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Autore: virgily    31/01/2017    0 recensioni
[Dal capitolo 2: Vince solo chi fugge]
-Quanti ne hai uccisi?- chiese mostrandosi più diretta e spavalda. E alla sua richiesta, il moro non riuscì ad evitare di inarcare il sopracciglio verso l’alto, osservandola affascinato dalla sua forte, quanto pericolosa curiosità.
-Ne ho perso il conto- fu tutto quello che riuscì a risponderle in quell'esatto momento. E per lei, quella fu una risposta sufficiente. Fra i due allora, che avevano ripreso il loro incomprensibile gioco di sguardi, calò un nuovo mantello del silenzio, avvolgendoli quasi in un caldo abbraccio. Non le stava mentendo, e di questo ne era completamente certa. Il Nero era tremendamente serio, lo evinceva dalla sfumatura inquietante e inespressiva del suo volto e dei suoi grandi occhi chiari. Quello, fu uno sguardo talmente intenso che per la prima volta Valentina si sentì vibrare.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Cap. 2: Vince solo chi fugge

A Roma si era fatta ormai sera, e mentre il cielo cominciava ad assumere tinte scure e plumbee, l’aroma di caffè profumava l’intero ambiente. Cambiandosi al volo, Valentina aveva approfittato del tempo di cottura per togliersi gli indumenti fradici e infilarsi un paio di jeans aderenti a vita alta e una canottiera bianca sottile. Tornò giusto in tempo, quando sentì il caffè ribolline nella macchinetta. Si lasciò un asciugamano attorno alle spalle scoperte, lasciando che assorbisse l’acqua dai suoi capelli completamente bagnati. Afferrò poi dalla credenza due piccole tazzine, ma si fermò poco prima di poterci riversare dentro da bere. Qualcuno aveva acceso l’asciugacapelli nel bagno di servizio, e sapeva perfettamente di chi si trattasse. Lasciando tutto quello che stava facendo, allora, si avviò a piedi nudi nel lungo corridoio che separava il salotto da tutti gli altri ambienti della casa. Le luci erano rimaste spente, ma c’era una piccola fonte di luminosa che fuoriusciva appena da una porta socchiusa, e si faceva più brillante ad ogni suo minimo passo. Quasi trattenendo il fiato, la bruna si avvicinò lentamente, cercando di non provocare alcun rumore. Posò poi con delicatezza una mano su quella liscia parete lignea, scostandola di qualche centimetro, quel tanto che le bastava per potersi sporgere appena senza essere notata: con il capo chino, il moro era intento ad asciugare gli angoli della sua polo rossa. I suoi occhi verdi e indagatori subito scesero dalla sua folta chioma corvina sino alla curvatura del suo collo, la linea maestosa delle sue spalle nude e la schiena compatta. C’era una pistola appesa ai suoi pantaloni, e questo non la stupì affatto. Eppure, poterlo osservare così da vicino, in un momento come quello, per qualche istante la fece fremere. Non era la prima volta che vedeva una ragazzo mezzo nudo in casa sua. Ma lui, il Nero, la incuriosiva più del dovuto. Da quando avevano messo piede dentro casa, lui non aveva proferito parola, e la sua faccia era rimasta impassibile anche durante tutto il tragitto di ritorno. E ora che poteva spiarlo, anche solo per poco, si rese conto che la sua non era affatto una maschera. Evidentemente, lui era proprio così. Taciturno e serio. Eppure affascinante.
