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Autore: chantalwg    30/01/2017    7 recensioni
C’era un’unica e semplice regola per poter esser amici di Magnus e Alec: mai e poi mai, non importavano le circostanze, nemmeno se si era ubriachi persi, iniziare un dibattito sulla cultura pop con uno dei due, tanto meno con entrambi.
Basato sul prompt: “Malec distrugge Twilight”.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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C’era un’unica e semplice regola per poter esser amici di Magnus e Alec: mai e poi mai, non importavano le circostanze, nemmeno se si era ubriachi persi, iniziare un dibattito sulla cultura pop con uno dei due, tantomeno con entrambi.

Uno, avresti perso.

Due, sarebbe durato ore.

Tre, non avrebbero mai smesso.

Seriamente, mai.

Era una cosa che sapevano tutti i loro amici, ma commettevano spesso lo sbaglio di menzionare davanti a loro un film che avevano visto, un libro che avevano letto o uno show televisivo che stavano guardando, rimanendo poi con nient’altro da fare che aspettare fino a che non avessero finito di parlarne approfonditamente.

A dir la verità, il loro primo incontro avrebbe dovuto essere un chiaro indizio perché i loro amici si insospettissero, ma non ci avevano riflettuto molto all’epoca.

Si erano incontrati in un soleggiato giorno di Aprile, e il loro legame era stato quasi istantaneo. Naturalmente, c’erano poche cose nella vita che potevano avvicinare due persone così facilmente come un odio mutuale per Twilight.

La Primavera era dietro l’angolo, i canti felici degli uccelli che si godevano la fine dell’Inverno rallegravano l’atmosfera risuonando dal parco che costeggiava la stazione di polizia e Alec era completamente immerso nella ri-rilettura del rapporto che aveva scritto sull’ultimo arresto fatto. Era un gran rapporto, proprio come piacevano a lui, con le parole chiave messe bene in evidenza e focalizzato soprattutto su –.

“Lightwood!”

Alec alzò lo sguardo dalla pila di fogli sulla sua scrivania e condivise un’occhiata perplessa con Lydia, la sua partner, che alzò le spalle.
Andò nell’ufficio del Capo della polizia Garroway e rimase in piedi sulla soglia, le mani dietro la schiena.

“Signore?”

“Hai bisogno di una pausa,” disse Luke, con un tono evasivo che non lasciava comunque spazio per discussioni.

“Ma -”

“Clary è sotto in archivio con Magnus per prendere della roba ma apparentemente non riescono a trovarla,” lo interruppe recisamente Luke. “Tu conosci quella stanza a memoria, puoi dar loro una mano? So che questa è la tua definizione di pausa.”

Lo disse senza fermarsi e Alec si sarebbe offeso se non fosse stato vero. Spendeva davvero molto tempo in archivio, studiando vecchi casi che potessero aiutarlo quando lui e Lydia erano bloccati nel mezzo di un’indagine.

Non sapeva chi fosse Magnus e stava appena iniziando ad apprezzare Clary ma annuì in ogni caso.

“Sì signore,” disse con un sorriso educato dirigendosi poi all’ascensore.

L’archivio era nella cantina del distretto, alla fine di un corridoio lungo e poco illuminato con una vecchia tappezzeria alle pareti che aveva fatto sì che Alec rinominasse il posto The Overlook. La maggior parte dei suoi colleghi doveva ancora capire il riferimento.

C’erano file e file di scatoloni vecchi e nuovi, casi chiusi o mai risolti, cose a caso che erano state lasciate lì nel corso degli anni. Era una stanza piena di storia, silenziosa, pacifica e –

“Alec! È così bello vederti! Grazie davvero per aiutarci!”

La gente doveva davvero smetterla di interrompere i suoi pensieri.

Alec si accigliò, guardandosi in giro per trovare la fonte della voce e guadagnandosi un pugno sulla spalla per il tentativo.

“Sono proprio di fronte a te!” esclamò Clary rimproverandolo.

Alec abbassò lo sguardo sulla rossa, un sorrisetto all’angolo delle labbra. “Scusa, sei così bassa che non ti ho visto.”

Clary sbuffò indignata ma si riprese subito, afferrandolo per un braccio per trascinarlo avanti. Era sorprendentemente forte per essere così piccola.

Alec si lasciò trascinare lungo un corridoio fino alla fine della stanza, ascoltando Clary parlare senza sosta di quanto fosse eccitata di trasferirsi con Jace e di tutte quelle scatole che aveva lasciato da Luke e che ora erano nell’archivio, piene di ricordi della sua infanzia e adolescenza. Ad Alec non interessava davvero ma la ascoltò comunque – perché non aveva molta scelta e perché era la fidanzata di suo fratello, quindi doveva far finta di essere interessato almeno un po’.

“Oh, e devi conoscere Magnus,” disse Clary con un largo sorriso, “andrete sicuramente d’accordo!”

Se doveva essere sincero con se stesso, la prima cosa che Alec notò quando si fermarono incespicando era un sedere sodo infilato in jeans skinny davvero peccaminosi che era abbastanza sicuro fossero vietati per legge (e avrebbe dovuto saperlo, dopotutto era un poliziotto) mentre il famigerato Magnus – poteva essere solo lui, nessuno al distretto avrebbe osato vestirsi così o se ne sarebbe accorto – era piegato in avanti per osservare una scatola sullo scaffale più basso. La seconda cosa che notò era quanto il resto della sua persona fosse attraente. Poi, e quello fu l’esatto momento in cui la mente di Alec decise di dimenticare l’apparizione da togliere il fiato dell’uomo, fu il diabolico libro che aveva tra le mani.

Alec non poté evitare che il suo viso si contorcesse in un’espressione di puro ed evidente disgusto.

“Clary,” disse Magnus, la voce calma e vellutata come un’alba – non che Alec ci avesse fatto caso – “Per favore dimmi che la ragione per cui possiedi questa robaccia è perché avevi bisogno di argomentazione per spiegare al mondo intero perché è la peggior cosa mai successa alla letteratura sui vampiri. O alla letteratura inglese. O alla letteratura. O alla storia dell’umanità, davvero.”

Questo Magnus sembrava un ragazzo ragionevole ed equilibrato, decise Alec.

Clary arrossì, strappandogli il libro dalle mani e buttandolo da una parte senza fare attenzione. L’uomo alzò lo sguardo – e Alec a malincuore dovette smettere di fissare il suo magnifico sedere – e sobbalzò alla vista di Alec, ma si riprese in fretta, lanciandogli un sorriso smagliante che fece seccare la bocca di Alec.

“Ero un’adolescente!” protestò Clary. “Non giudicarmi! Non ne sapevo abbastanza all’epoca!”

“Quindi non hai realizzato quanto fosse scritto male?” intervenne Alec, sollevando dubbioso un sopracciglio mentre la guardava. “Max ne sa di più e ha nove anni. Ho letto libri per bambini meglio di Twilight. Cavolo, ho letto il libretto delle istruzioni del mio microonde ed è meglio di Twilight.”

Clary non ebbe modo di replicare, perché Magnus stava già rincarando l’argomento di Alec.

“Voglio dire, se volevi leggere una storia d’amore tra vampiri potevi leggere le Cronache dei Vampiri di Anne Rice. O Dracula. Quella è una bella storia di vampiri, con una trama che non consiste nell’eroina che si innamora di un patetico vampiro che luccica al sole. E non farmi iniziare sulla discutibile morale della storia. Praticamente sostiene che la cosa più importante al mondo per una ragazza sia avere un ragazzo.”

“Sì vero?” esclamò Alec annuendo velocemente, “e quella Bella è così vuota. Non ha nulla che la renda particolare. È semplicemente ordinaria e quindi ovviamente milioni di ragazze che lo leggevano si sono identificate in lei e inserite nel personaggio immaginando di avere due ragazzi bellissimi che combattevano per loro. Chi non lo vorrebbe?”

“Beh, a me non dispiacerebbe sicuramente,” disse Magnus con un sorrisetto, “oh, e non dimentichiamo quelle frasi pro-vita e anti-femministe di cui sono cosparsi i libri. Non voglio neanche addentrarmi nei dettagli o perdo la calma.”

“Non parlarmene,” sospirò Alec, “mio Dio, e quando fanno sesso per la prima volta e lui quasi la uccide letteralmente con il suo pene da vampiro potente? Perché?” esclamò, alzando le braccia in aria per la disperazione. “Cosa c’è di sbagliato nel sesso sicuro che non mette a rischio la vita?”

“Tesoro, stai predicando al convertito qui,” disse Magnus mettendosi una mano sul cuore. “Ma stiamo dimenticando la cosa peggiore,” aggiunse con un’occhiata penetrante.

“Il lupo mannaro che si innamora profondamente della figlia appena nata della coppia idiota?” suggerì Alec.

“Il lupo mannaro che si innamora profondamente della figlia appena nata della coppia idiota,” concordò Magnus con un sospiro sconfitto.

“Sono Alec,” disse, allungando la mano con un sorriso storto.

“Magnus,” replicò stringendogliela, “piacere di conoscerti.”

“Oh Dio,” si lasciò sfuggire Clary, fissandoli con gli occhi spalancati. “Ho creato un mostro. Mi sento come il dottore in Frankenstein.”

“Frankenstein è il dottore,” ribatterono simultaneamente i due, scambiandosi poi un’occhiata piena di piacevole sorpresa e complicità, come se avessero finalmente trovato qualcuno che si accordava alla loro mente.

Fu accordo a prima vista.

____

All’inizio fu senza significato per i loro amici.

Dopo quella volta, si vedevano sempre più di frequente, perché Clary si stava trasferendo con Jace e questo significava che Alec la vedeva più spesso e Clary usciva raramente senza Simon, il suo migliore amico, e Magnus, che era della famiglia per lei.

La seconda volta che si videro fu per la festa di compleanno di Clary. Alec era stato obbligato ad andare dai suoi fratelli, da una parte sotto minaccia (Isabelle) e dall’altra per senso di colpa (Jace), ma alla fine non lo rimpianse.

