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Autore: Nejiko    31/05/2009    8 recensioni
Prestigio. Orgoglio. Forza. Potere.
Un unico nome per racchiuderle tutte.
Uchiha.
Ma che prezzo ha tutto questo? Qual è il dazio da pagare per essere degni di rappresentare uno dei clan più importanti di Konoha?
Quinta classificata al contest "Alone" indetto da Saeko no Danna.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note autrice: “Chi vola alto è sempre solo” è una citazione di Rudolf Nureyev.

FF quinta classificata la contest "Alone" indetto da Saeko no Danna.

 

Prestigio.
Orgoglio.
Forza.
Potere
.
 
Un unico nome per racchiuderle tutte.
 
Uchiha.
 
Ma che prezzo ha tutto questo?
Qual è il dazio da pagare per essere degni di rappresentare uno dei clan più importanti di Konoha?

 

 

http://i43.tinypic.com/el4674.jpg 



Chi vola alto è sempre solo*

 

 


Camminava lungo la via principale del quartiere Uchiha, completamente assorto nei suoi pensieri, lo sguardo basso, il passo lento. Era così preso dai suoi ragionamenti da non sentire nemmeno i soliti sguardi degli altri membri del clan puntati su di sé.


Il genio degli Uchiha, colui che rappresentava al meglio il futuro dell'intera famiglia.


Non c'era giorno in cui non gli fosse ricordata l'importanza del suo ruolo.

Non c'era giorno in cui quel ruolo non gli succhiasse via l'anima rendendolo semplicemente più vuoto.

Nulla aveva più importanza che essere il migliore, il più forte.

Tutto perdeva valore davanti all'infinito potere racchiuso nei suoi occhi.

Camminava mantenendo il capo chino, mentre i complimenti e gli elogi che gli erano rivolti dalle persone incontrate lungo il tragitto gli scivolavano addosso.


Futili, scontati e soprattutto vuoti, proprio come lui.

Osservava i ragazzini per strada senza potersi sottrarre ai loro occhi adoranti.
Chiunque avrebbe voluto essere al suo posto, qualunque suo coetaneo desiderava ardentemente essere lui, anche solo per un giorno. 

Tutti avrebbero voluto vestire i panni di Itachi Uchiha. 


Tutti tranne lui.

Gli sguardi compiaciuti di parenti e conoscenti si sprecavano al suo passaggio, non c'era membro del clan che non lo conoscesse e non apprezzasse le sue doti di ninja.

E chi non sarebbe orgoglioso di un ragazzo che a soli otto anni padroneggiava già lo Sharingan e che, a tredici, era appena stato promosso capo della squadra assassina.

 

Suo padre ne sarebbe stato sicuramente fiero.

 

Eppure mentre camminava verso casa, Itachi non riusciva ad essere felice per quell’incarico così importante.

Non c’era nulla per cui gioire, nulla sarebbe cambiato nella sua solitaria esistenza fatta di formidabili gesta e poche parole. Certamente quella promozione non sarebbe stata da meno.

Ne era convinto, anche quel traguardo gli sarebbe valso unicamente le scarne parole che era solito pronunciare Fugaku Uchiha.

Fin da bambino aveva vissuto sotto i rigidi insegnamenti di quell’uomo, per questo conosceva esattamente quale sarebbe stata la sua reazione.

 

Era stato allevato per essere una perfetta macchina da guerra, non certo per essere elogiato o per perdersi in quelle insulse banalità chiamate complimenti.

Cancellare i sentimenti, sopprimere ogni emozione, ecco ciò che gli era stato insegnato.

Tutto ciò che rende deboli doveva essere eliminato, persino le carezze e i baci di una madre, persino le parole d’affetto di un padre.

 

La voce allegra di un bambino catturò la sua attenzione e in un istante si ritrovò immerso nei ricordi, a quando da bambino, ingenuamente, desiderava confondersi nella massa di ragazzini urlanti che usciva impetuosa dal portone dell’accademia per gettarsi fra le braccia dei loro genitori sorridenti.

