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Autore: ___Page    30/01/2017    2 recensioni
-So che è difficile ma Usopp ha preso la decisione che lui ha reputato migliore per se stesso. È giusto e normale che ti manchi ma devi anche essere felice per lui. Ha deciso di intraprendere una strada diversa dalla nostra e noi dobbiamo credere in lui e forse un giorno lo incontreremo di nuovo- spiegò, sorridendo materna.
Chopper tirò su con il naso.
-E se non dovessimo vederlo mai più-
-In quel caso avrai sempre il suo ricordo nel tuo cuore-
Genere: Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Usop
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Se Pascal avesse dovuto spiegare a qualcuno che non condivideva la sua visione del mondo cos’era la “sfiga”, avrebbe detto che si trattava di quella condizione naturale per cui una persona o un gruppo di persone, indipendentemente dall’impegno profuso per evitarlo o in modo direttamente proporzionale ad esso, si ritrovava a dover affrontare un costante susseguirsi di casini sulla via dell’imminente disfatta.
Lui di per sé non si reputava sfortunato . Con la sua cinica e pessimista visione del mondo quella che la gente chiamava sfiga per lui era la normalità e non vedeva perché aspettarsi niente di meglio.
Per questo, anche se, nonostante avesse avuto il cinquanta per cento di possibilità di attraversare la foresta con la piacevole compagnia di Dex e Lilith, si ritrovava invece ad assistere all’incessante discussione tra Saku e Neena riguardo quale fosse la strada più adatta per raggiungere il villaggio, Pascal non si lamentava della sua condizione né malediceva una qualche entità superiore per volergli così male.
Non era sfiga. Era solo l’ordine naturale delle cose. Lo status quo della vita.
E comunque, bastava ignorarli.
-… in una foresta che cambia in base a dove devi andare e tu vuoi avere ragione sul fatto che la tua scorciatoia sarebbe più rapida della strada che ho proposto io?- insistette Neena con voce incredula, i grandi occhi castani sgranati, ottenendo solo un mugugno da Saku che la fece sospirare.  
-Vuoi andare da quella parte solo perché speri di beccare Mab che si fa il bagno alle cascate.- si decise a ribattere il medico, senza neppure degnare Neena di uno sguardo.
-Come se a te facesse schifo eh.- mormorò scettica Neena, sollevando appena il sopracciglio.
-Non è il momento e comunque io so cos’è la privacy, Neena!- 
La cuoca allargò appena le braccia, piegò mollemente le ginocchio, inarcò lievemente la schiena all’indietro e piegò il capo di lato tutto in unico movimento. -Oh mi scusi messere. Non era mia intenzione urtare la sua sensibilità.- lo schernì la ragazza, facendogli mandare gli occhi al cielo.
-Hai deciso cosa cucinare per Baba?- cambiò bruscamente argomento Saku, con il fine di zittirla una buona volta. Non trattenne un ghigno soddisfatto quando la vide sbiancare, perdendo tutta la propria baldanza.
Era impressionante quanto diventasse indifesa se si tirava in ballo il cibo, non aveva importanza quanto fosse avvelenata fino a un attimo prima. Certe volte si augurava che quel suo lato rimanesse conoscenza solo di pochi privilegiati. Non osava immaginare cosa sarebbe potuto succedere se, nel bel mezzo di un scontro, un nemico avesse giocato la carta del “Cosa c’è stasera per cena?”. Una disfatta probabilmente.
-Io… Ah n-non… io non ho ancora pensato a… potrei fare qualcosa con le malbacche e le foglie di gazania a Baba i sapori un po’ aspri piacciono e poi forse una crema di callistemon per smorzare…- cominciò a parlare a macchinetta Neena, seguendo docilmente Saku che provò a scambiare un’occhiata divertita e soddisfatta con Pascal, ovviamente senza successo. -… troppo la nota acida perché dipende anche dal punto di maturazione delle malbacche e… e…- rallentò Neena quando un’improvvisa realizzazione si fece strada tra  i suoi confusi e agitati pensieri culinari.