Il loro appartamento era a Soho e Alec aveva preso la moto per arrivarci, così si era dato un limite con l’alcol, ma erano comunque piena notte quando andò a casa. Jace sbatté fuori lui e Magnus quando si lanciarono in un acceso dibattito per capire se Leo ci sarebbe stato o meno su quella maledetta porta.

“Certo che ci sarebbe stato!” urlò Magnus a un certo punto, “lei l’ha lasciato morire!”

“Non è questo il punto!” controbatté Simon a voce altrettanto alta. “Il punto è che è romantico. Lui è morto perché lei potesse vivere!”

Alec sbuffò dalla sua posizione vicino a Magnus, le braccia incrociate sul petto. “Che ovviamente è un’opzione migliore che farli sopravvivere entrambi,” disse col sarcasmo che grondava da ogni parola.

“Oddio,” sospirò Simon, “perché abbiamo lasciato che vi incontraste?”

“Clary!” chiamò Magnus. La rossa, che era appoggiata al muro con Isabelle un po’ più lontano, alzò un sopracciglio. “Prendi il tuo blocco da disegno e vieni qui.”

Lei corrugò la fronte ma lo fece, così passarono i successivi venti minuti a guardarla disegnare una porta e due persone seguendo le istruzioni di Alec e Magnus così che potessero provare a Simon quante possibilità ci fossero per due persone per stare su uno spazio così piccolo senza annegare.

Alla fine, Simon ammise la sconfitta.

“Smettetela di rovinarmi ogni classico,” si lamentò, lanciando un’occhiata affranta ai due. “È come lo sfacelo di Avatar un’altra volta.”

Magnus sbuffò indignato. “Avatar è semplicemente Pocahontas con la gente blu che fa sesso strano con le loro code,” disse in un tono che suggeriva che non era la prima volta che ne parlavano.

“È quello che dico sempre anche io!” esclamò Alec, gli occhi spalancati per la sorpresa.

“Ovvio che lo è,” mormorò Simon sotto voce, alzando gli occhi al cielo. “Me ne tiro fuori.”

Se ne andò prontamente raggiungendo Raphael, l’amico di Magnus, al bar, dove si versò un bicchiere di vodka decisamente generoso, completamente ignaro dell’occhiata leggermente allarmata di Raphael.

“Non vorrei davvero avere l’alcolismo di Sheldon sulla mia coscienza,” disse Magnus, stringendo le labbra.

“Ehi, non è colpa tua se non sa gestire la verità,” sostenne Alec ragionevole.

Magnus sorrise, alzando leggermente il mento abbastanza per guardarlo negli occhi. “Allora… chi è il miglior Doctor Who?”

“David Tennant ovviamente,” sbuffò Alec, quasi offeso.

Magnus annuì concorde, canticchiando mentre rifletteva. “Miglior Batman?” chiese, battendo l’indice sulle labbra pensieroso.

“Bale.”

Magnus sussultò drammaticamente. “Cosa?”

“Christian Bale,” ripeté Alec accigliandosi.

“No che non lo è!” esclamò Magnus. “Michael Keaton!”

_____

Fu così che la seconda volta che si incontrarono fu anche la prima volta che discussero. Fu una delle migliori notti della vita di Alec, il che era in effetti un po’ triste considerando che la passò discutendo con un ragazzo attraente invece di baciarlo. O almeno questo è quello che disse Lydia quando le raccontò tutta la storia mentre esploravano la scena di un crimine il successivo Lunedì mattina. Era stata davvero una notte fantastica. Anche quando era arrivato Jace a dividerli dalla loro discussione alle quattro e mezza del mattino per sbatterli fuori di casa.

“Potete discutere di questo fuori, dove la gente non sta cercando di dormire!” urlò sbattendo loro la porta in faccia.

“Sono sicuro che lui è team George Clooney,” ringhiò Magnus, e Alec rise forte, chiaro e inaspettato.

“Vuoi un passaggio a casa?” chiese, un sorriso sulle labbra.

Magnus sembrò esitare prima di annuire, ma il suo sorriso era altrettanto ampio.

“Solo un secondo,” disse Alec bussando alla porta. “Jace!” chiamò, a voce abbastanza alta perché lo sentisse attraverso il legno. “Mi serve il casco, e anche il tuo! Do un passaggio a Magnus.”

La porta si aprì velocemente, portando una ventata che li fece ondeggiare sulle loro gambe, e Alec ebbe appena il tempo di vedere un accenno di capelli biondi prima che due caschi venissero spinti nelle sue mani e la porta si chiudesse di nuovo.

“È un po’ la regina del dramma,” disse a Magnus.

“Andatevene!” urlò Jace attraverso la porta, “andate a discutere di supereroi da qualche altra parte!”

“Beh, sai, tecnicamente Batman non è un supereroe,” replicò Magnus.

Sentirono un gemito frustrato arrivare dall’altro lato della porta. “Andatevene o chiamo la polizia!”

“Andiamo,” disse Alec ridacchiando, passandogli un casco e facendo un cenno col mento per indicare a Magnus di seguirlo. “Non ha ancora capito che sono un poliziotto e non può usare quella minaccia con me.”

Si diressero verso la moto di Alec in un confortevole silenzio e Magnus salì dietro di lui, avvolgendo le braccia intorno alla sua vita, e un attimo dopo stavano guidando.

C’era qualcosa di magico nelle strade di New York in piena notte. C’era gente in giro, non importava quanto tardi – o presto – fosse, ma sembrava di essere in un mondo a parte fatto per rimanere sconosciuto a quelli che vivevano di giorno. Era scuro ed esuberante allo stesso tempo, gioioso ma misterioso ed Alec lo amava. Se conosceva qualcosa di Magnus – e non era molto, considerato che quella era solo la seconda volta che si vedevano – lo amava anche lui.

Magnus viveva in un alto edificio vicino al ponte di Brooklyn, non lontano dal piccolo appartamento che Alec condivideva con uno strano aspirante musicista chiamato Mark, tanto disordinato quanto casinista.

Magnus scese dalla moto e gli rese il casco.

“Grazie per il passaggio,” disse, e le parole suonarono stranamente lascive nella sua bocca. Esitò per un momento, mordendosi il labbro inferiore, ma alla fine si appoggiò una mano sul fianco spostando il peso su una gamba.

“Ehi, fanno Inception il prossimo weekend al cinema all’angolo,” rifletté, indicando una vicina luce a neon rossa con la mano. “Nessuno vuole venire con me perché apparentemente analizzo tutto all’eccesso.” Il suo tono rendeva ovvio che le parole non erano sue. “Vuoi venire?”

I suoi scuri occhi castani sotto il lampione brillavano di qualcosa come speranza, e Alec non avrebbe lasciato che se ne andasse.

“Mi piacerebbe molto,” disse sincero, e l’ampio sorriso di Magnus era un premio di per sé.

_____

Due cose risultarono da questo: un’accesa discussione su Cobb  e se stesse sognando o no alla fine del film, che procurò un mal di testa ad entrambi, e un accordo deciso sulla relazione assolutamente non platonica tra Arthur e Eames.

Soprattutto divennero amici, e le serate al cinema un’occorrenza settimanale.

Era qualcosa che entrambi aspettavano. Le loro settimane potevano essere stressanti. Magnus era un avvocato e le sue argomentazioni erano spesso difficili da controbattere, ma Alec amava le sfide e non mancava mai di motivazioni. Concordavano quanto discutevano, ma non erano mai così uniti come quando discutevano con i loro amici, che presto iniziarono a maledire il giorno in cui li avevano presentati l’uno all’altro.

Erano entrambi difficili da controbattere presi singolarmente, ma insieme formavano una coppia imbattibile.

Ci volle un mese perché diventassero amici, e cinque perché Alec scaricasse Mark e si trasferisse da Magnus. Alec stava già cercando un nuovo appartamento e Magnus odiava la solitudine delle sue mura sofisticate ma vuote, così sembrò un’ovvia soluzione.

Rese le cose peggiori per i loro amici ma molto migliori per loro, così non importò loro molto.

Dopo una giornata particolarmente stancante, si stravaccavano insieme sul divano per guardare un film o uno show, addormentandosi più spesso che no direttamente lì, nel mezzo di una discussione che qualche volta terminava con un compromesso, qualche volta… no.

Queste ultime non erano mai belle da vedere.

“Tassorosso è la migliore!” urlò Alec, forte abbastanza da far scappare dal suo grembo Presidente Miao, il gatto di Magnus che aveva adottato Alec non appena aveva messo piede nell’appartamento la prima volta, che scappò a nascondersi nella camera del suo padrone.

“No che non lo è!” ritorse Magnus a voce altrettanto alta, mettendosi in piedi davanti al divano con le mani sui fianchi. “Corvonero lo è! Potrei facilmente accettare Serpeverde ma Tassorosso, Alexander? Sul serio?”

La risata di Alec fu caustica. “Certo che potresti, hanno Draco Malfoy e tu pensi che sia figo!”

“Oh, e sono sicuro che Newt Scamandro non stia per niente influenzando la tua opinione,” sibilò Magnus stringendo gli occhi.

“No, non lo sta facendo,” protestò Alec, “Tassorosso è la migliore per molte ragioni che il tuo cervello ristretto chiaramente non può capire!”

“Mi stai chiamando stupido?” Magnus rimase senza fiato, gli occhi spalancati.

“Sto dicendo che sei di vedute ristrette!” urlò Alec in risposta, rimpiangendolo subito dopo.

Magnus era molte cose. Categorico era una di queste, insieme a testardo, ma non era mai stato di vedute ristrette, al contrario. Alec non ebbe il tempo di scusarsi, comunque, perché non appena fece per aprire bocca un cuscino gli finì in faccia, seguito subito dopo da un secondo.

“Fermati!” esclamò, piegandosi per evitarne un terzo.