Peccato che lui non avesse mai fatto parte di tutto ciò: quello non era certamente un comportamento consono ad un membro del clan più prestigioso di Konoha.

A nessuno, nemmeno a suo padre, importava quanto lui silenziosamente desiderasse essere semplicemente uno di loro e non “Itachi Uchiha, il genio”. Perché almeno per una volta avrebbe voluto fiondarsi fuori, correre a perdifiato per gettarsi fra le braccia di sua madre oppure essere accolto da un caloroso sorriso di Fugaku. Invece…

 

Che stupidaggine, non è certamente ciò che ci si aspetta da un Uchiha…

 

Crescendo aveva imparato a convivere con il peso delle sue responsabilità, aveva compreso quanto l’apparenza fosse importante per mantenere il prestigio e, soprattutto, quanto suo padre ne andasse fiero. Col tempo aveva persino creduto che quella fosse anche la sua strada.

 

Essere un genio.

 

Guadagnarsi il rispetto di tutti.

 

Diventare il più forte.

 

Per suo padre, il suo eroe.

 

Essere apprezzato e riconosciuto.

 

Guadagnarsi con la forza il diritto di essere un Uchiha.

 

Diventare un esempio.

 

Anche per il piccolo Sasuke.

 

Aveva un sacco di buoni propositi Itachi, ma più il tempo passava, più le sue abilità crescevano e più intorno a lui si materializzava il vuoto.

Man mano che raggiungeva i suoi obiettivi, a ogni missione portata a termine con successo, a ogni promozione o riconoscimento, le persone che prima lo attorniavano con sguardi carichi di ammirazione scomparivano.

 

Invidiato e temuto dai suoi coetanei.

 

Ancora troppo piccolo per gli adulti.

 
"Essere il migliore porta a essere isolati" gli aveva detto un giorno suo padre "E' normale, tutti temono chi è forte. E' il prezzo del potere...".
 
Aveva costatato sulla sua pelle la veridicità di quell’affermazione.

Da diverso tempo si era reso conto di vivere in una specie di limbo, di non appartenere a nessuna categoria.

Inadatto ad essere un ragazzino: troppo abile, troppo forte, semplicemente troppo “genio”.

Immaturo per essere un adulto: troppo inesperto, ancora troppo giovane.

Per quanto venisse guardato con approvazione da ogni membro del clan, si ritrovava sempre solo:

evitato dai ragazzi, forse per la naturale competizione esistente fra ninja, usato dagli adulti.

 

Per questo era giunto alla conclusione che nessuno conoscesse realmente Itachi Uchiha, o meglio, a nessuno importasse chi fosse o cosa provasse Itachi Uchiha.

Per tutti lui era semplicemente uno strumento, un’arma e ciò che lo rattristava maggiormente era il fatto che questa considerazione valesse persino per la sua stessa famiglia. 

Per quanto il suo potere, le sue capacità e il suo ingegno lo rendessero capace di affrontare qualsiasi nemico, di superare qualunque difficoltà, a quel genio mancava qualcosa di fondamentale: l’affetto.

Aveva accettato le conseguenze dell’essere il migliore, eppure quel giorno non riusciva ad ignorare quel leggero velo di tristezza che annebbiava i suoi pensieri.

 

Strinse le mani con forza, conficcando le unghie nella carne sino a ferirsi.

 

Era stanco di essere quello che gli altri volevano, stanco d’interpretare un ruolo, stanco di quella stupida maschera inespressiva che suo padre l’aveva obbligato ad indossare, stanco di tenersi tutto dentro, d’ingoiare e sentirsi solo.

In quel momento avrebbe dato qualunque cosa pur d’essere libero.
 

Libero dal clan, dalle sue stupide ed obsolete regole.

 
Libero da quel morboso attaccamento al prestigio.


Libero da quella dannata sudditanza nei confronti del padre.
 
Libero dall’essere obbligatoriamente il più forte, il genio.

Libero di essere semplicemente Itachi.

 

Ma essere il migliore ha il suo prezzo…

Varcò la soglia di casa e trovò Fugaku ad attenderlo nel corridoio d’ingresso.