Forse troppo” ammise a sé stessa, come se fosse consapevole che la sua curiosità avrebbe potuto rivelarsi più pericolosa del previsto. Un sottile silenzio ora era calato sopra l’intero bagno, e prima che potesse rendersene contro, Nero aveva nuovamente puntato i suoi enormi occhi azzurri contro di lei. I due continuarono a fissarsi, senza proferire alcuna parola per secondi che parvero a entrambi quasi interminabili. Era come se fosse più forte di loro. Come se, in realtà, in quegli sguardi nascondessero dei messaggi incomprensibili per la mera comunicazione verbale. Ancora una volta, Valentina si ritrovò a scrutare con attenzione il corpo di quel ragazzo che aveva davanti. Non che si fosse aspettata un torso scultoreo, ma se ne ritrovò nuovamente attratta. E questo era molto fastidioso da dover digerire per lei. Dal canto suo, il moro si lasciò guardare senza opporsi, e del resto anche lui non aveva indugiato nel lasciar vagare lo sguardo. Ma giudicare dalla lieve curvatura delle labbra e del suo sopracciglio destro, poteva ben affermare che Valentina sembrava piuttosto soddisfatta della vista.
-Ti serve qualcosa? - le domandò improvvisamente, facendo il vago mentre andava a staccare la spina dell’asciugacapelli dalla presa sul muro, non troppo distante da lei.
-Quanto zucchero nel caffè?- chiese lei di rimando, sollevandosi dallo stipite della porta per avvicinarsi ulteriormente a lui. Ora però aveva lo sguardo fisso su un piccolo dettaglio al quale prima non aveva fatto caso: una svastica in argento appesa al suo collo.
-No ti ringrazio. Lo prendo sen..- Nero non fece neanche in tempo a finire la frase che la più piccola aveva già azzerato le distanze, portandogli una mano al petto. Ci mise qualche decimo di secondo per capire che, in realtà, la ragazza aveva afferrato il suo ciondolo. Lo studiò con grande attenzione, mentre un ghignetto malevolo e divertito si allungava sulle sue labbra sottili e rosee.
-Hai finito?- la sua voce adesso aveva assunto qualche tono più basso e serioso, e se si concentrava appena Valentina poteva sentire il suo fiato quasi carezzarle le gote. Dal canto suo, la bruna sollevò lo sguardo per tuffarsi nuovamente nelle grandi iridi cristalline e glaciali del Nero. Non riusciva a capire se era infastidito o se, piuttosto, era curioso tanto quanto lei.
-E sennò che fai? Mi spari?- sfidandolo, la ragazza accorciò di qualche centimetro le loro distanze già limitate, questa volta esponendogli un’occhiata altrettanto seria quanto irriverente. Sapeva che era rischioso, che probabilmente stava giocando con il fuoco. Ma Valentina era una ragazza impulsiva. Provocare era più forte di lei. E ora che ci pensava, forse cominciava a capire perché Zio Carlo le avesse affibbiato una guardia del corpo che fosse il suo esatto contrario. Il giovane uomo, dal canto suo, continuò a fissarla, questa volta non riuscendo a nascondere un piccolo ghigno che gli sollevò appena l’angolo sinistro delle labbra. Fu proprio in quell'istante, quando i loro corpi erano così vicini, tanto da riuscire a percepire il calore reciproco sulla propria pelle, che capì che tutte le sue supposizioni su quella ragazza erano vere. Tuttavia, l’unica cosa che non riuscì a spiegarsi, era la tensione che cominciava a sentire nel centro del suo petto. Come un fuoco rovente che parve corrodergli le ossa e le membra.
-Sei decisamente fastidiosa- fu tutto quello che uscì dalla bocca carnosa del giovane uomo, mentre la bruna, dal canto suo, continuò a sorridergli:
-Già, non sei il primo a dirmelo…- ridacchiò lei, scostandosi appena, ma senza mai abbassare lo sguardo dai suoi occhi.
-Andiamo a prendere il caffè o si fredderà- affermò successivamente, invitandolo a seguirla in cucina. Rivestendosi alla buona, il ragazzo fu subito dietro di lei, scortandola in salotto. I suoni del temporale rimbombavano per tutta casa, mentre il forte vento cominciava a far sbattere numerose gemme incolore sulle lisce pareti delle finestre. Riempiendo quelle due tazzine che aveva lasciato sul lavello, da perfetta padrona di casa Valentina uscì dalla cucina con un piccolo vassoio per accompagnare il caffè con una zuccheriera di ceramica e un'ampolla per il latte. I due restarono allora a bere in silenzio continuando, di tanto in tanto, a lanciarsi piccole occhiate di sottecchi. Era strano da ammettere per entrambi, ma forse cominciavano a divertirsi.