Il fatto che a Magnus piacesse seppellire il divano e le poltrone di cuscini non aiutava. Aveva risorse illimitate, ma fece un passo avanti invece di prenderne ancora, e decise di colpire Alec direttamente, cosa che era decisamente più efficace.

“Sei. Davvero. Un. Idiota.” Sbottò a denti stretti, sottolineando ogni parola con un colpo.

Alla fine, Alec riuscì a prendergli il polso a metà movimento prima che riuscisse a colpirlo ancora.

“Mi dispiace,” disse velocemente, “non lo intendevo davvero.”

“Certo che lo intendevi,” sibilò Magnus, cercando invano di liberare il braccio dalla stretta di Alec.

Alec strinse la presa, usando l’altra mano per lanciare il cuscino lontano da Magnus.

“Mi dispiace,” disse di nuovo, “non sei di vedute ristrette. In realtà sei una delle persone più aperte e tolleranti che abbia mai incontrato.”

“E?” chiese Magnus, il labbro inferiore sporto in avanti in un broncio petulante.

“Non dirò che Corvonero è la casa migliore,” rispose Alec impassibile.

Magnus sbuffò indignato, alzando drammaticamente gli occhi al cielo, e Alec si alzò in piedi, tirandolo per il polso per avvicinarlo al petto, avvolgendo le braccia intorno a lui.

“Mi dispiace,” mormorò.

“Sei comunque un idiota,” gemette Magnus, ma ricambiò comunque l’abbraccio, circondandogli la vita con le braccia.

“Avete entrambi bisogno di uno psicoanalista,” disse una voce da un lato, e guardarono simultaneamente Isabelle, sdraiata sul divano con una grazia di cui solo lei era capace, i suoi occhi scuri su di loro come se fosse equamente annoiata e completamente sbalordita. “Seriamente, siete pazzi.”

“Abbiamo discussioni importanti su argomenti importanti,” rettificò Magnus.

“Sappiamo tutti che Corvonero è la casa migliore,” disse Izzy, in un tono che non suggeriva altro che prove. “Ora, possiamo tornare a guardare il film? Sono venuta qui per un maratona di Harry Potter, non per una lite domestica.”

“Beh, hai entrambe,” disse Magnus con un sorriso smagliante, allontanandosi da Alec per allungarsi sull’altro lato del divano. “Non sei fortunata?”

Isabelle rise, allungandosi per afferrare il telecomando e far ripartire il film.

Alec alzò gli occhi al cielo e si sedette tra i due, permettendo alla sorella di appoggiarsi alla sua spalla e a Magnus di mettergli i piedi in grembo.

“Tassorosso resta comunque la casa migliore,” mormorò.

“Oh, taci,” replicarono Isabelle e Magnus con lo stesso tono.

Se Alec continuò apposta a tenere il broncio fino a che Magnus non si alzò per fargli una cioccolata calda nessuno avrebbe dovuto saperlo.

_____

Quando Alec iniziò a uscire con Raj, si era trasferito da Magnus da quattro mesi. Le loro serate cinema settimanali rimasero, anche se lo stesso Magnus stava uscendo con un affascinante chitarrista chiamato Imasu. Non suonava la chitarra, ma Alec aveva rinunciato a cercare di ricordarsi il reale nome del suo strumento. Tutto ciò che sapeva era che ora a Magnus era vietato esercitarsi a suonarlo dato che era abbastanza orrendo da spaventare anche Presidente Miao, che normalmente era coraggioso abbastanza da infilarsi tra le cose di Alec e dormire nei suoi cassetti.

Fare una doppia uscita era stata un’idea di Magnus e, sebbene Alec fosse riluttante all’inizio, alla fine riconobbe che il suo ragazzo avrebbe dovuto incontrare una delle persone più importanti della sua vita. Se Raj fosse rimasto avrebbe dovuto abituarsi ad avere a che fare con Magnus il prima possibile.

Alec sperava davvero che sarebbe rimasto. Raj era simpatico, intelligente, attraente, e non gli dava fastidio che Alec fosse un poliziotto che a volte lavorava con orari assurdi e doveva cancellare un appuntamento all’ultimo momento. Aiutava che Raj stesso lavorasse come rinforzo alla legge.

Era stato deciso – o, più precisamente, Magnus aveva deciso – che il miglior piano fosse un film e poi cena al ristorante cinese che preferivano, al punto che i proprietari avevano iniziato a chiamarli per nome e sapevano qual era il tavolo che prediligevano.

Ad Alec venne in mente, troppo tardi, che forse non era stata l’idea migliore che Magnus avesse mai avuto, perché serata cinema implicava anche serata dibattito, e i rispettivi ragazzi chiaramente non erano preparati a quello.

Alec aveva – affabilmente – avvertito Raj delle fisse ed eccentricità di Magnus, ma non aveva menzionato come entrambi potessero entrare in modalità-politica quando discutevano di qualcosa di importante come le eterne differenze tra Marvel e DC.

“Sto solo dicendo che è più semplice identificarsi nei personaggi Marvel,” disse Magnus, sollevando le mani in sua difesa, “Aquaman e Superman? Sì sono okay e tutto… per essere supereroi. Non sono mai visti come persone. Sono solo supereroi. Come dovrei identificarmici?”

“Beh, Clark Kent è un giornalista,” fece notare Raj con attenzione, corrugando la fronte, “è un lavoro per esseri umani.”

“Ma l’hai mai visto scrivere un articolo?” si inserì Alec sorridendo.

“Giusta osservazione tesoro,” disse Magnus, e c’era qualcosa di simile all’approvazione e una punta di orgoglio nel suo tono, che fece alzare gli occhi al cielo ad Alec. “E sul serio, se insisti nel fare tutti i tuoi personaggi alieni supernaturali o dei invincibili, perché li uccidi così facilmente? Quante volte è morto Superman? Quel ragazzo dovrebbe essere il miglior supereroe della squadra e continua a morire. Non esattamente il simbolo di affidabilità.”

“Okay ma DC ha Joker,” controbatté Raj, un sorriso compiaciuto agli angoli delle labbra. Si appoggiò indietro sulla sedia, un braccio sullo schienale della sedia di Alec, sembrando molto soddisfatto di sé.

“Esatto,” disse Magnus, una scintilla maliziosa negli occhi, “DC ha dei grandi cattivi…”

“Ma Marvel ha gli eroi migliori,” concluse Alec. “Perché ti ci puoi immedesimare. Sono umani.”

Raj chiaramente era un uomo intelligente che sapeva ammettere una sconfitta quando ne vedeva una, perché sospirò e chiuse la bocca. Alec sorrise, anche se con un po’ di compassione, e si avvicinò per baciarlo.

“Continuo a preferire DC,” disse velocemente Raj prima che riuscisse a raggiungerlo.

“Che cazzo??” esclamò Alec drammaticamente. Magnus lo aveva contagiato più di quanto avesse realizzato. “Stavo per baciarti!”

“E ora sei deluso,” ritorse Raj prendendolo in giro. “È un sentimento completamente umano. Sono sicuro che Capitan America potrebbe capire.”

“Oh, parlando di Capitan America!” intervenne Magnus improvvisamente, “ho promesso a tuo fratello che gli avrei prestato quel libro sulla pop art che vuole studiare per fare la corte a Clary. Devi ricordarmi di portarlo al brunch di famiglia domenica!”

Alec annuì, registrando l’informazione in un angolo della sua mente, quando Raj si raddrizzò sul posto sollevando un sopracciglio interrogativamente.

“Brunch di famiglia?”

“Già,” disse Alec con un sorriso spontaneo, “facciamo un brunch con i miei genitori e i miei fratelli ogni domenica se non lavoriamo,” spiegò senza un briciolo di esitazione.

Raj batté le palpebre, aprendo leggermente le labbra. Il suo sguardo si spostò di lato per un momento , per osservare la reazione di Imasu, ma questi era interamente concentrato su Magnus, e lo guardava come se avesse il sole e le stelle sul palmo delle mani, così tornò a concentrarsi su Alec e Magnus.

“Fai un brunch con la tua famiglia tutti i weekend,” ripeté lentamente, come se le parole fossero troppo scioccanti per essere dette più velocemente e stava cercando di prepararli per la caduta. “Con Magnus.”

“Sì,” replicò Alec annuendo.

“E i tuoi genitori.”

“Sì,” disse di nuovo, “loro amano Magnus.”

“Certo che lo amano,” mormorò Raj con un sorriso che improvvisamente sembrava incredibilmente forzato. Aggiunse qualcos’altro sotto voce ma tutto ciò che Alec riuscì a capire fu “Lightwood” e “in comune”.

_____

“Sei innamorato del tuo coinquilino.”

“Cosa?” sbuffò Alec indignato. “No che non lo sono. Magnus è il mio migliore amico.”

Erano in piedi di fronte alla porta d’ingresso di Raj, un casco in entrambe le loro mani e Raj era di fianco ad Alec, le braccia incrociate sul petto.

“Sono sicuro che lo è,” disse, le labbra strette, “e molto più di quello.”

“Questo è ridicolo,” esclamò Alec, “non sono innamorato di Magnus!”

“Come prende il caffè?” chiese Raj, alzando un sopracciglio in segno di sfida.

“Con il latte e un numero ridicolmente alto di zollette di zucchero. Ma dopo pranzo preferisce il tè,” rispose Alec automaticamente, la fronte corrugata per la confusione. “Cosa c’entra questo?”

“Come lo prendo io?” chiese allora Raj.

Alec aprì la bocca per rispondere ma le parole gli rimasero bloccate in gola, e nonostante facesse di tutto per ricordarlo non ne aveva idea.

“Liscio?” provò, ma il pesante sospiro che Raj si lasciò sfuggire in risposta probabilmente non era un buon segno.

“Non mi piace il caffè,” disse con una punta di tristezza. “Quanti appuntamenti al bar abbiamo avuto? Cinque? Dieci? E non sai che bevo il tè ma probabilmente sai esattamente quante foglie di tè Magnus mette nel suo.”

