Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: RigelWhite    30/01/2017    2 recensioni
Una misteriosa ragazza irrompe nell’apparente tranquillità di Camp Legacy. Sono passati 20 anni dalla guerra contro Gea: quello delle armi e del sangue è solo un ricordo lontano, o almeno così pensano i giovani legati, separati dal resto dei semidei in un campo tutto loro. Bianca Di Angelo ha una missione da compiere, un padre scomparso da ritrovare, un passato nascosto da conoscere. Gli astri tramano all’orizzonte, le Parche intessono i fili di quelle vite in bilico. La Terza Grande Profezia non è che appena iniziata. Un cerchio sta per essere chiuso.
Dal testo:
- Ti fidi di me?
Le chiesi improvvisamente, vedendola per la prima volta smarrita.
Ormai niente avrebbe potuto impedire alla buca di crollarci addosso.
Bianca mi guardò, uno dei suoi sguardi indecifrabili, di quelli che riescono a vedere l'anima nuda nascosta dentro di te.
Mi vidi riflesso in quegli occhi neri, scuri, profondi come un abisso. Due buchi neri senza via di uscita: ti risucchiavano dentro di loro per portarti verso rotte misteriose e ignote, che dovevano ancora essere scoperte.
Bianca aveva un mondo dentro di sé, un mondo inesplorato, che aspettava solamente qualcuno che ci mettesse piede.
Non mi rispose mai.
Genere: Avventura, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuova generazione di Semidei, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Esterno

 

Quando la porta rosso fuoco dell'Ufficio Maggiore si spalancò, il satiro presente all'interno della struttura rimase fermo ancora qualche secondo, a fissarla con gli occhi sgranati, prima di sobbalzare e rendersi effettivamente conto delle persone che erano appena entrate.

 

L'attesa era terminata.

 

Grover Underwood era sempre stato soddisfatto di tutto ciò che era riuscito ad ottenere nel corso di quei lunghi anni. 

 

Si poteva definire un uomo fortunato: aveva una casa, una famiglia, un lavoro, una situazione economica stabile e degli amici stretti ed affidabili. 

 

Sorrideva al pensiero di essere riuscito a diventare un alto membro del Gran Consiglio dei Satiri, e men che meno ad investire l'ambita carica di Capo Campo.

 

Eppure, una parte di lui avrebbe voluto abbandonare tutto e scappare più velocemente possibile via, lontano, tanto qual era l'ansia che lo divorava. 

 

A nessuno piacciono le grandi responsabilità, e Grover, sommerso soprattutto negli ultimi tempi di compiti e problemi di vitale importanza, non faceva eccezione.

 

Tuttavia cercava sempre di non darlo a vedere e il suo sorriso non abbandonava mai quel viso, un tempo cosparso da innumerevoli brufoli, ormai scomparsi. 

 

Infondo, se lui crollava, chi avrebbe potuto infondere ai suoi ragazzi il sostegno necessario per resistere, il coraggio per continuare a lottare?

 

Non doveva dimostrare la paura che aveva mentre li guardava scherzare, allenarsi, ridere, ancora ignari di quello che avrebbero dovuto affrontare di lì a poco.

 

Il loro Capo Campo non avrebbe dovuto essere debole.

 

E quando i primi problemi grossi comparirono anche a Camp Legacy, Grover non poté fare altro se non chiamare gli unici che lo avrebbero potuto aiutare a mantenere vive quelle risate spensierate.

 

Così erano giorni che il satiro era fermo, seduto nella ormai troppo comoda poltrona dell'Ufficio, sprofondando sotto il peso dell'ansia, mordendo lattina dopo lattina.

 

Era così teso, che non si accorse nemmeno quando la porta sbatté contro il muro, facendo entrare i famigliari visi dei Sette semidei che avevano salvato il mondo.

 

-Grazie agli Dei, siete qui!

 

Esclamò Grover, gettandosi fra le braccia dei suoi migliori amici.

 

Era passato tanto tempo, troppo tempo dall'ultima volta che si erano visti. 

 

Nei vent'anni successivi alla guerra, non erano state molte le occasioni di rimpatriata fra vecchi amici. 

 

Percy e Annabeth erano andati al college, poi si erano sposati e avevano messo su famiglia, come tutti gli altri del resto. 

 

Questo, sommato poi all'enorme quantità di incarichi affidati ai Sette e a Grover, impegnato nella costruzione del nuovo campo in Nebraska, riduceva la frequenza dei loro incontri a poche volte l'anno.

 

Eppure in quell'abbraccio, fu come se il tempo si fosse fermato, come se loro fossero tornati ad essere quei ragazzini iperattivi e sempre pronti a partire per una nuova Impresa.

