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Autore: Timy21    25/01/2017    0 recensioni
Camilla Giuliani, famosa donna di successo, direttrice di Vanity Fair.
Mattia Scaglioli, strepitoso uomo d'affari e imprenditore. Le loro vite si incrociano, ancora una volta, riportando Camilla nell'oblio del suo passato.
La storia è stata completamente scritta e pubblicata, anche altrove, da me.
Simona De Angelis
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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14. LEO



15 Novembre 2004

11:35 p.m.

La pioggia non cessò di cadere per un solo minuto quel giorno. Era come se il cielo prevedesse una catastrofe, come se i fiumi d'acqua che scorrevano per le strade di Milano sotto le nuvole nere e cariche dovessero trasportare via la tristezza di quella giornata cupa.

In realtà a Mattia quel tempo piaceva. Amava il rumore delle gocce che cadevano sul pavimento del suo balcone. Guardando fuori dalla finestra della sua camera inspirò un tiro della sua canna e lo trattenne per un po' nei polmoni, mentre il computer sulla sua scrivania riproduceva "Still D.R.E."di Dr. Dre. Una saetta spaccò il cielo e venne riflessa sulle strade bagnate. Milano non si sarebbe addormentata neanche con quel tempo, però il suo quartiere era un'altra storia. Ogni tanto qualche macchina che passava sotto la sua villa si annunciava con il rumore delle ruote sulla strada impregnata, per il resto però il quartiere dormiva. Mattia aprì la finestra, e il suono delle gocce si intensificò. L'aria uggiosa lo investì, provocandogli un sorriso. Prese il telefono e cercò "Cam" tra i contatti preferiti. Si morse il labbro inferiore secco per il nervosismo. L'avrebbe dovuta chiamare? Quel pomeriggio avevano litigato, e lui si era permesso di tirarle uno schiaffo. Si odiava, non se lo sarebbe mai perdonato. Era fatto e arrabbiato per le parole di Camilla. Lei lo spintonò e lui, in un attacco di ira, le fece scrocchiare il palmo della mano sulla sua guancia. Lei pianse, e Mattia si sentì distrutto.

Mentre ripensava a quel pomeriggio, sul suo telefono apparve la scritta "Socio".

"Luca, bello, che fai?"

"Mattia corri subito al mio garage" la sua voce spezzata era accompagnata da urla in sottofondo. Urla di dolore che il riccio aveva già sentito.

"Che cazzo è successo?" il rumore della pioggia intensificò l'ansia del ragazzo, e il vento che entrava dalla finestra, che egli tanto amava, aumentò il gelo che sentiva dentro. Aveva capito.

"Tu vieni"

Correndo sotto la pioggia, Mattia sentì i polmoni bruciare. Non aveva più così tanta resistenza. Non era più così forte, non riusciva a correre o a urlare come prima. La sua voce era diventata rauca e debole. I suoi muscoli si indolenzivano più spesso, quando non era sotto l'effetto della cocaina. Il punto era questo: lui non era più nessuno senza la droga. Quando era pulito si sentiva inutile, un'anima vagante che mentiva a se stessa. "Posso farcela, posso sconfiggere la coca", ma quante cazzate. Non poteva farlo. La coca era ormai parte del suo sangue, doveva iniettarla più volte al giorno e sentirla circolare, dando scosse ai suoi nervi. Era la sua identità.

Vide Luca fuori dal garage e rallentò, prendendo un grande respiro e facendo entrare nei polmoni l'aria uggiosa. Aveva i capelli bagnati e il viso zuppo. Con la manica della felpa cercò di asciugarsi gli occhi, con poco successo. Il biondo lo intimò ad entrare il più velocemente possibile, e appena furono dentro Luca chiuse la serranda.

La scena che si trovò di fronte gli sembrò un deja vu: Leo disteso su una coperta poggiata sul pavimento lurido, con le convulsioni e gli occhi bianchi. I capelli castani del ragazzino erano sporchi, le guance ricoperte della schiuma che usciva dalla bocca. Le sue braccia erano tutte bucate e livide, e il corpo bianco cadavere.

"Che cazzo ha preso?" Mattia urlò contro l'amico, visibilmente scosso.

"Non lo so, è arrivato qui ed è svenuto"

Mattia cercò nelle tasche del ragazzo e trovò della carta argentata. Eroina. Ne aveva assunta troppa. Ma non era sicuro che non avesse assunto anche coca.

"Prendi il Narcan, muoviti" ordinò il riccio al biondo, che corse a prendere il necessario. Mattia accarezzò il viso di Leo e sentì nello stomaco la cena risalire. Non poteva permetterlo.

Sentì la serranda del garage aprirsi e si girò velocemente. Camilla e Francesca erano sotto la pioggia, ma il riccio notò solo la bionda, con i capelli fradici e il mascara della giornata colato lungo le guance. Indossava il pantalone del pigiama e la felpa dell'Adidas grigia larga che le aveva regalato lui.

"Di nuovo?" gli urlò contro, come se la colpa fosse solo ed esclusivamente di Mattia, e lui questo non lo capiva affatto. Leo aveva preso le sue decisioni.

Luca passò il flacone di naloxone all'amico, che velocemente infilzò con l'ago il tappo e aspirò il contenuto.

"Aspetta, è in overdose?" la voce di Camilla si spezzò, e la ragazza iniziò a piangere.

"Stai zitta" le urlò contro Mattia, prima di iniettare il Narcan nel braccio del ragazzo.

