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Autore: Oducchan    30/01/2017    0 recensioni
Fuori dalla finestra, la pioggia continua a cadere, fitta come una coltre grigiastra che imbeve tutto quello su cui si posa. Ryoma fissa il cielo plumbeo, brontolando tra sé e sé; i campi pubblici sono impraticabili da giorni, e quelli al coperto dell’unico club che li possiede sono in manutenzione.
Momo-senpai, però, sa come raddrizzargli l'umore
[Momoshiro - Echizen]
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ryoma Echizen, Takeshi Momoshiro
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nick autore: Oducchan
Titolo: Can you stand the rain
Fandom: Prince of tennis

Personaggi: Momoshiro Takeshi, Echizen Ryoma
Pairing: MomoRyo (Ah-hun Pair)
Genere: introspettiva, sentimentale, mettiamoci erotico perché le cose succedono fuori campo ma succedono.
Avvisi: what if/future!fic (sono al liceo)

Rating: arancione
Conteggio parole: 1075
Note:

Scritta per il COW-T 7, prompt "pioggia", però è tutta per la Marsi, che è stata così buona e gentile da controllarmi tutte le fic su Tenipuri

 
Can you stand the rain

Fuori dalla finestra, la pioggia continua a cadere, fitta come una coltre grigiastra che imbeve tutto quello su cui si posa. Ryoma fissa il cielo plumbeo, brontolando tra sé e sé; i campi pubblici sono impraticabili da giorni, e quelli al coperto dell’unico club che li possiede sono in manutenzione. Il re delle Scimmie s’era generosamente offerto di ospitare tutta la Seigaku presso i suoi impianti privati, ma Tezuka, colto da un rimasuglio di orgoglio, aveva per il momento declinato l’invito, riservandosi di accettare solo se in capo a un paio di giorni la situazione non fosse migliorata.
Ma senza  la maggior occupazione e interesse (e amore) della sua vita, l’umore di Ryoma si stava rapidamente peggiorando, tanto da fargli meditare di obbligare suo padre a rimandarlo negli USA per una settimana o due, giusto per poter giocare a tennis da qualche parte.
-Ohi, se continui a restare corrucciato così tanto ti verranno le rughe-
Ryoma ha un piccolo sobbalzo, che lo fa irrigidire per qualche secondo. La sorpresa scema però rapidamente, quando le braccia muscolose del suo fidanzato si avvolgono attorno alle spalle e le sue mani corrono a pizzicargli giocose le guance. Poi, se possibile, si imbroncia ancora di più.
-Smettila, Momo-senpai, non sei divertente!- sbuffa, provando con poca convinzione a scostarsi. La verità è che avere l’altro spalmato addosso ha smesso di essere fastidioso ormai da mesi, più o meno da quando la pubertà s’era decisa ad investirlo come un treno, regalandogli venti centimetri in più e una cotta per l’altro ragazzo che durante il passaggio dalle scuole medie al liceo era esplosa come una bomba quando aveva scoperto essere pienamente ricambiata. E con molto fervore, pure.
-Tu, invece, sei adorabile. Come al solito…- è la pronta risposta del suo senpai, che schiva una gomitata a tradimento per baciargli il collo, su quei centimetri di pelle lasciati esposti da una maglietta oversize. Non si trattiene dal solleticargli il fianco, comunque, perché la risata mal trattenuta con cui Ryoma tenta di divincolarsi è uno dei suoni preferiti. Subito dopo…
-Mo…Momo-senpai…ah!- Ryoma si copre la bocca con entrambi le mani, troppo tardi per coprire il gemito che gli è scappato. Momo sorride soddisfatto, affrettandosi a leccare a coprire di piccoli baci affettuosi il segno lasciato dai suoi denti sulla carne pallida della spalla del suo kohai. Sorride, quando lo sente tremare appena, prima che una mano si chiuda con decisione tra i suoi capelli neri e lo allontani con decisione.
-Ti dico sempre di non lasciare segni!- lo rimprovera l’ace della Seigaku, massaggiandosi la ferita con un’espressione che un occhio poco esperto riterrebbe furiosa. Momo, che ormai da tre anni conosce e sa leggere quella piccola meraviglia umana che è Echizen Ryoma, vede il colorito più acceso delle sue guance e sorride, trionfante.