Fissò il suo volto per qualche istante, con la speranza di scorgervi qualcosa di diverso dalla solita facciata, attendendo il commento alla grande notizia.

 

- Sono fiero di te, Itachi –

 

Ed ecco la previsione avverarsi.

Nessuna parola d’affetto, il solito tono inespressivo e distaccato.

Nessun sorriso.

 

Da quando gli Uchiha sorridono?

 

I suoi occhi osservarono per qualche secondo la schiena dell’uomo che si stava già allontanando senza riuscire a spiegarsi il perché desiderasse che quest’ultimo si voltasse.

Si ritrovò a stringere nuovamente i pugni, in un gesto istintivo e privo di senso.

Ma questa volta la rabbia durò solamente un istante, cancellata dalla consapevolezza della banalità di quello stupido desiderio perché nulla aveva importanza se non il fatto che lui fosse il migliore, tutto perdeva valore davanti all’infinito potere racchiuso nei suoi occhi, persino l’affetto, persino la sua famiglia.

Un sorriso beffardo si dipinse sul suo volto.

Essere un ninja significa cancellare le proprie emozioni e lui, a soli tredici anni, era già diventato capo della squadra assassina, questo voleva pur dire qualcosa.

Chiunque desiderava essere al suo posto, avere le sue capacità e, se dopo amici e parenti, anche suo padre si allontanava da lui, se persino Sasuke, a modo suo, lo odiava, non doveva rattristarsi, perché quel vuoto era semplicemente la naturale conseguenza della conquista del suo traguardo.

Aveva raggiunto livelli inauditi,  era arrivato in alto, così in alto tanto che ormai nessuno riusciva più a sostenere il paragone con lui.

 

Nel momento in cui Fugaku si era voltato dandogli le spalle  aveva raggiunto la consapevolezza d’aver superato anche l’ultimo ostacolo.  

 

Perché essere Itachi Uchiha significa essere il più forte.

 

Doveva essere soddisfatto di quell’emarginazione, chi vola alto è sempre solo* poiché tutti lo temono.

Se quello era il prezzo del potere e , soprattutto, se proprio quel potere fosse riuscito a donargli la libertà da quello stupido clan che lo stava soffocando, Itachi Uchiha era disposto a pagarlo.

 

 

Fine



Angolo dell'autrice:
Innanzi tutto un grazie alla nostra super efficiente giudicessa.
Il contest si è chiuso ieri sera e stamattina c'erano già i risultati... Saeko sei incredibile!
E complimenti per i bannerini, il mio lo trovo mooooolto bello^^

Ed ecco il giudizio:

Correttezza grammaticale: 8,7/10 punti
Solo qualche errore di distrazione. Per il resto, scorrevole e fluida, concisa ed esauriente.
Attinenza alla traccia: 4/5 punti
Ti ha penalizzato un po’ il citare i saluti, gli sguardi e amici e parenti stessi, poiché così facendo li hai inseriti nella storia, non ne hai solo parlato indirettamente. Per il resto, un ottimo esempio di solitudine.
Caratterizzazione del Personaggio: 10/10 punti
Mi è piaciuta questa visione di Itachi. Dapprima triste perché avrebbe voluto semplicemente essere se stesso e avere degli amici, poi risoluto quando comprende che l’unico modo per esserlo è isolarsi.
Originalità: 3/5 punti
Buona l’idea, originale il carattere di Itachi, meno originale la scelta di lui come personaggio, purtroppo. ^^’’
TOTALE: 25,7/30 punti

Giudizio
Voglio ribadire che la caratterizzazione di Itachi mi ha molto colpita.
Nelle altre fan fiction che trattano della sua solitudine – argomento usato e strausato, visto più volte anche in questo contest – si parla di Itachi soprattutto come una persona triste.
Tu, invece, hai mostrato come lui abbia capito che l’unico modo che ha di essere felice è, in un certo senso, essere solo.
Bellissima idea. Brava. ^.^
 

Alla prossima^^

Neji4ever



   
 
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