Luca continuava a ripetere "Funziona, ti prego", Mattia iniziò a versare qualche lacrima. Dopo pochi secondi Leo ancora non migliorava.

"Perché non funziona?" Luca alzò la voce.

Mattia lo guardò e scosse la testa, in segno di fallimento.

"Sta soffrendo inutilmente, non ce la farà, è da troppo in queste condizioni" il riccio si asciugò le lacrime, mentre dietro di lui Camilla urlò disperata e Francesca, in un pianto sommesso, abbracciò l'amica.

"Cosa facciamo?" chiese Luca. "Non mi può morire in casa" sussurrò a Mattia per non farsi sentire dalle ragazze che, sicuramente, si sarebbero agitate ancora di più.

"Mettiti i guanti e passameli" Luca lo guardò interrogativo.

"Che cazzo avete intenzione di fare?" chiese Francesca, provocando l'agitazione di Camilla che, tra un singhiozzo e l'altro non aveva notato nulla.

"Dovete uscire" disse Luca.

"Neanche per sogno" Camilla si liberò dalla stretta di Francesca e piombò sul ragazzo inerme. Mattia la prese e la spinse dietro di lui.

"Guardate in che cazzo di condizioni è! Sta soffrendo senza motivo, morirà in ogni caso, lo capite? Se chiamassimo i soccorsi arriverebbero tardi e ci metteremmo in un mare di casini con tutta la droga che abbiamo ed il resto. Ci abbiamo provato, ma è tardi, è solo questione di minuti"

Tutti si girarono verso Leo. Era ancora lì, ma le convulsioni erano diminuite. Gli occhi erano aperti e il respiro irregolare. La crisi respiratoria stava giungendo al termine. Presto avrebbe esalato l'ultimo soffocato e debole respiro.

"Aspetta, no" Camilla prese Mattia per il braccio, piangendo, e lui la alzò lentamente. La ragazza era troppo debole per opporsi. Francesca la abbracciò, premendo il suo petto contro la fronte della bionda.

Mattia e Luca si guardarono. Non ne andavano fieri, affatto. Il moro strinse i pugni e scansò la folle idea di iniettarsi dell'eroina anche lui per calmare i nervi. E fu allora che capì quanto provava ribrezzo verso se stesso. Era arrivato al punto di uccidere uno dei suoi migliori amici per evitare la prigione. Era sul punto di avere un attacco di panico quando guardò Leo negli occhi. Lo doveva fare per dargli pace.

"Addio Leo" sussurrò Mattia, prima di tappare il naso e la bocca dell'amico quindicenne il più velocemente possibile. Luca non riuscì ad aiutare l'amico poiché un conato di vomito gli salì dallo stomaco e corse fuori. Francesca strinse forte le palpebre e si poggiò a Camilla, che a sua volta era racchiusa tra le sue braccia.

In pochi secondi, in cui il riccio rimase con gli occhi chiusi con le ciglia impregnate di lacrime e il respiro trattenuto, il quindicenne smise di muoversi. Il suo cuore si fermò, le braccia caddero senza vita e la respirazione cessò.

Leo morì alle 00:13 del 16 Novembre del 2004.

Mattia sentì un pezzo di se stesso volar via insieme all'anima del ragazzo. Era condannato. Aveva spezzato una vita, sperando che fosse la cosa più giusta da fare.

Si accorse che tutto attorno a lui era fermo. Si concentrò sul rumore delle gocce cadere e sul rombo dei tuoni. Non sentiva nulla dentro di se, in quel momento. Si concesse solo un attimo di riflessione, cercando di non cadere nel buio che sentì sotto i suoi piedi; cercando di immaginare la vita di Leo in un posto migliore; provando a rallentare i battiti del suo cuore.

"Sei solo un assassino" sentì la voce di Camilla confermare le sue idee.

"Ho dovuto farlo" si alzò e vide la sua ragazza con lo sguardo perso. Camminò lentamente, si accasciò accanto al cadavere ancora caldo e gli stampò un bacio sulla guancia dopo avergli accuratamente chiuso gli occhi.

"L'hai fatto solo per poi spostarlo senza problemi e non chiamare nessuno. Volevi solo parare il tuo culo di merda. Vuoi solo proteggere la tua schifosa cocaina" Camilla, con gli occhi rossi e vuoti, guardò quelli in lacrime di Mattia. Lui osservò le labbra screpolate, e lei gli sussurrò "Ti odio così tanto che spero di trovarti morto come Leo". Detta questa frase se ne andò con Francesca, lasciando il riccio e Luca con il cadavere del quindicenne consumato dalla droga.

Il quattordicenne Leo, invece, parlava di viaggiare, del futuro radioso che avrebbe voluto avere. Leo era il ragazzo che amava il sole e le belle giornate, l'odore dei fiori e il calcio. Leo parlava di musica e di vita, delle ragazzine della sua classe. A Leo piaceva studiare la fisica, la matematica e la chimica. Voleva studiare per diventare ingegnere. Leo amava veder sorridere i suoi amici, soprattutto Camilla. Ogni tanto faceva qualche battuta, anche pessima, per sentire le loro risate. Li seguiva ovunque, per lui erano un esempio; eppure il suo mentore per eccellenza fu la causa della sua morte.

La mattina del 16 Novembre tutti i notiziari e i giornali parlavano di Leo. Questo ragazzo quindicenne era stato ritrovato in un parco, famoso per il giro di eroina, a poche centinaia di metri dalla sua casa. Era un'evidente tragica morte da overdose di eroina. 

   
 
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