-Come se non lo sapessi, che ti piace- chioccia, ridendo solare. Ryoma protesta tentando di assestargli un calcio negli stinchi, ma Momoshiro è rapido ad afferrargli la caviglia e a tirarselo in grembo –Non sei bravo a nasconderlo, non sei bravo proprio per niente-
Ryoma, per buona grazia, gli tira un pugno in cima alla testa, mettendoci molta della sua forza. Al diavolo il suo contegno apatico e impassibile. Quando Momo si porta entrambi le mani sul punto in cui l’ha colpito (e in cui spera gli esca un bel bernoccolo), si sporge in avanti per baciarlo sul naso, sogghignando poi della sua espressione sbalordita.
-Piccolo bastardo…- Momo è rapido a reagire. Complice la sua statura più elevata, lo placca senza pensarci due volte, e i due finiscono per rotolare a terra, assestandosi colpi senza molta cattiveria ma giocosi, quasi complici.
Almeno finché Ryoma non finisce sdraiato sul pavimento, con quella maglietta troppo grande per lui che gli penzola dalle spalle, e che mette in mostra il segno del morso che Momoshiro gli ha appena lasciato. Almeno finché fuori dalla finestra non tuona, e la luce si spegne, e Ryoma rimane illuminato soltanto dal riverbero esterno, e Momo, cavalcioni del suo bacino, ne rimane abbacinato.
Anche Ryoma pare essere coinvolto dalla situazione. Deglutisce, nel silenzio rotto solo dal tamburellare della pioggia sui vetri e sul soffitto, e alza una mano per posarla sul suo petto.
-Dovremmo ripristinare la corrente- mormora, con voce stranamente rauca. Momo annuisce, ma non riesce a muoversi. Si sente caldo. Terribilmente caldo. È come se ci fosse un incantesimo ad inchiodarlo sul posto.
-I miei non saranno a casa prima di un paio d’ore- si sente rispondere, ma è come se le corde vocali che si stanno muovendo per articolare quelle parole non siano affatto le sue, ma di qualcun altro. Qualcuno a cui di venir scoperti o meno non importa proprio un bel nulla.
-Mia cugina sarà un pensiero- risponde Ryoma, e vorrebbe chiedergli che diavolo centra, che sua cugina è abituata a non vederlo tornare fino a tarda sera, che può usare il suo telefono per chiamare casa. Invece i suoi pensieri finiscono per aggrovigliarsi tutti assieme e a trasformarsi in cose veramente poco caste. E Momo, che non è mai stato uomo d’azione ma sempre e soltanto d’istinto, smette di pensare e decide di agire.
Ryoma non pesa poi molto, quando lo afferra per i fianchi e lo solleva di peso, prima di abbandonarlo senza molte cerimonie sul davanzale della finestra.
-Momo-senpai!...- la voce di Ryoma ha un tono d’urgenza, quasi fosse spaventato dal suo comportamento, ma Takeshi non ci fa molto caso. Lo bacia una volta, sulle labbra, finché Echizen non comprende e gli si scioglie tra le braccia, e poi inizia ad armeggiare con il bottone dei suoi pantaloncini.
Ryoma impreca, mordendosi forte le labbra. Momo lo bacia di nuovo, leccandogliele per togliere quel poco di sapore ferroso che vi rimane.
-Voglio sentirti urlare- lo informa, senza fiato. Gli occhi di Ryoma sono immensi, due grandi specchi liquidi di quel marrone ambra che ama con tutto sé stesso. Aspetta di vederlo annuire, prima di scivolare in ginocchio tra le sue gambe divaricate.
Fuori continua a piovere. La pioggia s’infrange sui vetri, creando un velo che attutisce i suoi umidi che riempiono la stanza. Ryoma reclina il capo, gemendo piano una nota sonora di bisogno e piacere, e il suo sguardo si appanna, perdendosi un istante tra le nuvole grigie e i rigagnoli che si delineano sulla finestra.
Tutto sommato, nemmeno la pioggia è poi così male…
Ed è l’ultimo pensiero coerente che gli rimane, prima che la sua mente scivoli incontro all’orgasmo.
   
 
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