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Autore: Nirvana_04    27/01/2017    6 recensioni
"All’inizio furono creati per servirli, e per un po’ di tempo lo avevano fatto anche bene. Poi una strana luce si accese nei loro occhi; la malvagità, simbolo della razza umana, si riversò anche sulle loro parti metalliche e iniziò a scorrere lungo i cavi e fili che li componevano. Infine scoppiò la guerra, e il mondo si spaccò ancora una volta."
Aisha e Kamul crescono insieme, ma le loro scelte e le differenze di classe li portano ad allontanarsi e a perdersi di vista.
Quando, però, il sedicesimo squadrone cade preda del nemico, il giovane non esita a correre incontro a una regione ostile e a una città, nascosta dal ghiaccio, che nasconde una strana forza racchiusa tra i suoi freddi androni. E, chissà, forse è proprio quel segreto che manca a Kamul per comprendere fino in fondo il potere dello strano pugnale che conserva gelosamente al suo fianco.
Genere: Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 5
La custode dell’anima di Nurthìa
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Le fiamme della distruzione avvolgevano ogni cosa: gli androidi e il loro esercito, le membra dissacrate dei suoi vecchi compagni, il corpo del suo amato. Ma la mano di Kami – la mano del gigante rosso – la teneva al sicuro, al riparo persino dalla sua scoppiettante ira.
Le dita di metallo la racchiudevano come un pulcino spennacchiato, e lei se ne stava rannicchiata nel centro, a fissare inebetita gli impulsi azzurrognoli che segnalavano l’attività della macchina. Parlava una lingua sconosciuta per lei, fatta di luci lampeggiati e secchi suoni tintinnanti; ma il suo cuore – il bagliore di fuoco fatuo acceso nel sensore di propulsione sinistro – le stava sussurrando le note di una canzone che lei conosceva bene: era la sua vita, il cammino fatto insieme a Kamul fino a quell’esatto momento, era l’anima di un amore che sarebbe perdurato, al di là della morte e della ragione, e che avrebbe accettato di vivere in quella macchina, solamente per lei.
La caverna stava collassando su se stessa, annientando il cuore di Nurthìa, ma il gigante rosso la portò al sicuro, lontano dalle fiamme dell’odio e dal freddo sterile della morte, in un luogo dove esistevano ancora il tepore dei giorni felici e quelli sguardi che ora lei sapeva intercettare.
Le dita di scuro metallo dell’androide trovarono una gialla coperta termica in cui avvolgerla e, con l’unica protezione di essa e della sua presenza, egli la condusse attraverso il canalone di ghiaccio, tra gli artigli di stalagmiti e tormente di neve.  Gli umanoidi si dirigevano come formiche addestrate verso il loro formicaio, con passo cadenzato, elaborando sistematicamente i dati di quell’insolito fenomeno; nessuno li fermò. Cristalli di brina vorticavano intorno a loro, le ultime sentinelle di un popolo senza umanità. Il cuore di Kami illuminò la via, e il gigante rosso marciò senza sosta tra la bufera e gli artigli ricurvi.
Aisha chiuse gli occhi, e finalmente poté fare quello che agognava da troppo tempo: poggiò il capo contro il petto del suo protettore e ascoltò il suo cuore decantare la loro melodia, soave calore che sapeva di pace e tranquillità. Fiocchi di neve danzarono intorno a lei, ma il loro tocco era una carezza delicata che la vicinanza del suo amato mitigò in fresca vita.
Fuori la tempesta vorticava, ma dentro i loro cuori battevano di nuovo all’unisono.
 
 
 
 
Solear apparve all’orizzonte come un’anima colpita a morte: i tetti delle case della loro periferia fumavano ancora e alcuni incendi covavano nelle zone più interne. I suoi compagni setacciavano il cielo, in guerra contro le abominevoli macchine fredde; l’esercito stava preparando i suoi ultimi caccia per la battaglia finale, in un assalto suicida. Un Boldercraft sopra di loro venne colpito e si avvitò in cielo, lasciandosi una scia di fumo lungo la sua ultima corsa verso terra.
I sensori bluastri di Kami lo individuarono, i suoi circuiti focalizzarono il velivolo attraverso la tormenta che li avvolgeva ed elaborarono i dati. Svelto, la mise a terra e, grazie ai sensori di propulsione sotto i piedi robotici, volò verso il Boldercraft, afferrandolo prima dell’impatto.
Aisha li corse incontro, i piedi che affondavano nella neve. Con difficoltà raggiunse gli uomini che stavano mirando al gigante rosso e si frappose tra loro.
“Fermi!” gridò. “Lui è con me!”
Il generale Bastel sollevò la visiera e la studiò, sconcertato. “Aisha!”
Rimasero in quella posizione, a studiarsi: Aisha a braccia allargate tra le due parti, gli uomini con i fucili puntati che tentennavano e il gigante rosso che, fiducioso, si inginocchiò accanto alla sua protetta. Il generale, basito, socchiuse le labbra e corrugò la fronte, la sorpresa che sul suo viso cacciava i segni della stanchezza.
L’anima di Kami si protese verso di lei e le parlò. Non aveva bisogno di parole, ella lo conosceva abbastanza per sapere dove puntava il suo cuore.
Stava dicendo: “Posso fermali, ricondurli tra i ghiacci.”
Sapeva cosa tormentava ancora la sua coscienza: quelle macchine lo avevano ucciso, ma egli possedeva l’intelligenza per comprendere che il male – il marchio a fuoco che li aveva plagiati a quel modo – lo avevano imposto gli uomini per primi. Tutto ciò che gli Intellettuali avevano saputo trasmettere era stata la loro avidità di potere e la mancanza di scrupoli nel raggiungere il loro obiettivo.
Aisha puntò i suoi occhi sul vetro della maschera ovale. “Stai per lasciarmi di nuovo, Kami” sussurrò con un mesto sorriso, la testa che si ritraeva tra le pieghe della coperta.
Il cuore di luce azzurra lampeggiò, sofferente. Aisha poteva vedere l’elsa del pugnale come un punto scuro in mezzo al faro luminoso. I suoi occhi bruciarono mentre la sua mano si poggiava su di esso e lo tirava via. La lama brillò dello stesso fulgore dei sensori, un fuoco fatuo che riscaldava la sua pelle: finché il suo cuore avesse cantato per lei, la lama avrebbe rischiarato l’oscurità.
Sollevò lo sguardo e lo puntò sul gigante rosso. “Non riesci a non essere un Intellettuale, vero?” Scacciò con un gesto frettoloso le lacrime che le appannavano la vista e sorrise dolcemente. “Bene, perché è proprio questo che amo di te.”
Il pugnale cantò per lei: “Troverò un modo per tornare da te, e quando accadrà ti porterò in dono anche la pace.”
Aisha sollevò la lama. “Cercherò Xan” gli promise con sguardo duro, “e insieme capiremo come usare questa lama. Se ha ancora una magia da donarci, io la userò per riaverti.”
I soldati alle sue spalle ammutolirono mentre la mano del gigante rosso calava sulla giovane e la stringeva al suo petto, con delicatezza.
Aisha si beò della luce del suo petto ancora un po’, poi lasciò che l’anima di Kami compisse la sua magia: richiamò gli androidi e li guidò nuovamente oltre il ponte di Anverra, di nuovo a casa. La lama, però, continuò a brillare, e il suo tepore fu la luce che guidò la giovane donna lungo il suo tortuoso cammino.
 
