Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: DeatEaten    28/01/2017    1 recensioni
«Piton è stato assolto da questo tribunale» disse Crouch in tono gelido. «Albus Silente si è fatto garante per lui».
-Harry Potter e il Calice di Fuoco
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alastor Moody, Albus Silente, Bartemius Crouch senior, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«Lei è Severus Tobias Piton?»
La sua voce rimbombò in modo alquanto bizzarro sulle nude pareti di pietra. L’atmosfera nella fredda segreta non era delle più ospitali, ma cupa e inquietante: non c’erano finestre, solo alcune torce che emettevano una luce fioca, troppo debole per illuminare completamente l’enorme sala. Lungo le pareti erano disposte una moltitudine di panche di legno sulle quali streghe e maghi di ogni età sedevano attendendo e, ogni tanto, bisbigliando parole concitate a chiunque volesse ascoltare. Tutti avevano lo sguardo puntato al centro della sala dove su una scomoda sedia era seduto, quasi mollemente abbandonato, un ragazzo.
Non doveva avere più di vent’anni. Era alto, affilato; tanto magro che le catene sui braccioli della sedia erano troppo larghe perché gli impedissero il movimento. Non che, se avesse voluto, sarebbe potuto fuggire: i Dissennatori sorvegliavano ogni uscita, e la sua bacchetta gli era stata naturalmente sequestrata all’entrata del Ministero. I capelli neri e lunghi fino alle spalle gli ricadevano sul volto in modo disordinato, come se da qualche giorno il pettinarsi fosse stato l’ultimo dei suoi pensieri. Il volto di un pallore malsano non faceva atro che accentuare le profonde occhiaie e il sorriso senza gioia che ostentava; era spento, troppo cupo e inquietante per un ragazzo così giovane. I suoi occhi scuri erano fissi sul pavimento di pietra.
«Lei è Severus Tobias Piton?» ripeté di nuovo Bartemius Crouch, la voce dura ma ancora calma, tranquilla. Il ragazzo, Severus, non si degnò comunque di aprire bocca. Attorno a lui i mormorii aumentarono.
Di per sé, a Bartemius non pareva un fatto così straordinario che l’imputato non osasse parlare: in quel periodo stava tenendo almeno due udienze al giorno per stare al passo con tutta la feccia che, senza oramai un Padrone dietro al quale nascondersi, veniva catturata facilmente dai suoi Auror. Molti di loro svenivano, tremavano e perdevano la voce davanti alla prospettiva di essere rinchiusi per la vita in un edificio abitato da centinaia di Dissennatori; altri inventavano scuse, dicevano di essere sempre stati soggiogati dalla Maledizione Imperius e che mai si sarebbero uniti a Lui, se avessere avuto la facoltà di decidere; altri ancora, non negavano nulla e ammettevano colpe e omicidi con orgoglio, entusiasti di diventare i primi martiri piuttosto che rinnegare L’oscuro Signore. Il fatto era che lui, Piton, non stava facendo nulla di tutto ciò. Si limitava a stare in silenzio, totalmente indifferente alla situazione, come se per lui esistessero problemi ben più importanti che l’eventualità di poter essere condannato all’ergastolo. E in più sorrideva in quel modo, quasi fosse una presa in giro nei suoi confronti.
«Risponda. Lei è Severus Tobias Piton?» ripeté per la terza volta Crouch lasciandosi scappare per la prima volta una vena d’impazienza, irritato da quel comportamento. Davanti a lui, Amelia aveva poggiato la piuma con la quale aveva il compito di prendere appunti sull’udienza al lato della pergamena, in attesa della risposta dell’imputato.
Finalmente, appena prima che Barty si spazientisse definitivamente, Piton aprì bocca.
«Sì» disse con voce bassa e mortalmente calma, distante.
«Nato il 9 Gennaio 1960 e residente al 15 di Spinner's End, Cokeworth?» continuò Crouch, leggendo le informazioni sul fascicolo che teneva aperto davanti a sé.
«Sì» ripeté Severus per la seconda volta.
«Lei è stato condotto davanti al Tribunale della Legge Magica perché sia giudicato per innumerevoli crimini atroci» i bisbigli aumentarono di volume, così Bartemius fu costretto ad alzare la voce per sovrastarli. «Abbiamo ascoltato le testimonianze contro di lei. È stato accusato di aver favorito l’attività criminale unendosi alla setta chiamata I Mangiamorte, leale a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, il che l’ha portata a torturare e uccidere innumerevoli Babbani» Crouch si concesse una breve pausa per guardare il ragazzo. Sembrava ancora più disinteressato. Questo lo fece innervosire maggiormente. «È stato accusato anche» continuò, «di aver assassinato il mago Benjamin Fenwick -di cui sono stati ritrovati solo alcuni pezzi- usando una Maledizione non registrata che, il nostro Testimone ci dice… essere stata messa a punto da lei stesso. Il…» cercò di decifrare la calligrafia sulla pergamena, «Sectumsempro».