Socchiuse gli occhi e dopo pochi istanti la sua espressione virò dal teso all’accusatorio mentre puntava un dito contro suo fratello. -Lo hai chiesto apposta!- esclamò indignata e furente. Odiava chi giocava con il cibo, anche solo in modo metaforico, era una cosa che la faceva sragionare. -Non ci posso credere! Sei così poco uomo che non riesci neppure a gestire una discussione con tua sorella?!-
Saku ringhiò di riflesso, incapace di contenersi quando Neena lo toccò là dove era più sensibile. -Non t’azzardare! Non è questione di virilità è che ero stufo di sentirti blaterale!-  
-Oh poverino!- si finse dispiaciuta Neena, prima di stringere i pugni lungo i fianchi. -Beh sai che c’è? Di sicuro non farò la mousse all’uva passa!-
Saku sgranò gli occhi, il suo turno di essere indignato e forse, ma solo forse, anche un po’ ferito. E non perché la mousse all’uva passa di Neena era fantastica, assolutamente non era quello e non era come se lui morisse dalla voglia di mangiarlo.
-Ehi ragazzi…-
Decisamente no.
-Ma fai un po’ come ti pare, sai a me quanto me ne frega della tua mousse all’uva passa?!-
-Saku, Neena, credo che…-
-Bene! Non venire a chiedermela al tuo compleanno allora!-
-Ehi, quando mai te l’ho chiesta?! Sai benissimo che non mi piace farti sgobbare il giorno del tuo compleanno!-
-E tu sai benissimo che lo faccio volentieri, visto che sei mio fratello!!! E devi solo provarci a impedirmi di prepararti la mousse all’uva passa, chiaro?!?-
-E allora fai come ti pare!!!-
-Ragazzi-
-CHE VUOI PASCAL?!?- sbraitarono all’unisono i due gemelli, realizzando solo in quel momento che il carpentiere non era in vista e la sua voce arrivava da dietro una fila di alberi.
-Credo dovreste venire a vedere.- mormorò e qualcosa nella sua voce fece allertare Saku e Neena, che si scambiarono una perplessa occhiata.
Il tono di Pascal era meno atono del solito, leggermente cauto, come se dovesse dare una cattiva notizia.
Immediatamente Neena si avvicinò di più a suo fratello, il panico sul volto, e strinse la mano intorno a un lembo del suo gilet, come faceva quando erano piccoli e scoppiava un temporale. Neena odiava i temporali e Pascal che usava quel tono era decisamente peggio di un temporale. Rientrava nell’ordine del disastro naturale imminente con probabile conseguente fine del mondo.
Saku accarezzò il dorso della mano di sua sorella in un gesto rassicurante prima di avanzare insieme a lei nella direzione da cui la voce di Pascal arrivava.
Con un frusciare di fronde i due Chagall attraversarono la folta vegetazione che nascondeva Pascal ai loro occhi per scoprire che, senza neanche rendersene conto, erano giunti sul limitare della foresta, proprio dalla parte del villaggio.
-Che succede?- chiese asciutto Saku, accostandosi al carpentiere, Neena alle calcagna.
Ma Pascal non rispose e Saku girò il capo per seguire la traiettoria del suo sguardo finché ciò che vide non gli gelò il sangue nelle vene. Sentì la presa di Neena farsi spasmodica sul suo gilet e seppe che le ginocchia della sua gemella dovevano aver quasi ceduto. Per un attimo smise di vedere ciò che aveva davanti agli occhi, combattuto se trascinarsi sua sorella completamente dietro le spalle o girarsi per sostenerla ma scoprì che il corpo non rispondeva. Non riusciva a muoversi, era come se i suoi piedi avessero messo radici nel terreno. Tutto ciò che riusciva a fare era osservare l’orrendo spettacolo davanti a sé, che la sua testa si rifiutava di capire ma il suo cuore aveva già registrato fin troppo bene a giudicare da quanto gli faceva male.
Scoprì che persino per respirare doveva stare concentrato in quel momento.
Non era possibile.
Non capiva cosa fosse successo, come, quando.
Perché.
Nessuno di loro lo capiva.
E non è che tutti loro avessero bisogno di capirlo.
Per almeno uno di loro la risposta era semplice ma non per questo meno spiacevole.
Ordine naturale delle cose. Status quo della vita.
Pascal sospirò tra il rassegnato e il mortificato prima di mormorare sottovoce.