-Non sei un tipo molto loquace eh, Nero?- domandò improvvisamente, tornando finalmente a guardarlo negli occhi: mentre lei se ne stava comodamente seduta su una piccola poltrona all'angolo dell’enorme sala da pranzo, decorata da pareti broccate e quadri di valore, il moro era seduto sul divano adiacente, rigido e composto quasi in un eccesso di educazione. Quasi, in realtà, come se non sapesse come comportarsi.
-Semplicemente non amo dare fiato alla bocca quando non ne sento il bisogno- alla sua affermazione, la ragazza inarcò di tutta sorpresa le sue folte sopracciglia scure:
-Questo è sintomo di grande intelligenza- rispose lei, più che compiaciuta, mentre si sollevava dal suo morbido poggio in pelle scura per dirigersi nuovamente in cucina:
-Prendo una birra, ti va?-
-Dovrei tornare di sotto, in realtà- rispose sollevandosi a sua volta, osservandola riemerge dal grande frigorifero con due bottiglie di Peroni congelate fra le mani sottili e pallide. Le sue grandi iridi verdi avevano ricominciato a ribolline, e tutto il suo viso assunse quasi immediatamente un’espressione di disappunto.
-Giù non mi saresti di alcuna utilità. Se proprio devi proteggermi, tanto vale che resti qui. Al caldo e con il cibo- con tono serio, la brunetta si avvicinò a lui lentamente, porgendogli la bottiglia. I suoi occhi sembravano penetrarlo da parte a parte. E del resto, lei aveva ragione e probabilmente la sua era solo una scusa per convincere sé stesso che starle lontano sarebbe stato meglio. Ma non per Valentina, per lui. Per quello che lei stava pericolosamente scatenando nel centro pieno del suo petto.
-Allora, a che cosa brindiamo?- le chiese sospirando piano, prendendole una bottiglia di birra dalle mani, per poi ammirare nuovamente quel ghignetto dispettoso che subito gli fece ricordare il grosso sbaglio che aveva appena commesso. Si stava mettendo nei guai, ora ne era sempre più sicuro.
-A noi?- propose la ragazza abbassando di qualche tono la sua voce, facendole raggiungere delle sfumature a tratti seducenti e spietate. Non lo convinceva l’atmosfera che si stava creando. C’era una tensione surreale anche per lui, che era il maestro dell’autocontrollo. Eppure lei era così… diversa. Sfacciata, sfrontata. Ma c’era qualcosa, proprio sul fondo verdognolo dei suoi occhi grandi e ammalianti. Una sorta di piccolo bagliore chiaro che gli suggeriva che c’era qualcosa di più, sotto quella corazza. La verità era che forse se ne sentiva attratto.
-A noi- si udirono le bottiglie schioccare in un brindisi che, probabilmente, preannunciava l’inizio di un gioco decisamente pericoloso per i due partecipanti.
***
Erano passate all'incirca quattro ore da quel brindisi. Il salotto era pervaso dall'aria acre di fumo, mentre svariate bottiglie di birra vuote addobbavano il pavimento e il piccolo tavolino di legno massello, che separava la poltrona dal divano di pelle. Su quest’ultimo, una giovane donna se ne restava stravaccata con le gambe addossate allo schienale del comodo sofà, mentre i suoi lunghi capelli color ebano si riversavano come una cascata verso il pavimento. Una sigaretta, quasi consumata del tutto, schiudeva appena le sue piccole labbra, lasciandone fuoriuscire soffici nuvole grigiastre. Proprio al suo fianco, un ragazzo restava seduto composto, sorseggiandosi di tanto in tanto l’ennesima Peroni congelata. I suoi grandi occhi languidi sembravano guardare un punto indefinito nel vuoto. Quasi si fosse perso all'interno dei propri pensieri. Avevano chiacchierato del più e del meno, nulla di importante. Eppure si erano trovati bene. Il silenzio poi, era come una costante che gli permetteva di riflettere l’uno dell’altra.