“Certo che no,” sputò fuori Alec. Erano sei. Sei foglie di tè. Non che l’avrebbe detto a Raj. “E andiamo, vivo con lui! Certo che so queste cose.”

“E stai uscendo con me,” controbatté Raj, “e ciononostante mi sento come il terzo incomodo nella tua relazione con lui. Voi due andate al brunch con la tua famiglia tutte le domeniche, per l’amor di Dio!”

“È di questo che parliamo?” indagò Alec, genuinamente confuso. “Il brunch? Puoi venire con noi se vuoi.”

“Non voglio che tu mi inviti perché ti senti obbligato a farlo,” sospirò Raj stringendosi la base del naso. “Senti, non te ne sei reso conto e va bene, ma sei innamorato del tuo migliore amico e non rimarrò in giro ad aspettare che tu lo realizzi e mi lasci all’improvviso. Abbiamo chiuso.”

“Raj,” chiamò Alec, cercando di fermarlo, ma Raj si era già girato e stava sparendo nell’edificio.

Alec restò lì per cinque minuti, la bocca aperta per lo shock, ma alla fine si infilò il casco e tornò a casa.

_____

“Sei innamorato del tuo coinquilino.”

“Cosa?” Magnus sobbalzò per l’indignazione, fissando palesemente il corpo nudo di Imasu mentre girava per la stanza per recuperare i suoi vestiti. “Di cosa stai parlando?”

“Va bene amore,” disse Imasu con un leggero sorriso, “non controlliamo queste cose.”

“Non sono innamorato di Alec,” si oppose Magnus, “è il mio migliore amico!”

“Stai indossando uno dei suoi maglioni,” fece notare Imasu sospirando.

“È comodo!” protestò Magnus.

“Come lo è quello di cashmere che ti ho comprato io,” ritorse Imasu, e sembrava più divertito che altro.

“Ma -”

“Va tutto bene dolcezza,” disse Imasu avvicinandosi al letto per poggiare la mano sulla guancia di Magnus. “Ma dovrai fare una scelta alla fine.”

“Una scelta?” gli fece eco Magnus confuso.

“Beh, sì. Lui o me. Non puoi avere entrambi.”

“Vuoi che io scelga tra la mia amicizia con Alec e te?” chiese Magnus sconcertato.

Imasu annuì semplicemente, mormorando come conferma.

“Beh, sai dov’è la porta,” sputò fuori Magnus a denti stretti, senza ombra di esitazione.

_____

Alec si sdraiò sul divano di fianco a Magnus e gli tolse la bottiglia di vodka dalle mani prendendone un lungo sorso.

“Mi ha lasciato,” spiegò all’occhiata interrogativa di Magnus.

Magnus prese la bottiglia e fece lo stesso. “Fa schifo,” commentò con aria assente, senza fare attenzione. “Ho lasciato Imasu.”

“Cosa?” esclamò Alec frastornato. “Ma pensavo ti piacesse. Ed era – com’è che dicevi? – molto bravo con le sue dita da chitarrista.”

“Si chiama charango,” brontolò Magnus, “lo sai. Mi ha chiesto più di quanto fossi disposto a dare,” sospirò alzando le spalle. “E tu, cosa è successo?”

“Apparentemente non sono… abbastanza disponibile emotivamente secondo lui,” spiegò Alec diplomaticamente, facendo una smorfia mentre l’alcol bruciava scendendogli lungo la gola.

“Ci perde lui,” mormorò Magnus battendo con le dita sulla bottiglia. “Era un fan di DC in ogni caso.”

“E non gli piaceva Khaleesi,” aggiunse Alec con un tono pieno di sottintesi. “Era segnato in partenza.”

“Libro Khaleesi o film Kalheesi?” chiese Magnus, spostandosi sul divano per appoggiarsi ad Alec.

“Non ha letto i libri,” sbuffò lui. “Ho cercato di farglieli leggere ma non ha voluto.”

“Davvero? E non gli hai rotto le scatole allo sfinimento come hai fatto con me per farmeli leggere?”

“I miei occhi da cucciolo non funzionano con lui,” replicò Alec con un’alzata di spalle, “funzionano benissimo su di te.”

“Sono così debole per quei tuoi maledetti occhi nocciola,” concesse Magnus, “sei un fottuto manipolatore.”

“Non far finta che ti abbia obbligato a far qualcosa,” rise Alec, appoggiando la guancia sulla testa di Magnus, “hai letto il primo paragrafo e ne eri preso.”

“Beh, sono molto meglio della serie,” rimarcò Magnus. “Non ti meritava. Ti meriti qualcuno che legga i libri che gli consigli e condivida la tua eterna devozione per Jon Snow.”

Alec si lasciò sfuggire una risata incredula, le dita che giocavano distrattamente con l’etichetta della bottiglia.

“Non devi consolarmi Magnus,” mormorò. “Non sono così triste. Non è che fossi innamorato di quel ragazzo. Mi piaceva, certo, ma non c’era una vera… connessione.”

“Alexander,” sussultò Magnus drammaticamente, “stai dicendo che hai usato il povero, innocente, innamorato Raj per il suo corpo?”

Alec sbuffò e roteò gli occhi, non che Magnus potesse vederlo.

“Disse quello che un giorno ha passato un’ora a farmi vedere foto di Imasu senza maglia.”

“Ma con che diritto il lupo giudica il leone?” esclamò tragicamente Magnus, lanciandosi all’altro lato del divano con grazia eterea.

“Non sai niente Magnus Bane,” ritorse Alec con un sorriso, sdraiandosi più comodamente sul divano per appoggiare i piedi sul tavolino.

“Vuoi fare una maratona della prima serie e bere ogni volta che vediamo una scena di nudo?” chiese Magnus, alzando le sopracciglia scherzoso.

“Finiremo in coma etilico,” ragionò Alec, ma si alzò per prendere la scatola dei DVD con un sorriso, ed era così semplice nonostante la serata relativamente brutta che aveva passato che fu una benedizione di per sé.

“Perfetto,” disse Magnus, e non c’era da controbattere a questo.

E fu davvero perfetto.

_____

La cosa che Alec odiava di più riguardo ai criminali era che a loro non importava della sua vita sociale – non che normalmente fosse eccitante – e ancor meno dei suoi turni di sonno.

Alec amava il suo lavoro, sul serio, ed era incredibilmente orgoglioso quando riusciva ad arrestare un delinquente e a metterlo dietro le sbarre. Era anche leggermente perfezionista. Così quando incontrò la prima reale sfida della sua carriera arrivò vicino all’ossessione.

Lydia non era meglio di lui e nonostante fosse una grande partner, attenta, professionale e assurdamente intelligente, non sarebbe stata lei a suggerirgli di andare a casa quando lei stessa era ancora seduta con lui a mezzanotte a cercare di decifrare qualcosa che potevano essersi persi.

L’Angelo della Morte – Alec odiava come la stampa trovasse sempre i soprannomi più stupidi e grafici per i serial killer – era estremamente violento, raccapricciante e fastidiosamente intelligente. Abbastanza intelligente da non lasciare mai un indizio, neanche quando gli omicidi erano così cruenti che si poteva pensare che non avrebbe avuto la presenza di spirito per eliminare tutte le prove dietro di lui.

Non c’erano collegamenti tra le vittime, nessun rapporto di alcun tipo, e stava facendo impazzire Alec. Nonostante si sentisse onorato che il Capo Garroway si fidasse abbastanza di lui da affidargli il caso, gli stava rovinando la vita.

Questo fu provato ulteriormente quando tornò a casa dopo una giornata estenuante, trascinandosi più che camminando, per trovare Magnus quasi addormentato sul divano, che russava leggermente, con Presidente Miao avvolto sotto il braccio.

Il gatto si alzò vedendo Alec e miagolò felice, saltando giù da Magnus per andare a strofinarsi contro le sue gambe.

“Per quanto mi avete aspettato?” gli chiese Alec, ricevendo delle fusa in risposta quando si chinò per grattarlo tra le orecchie.

Si inginocchiò di fianco al divano allungandosi per scuotere gentilmente la spalla di Magnus. I suoi occhi castani si aprirono, pesanti per il sonno, e Magnus strofinò il palmo della mano sulle palpebre.

“Hai perso la serata cinema,” disse, la voce roca per il sonno ma in qualche modo ancora stranamente delusa. Fece male al petto di Alec.

“Lo so,” mormorò, “mi dispiace. Il lavoro mi sta uccidendo.”

“Va tutto bene,” borbottò Magnus, “i cattivi non fanno pause.”

“Potrebbero sforzarsi per la serata cinema,” disse Alec scherzoso, cercando di tirar fuori un sorriso a Magnus.

Funzionò. “Quanto è maleducato da parte loro,” sussurrò.

“Andiamo,” sospirò Alec spingendolo leggermente, “vai a letto. Ti farà male la schiena.”

Magnus mugugnò qualcosa e si tirò su dal divano, trascinandosi in camera da letto.

“Se manchi alla serata cinema la prossima settimana andrò a cercare questo fottuto Angelo della Morte io stesso,” lo avvertì. “Non saprà cosa gli aspetta,” e subito dopo chiuse la porta della camera, lasciando Alec in piedi in sala, a labbra strette.

____

Magnus odiava la solitudine. Non gli dispiaceva essere da solo, ma non sopportava sentirsi solo.

Era una sensazione che aveva dimenticato nei mesi in cui aveva vissuto con Alec, così quando Alec iniziò a lavorare a orari assurdi per risolvere il caso e Magnus andava a casa per trovare un appartamento vuoto praticamente ogni giorno della settimana la sensazione tornò a piena forza.

Magnus aveva molti metodi per evitare di concentrarsi sulla sensazione di mancanza che gli dilaniava il petto. Uno di questi era Presidente Miao. La povera creatura divenne vittima dei suoi tentativi di distrarsi e per la fine del primo mese il suo armadio felino era cresciuto esponenzialmente.