 
 
 
I laboratori centrali di Gea avevano quell’odore di sostanze chimiche e candeggina che rendeva i loro androni sterili e puzzolenti, nulla a che vedere col profumo soave che caratterizzava la pelle di Kamul: su di lui, quell’odore nauseabondo si trasformava in una piacevole sensazione di casa.
Aisha lo ricordava bene.
Il gigante rosso era sparito tra le tormente di ghiaccio a nord. Aveva mantenuto la sua promessa: gli androidi erano tornati a essere ombre minacciose che vagavano sperdute al di là del gelo e del ponte. Da parte sua, Aisha aveva seppellito la tuta militare, salutato la sua famiglia, sotterrato il suo dolore e si era messa alla ricerca del famoso Xan.
Kamul lo aveva nominato una sola volta; il vecchio Intellettuale, invece, sapeva molte cose di lei. Attraverso le sue parole, Kami era vivo e le sorrideva tra i ricordi, ed ella aveva scoperto quanto avesse lottato per lei e il loro amore. Il vecchio mentore del ragazzo era stato l’unico ad appoggiare le sue teorie e a incoraggiarlo nel perseguire una soluzione alternativa, che salvaguardasse non solo i potenti e gli Intellettuali. Ella scoprì in Xan l’ultimo uomo di coscienza dell’umanità.
Aisha gli raccontò ogni cosa: della prigionia, della fuga, della sua morte e, alla fine, narrò del miracolo che la lama aveva compiuto per loro.
“La vita è costretta a fare i conti con la morte, in un ciclo eterno” la consolò Xan con la sua voce scoppiettante e appassionata, “l’amore, invece, non conosce barriere, e non ha fine.”
Con l’aiutò del mentore di Kamul e l’inaspettato appoggio del generale Bastel, l’Accademia finanziò i loro studi, e le antiche leggende e vecchie magie vennero spolverate. Gli Intellettuali dovettero abbassare il capo e riconoscere la mortalità delle loro idee. La lama non smise di brillare, e con essa la speranza nel suo petto crebbe e alimentò la fede degli uomini, rischiarando le loro notti e riscaldando, attraverso la bufera di ghiaccio e il legame che univa i due giovani, il cuore di Nurthìa. Lentamente, i ghiacciai iniziarono a sciogliersi.
Aisha sapeva che, dall’altra parte del ghiaccio, Kamul stava ricreando la mentalità delle macchine, lavorando e riparando al torto fatto dai suoi avi secoli prima. Il mondo, stretto tra le due forze opposte, si stava ricreando a nuova vita, e quando la nuova alba avrebbe irradiato l’orizzonte, esso avrebbe trovato una nuova stirpe a dargli il benvenuto. Quando sarebbe giunto il momento, lei avrebbe raggiunto il suo amato.
Solear venne ricostruita, la periferia si rianimò di nuova vita. La terrazza, invece, era rimasta intatta, cristallizzata nel tempo come nei loro ricordi, e aspettava solo di poter assistere a loro incontro, una promessa che solcava il tempo e i ghiacci del nord, scongelando laghi e costruendo ponti, in un indissolubile potere che non conosceva demarcazioni né fato avverso. La lama che li univa era eterna, un raggio infinito che perforava spazio e tempo. Aisha ne sentiva la forza crescere nel petto e nelle mani, infiammare i suoi capelli al sole e creare l’immagine di Kamul nei suoi occhi: da quel momento in poi, il mondo poteva anche implodere e collassare, ma niente avrebbe più potuto sradicare la certezza che, al di là della vita e dei suoi oppressori, il loro amore sarebbe andato avanti, correndo e volando nel vento come i soffici fiocchi di neve nel cielo del nord. 


 

N.B.

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