-Posso vederla?- gli domandò improvvisamente, spezzando quella sottile quiete che si era venuta a creare tra loro.
-Cosa?- chiese lui a sua volta, senza smettere di guardare il vuoto.
-La tua pistola- rispose lei spegnendo la cicca prima di sollevarsi appena. Puntando i gomiti contro la seduta di pelle del divano, Valentina inarcò piano il capo per ricercare il suo sguardo che, nel giro di pochi secondi, fu nuovamente su di lei. Come se si fosse sentito osservato, il Nero aveva immediatamente ricambiato la sua premura. E forse, in realtà, la stava semplicemente aspettando.
-Tranquillo, non te lo rovino quel bel faccino…- ridacchiò lei con fare scherzoso e rassicurante. E si stupì di sé stessa quando vide la sua bocca carnosa assumere un ghigno vagamente simile ad un piccolo sorriso. Senza risponderle allora, il moro si sollevò piano, sfilandosi l’arma dai pantaloni per poi allungargliela cortesemente. Con un discreto interesse, la giovane decise di riportare i piedi per terra, e tornare a sedersi in maniera più consona al fianco della sua “guardia del corpo”, anche se nella sua testa non amava definirlo così. Si passò allora la pistola del moro fra le mani, cercando di sentirne bene il peso e quanto fosse effettivamente maneggevole. Non la caricò mai, ma fece qualche prova nel prendere la mira.
-Chissà quante persone ci avrai ucciso con questa…- forse non se ne era neanche resa conto di averlo detto, ma nel giro di pochi istanti, sentì il peso dei suoi grandi occhi azzurri gravare proprio dietro la sua nuca e le sue spalle. E proprio come aveva previsto, quando Valentina si voltò appena verso di lui, constatò che il Nero la stava fissando con uno sguardo serio e severo. Le sue iridi sembravano essersi dilatate per la sorpresa, e questo quasi la lusingò. Era riuscita a scalfire il suo autocontrollo apparentemente indistruttibile. Stentava a crederci.
-Siamo realisti- cominciò lei sogghignando appena –Lavori per Zio Carlo. So bene di cosa è capace quell'uomo e quelli che lavorano per lui. Sarò una ragazza ma non sono stupida…-
-Già…- sospirò lui, piano, lanciandole un’occhiata eloquente e, al tempo stesso audace.
-Me ne sono accorto- finì esponendole nuovamente quel ghigno compiaciuto che non riusciva a decifrare.
-Non ti allargare troppo con i complimenti eh- sbuffò lei in modo sarcastico, restituendogli la pistola prima di allungarsi sul tavolino del salotto e afferrare un’altra sigaretta. Se l’accese subito dopo fra le labbra, aspirandola con desiderio.
-Allora?- domandò subito dopo, lasciando uscire una nuova nuvola di fumo che finì per disperdersi nel salotto nel giro di pochi secondi.
-Cosa?-
-Quanti ne hai uccisi?- chiese mostrandosi più diretta e spavalda. E alla sua richiesta, il moro non riuscì ad evitare di inarcare il sopracciglio verso l’alto, osservandola affascinato dalla sua forte, quanto pericolosa curiosità.
-Ne ho perso il conto- fu tutto quello che riuscì a risponderle in quell'esatto momento. E per lei, quella fu una risposta sufficiente. Fra i due allora, che avevano ripreso il loro incomprensibile gioco di sguardi, calò un nuovo mantello del silenzio, avvolgendoli quasi in un caldo abbraccio. Non le stava mentendo, e di questo ne era completamente certa. Il Nero era tremendamente serio, e lo evinceva dalla sfumatura inquietante e inespressiva del suo volto e dei suoi grandi occhi chiari. Quello, fu uno sguardo talmente intenso che per la prima volta Valentina si sentì vibrare.