Magari con la cravatta di Tassorosso aveva esagerato un po’, ma Presidente sembrava impossibilmente tenero con quella e non cercava di togliersela selvaggiamente, così Magnus concluse che Presidente era un traditore che preferiva la casa di Alec invece che la sua. Non gli dispiacque particolarmente.

Sapeva che Alec non poteva evitarlo. Quel caso lo stava facendo impazzire e l’Angelo della Morte – seriamente, i giornalisti erano così extra – non dava segni di voler rallentare la sua spirale di uccisioni.

Vestire Presidente aveva almeno attirato l’interesse di Alec. Nonostante non si vedessero molto, dato che Magnus andava al lavoro il mattino presto prima che Alec si alzasse e tornava in un appartamento vuoto, l’unico indizio della presenza di Alec erano i libri che lasciava in giro, sparsi per la sala.

Messaggiavano ancora durante il giorno, cose idiote che trovavano divertenti, liste per la spesa e commenti a caso su colleghi stupidi, ma Magnus lo odiava. Messaggiare con Alec rendeva la sua assenza ancor più evidente, più reale. Così trovò un’altra soluzione.

Prima di lasciare il lavoro una mattina scrisse una breve nota su un post-it e lo lasciò sul tavolo della cucina.

Il primo diceva semplicemente “Che la Forza sia con te” e non si era aspettato una replica ma quando tornò a casa quella sera, Alec aveva risposto. Era un semplice “Troppo semplice,” e Magnus rise su un boccone di noodle che aveva preso sulla via di casa.

Così Magnus ne fece un’abitudine. Tornare a casa e trovare le brevi ma irriverenti note di Alec rese la sua assenza più sopportabile e la solitudine di Magnus meno schiacciante. A volte, era un semplice “ho avuto una giornata di merda, grazie per gli avanzi” o “i serial killer fanno schifo”, ma potevano anche essere più elaborate. Una sera Magnus tornò a casa e trovò una nota scritta tutta in maiuscolo che diceva “SMETTILA DI COMPRARE TUTTI QUEI VESTITI PER PRESIDENTE, STA DIVENTANDO INSOLENTE AL RIGUARDO”, e Magnus moriva dalla voglia di sapere di cosa stesse parlando ma Presidente si dimostrò terribilmente non cooperativo quando glielo chiese.

Alla fine, i post-it non erano abbastanza. Alec passava sempre più tempo al distretto che a casa, e il suo sfinimento era palpabile anche attraverso la sua calligrafia, che diventava sempre più tesa man mano che i giorni passavano.

Il fatto che l’Angelo della Morte avesse iniziato a lasciare un altro tipo di post-it, note presuntuose e condiscendenti, sulle scene del crimine per la polizia chiaramente non stava aiutando Alec a mettere un limite al suo orario assurdo, non aiutando così neanche Magnus ad evitare il suo bisogno del suo migliore amico.

Alla fine, fu lo stesso Presidente a fornire a Magnus la brillante e assolutamente non problematica soluzione al problema.

Erano entrambi sdraiati comodamente sul divano una sera, il gatto raggomitolato sullo stomaco di Magnus, gli occhi spalancati mentre giocava pigramente con i lacci della felpa che indossava, appartenente ad Alec, ma che nessuno avrebbe potuto impedire a Magnus di fingere che l’aveva perché era la prima cosa su cui aveva messo mano quando si era cambiato dopo la doccia.

Magnus sentiva che gli occhi iniziavano a chiudersi e nonostante stesse lottando per restare sveglio ed essere lì quando Alec fosse tornato a casa era una battaglia che sapeva avrebbe perso. Stava lavorando fino ad orari indecenti anche lui e tutto il suo corpo si sentiva prosciugato, il tormento emotivo nel suo cuore che si aggiungeva a quello fisico.

Presidente miagolò compassionevole e Magnus aprì gli occhi, realizzando solo in quel momento che li aveva chiusi del tutto.

“Sì,” mormorò con voce roca, “hai ragione, dovrei andare a letto.”

Il gatto miagolò di nuovo e nascose il muso nella piega del suo gomito, abbassando le orecchie.

“Manca anche a me,” sospirò Magnus dando un bacio sulla testa del gatto prima di metterlo sul pavimento. Si stirò i muscoli, il collo indolenzito per la posizione che aveva mantenuto per ore, e si alzò dal divano per trascinarsi a letto. Questo era quello che aveva intenzione di fare: andare nella sua camera, mettersi il suo appariscente pigiama, buttarsi sul letto e dormire per le successive dodici ore.

O almeno, quello era stato il suo piano fino a che non vide Presidente infilarsi nella camera di Alec dalla porta lasciata socchiusa.

“Bastardo fortunato,” brontolò togliendosi la felpa, “e hai il coraggio di far finta di capirmi quando puoi dormire sul suo letto da piccolo traditore quale sei. Avevo torto, sei decisamente un Serpeverde.”

Non ottenne risposta. Non che fosse una grossa sorpresa. Quello che ottenne, però, fu un’idea in un angolo della sua mente che si fermò lì, rifiutandosi di andarsene. Era come quando Presidente decideva che doveva essere coccolato e quindi si arrampicava su Magnus o Alec e spingeva le loro mani fino a che loro non lo assecondavano.

Non sarebbe stata la prima volta che dormivano fianco a fianco, ragionò tra sé. Prima che Alec si trasferisse da lui, e ancor più da quando lo aveva fatto, si erano addormentati l’uno sull’altro sul divano più volte di quante ne potessero contare.

Così, Magnus si struccò, si lavò i denti, mise il pigiama e si diresse in camera di Alec invece che nella sua, salendo sul letto e scivolando sotto le coperte con un sospiro contento. Si assopì pacificamente in cinque minuti, il subdolo gatto raggomitolato ai suoi piedi.

____

Quando Alec aveva detto a Magnus che si immedesimava nei personaggi di The Walking Dead aveva inteso Glenn Rhee, non gli zombi, ma eccolo ora.

L’ultimo mese era stato effettivamente, e senza esagerare minimamente, il peggiore della sua vita. Non riusciva a ricordare quando era stato il suo ultimo giorno libero, o quando si era preso del tempo per rilassarsi e non riguardare ossessivamente il caso dell’Angelo della Morte.

Era sempre stato una persona mattiniera ma ora desiderava ardentemente anche solo pochi minuti in più a letto la mattina. E gli mancavano le serate tranquille con Magnus a guardare film o serie TV e a discutere per ore sui più piccoli dettagli che la maggior parte della gente sottovaluterebbe senza pensarci due volte. Gli mancavano i tempi in cui il suo sfinimento era dovuto solamente all’essere incapace di decidere se erano team Iron Man o team Capitan America e discuterne fino alle prime ore dell’alba solamente per realizzare che entrambe le parti avevano argomentazioni solide contro le quali non potevano combattere. Gli mancavano le fissazioni del suo migliore amico e neanche le brevi note che aveva iniziato ad aspettare con ansia ogni mattina erano sufficienti a riempire questa mancanza.

Gli mancava Magnus, punto.

Il che fu probabilmente la ragione per cui non discusse quando il Capo Garroway si fermò davanti al suo ufficio quella sera con le braccia incrociate sul petto e un’espressione torva sul volto.

“Va’ a casa Lightwood,” gli disse in un tono che non lasciava spazio per negoziazioni, “e prenditi un giorno libero domani. Non voglio vederti qui o ti trascinerò indietro al tuo appartamento e obbligherò Magnus a chiuderti dentro.”

“Sì signore,” mormorò lui, raccogliendo il suo distintivo e la pistola senza aggiungere altro.

Luke sembrò sorpreso di vederlo cedere senza discussione, ma era una prova di quanto fosse stanco ed entrambi ne erano consapevoli.

Si trascinò alla moto e si assicurò di essere ancora più attento alla guida, sapendo che la stanchezza poteva essere pericolosa per lui e per gli altri, ma era sera tardi e non c’era il solito traffico, così arrivò al parcheggio senza problemi.

Era già mezzo addormentato quando girò la chiave nella serratura e barcollò dentro. Profumava di arancia e cannella, perché Magnus spingeva il suo amore per il Natale al punto che sceglieva anche candele profumate adatte al periodo, ma era confortevole e caldo e Alec sentì parte della tensione lasciare le sue spalle quasi nello stesso momento in cui entrò in sala.

L’appartamento era silenzioso, immerso nell’oscurità, e Alec si tolse le scarpe senza fare attenzione nel mezzo della sala, riuscendo a farsi una doccia prima di dirigersi in camera sua, solo per immobilizzarsi sul posto.

Batté le palpebre, cercando di capire se stava sognando o no, ma Magnus era ancora lì anche dopo che l’ebbe fatto, raggomitolato sul suo letto che dormiva pacifico, Presidente Miao sotto il suo braccio. Alec sorrise brevemente, ingoiando il groppo che gli era salito in gola e scivolando sotto le coperte, avvicinandosi al calore di Magnus attento a non svegliarlo.

Ma Magnus aveva sempre avuto il sonno leggero e si mosse nel sonno lamentandosi.

“Sono io,” sussurrò Alec, allungando una mano per accarezzare la testa del gatto. “Cosa fai qui? Hai fatto un brutto sogno su Gollum che ti inseguiva e ti voleva rubare i tuoi preziosi anelli?”

Magnus fece a metà tra una sbuffo e un sospiro e si mosse più vicino, seppellendo il viso nello spazio tra i loro cuscini.

“Mi sei mancato,” mormorò mentre si addormentava.

“Mi sei mancato anche tu,” sospirò Alec.

Avvolse le braccia intorno a Magnus e si addormentò immediatamente, felice di questa sembianza di pace nel mezzo della tempesta.

_____

Il giorno successivo ebbe un’unica regola: non uscire dall’appartamento, non importava la ragione.

“A meno che qualcuno stia morendo, o stia per morire,” aveva sostenuto Alec, sempre quello pragmatico, al che l’unica riposta di Magnus era stato roteare gli occhi per dire “lasciali morire”.