 

-Anche noi siamo felici di rivederti amico...

 

Disse Percy, con la bocca curvata in un sorriso.

 

-...ma ci stai soffocando

 

Concluse Annabeth, quasi come leggesse nella mente dell'altro.

 

Grover si staccò, resosi conto di aver effettivamente esagerato.

 

Nonostante i quarant'anni ormai prossimi, Percy Jackson sembrava non invecchiare mai. 

 

I suoi occhi verde mare scintillavano ancora come una volta, incorniciati da i suoi soliti capelli neri perennemente arruffati. 

 

Ma un'ispida barba correva ora sul suo volto, dai lineamenti più duri e marcati.

 

Lo stesso valeva per Annabeth: i suoi riccioli dorati erano raccolti in una coda lenta. Ciocche di capelli ribelli le cadevano sul viso e sui meravigliosi occhi tempesta.

 

Il tempo però aveva avuto effetto anche su di lei, dove il segno delle prime rughe e delle occhiaie profonde aveva iniziato ad incidere.

 

Anche Grover era cambiato, cresciuto soprattutto interiormente, visto che l'impatto dell'età è ridotto sui satiri rispetto agli umani. 

 

La barbetta era aumentata molto in quegli anni e i capelli marroni avevano trovato finalmente un senso grazie alle cure di sua moglie Juniper.

 

-Hey, nessuno saluta il vero salvatore dell'Olimpo e di tutto il mondo!

 

Disse Leo Valdez sulla soglia della porta, con la sua naturale risata stampata sul suo volto.

 

Se c'era una persona che gli anni avevano letteralmente trasformato, quella era Leo. 

 

Aveva perso i suoi tratti da elfo giovanili, rimpiazzati da un fisico più maturo, vigoroso, dai tratti decisamente più adulti. 

 

I riccioli tuttavia, erano rimasti perennemente disordinati e i suoi inconfondibili occhi bruciavano ancora in sfumature scarlatte.

 

Al suo fianco c'era lei: Calypso, che dopo millenni di blocco, il tempo aveva

ricominciato a mutare, trasformandola nella splendida donna che era in quel momento. 

 

Dopo essere scappata dall'isola di Ogigia aveva rinunciato al l'immortalità ed era partita con Leo in giro per il mondo.

 

Non le importava se un giorno sarebbe invecchiata, non le importava se avrebbe dovuto morire: aveva passato gli anni migliori della sua lunga vita.

 

Leo, l'unico che era riuscito a darle un per sempre in quella loro luce, destinata a spegnersi con l'inesorabile passare del tempo. 

 

Insieme si erano poi stabiliti a San Jose, in California, dove avevano aperto l'officina dei loro sogni.

 

-Leo! Possibile che tu non ti smentisca mai?

 

Disse la voce di Piper, aperta in un sorriso, armata del suo sopracciglio alzato.

 

-Possibile che tu abbia sempre qualcosa da ridire, Miss Mondo?

 

 Rispose Leo, tenendole testa.

 

Erano tutti lì: Piper, Jason, Hazel, Frank, Leo, Percy e Annabeth. 

 

I leggendari Sette semidei della Seconda Grande Profezia. 

 

Ragazzi diventati uomini, maturati sul campo di battaglia, che il tempo aveva cambiato così tanto, ma anche così poco. 

 

Perché tutte le esperienze che avevano vissuto quando erano giovani erano incancellabili, perfino dall'inarrestabile demone delle clessidre.

 

Ora tutti ridevano, gioivano, spinti da quell'allegria dell'essersi rivisti, ma il loro incontro era costruito su delle motivazioni tutt'altro che serene.

 

Il destino non era mai stato gentile con loro, non erano mai riusciti a provare totalmente quella sensazione di spensieratezza, leggerezza.

 

Nuvole di tempesta attendevano all'orizzonte.

 

Silenzio totale, l'aria diventò tesa e cupa.

 

-Lei dov'è?

 

Chiese Hazel, rompendo il ghiaccio che si era venuto a creare intorno a loro, nascondendo la sua preoccupazione dietro una maschera di serietà.

 

-Nell'altra stanza

 

Spiegó Grover a testa bassa.

 

-Con Logan e Carson, sono stati loro a trovarla

 

Dopo qualche esitazione, il satiro lì guidò in un corridoio lungo e stretto, finché non giunsero davanti ad una grande stanza, arredata in modo minimalista. 

 

In essa, spiccavano le figure di due giovani ragazzi.

 

Indossavano entrambi una maglietta rosso bordò, con la scritta bianca "Camp Legacy" e due figure stampate sopra: un pegaso e una corona d'alloro. 

 

Questi, sentendo delle persone arrivare, si girarono in direzione della porta d'entrata.