-Sfiga…-
 

 
***

 
Per una persona curiosa, Nirvana era indubbiamente un paradiso. La quantità di specie animali e vegetali uniche al mondo e rintracciabili solo lì sarebbero state sufficienti per riempire il volume di un’enciclopedia, cosa che, di fatto, a un certo punto era avvenuta. E naturalmente Robin aveva letto quel volume di quella particolare enciclopedia.
Una volta che Franky aveva smesso di piangere per la commozione che essere circondato da così tanto legno di Nirvana gli aveva provocato e che si erano potuti finalmente addentrare nella foresta, l’archeologa non aveva avuto difficoltà a riconoscere le malbacche e la tana di una volpe a tre code, da cui avevano tutti convenuto che era saggio tenersi alla larga, così come uno svariato numero di piante, radici e fiori.
Chopper l’ascoltava, bevendo goloso ogni parola, spiegazione o curiosità che Robin metteva insieme da informazioni lette e apprese chissà quando e chissà dove, riuscendo a rendere quella loro corsa attraverso la foresta e contro la marea in qualche misura piacevole.
Per via della capacità della foresta di modificare la propria morfologia i Mugiwara dovevano muoversi più lentamente di quel che avrebbero voluto e il piccolo medico ne stava approfittando per raccogliere quanti più campioni vegetali era in grado, stipandoli nel suo zainetto.
Ma la soddisfazione professionale della renna non era sufficiente a contrastare l’impazienza di Sanji e, soprattutto, quella di Rufy che stava mettendo a dura prova la pazienza di Nami, che però per amore di Usopp ce la stava mettendo tutta per mettere a tacere i pensieri ostili che si affacciavano alla sua mente ogni volta che il Capitano apriva bocca per lamentarsi della loro lenta andatura.  
La foresta si era mossa già due volte e la paura di dover cambiare ancora direzione e perdere altro tempo prezioso aveva alla fine avuto la meglio sul suo desiderio di uccidere o almeno malmenare Rufy ma, per quanto anche Nami avesse fretta di ritrovare Usopp, doveva ammettere che, tra la giusta direzione da scegliere, la tensione che aleggiava su di loro e il bisogno di ritrovare un po’ di autocontrollo, quella momentanea sosta a cui erano stati costretti era più apprezzata di quanto si sarebbe potuto pensare.
E divertente anche. Molto divertente.
-È un kagu.- confermò Robin, osservando con attenzione il variopinto e sgargiante uccello. -Sono uccelli molto socievoli e non hanno paura degli esseri umani.-
-Beh questo qui dovrebbe.- ringhiò sottovoce Zoro, scuotendo il capo ma il pennuto non sembrava intenzione ad abbandonare la sua testa, su cui si era appollaiato e sembrava voler prendere domicilio.
Il kagu aprì il becco arancione striato di viola e gracchiò, sollevando le penne della cresta che formavano una specie di corona sulla sommità del suo cranio.
-Dice che sembriamo molto simpatici e chiede dove siamo diretti.- tradusse immediatamente Chopper con gli occhioni che brillavano.
-Oh ma che dolce!- commentò immediatamente Robin.
-Anche tu sei Super-simpatico fratello pennuto!-
-Chopper digli di scendere.- ringhiò Zoro, fulminando gli altri due nakama.
-Sanji ho fame!- esclamò Rufy di punto in bianco.
Chopper spostò lo sguardo su Zoro, un po’ stranito dalla sua richiesta. -Zoro, lui capisce benissimo cosa diciamo.- gli fece presente, un po’ preoccupato che il kagu potesse offendersi per ciò che lo spadaccino aveva appena insinuato.
-Ah sì?- domandò il verde, dopo solo un breve istante di stupore. Sollevò lo sguardo in modo da far entrare l’uccello almeno nel margine del proprio campo visivo e poi, cercando invano di mantenere un tono calmo e conciliatore: -Ti spiacerebbe levarti dalla mia testa?-
Per tutta risposta il pennuto si accomodò ancora di più sul cranio di Zoro, l’espressione soddisfatta. Seguì un momento di totale silenzio e immobilità prima che la foresta prendesse a riecheggiare per il gracchiare del kagu e le imprecazioni di Zoro che roteava le braccia a vuoto sopra il capo senza riuscire a colpire il suo sgradito ospite.