Alec dormì fino a mattina inoltrata e si svegliò con Magnus che ballava su canzoni di Natale sdolcinate nel soggiorno, con indosso un maglione ridicolo con un gatto con un cappello di Natale che in qualche modo riusciva a far risultare bello. Come potesse sembrare bello anche in vestiti che sarebbero sembrati ridicoli su chiunque altro era qualcosa che Alec non avrebbe probabilmente mai capito.

“Alexander,” esclamò quando lo vide fermo sulla porta, e si diresse verso di lui con la sua eterna grazia, avvolgendogli una ghirlanda rossa glitterata intorno al collo.

“Facciamo l’albero di Natale oggi,” disse, e Alec annuì semplicemente, sapendo perfettamente che non c’era ragione di discutere con Magnus quando era di quell’umore.

Così lo assecondò, seguendo le istruzioni di Magnus e sistemando ghirlande e palline di Natale dove voleva mentre Magnus lo controllava attentamente, seguendo ogni sua mossa.

“No,” esclamava di tanto in tanto, “più a sinistra.”

“Sai, sarebbe molto più semplice se lo facessi da solo,” gli fece notare Alec, dato che era vero.

“Qual è il punto di avere un coinquilino barra migliore amico alto quanto te se non lo uso a mio vantaggio? Inoltre, mi dà l’opportunità di ammirare il tuo fantastico sedere,” controbatté Magnus e Alec borbottò qualcosa in risposta, girandosi comunque verso l’albero.

Non fu prima di cena, quando erano entrambi rannicchiati sul divano sotto una coperta calda, Presidente sdraiato sullo schienale del divano dietro di loro, che Magnus si concesse di far scoppiare la relativa pace che avevano trovato solo per un giorno. Erano nel mezzo della visione di La Vita è Meravigliosa, che entrambi conoscevano a memoria, quindi Magnus non si sentì troppo in colpa nell’interromperlo.

“Come sta andando l’indagine?” chiese cauto.

La fronte di Alec si contrasse e Magnus rimpianse immediatamente di aver chiesto, ma il suo amico scosse le spalle e non lasciò che la tensione vi ricadesse.

“Non stiamo arrivando da nessuna parte,” sospirò. “Ho cercato e cercato per tutti gli indizi almeno un centinaio di volte. Sono tornato sulle scene del crimine altrettanto spesso. L’unico reale indizio che abbiamo trovato è una tessera nera che ha lasciato cadere lasciando la scena dell’ultimo assassinio ma non c’è nient’altro che un insieme di numeri su di essa, e non hanno senso. Nessuna impronta digitale, nessun-”

“Com’è la tessera?” lo interruppe Magnus corrugando la fronte.

“Te l’ho detto, è semplicemente una tessera nera con nient’altro che numeri,” mormorò Alec, “non ci ha portato da nessuna parte. Non è magnetizzata o altro. È semplicemente una tessera plastificata con niente sopra.”

“I numeri sono preceduti da due lettere forse? DW?”

Alec batté le palpebre, la sorpresa negli occhi. “Non ne abbiamo parlato con la stampa. Come fai a saperlo?”

“DW sta per DownWorld,” spiegò Magnus, “è un club privato per gli scapoli più ricchi di New York. Il tuo uomo dev’essere ricco sfondato per possederne una.”

“Come fai a saperlo?” chiese Alec raddrizzandosi sul divano, e Magnus poteva quasi vedere le rotelle che giravano nel suo cervello.

“Appartiene alla mia ex,” disse, “Camille.”

“Quella dannata stronza che ti ha tradito con il figlio di qualche politico e poi ha cercato di tornare con te quando lui l’ha lasciata?”

“L’unica e sola,” sbuffò Magnus con aria abbattuta.

“Dov’è il club?” chiese Alec alzandosi in piedi, “devo andarci subito.”

“No,” si lamentò Magnus, allungando le braccia per rimetterlo sotto la coperta. “È il tuo primo giorno libero da una vita. Chiama qualcun altro.”

“Ho lavorato come un disperato su questo caso per mesi, non posso lasciare che qualcun altro si occupi di qualcosa che potrebbe essere così importante!” protestò Alec.

Magnus si lasciò ricadere sul divano, sconfitto.

“Stai facendo il broncio,” disse Alec.

“No invece,” brontolò Magnus, “vai a salvare il mondo.”

“Vedila così: è la prima seria pista che abbiamo, potrebbe portarci al killer e una volta che l’abbiamo preso non farò di nuovo tutte quelle ore e possiamo tornare alla serata cinema e cibo d’asporto una volta a settimana."

Magnus sorrise brevemente quando Alec si accovacciò per essere al suo stesso livello, piegando la testa da un lato.

“Va bene,” esclamò drammaticamente, appoggiando il suo palmo aperto sul viso di Alec e spingendolo via. “Prendi i tuoi maledetti occhi nocciola da cucciolo e portali via da me e vai a catturare i cattivi mentre io sto qui a parlare male di te con Presidente Miao.”

“Sembra un buon piano,” rise Alec, avvicinandosi per dare un bacio sulla fronte di Magnus. “Lo faccio sempre quando sono da solo con Presidente. Pensa anche lui che dici un sacco di cazzate e che Chris Evans è il Chris più figo.”

“Andiamo!” urlò Magnus alla figura di Alec che si allontanava. “Hai visto Chris Hemsworth? Quel ragazzo è davvero un dio!”

Alec rise e lo salutò da sopra la spalla, mettendosi la giacca e infilando il telefono tra la spalla e l’orecchio.

_____

“Questo maglione è la cosa più traumatizzante che abbia mai visto e io ho visto L’Ultimo Dominatore dell’Aria,” disse Magnus con una smorfia disgustata quando aprì la porta d’ingresso.

“Simon me l’ha fatto mettere,” grugnì Raphael in risposta, spingendolo per entrare.

“Se un elfo e un albero di Natale facessero sesso, probabilmente avrebbero qualcosa di meno brutto di quel maglione.”

“Ehi, non è così male!” protestò Simon seguendo il suo ragazzo dentro, saltellando leggermente.

“No, hai ragione,” sbuffò Magnus, “potrebbe essere peggio. Potrebbe anche cantare Jingle Bells.”

Il pesante silenzio che seguì fu una risposta sufficiente.

“Lo fa?” esclamò Magnus scoppiando poi a ridere quando l’unica risposta di Raphael fu un gemito abbattuto.

“Devi solo premere il naso di Rudolf,” disse Simon con un sorrisetto compiaciuto.

“Okay, cosa succede?” chiese Magnus con una eguale espressione maliziosa, incrociando le braccia sul petto. “Come l’hai convinto a indossarlo?”

“Mi ha chiamato idiota in Spagnolo e pensava che non potessi sentirlo,” sussurrò Simon piegato in avanti all’orecchio di Magnus. “Non sono davvero arrabbiato, ma era un’opportunità troppo buona per lasciarsela scappare.”

“E questo è il motivo per cui mi piaci Sméagol,” gli disse Magnus dandogli una benevola pacca sulla spalla.

Simon alzò gli occhi al cielo ma non cercò di correggere Magnus. Aveva da tempo abbandonato l’idea.

“Quindi, perché hai chiamato?” chiese Raphael.

“Alec è dovuto tornare al lavoro e non volevo passare la serata da solo,” ammise Magnus a malincuore. “Guardare Mamma ho perso l’aereo quando sei a casa da solo è paradossalmente deprimente e per niente divertente.”

“Non ti è mai importato guardare film di Natale da solo prima,” gli fece notare Raphael alzando un sopracciglio. Avrebbe avuto più effetto se non avesse avuto addosso il più brutto maglione di Natale che Magnus avesse mai visto.

“Quello è perché non mi hai mai lasciato fare commenti durante i film,” disse Magnus guardandolo male. “Ma sono disposto a fare un’eccezione per questa tua orribile abitudine perché davvero non voglio stare da solo.”

Gli occhi di Simon erano comprensivi quando si posarono su di lui. “Ti manca davvero Alec, non è vero?”

Magnus si morse il labbro inferiore. “Lavora molto, lo capisco. Vorrei solo poter tornare a casa almeno una volta a settimana e avere il mio migliore amico già qui. Ho dovuto dormire nel suo letto per riuscire a parlarci.”

Raphael batté le palpebre e la sua espressione sconcertata si accordava curiosamente alle luci rosse e verdi che lampeggiavano sul suo maglione. “Sei andato a dormire nel suo letto perché ti mancava troppo?”

Magnus alzò le spalle, dirigendosi in cucina per prendere una bottiglia di vino e tre bicchieri. “Almeno allora ho saputo che è davvero tornato a casa,” mormorò. All’espressione confusa di Simon sospirò pesantemente e smise di provare a cercare qualcosa con cui distrarsi, appoggiando le mani sul tavolo. “È così impegnato a catturare quell’uomo… quel maledetto Angelo della Morte… beh, è uno psicopatico. Sta già lasciando quelle note spaventose. Non posso essere sicuro che non rimarrà ferito alla fine. Io… mi sento meglio se lo sento rientrare, anche se è in piena notte.”

“Sei così innamorato che non è neanche divertente,” disse Raphael, stranamente deluso. “Non posso neanche prenderti in giro quando sei così triste.”

“Non puoi prendermi in giro indossando quella cosa in ogni caso,” ritorse Magnus indicando vagamente il maglione, “e non sono innamorato di Alec. È il mio migliore amico.”

“Lo dici come se non potessi combinare le due cose,” si inserì Simon, suonando molto più saggio di quanto facesse abitualmente. “Io sono innamorato del mio migliore amico ed è davvero meraviglioso.”

Magnus corrugò la fronte. “Clary? Pensavo l’avessi superata.” Si avvicinò di un passo battendogli sul petto minacciosamente con un dito. “Se stai giocando con Raphael ti picchierò come Tyler Durden.”

“Intendeva me idiota,” li interruppe Raphael, un sorriso di scherno che gli sollevava gli angoli delle labbra.