 

-Però, ce ne avete messo molto ad arrivare

 

Disse uno dei due, con un tono serio, quasi arrabbiato.

 

Logan Jackson e Carson Grace alzarono lo sguardo per incontrare quello dei loro rispettivi genitori.

 

Logan era identico al padre, lo stesso sguardo e occhi acquamarina, la carnagione abbronzata. L'unica differenza era nei capelli biondo cenere, una massa ibrida tra un elegante riccio e un liscio ribelle.

 

Carson invece era il ritratto di Piper: aveva la carnagione scura e i capelli castani, scompigliati, abbastanza lunghi da veder scendere una piccola trecciolina Kerokee dietro l'orecchio. Gli occhi blu elettrico splendevano come saette, contrastando con le gote.

 

Le attenzioni maggiori, però, non erano riservate alla presenza dei due ragazzi, bensì ad una misteriosa figura sdraiata sul letto della stanza.

 

Era una ragazza, di corporatura minuta e dalla carnagione bianca e pallida. Aveva lunghi capelli neri, mossi, raccolti in una traccia.

 

Era coperta di lividi e tagli, avvolta in un logoro giubbotto di pelle scuro, grande due taglie in più di lei.

 

Tutti rimasero lì, a guardarla dormire, quasi fossero paralizzati sui loro posti, sconvolti.

 

Una gelida folata di vento freddo li aveva appena investiti.

 

-Non è possibile...

 

Sussurrò Percy, immobile, in volto un'espressione terribilmente confusa.

 

-Cos'è successo?

 

Jason si rivolse al figlio, lo sguardo cupo, domande senza risposta premevano dentro di lui.

 

Carson sospirò, concentrandosi nuovamente sulla ragazza priva di sensi.

 

 -Qualche giorno fa, dopo l'allenamento, io e Logan eravamo andati nella foresta per preparare gli schemi per i prossimi laudi della sua bandiera. Abbiamo iniziato a sentire delle grida in lontananza e siamo subito corsi a vedere cosa fosse successo

 

-L'abbiamo trovata così, coperta di sangue: questa ragazza era svenuta a terra, in fin di vita, circondata da tre Gorgoni. Avevano un aspetto strano.... erano diverse. La loro forza era spaventosa per essere dei semplici mostri. Mi sono caricato la ragazza in braccio e siamo scappati, non potevamo fare altrimenti. Fortunatamente siamo riusciti a tornare indietro e abbiamo portato lei nell' Ufficio Maggiore prima che fosse troppo tardi

 

Aggiunse Logan, rapito dai suoi pensieri. I suoi schemi ordinati erano andati distrutti.

 

Il silenzio avvolse la stanza.

 

 -Io non ci credo. Siamo sicuri? Insomma sono passati 15 anni! Nella maggiore delle ipotesi è morto già da tempo

 

-Leo guardala...sono identici

 

 Disse Annabeth lentamente, non credendo alle sue stesse parole.

 

-Ma...

 

-No, non ci sono dubbi. Sul tavolo ne avrete la conferma 

 

Aggiunse Grover a testa bassa, mentre tutti cercavano di assimilare ciò che lui aveva già avuto modo di fare.

 

Una spada nera come la pece giaceva su un tavolino.

 

Emanava un'aria vissuta, ma risplendeva come se fosse nuova. 

 

Una semplice lama, custode di mille storie, mille battaglie, mille dolori da raccontare, da urlare nella sua fredda e metallica quiete.

 

Hazel si avvicinò lentamente.

 

Prese con cautela la spada, quasi avesse paura di romperla o di vederla dissolversi tra le braccia.

 

Le lacrime iniziarono ad uscire una dopo l'altra, rigandole il volto, rimasto ancora così dolce nonostante gli anni passati.

 

-È la sua. È la spada del mio fratellone...

 

Singhiozzò, stringendo la spada al petto, come volesse abbracciarla, ritrovare un po' di calore in quel gelido e muto ferro.

 

Frank le venne incontro, sostenendola.

 

-Non piangere, ci dev'essere ancora una speranza...

 

Cercò lui di confortarla, ma senza successo.

 

-No, è scomparso da troppo tempo, non può essere sopravvissuto così a lungo lì fuori!

 

Quasi urlò Hazel dalla disperazione, dal dolore che la dura realtà le aveva portato.

 

Una realtà dove una delle persone più importanti per lei l'aveva abbandonata per sempre.

 

Nessuno riusciva a credere chi fosse quella ragazza. 

 

Avvolte la verità fa più male della menzogna, intorno a te ogni equilibrio crolla, ogni illusione, certezza si sfalda.

 

Che legame aveva quella ragazza con un guerriero smarrito?

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: RigelWhite