-Kami…- Nami sospirò di fronta alla scena, passandosi una mano sul volto. -Stiamo perdendo un sacco di tempo.-
-Chi lo avrebbe mai detto che la testa di verza fosse una calamita per gli uccelli?-
Nami lanciò un’occhiata di striscio a Sanji, trattenendo a stento un sorriso, sebbene smorzato dalla preoccupazione e dalla sorpresa di sentire il cuoco fare una battuta in quella situazione che sembrava stressarlo più che a tutti gli altri, finché Robin non resistette più e sbuffò una risata a labbra chiuse. Fu questione di pochi attimi perché tutti – tranne Rufy a cui ovviamente il doppio senso era sfuggito – scoppiassero a ridere di gusto, Franky sguaiatamente, Chopper in imbarazzo, mentre in sottofondo Zoro, inconsapevole del divertimento dei nakama a spese sue, continuava a litigare e minacciare il povero kagu.
Fu il fruscio improvviso ma perfettamente udibile a zittire Nami. La navigatrice sgranò gli occhi, improvvisamente seria, e un’ondata di terrore la pervase quando capì cosa stava succedendo e perché. –Zoro calmati! La foresta sta cambiando di nuovo morfologia, rischiamo di dover tornare indietro un pezzo!- lo implorò, una volta tanto senza suonare dispotica.
E non che lo spadaccino non si rendesse conto della gravità della situazione. Nami non aveva ancora finito la frase che Zoro si era già immobilizzato e aveva chiuso l’occhio, riuscendo a liberarsi in un istante di tutti i pensieri e le sensazioni ostili vesto quello stupido uccello grazie alle molte ore spese a meditare. Anche il kagu si calmò all’istante, tornando ad appollaiarsi comodo tra le ciocche menta del samurai. Ma il fruscio non accennava a smettere.
-Io sono calmo ora.- avvisò Zoro con voce del tutto priva di emozione, a riprova che davvero di ostilità in quel momento non ne stava provando.
Con il fiato sospeso, Nami si guardò intorno e dopo una decina di secondi socchiuse gli occhi, realizzando lentamente che qualcosa non tornava. -Non si sta muovendo niente.- mormorò.
Era vero, non un solo albero o cespuglio, né vicino né lontano, stava cambiando posizione eppure il fruscio proseguiva imperterrito.
-C’è qualcuno nei paraggi.- mormorò Sanji, cercando di individuare la posizione da cui il fruscio proveniva. -E se fosse…-
Tutti lo avevano pensato, nessuno riuscì a dirlo. O quasi.
-USOPP!!!-
-No aspetta!!!-
Troppo tardi. Rufy scattò come una molla e sparì tra gli alberi, lasciandoli tutti interdetti per una manciata di secondi prima che tutti schizzassero dietro di lui. La situazione non era buona per niente.
-Quell’imbecille! Se era davvero Usopp ora se la starà dando a gambe levate!- imprecò Sanji, schizzando rapido tra gli alberi.
-E se era qualcuno del villaggio potrebbero attaccarlo!- aggiunse Nami, aggiungendo mentalmente che non avrebbe sborsato un solo berry per quell’idiota del suo Capitano se per caso avessero chiesto un riscatto.
-Dici che un rischio concreto, sorella? A me sembra gente pacifica!-
Nami non rispose quando la sua mente finì di registrare un problema ben più impellente. Gli alberi davanti a loro si fecero sempre più fitti, quasi un muro di rami e foglie e se non restavano più che uniti rischiavano di perdersi in tutte le direzioni. Stava già per avvisarli del pericolo quando la voce del medico di bordo risuonò da una posizione non meglio definita, segnando l’inizio della fine.
-Zoro! Non da quella parte!- protestò Chopper per poi correre dietro allo spadaccino pestando il terreno duro con tutti e quattro i suoi zoccoli.
Prima che potesse arginare il pensiero, la mente di Nami corse a Sabaody e un brivido l’attraversò da capo a piedi. -Ragazzi restiamo uniti!!!- urlò fermandosi e voltandosi verso i suoi nakama.
Che non erano più dietro di lei.
