lapsus, non da Diana, nella vostra breve conversazione hai avuto modo di notare come ogni sua parola sia sempre stata ben ponderata, esposta con lucida e sicura consapevolezza.
Un plurale che, se non può trattarsi di casuale, se non può esser frutto di un lapsus, allora può solo celare un’allarmante rivelazione.

Ed è quel plurale a tenerti compagnia, nel tuo viaggio di ritorno.
Ed è quel plurale che ti fa dimenticare le fogne e ti fa optare per un taxi, che permette a Mycroft di rintracciarti.
Ed è sempre quel plurale che torna a far riattivare la tua mente, che scioglie la matassa, il grumo di emozioni che ti impedivano di analizzare con la consueta, rigorosa ed attenta lucidità, che ti impedivano di applicarti alla nobile arte della deduzione.
Ed è da quel plurale che inizi un nuovo gioco.
Un gioco in cui, questa volta, sei tu stesso ad essere al centro, ad essere analizzatore ed analizzato.
Un caso interessante. 





Spazio a fine pagina: 

So che il finale della 4x03 ci ha mostrato un lieto fine, con uno Sherlock nuovamente attivo e sereno insieme a John e alla piccola Rosie, ma io sono una persona orribile e non ho potuto impedire alla mia mente di immaginare un proseguimento, dopo un iniziale periodo di quiete, ben più angosciante e trsiste; in cui Sherlock non riesce a tollerare gli errori di cui si incolpa e gli eventi che si sono succeduti nell'ultimo anno. 
Sarà quindi principalmente un tentativo di analisi dell'uomo, cercherò di mantenere il personaggio il più IC possibile, sperando di riuscirci. 
Avverto che ci saranno accenni a quasi tutti i personaggi presenti, quanto meno ai più importanti.
Sarà presente anche la coppia Sherlock-Molly, anche se non sarà tutto incentrato sul loro rapporto. 
Spero solo che non vi abbia annoiato e che siate curiosi di proseguire. 

Ringrazio anticipatamente tutti coloro che leggeranno e/o supporteranno in qualsiasi modo questa storia. 
Ogni critica costruttiva è ben accetta.

Grazie.


 
   
 
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