«Sectumsempra» lo corresse lui con lo stesso tono distaccato di prima.
«Oh, allora ci scusi, Signor Inventore» commentò una voce sarcastica in mezzo alla folla, che Crouch riconobbe immediatamente come quella di Alastor Moody. Si girò verso l'Auror con l’intenzione di ammonirlo con lo sguardo, conscio che comunque non sarebbe servito a nulla: Malocchio adorava commentare i processi dei Mangiamorte, perlopiù sussurrando all’orecchio di Albus Silente, il quale evidentemente non provava fastidio, ma in alcune occasioni si lasciava sfuggire uno o due commenti ad alta voce. Solo che questa volta, notò Crouch, Silente, che sedeva proprio davanti ad Alastor, alzò una mano per zittirlo, e così Moody si ritrasse bruscamente, un po’ accigliato. Ovvio, no? Quel processo doveva essere particolarmente importante per Silente, pensò Barty, così importante da fargli zittire un innocuo commento che, all’udienza di qualsiasi altro, sarebbe stato ascoltato e magari accolto da un cenno del capo. Ma dopotutto era stato Silente stesso a volere a tutti i costi quel dibattito; fosse stato per lui, avrebbe sbattuto dentro il ragazzo come aveva fatto con gli tutti gli altri, senza lasciargli l’opportunità di difendersi. Infondo, nessuno di loro se la meritava. Tornò alla sua pergamena.
«Come ultima cosa, è stato accusato di aver partecipato insieme al noto Mangiamorte Antonin Dolohov e altri tre sconosciuti, all’omicidio di Gideon e Fabian Prewett. Ora, lei è pienamente consapevole delle sue azioni?» chiese. Scrutò per l’ennesima volta il volto di Piton. E ancora, non c’era rimorso, paura, neanche disgusto per quello che lui stesso aveva compiuto. Sembrava solo un guscio vuoto. Aveva smesso di sorridere.
«Sì» disse il ragazzo e, per la prima volta in tutta la serata, alzò lo sguardo cupo dal pavimento per fissarlo prima su Crouch, poi tra la folla, su Silente.
«Ed è in qualche modo pentito?» continuò Barty, osservando con curiosità il vecchio preside che ricambiava lo sguardo di Piton, gli occhi azzurri dietro le lenti a mezzaluna che brillavano di una strana luce. Il vociare degli spettatori e della giuria stessa riempì la stanza, e Bartemius fu costretto a richiamare il silenzio con l’incantesimo Sonorus.
E intanto quei due continuavano a guardarsi, il giovane assottigliando gli occhi neri, quasi ce l’avesse con Silente per via di qualcosa che al resto del mondo era sconosciuta, il vecchio rimanendo impassibile e fermo nella sua convinzione, qualunque essa fosse. Poi, dopo qualche istante di silenziosa battaglia, il preside scosse gravemente il capo e Piton distolse lo sguardo. Aveva vinto il vecchio.
«Io, Albus Percival Wulfric Brian Silente, garantisco a questa corte e a questa giuria che sì, Severus Piton è stato un Mangiamorte in passato» disse all’improvviso il preside alzandosi in piedi ed ergendosi in tutta la sua altezza. La sala sprofondò nel più assoluto silenzio, fatta eccezione per lo sfregare della punta della piuma di Amelia sulla pergamena. «Ma si è pentito delle sue azioni, e prima ancora che Lord Voldemort cadesse, lo scorso 31 Ottobre, è tornato dalla nostra parte. Ha fatto da spia, correndo innumerevoli rischi mortali, tra le file di Voldemort e, per quanto potesse, ha evitato inutili spargimenti di sangue. Tutto questo, sotto l’occhio vigile dei Mangiamorte. Io, facendomi garante per lui, vi chiedo di assolverlo da tutte le accuse».
Barty guardò Moody, dietro la schiena di Silente, assumere una delle espressioni più scettiche che avesse mai visto. Rifletté. Mai avrebbe assolto un Mangiamorte che si era dichiarato colpevole, per quanto egli si fosse ‘dato da fare’ per espiare le proprie colpe. Un omicidio sarebbe sempre rimasto un omicidio ai suoi occhii, non importava quanti altri gesti uno compiva. E poi, quel ragazzo non gli ispirava molta fiducia: non aveva neanche risposto quando gli aveva domandato se fosse pentito. Aveva semplicemente lasciato fare a Silente... Silente, la cui grande debolezza era, come noto a tutti, riuscire a vedere del buono in chiunque. Ma anche nel Mangiamorte più fedele?