-R-ragazzi?- domandò incerta e spaventata.
La sola risposta che ricevette fu il fischio del vento tra le fronde.
 

 
***

 
Il primo pensiero concreto che le attraversò la mente fu che quella posizione era terribilmente scomoda. Nel tipico limbo tra il sonno e la veglia non sapeva dire dove si trovasse esattamente né quando si fosse messa a dormire. Non ricordava cos’avesse fatto prima ma era piuttosto sicura di cosa aveva intenzione di fare ora. Cambiare posizione perché le braccia cominciavano a farle davvero troppo male.
Un verso mugugnante vibrò sulla sua lingua e attraverso le labbra serrate quando fece per muoversi. Se aveva pensato che le braccia le facessero male si rese conto di essersi sbagliata quando un dolore lancinante le attraversò le spalle indolenzite. I nervi del collo tiravano come se la testa, anziché essere appoggiata, scivolasse pesante in avanti sul suo petto, provocandole crampi che si irradiavano fino alle scapole e fino ai polsi, brucianti e accostati l’uno contro l’altro.
Più rapidamente di quando si svegliava di solito ma molto più lentamente di quel che avrebbe voluto, consapevole che qualcosa era fuori posto, riprese sempre più coscienza del proprio corpo e nuovi dettagli si fecero strada nella sua mente annebbiata. La strana posizione delle gambe ripiegate sotto le cosce, la testa effettivamente penzolante con i capelli che le solleticavano il viso e ogni muscolo, nervo, osso e fibra, assolutamente ogni centimetro del suo corpo dolorante. Soprattutto la testa, dove sembra che tutto il suo sangue fosse convogliato e si stesse rimescolando, pulsando e rimbombando nelle sue orecchie.
Qualcosa non andava.
Un moto di panico la attraversò, scuotendola dentro.
No, decisamente qualcosa non andava.
Si mosse di nuovo, stavolta più convulsamente e si rese conto che non poteva distanziare i polsi tra loro, esattamente come non poteva abbassare le braccia. C’era qualcosa che le stava segando la pelle all’altezza dell’ulna, sfregando contro l’osso con quanta più violenza tanta più era la forza che lei ci metteva per cercare di separare i suoi polsi.
Aprì gli occhi di scatto.
Era legata.
Il capo ancora piegato in avanti, finse di essere ancora priva di coscienza  per avere tempo di riordinare i pensieri e provare a capire dove si trovava. L’odore che le pervase le narici era legno ed erba, secco e pulito. Ergo non era vicino alle cascate, né al villaggio ma ancora dentro la foresta.
Non ricordava nulla se non un penetrante dolore alla nuca che aveva troncato a metà una sua risposta a una sciocca battuta di…
-Dex!-
Tutta la sua prudenza andò in fumo quando il pensiero gli attraversò la mente. Sollevò la testa di scatto e fece schizzare gli occhi tutto intorno, registrando vagamente che si trovava in una radura e che non era sola. Ma tra le figure presenti, Dex non c’era e neppure lei sapeva se sentirsi agitata o confortata dalla sua assenza.
-Lui non c’è. Lo abbiamo lasciato andare.-
L’ondata di sollievo la travolse per esattamente il lasso di pochi istanti che le servì per riconoscere la voce che aveva appena parlato. Si girò sconvolta verso la proprietaria della voce, la bocca schiusa per lo stupore.
-E avresti dovuto vedere come se l’è data a gambe! Ho rischiato di sciogliermi davanti a tanta cavalleria!- aggiunse, facendo ridere i suoi compagni.
Rabbia, terrore e confusione si rimescolarono in Lilith ma nessuna delle emozioni riuscì a raggiungere la superfice e avere la meglio sullo shock visibile sul suo viso.
La studiò mentre si avvicinava, come se potesse avere ancora anche il minimo dubbio che fosse proprio lei.
-Rhea?- domandò in un soffio, mentre la ragazza si accovacciava di fronte a lei, così vicina da sfiorarle la fronte con le sue ciocche castane, fissandola con i suoi grandi occhi cioccolato.
La fissò qualche istante senza dire nulla, l’espressione neutra, prima di piegare le carnose labbra in un sorriso sadico e sussurrare: -Ciao sorellina.-  
  
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