Magnus volse lo sguardo su Simon, che annuì semplicemente chiaramente divertito. “Oh. Siamo a posto allora,” disse alzando le spalle.

“Sei innamorato di Alec e lui è innamorato di te,” disse Raphael di nuovo, ma Magnus sbuffò testardo, incrociando le braccia sul petto. “Per l’amor del Cielo, il tuo frigorifero è coperto di quei post-it che vi lasciate l’un l’altro!” esclamò, poi si allungò per prendere il primo che riuscì a raggiungere. “Sto solo dicendo che non ne riesco a capire la fine,” lesse Raphael ad alta voce, e prese quella successiva. “Cosa? Alec, esci dal mio appartamento! La fine de Il Laureato è meravigliosa!

Vivo qui anche io,” lesse Simon, sbuffando una leggera risata, “e non sopravvivresti un giorno senza di me.
Sono sopravvissuto senza di te per l’ultimo mese, idiota.
Lo so. Mi dispiace. Mi manchi.

Mi manchi anche tu,” lesse Raphael e alzò lo sguardo per lanciare un’occhiata penetrante a Magnus. “Non sei mai stato così triste perché non potevi vedere un amico come lo sei con Alec, Magnus. E ti conosco da molto tempo. Non avevi tenuto il muso così a lungo quando Ragnor si è trasferito di nuovo a Londra. Correggimi se mi sbaglio, cosa che non sto facendo, ma Alec vive ancora a New York, con te.”

“Oh,” Magnus rimase senza fiato. Il cuore gli sprofondò nel petto e poi gli balzò in gola, facendogli uscire tutta l’aria dai polmoni. “Merda, sono seriamente innamorato del mio migliore amico.”

“Finalmente ci è arrivato,” disse Simon, ed era così allegro che Magnus non poté evitare di dargli uno scappellotto sulla nuca. Perché era la cosa matura da fare quando uno capiva che era innamorato del proprio migliore amico.

_____

Alec si lasciò cadere sulla sedia dietro la sua scrivania, un ampio sorriso leggermente fissato sulle labbra.

Lydia lo guardò muoversi sulla sedia e rise.

“Avanti. Lo vedo che non riesci ad aspettare un altro secondo,” disse, rimproverandolo scherzosamente. “Chiamalo.”

Alec non perse un altro secondo, prendendo il telefono dalla tasca e premendo il tasto di chiamata rapida. Magnus rispose al terzo squillo, ma fu più un gemito che una risposta coerente.

“Hmpf.”

“L’abbiamo preso!” sparò Alec immediatamente.

“Mmh?” biascicò Magnus. “Cosa?”

“L’Angelo della Morte,” esclamò Alec balzando in piedi e camminando verso la finestra più vicina, incapace di restare fermo ulteriormente. “L’abbiamo arrestato!”

“Oh, tesoro, è meraviglioso!” disse Magnus, e sembrava più sveglio ora. “È stato veloce.”

“Era al club,” spiegò Alec. “Siamo andati lì solo per parlare con Camille, per vedere se poteva rintracciare il proprietario della tessera, ma è venuto fuori che era lì con una escort. Camille è stata una vera stronza tra l’altro.”

Magnus sbuffò. “Dimmi qualcosa che non so.”

“Si è detta d’accordo a dirci qualcosa solo quando le ho detto che stavamo cercando un serial killer,” disse, rimanendo evasivo deliberatamente.

Magnus mugolò di sollievo, e Alec sapeva che si stava stiracchiando a letto. Faceva sempre i suoni più ridicolmente voluttuosi quando lo faceva. “Cosa non mi stai dicendo?” chiese Magnus, il sorriso evidente nella voce.

Alec si morse il labbro inferiore, ma sapeva che non poteva mentire guardando Magnus negli occhi, quindi poteva anche non mentirgli al telefono. “Potrei o non potrei aver sottinteso che lei rispettava il profilo della vittima del serial killer e che era in grave pericolo di vita. E anche che l’avrei arrestata per aver ostacolato la giustizia se non avesse iniziato a parlare.”

“E per sottinteso intendi che le hai detto esattamente questo, giusto?”

“Più o meno, sì.”

Magnus ridacchiò. “Sono davvero fiero di te.”

Alec roteò gli occhi, appoggiandosi al muro per guardare il traffico dalla finestra. Le strade erano già piene ed erano solo le sei e trenta.

“Non roteare gli occhi con me,” disse Magnus sgridandolo.

“Come hai -”

“Ti conosco,” lo interruppe Magnus, e Alec riusciva a vedere il suo sorriso. “Ora vieni a casa e dormi per i prossimi tre giorni. Te lo sei guadagnato.”

“Sto arrivando,” disse Alec sorridendo tra sé, “torna a dormire.”

“Mmm,” mormorò Magnus, e il secondo successivo stava già dormendo.

Alec ridacchiò, sorridendo mentre guardava lo schermo del telefono, e riattaccò. Quando si girò per andare alla scrivania a prendere la sua roba Lydia era già lì, appoggiata alla scrivania, le braccia incrociate e un sorriso compiaciuto sul volto.

Alec sollevò un sopracciglio. “Cosa?”

“Allora quando ti darai una svegliata e gli chiederai di uscire per un vero appuntamento?” chiese.

“Perché dovrei farlo?” sbuffò Alec indignato. “Magnus è il mio migliore amico.”

“John è il mio migliore amico,” disse Lydia in sfida, “non significa che non lo ami. In realtà è il contrario.”

“Non sono innamorato di Magnus,” disse Alec riponendo la pistola nella fondina alla cintura.

“Alec, ti conosco da anni,” disse Lydia, chiaramente un po’ seccata. “Ti ho conosciuto prima di Magnus, e dopo Magnus, e riesco a vedere che sei diventato più felice. So anche che non molto tempo fa, la prima persona che avresti chiamato per condividere una bella notizia era Isabelle. Poi Jace. Invece, la prima persona che hai chiamato oggi è stato Magnus.”

“Lightwood!” urlò Luke dall’altra parte. “Cosa stai facendo ancora qui? Vai a casa prima che ti cacci a calci!”

Alec sobbalzò ma colse l’opportunità per sfuggire allo sguardo smaliziato di Lydia, afferrando la giacca e il casco.

“Sto andando adesso signore!” esclamò, poi si volse verso Lydia, dandole un bacio sulla fronte. “Ci vediamo domani.”

Lydia alzò gli occhi al cielo e gli diede un pugno sulla spalla. “Non puoi scappare per sempre dai tuoi sentimenti!”

“L’unica cosa da cui sto scappando in questo momento è la mia invadente migliore amica,” ritorse Alec, e scappò verso la porta, con la risata consapevole di Lydia che riecheggiava dietro di lui.

_____

Alec si trascinò nell’appartamento, la pelle che ancora fremeva per l’adrenalina dalla nottata, ma il suo corpo intero era privo di energia, così tolse la fondina, le scarpe e la giacca prima di dirigersi verso il bagno. Tolse senza esitazione gli abiti mettendo una vecchia maglietta e un paio di pantaloni della tuta andando poi in camera di Magnus e lasciandosi cadere sul letto.

Magnus mormorò qualcosa nel sonno e si avvicinò a lui, sospirando contento mentre seppelliva il volto nel petto di Alec.

“Ci credi che il mio coinquilino è un fottuto eroe?” chiese, pur tenendo gli occhi chiusi.

Alec rise, sistemando le coperte perché li coprissero decentemente entrambi. “Non ce l’avrei fatta se non mi avessi aiutato a capire cos’era quella tessera,” replicò.

“L’avresti scoperto alla fine,” disse Magnus con fiducia intaccata, avvolgendo un braccio intorno alla vita di Alec, le dita che sfioravano pigramente le sue costole. “Sono solo felice che sia finita e che posso smettere di preoccuparmi costantemente per te ventiquattro ore al giorno tutti i giorni.”

Alec seppellì il suo sorriso nei capelli di Magnus e sibilò per il dolore, tirandosi indietro quando gli fece male la guancia, maledicendosi internamente. Magnus si tirò su e aprì gli occhi immediatamente, spalancandoli quando lo vide.

“Cos'è successo?” esclamò.

“Non è niente,” disse Alec subito.

“Non è vero che non è niente!” protestò Magnus, allungando una mano per toccare leggermente la guancia di Alec con le dita. “Cos’è successo?”

“Beh, non è venuto volontariamente,” disse piano Alec alzando le spalle. “Abbiamo dovuto lottare, mi ha dato un pugno. Io ho avuto la meglio e l’ho arrestato. Fine della storia. Niente di cui preoccuparsi.”

Magnus fece il broncio, il suo tocco leggero come una piuma sul livido sullo zigomo di Alec.

“Le persone non hanno rispetto al giorno d’oggi,” disse. “Chi oserebbe danneggiare un così bel viso?”

“Sto bene,” sussurrò di nuovo Alec stringendo la presa intorno a Magnus. “Torna a dormire.”

“Al giorno d’oggi, la gente conosce il prezzo di tutto e il valore di niente,” mormorò Magnus, e obbedì riluttante, appoggiando la testa sul cuore di Alec.

“Mmm,” mormorò lui, già mezzo addormentato. “Amo quando mi citi Oscar Wilde.”

Magnus rise. “La tua parte di nerd amante dei libri si eccita facilmente.”

Alec non rispose ma stava sorridendo quando sentì le braccia di Morfeo avvolgerlo e nella sua mente farsi strada la realizzazione che Lydia aveva ragione.

Era innamorato del suo migliore amico.

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Alec si svegliò con la mente intontita e il corpo che gli faceva male ovunque, ma più riposato di quanto non fosse stato per mesi. Aprì gli occhi lentamente, trovando Presidente Miao raggomitolato sul suo petto profondamente addormentato e Magnus seduto a gambe incrociate di fianco a lui, le cuffie nelle orecchie e il portatile davanti a lui sul materasso.