«Verrà messo ai voti» disse gelido alla fine della sua riflessione. Si voltò verso i ranghi sulla sua destra. «La giuria è pregata di alzare la mano… chi è a favore della reclusione?»
Parecchie mani si alzarono, compresa la sua. Crouch si guardò intorno, e dopo qualche istante divenne livido. Evidentemente, non erano la maggioranza. Il discorso di Silente li aveva convinti.
«Assolto» soffiò, furente.




Le catene che gli serravano i polsi lo lasciarono andare immediatamente. Se glielo avessero detto quella mattina stessa, non ci avrebbe scommesso neanche uno Zellino. La giuria doveva essere impazzita. Lui stesso, se fosse stato uno di loro, si sarebbe condannato. Infondo, che cos’era Azkaban se non un letto un po’ più freddo? Silente venne verso di lui. 
«Andiamo» disse sorridendogli gravemente. Severus sospirò, cercando di non guardare quel volto che, lo sapeva, non avrebbe fatto altro che irritarlo e basta. Perché no, non avrebbe sopportato un altro di quegli sguardi che lui definiva di ‘compassione’. Se avesse potuto, avrebbe cancellato quel dannatissimo sorriso, a cui era costretto spessissimo a soccombere, una volta per tutte. Non sarebbe stato così difficile.
Si alzò dalla sedia e, insieme al preside, raggiunse l’uscita dell’aula. Quando alcuni Auror si avvicinarono a loro, Silente li scacciò cortesemente.
«Credevo che fosse chiaro il piano, quando lo abbiamo concordato questa mattina». Il tono casuale e la voce calma del Vecchio ebbero il potere di rendere quella leggera critica nei confronti del suo comportamento ancora più snervante. Fece una smorfia, mentre strappava in malo modo la sua bacchetta di mano a un impiegato del Ministero che gliela stava porgendo gentilmente.
«Infatti era chiaro. Solo che, personalmente, non mi andava di mentire davanti a tutta quella gente. Infondo facevano solo il loro lavoro, Silente, non se lo meritavano» disse, cercando di mettere insieme una risposta il più sarcastica possibile. Non riuscì nemmeno in quello, come non ci riusciva da tempo.
Pensò di essere tremendamente patetico sotto molti punti di vista.
Entrarono in un ascensore vuoto, e le porte si chiusero; la cabina iniziò a salire, mentre una fredda voce femminile annunciava i piani e i rispettivi Uffici.
«E da quando non ti va di mentire? Tu, che menti primo fra tutti a te stesso? Mi vorrai perdonare se non ti credo, Severus» disse il preside, e anche se il ragazzo non poteva vederlo perché gli dava le spalle, sapeva, era sicuro, che stava continuando a sorridere, come se provasse una specie di pena per lui e per la sua situazione. Lo odiò ancora di più.
«Risparmiami i discorsi sulla mia psiche, ne ho avuto abbastanza» soffiò. «È stato questione di un attimo, va bene? Ho solo pensato…» iniziò, senza sapere bene come andare avanti, chiedendosi se un ascensore al Ministero della Magia fosse un luogo sicuro in cui parlare.
«… a quanto sarebbe bello finire ad Azkaban?» concluse per lui Silente.
In realtà, non lo pensava veramente. O forse sì. Sta di fatto che, durante il processo, si era reso conto di non essere propriamente legato alla sua libertà come sarebbe stato normale per chiunque altro. Forse perché, in verità, non era libero. Forse perché, in confronto alla sofferenza che stava affrontando in quel periodo a Hogwarst, a cui non sapeva neanche se avrebbe mai messo la parola fine, la prospettiva di una vita quanto mai breve ad Azkaban lo allettava. Perché sì, Silente gli aveva anche tolto la libertà di poter scegliere cosa fare della sua esistenza facendogli promettere. Se fosse stato per lui, solo per lui, il processo non ci sarebbe mai stato: l’imputato sarebbe sicuramene sparito, morto, prima ancora di essere chiamato in tribunale, risparmiando il lavoro ai Dissennatori.
Dio, quanto si sentiva patetico, e debole.
Le porte dell’ascensore si aprirono, e i due uscirono dirigendosi fuori dal Ministero, pronti a Materializzarsi appena fuori i confini di Hogwarts, la vera Azkaban di Severus.     



 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: DeatEaten