“Cosa stai guardando?” chiese, la voce ancora roca dal sonno, e Magnus sobbalzò leggermente, svegliando di colpo Presidente e facendolo scappare dal letto e dalla stanza.

“How I met your mother,” disse, lanciando ad Alec uno sguardo di ammonimento che lo fece sorridere leggermente. “Il finale.”

Alec gemette, stirandosi i muscoli. “Perché ti fai questo? È orribile.”

“Lo so,” disse Magnus annuendo, “ho solo pensato di riguardarlo per vedere se mi piaceva di più adesso.”

“E?”

“Assolutamente no.”

“Non hai ancora superato il fatto che Barney e Robin non sono finiti insieme?”

“Decisamente no,” disse Magnus, le parole che saltavano fuori. “Sarò per sempre arrabbiato per questo. È ridicolo. Non avrebbero dovuto dividerli così facilmente. Erano fatti l’uno per l’altro.”

“Ed erano migliori amici prima di essere amanti,” sottolineò Alec, mordendosi il labbro inferiore. “Mi dicono che quelle relazioni di solito durano.”

Magnus si immobilizzò, le dita sulla tastiera ma ferme. “Già,” si lasciò sfuggire, schiarendosi la gola, gli occhi fissi sullo schermo. “Voglio dire, sanno già tutte le tue cattive abitudini.”

Alec mormorò concorde. “Probabilmente hanno già incontrato la tua famiglia, quindi non devi passare dalla fase degli incontri a disagio con i genitori.”

“E sanno già tutto delle tue passate relazioni,” aggiunse Magnus, leccandosi le labbra. “Nessun bisogno di nascondere i disastri delle relazioni del passato.”

“E sai già cosa avete in comune, quindi gli appuntamenti non sono difficili da organizzare,” rimarcò Alec.

“Ma probabilmente avete già avuto il vostro primo appuntamento,” disse Magnus, e finalmente si permise di guardare Alec, gli occhi spalancati e vulnerabili, le guance arrossate quel tanto che bastava per essere come quelle di Alec. “Semplicemente non l’avete chiamato così.”

“E ti hanno visto al tuo meglio e al tuo peggio almeno cento volte ma gli piaci così come sei,” disse in un sussurro.

Magnus annuì. “E non del tutto vestito. Probabilmente anche con orribili maglioni natalizi.”

Alec rise ma fu interrotto dal suono del suo telefono che suonava dal comodino. Gemette ma si mosse per prenderlo, rispondendo senza neanche controllare il nome sullo schermo.

“Cosa?” sputò. “Giuro che se non è per una situazione di vita o di morte…”

La calda risata di Luke riecheggiò attraverso la linea e Alec si mise immediatamente seduto sul letto, gli occhi che si spalancavano. Magnus mise in pausa l’episodio, lanciandogli uno sguardo confuso.

“Oh, salve signore,” disse Alec schiarendosi la gola.

“Non preoccuparti Lightwood, non ci metterò molto.”

“N-No, va bene,” blaterò Alec, “Mi sono appena svegliato e-”

“E ti meriti un giorno libero senza nessuno che ti disturbi,” lo interruppe Luke, il sorriso ovvio nella sua voce. “Vengo in pace in realtà, e con buone notizie.”

“La ascolto.”

“Il sindaco mi ha chiamato questa mattina,” disse Luke. “Ha sentito del tuo eroico arresto di ieri notte.”

“Non ero da solo signore,” disse subito Alec. “Avevo dei rinforzi e se Magnus non mi avesse detto del club-”

“Alec, taci,” lo interruppe bruscamente Luke.

Aprì la bocca per rispondere ma la richiuse di nuovo, concordando silenziosamente.

“Congratulazioni Lightwood,” disse allora Luke contento. “Avrai una promozione. Sarai il Sergente Lightwood d’ora in poi.”

Alec spalancò la bocca. “D-Davvero?”

“Già.”

“Cosa sta succedendo?” chiese Magnus, il viso una maschera sia di preoccupazione sia di curiosità.

“Ti lascio tornare dal tuo uomo,” disse Luke al telefono, e Alec era troppo sconcertato per preoccuparsi di correggerlo.

“Arrivederci signore. Grazie signore.”

“Cosa sta succedendo?” chiese di nuovo Magnus non appena Alec riattaccò, mettendosi in ginocchio sul letto, il portatile ormai dimenticato. “Va tutto bene?”

“Mi daranno una promozione,” esclamò Alec con un ampio sorriso. “Mi fanno sergente!”

Magnus sbatté le palpebre, poi sorrise. “Oh, Alexander, è fantastico!” esclamò, per poi saltargli al collo, attirandolo in un abbraccio con tanta forza che entrambi caddero sdraiati sul materasso.

Alec rise di nuovo contro il suo orecchio, avvolgendo le braccia intorno alla vita di Magnus. Lo baciò sull’orecchio, strofinando il naso contro la sua pelle, e non poté non notare come il respiro di Magnus gli si fermò in gola. Alec lo baciò di nuovo sulla guancia, sulla mascella, sulla giugulare e Magnus si tirò indietro per guardarlo negli occhi, entrambe le mani ai lati della sua testa.

Alec lo osservò a sua volta e seppe. Conosceva Magnus troppo bene per non vedere cos’era proprio davanti a lui. Si sollevò sui gomiti e si avvicinò. Magnus lo incontrò a metà strada e le loro labbra si unirono perfettamente, ma nessuno dei due ne fu veramente sorpreso.

Le loro bocche erano adatte l’una all’altra come lo erano state le loro menti, confusamente all’inizio ma in modo evidente l’attimo dopo.

Fu un bacio lento, languido e tenero, attento e appassionato.

Era un ma certo. Ma certo che sei tu. Ma certo che sei sempre stato tu. Ma certo che sarai tu.

Si separarono alla fine, solo perché i loro polmoni avevano bisogno di ossigeno, e Magnus si mosse per sistemarsi meglio sopra ad Alec, poggiando il mento sulle mani sul suo petto.

“Ti amo,” disse Alec in un sussurro.

“Grazie a Dio,” sospirò Magnus drammaticamente, “sarebbe stato davvero strano altrimenti.”

Alec rise, avvicinandosi per dargli un leggero bacio a stampo, e Magnus mormorò in apprezzamento mordicchiando giocoso il suo labbro inferiore.

“Ti amo anche io,” bisbigliò contro la sua bocca, prima di sollevarsi per lasciare un bacio leggero sul livido sulla guancia di Alec.

“È un po’ strano che non sia strano per niente,” sussurrò Alec distrattamente mentre la bocca di Magnus lavorava per distrarlo, muovendosi più in basso per baciargli il collo.

“Potrebbe diventare strano se facciamo sesso,” fece notare Magnus.

“Sì,” sospirò Alec, e abbassò una mano sul sedere di Magnus per allineare i loro fianchi.

“Dovremmo aspettare,” disse Magnus, mordendo la pelle sensibile dove la spalla di Alec incontrava il collo.

“O…” La voce di Alec si affievolì.

“O dovremmo testare questa teoria e scoprirlo subito,” disse Magnus, la lingua che leccava il marchio che aveva lasciato per lenirlo.

“Grande idea,” ansimò Alec serrando le dita nei capelli di Magnus per attirarlo in un bacio totalmente passionale.

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“Decisamente non strano,” ansimò Magnus cadendo sul cuscino.

“Assolutamente,” disse Alec senza fiato. “Ci sono molte parole che mi vengono in mente al momento ma strano non è certo tra queste.”

Magnus sorrise, girando la testa per guardarlo. “Vado a farmi la doccia e poi possiamo guardarci Netflix e riposarci?”

Alec rise, un sorriso che gli stirava gli angoli della bocca. “So cosa vuol dire,” disse, ma non riuscì a eliminare il divertimento dalla voce, “non sono del tutto senza speranze.”

Magnus si girò sullo stomaco, sollevandosi sui gomiti per avvicinarsi e dargli un bacio veloce sulle labbra. “Spero che tu lo sappia perché voglio guardare Netflix e riposarmi tutto il giorno e tutta la notte.”

“Sono ancora stanco,” ammise Alec con un sorriso. “Non durerò tutto il giorno.”

A Magnus non sarebbe potuto importare di meno. Era felice abbastanza guardando film stupidi per discuterne per ore purché potesse rubare un bacio o due ogni tanto. “Scegli qualcosa da vedere, torno subito.”

Scese dal letto, afferrando il portatile dimenticato e lanciandolo sul materasso vicino ad Alec mentre andava in bagno. Ebbe appena il tempo di far rilassare i muscoli prima che un paio di mani forti lo prendessero per i fianchi, tirandolo indietro contro un petto muscoloso.

“Ho scelto un film,” disse Alec contro il suo collo. Magnus si appoggiò contro di lui con un sorriso. “Si chiama Gli Strumenti Mortali, sembra divertente.”

Magnus mormorò concorde, girando la testa per baciargli le labbra. “Ho sentito che la serie TV è molto meglio.”

“Non lo guarderemo in ogni caso,” replicò Alec, malizia che trasudava da ogni parola. “In realtà non sono così stanco.”

Magnus rise, girandosi tra le sue braccia per avvolgergli le braccia intorno al collo. “Ti amo.”

“E io amo te,” disse Alec subito dopo, e apparve ovvio come era stata la loro amicizia.

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C’era un’unica e semplice regola per poter esser amici di Magnus e Alec: mai e poi mai, non importavano le circostanze, nemmeno se si era ubriachi persi, presentarsi al loro appartamento senza avvertirli prima. Con ogni probabilità si sarebbe finiti traumatizzati. Inoltre, mai iniziare un dibattito sulla cultura pop con uno dei due, tantomeno con entrambi.

Erano una di quelle power couples contro cui non si doveva andare.




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Ehi guys :)
ho tradotto questa storia dall'inglese, spero vi piaccia. L'autrice si chiama Lecrit e questo è il link alla sua storia I see Fire. Scrive delle storie fantastiche, davvero.
  
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