-Immagino che sia un lavoro piuttosto noioso quello di proteggere una come me…- e dette quelle parole, per la prima volta in tutta la serata, la ragazza abbassò lo sguardo, quasi in segno di resa. Fu un gesto talmente impulsivo e imprevisto, che persino il sicario si era sentito deluso. La osservò rannicchiarsi in sé stessa, continuando a fumare silenziosamente mentre esponeva i suoi fari verdi verso un punto lontano e indefinito del soffitto. E a quella vista, il moro sentì nuovamente qualcosa all'altezza del petto pizzicare in modo fastidioso. Come aveva pensato, c’era qualcosa in lei. Qualcosa che non riusciva ad esternare. Qualcosa che la rendeva particolare rispetto alle altre donne con cui aveva avuto a che fare.
-No. A dire il vero non lo è- rispose piano. Ed era la verità. Si era detto che era un lavoretto inutile, e invece stava scoprendo una persona completamente diversa da quella che si era immaginato. E non gli stava dispiacendo, anzi. Alla sua affermazione, la bruna dipinse una curvatura sottile ed elegante sulle sue labbra, senza però riuscire a guardarlo.
-Anche tu non sei per niente male, se devo essere sincera- constatò infine lei, prendendo un’altra boccata lunga e sofferta della sua amata sigaretta. Il Nero si soffermò allora sul suo profilo grazioso, e sul modo in cui i suoi occhi s’incupivano con il passare del tempo che spendevano a guardare altrove. Ci fu una domanda, allora, che cominciò a torturare la mente del ragazzo. Un quesito particolare e ben preciso che, tuttavia, non era sicuro di volerle fare.
-Valentina- la ragazza si sentì quasi mancare un battito quando udì il suo nome pronunciato da lui, con la sua voce calda, vellutata e, in un certo qual verso, rilassante. Era la prima volta che la chiamava, ora che ci faceva caso, e per lei fu doppiamente impossibile non guardarlo con stupore e un notevole interesse.
-Tu hai mai ucciso un uomo?- le domandò senza troppi giri di parole, mantenendo una calma disarmante. E lei, di rimandò, lo guardo come se in quel momento si aspettasse proprio quella domanda da lui. La ragazza abbassò nuovamente lo sguardo, tornando a fumare.
-Si…- aveva bofonchiato piano, senza osare guardarlo. –Ma è stato molto tempo fa- gli disse prima di spegnere anche quella cicca ormai totalmente consumata.
-Scusami- le disse in un primo momento cercando i suoi occhi, quasi come se adesso fosse lui quello alla ricerca di conforto:
-Non era mia intenzione…-
-Tranquillo- lo interruppe lei, sorridendogli appena:
 –Ti stai rivelando fin troppo gentile. Perciò non farti problemi- lo rassicurò in modo molto distaccato, tornando ad avvolgersi le gambe con le sue stesse braccia, quasi alla ricerca di calore. Nero e Valentina rimasero allora agli antipodi del divano per minuti interminabili, non sapendo più cosa dirsi. Il moro, dal canto suo, aveva scoperto di aver premuto i tasti giusti, e di aver trovato quel segreto che rendeva quella ragazza misteriosa e decisamente più interessante di chiunque altra.
-Era l’uomo che ha ucciso mia madre…- disse improvvisamente, cogliendolo alla sprovvista e allettando pericolosamente la sua attenzione.
-Zio Carlo mi ha aiutata- aggiunse infine. E per la prima volta, Valentina guardò il ragazzo al suo fianco non con occhi di sfida, ma con uno sguardo sereno e al contempo malinconico e sconsolato. Uno sguardo talmente disarmante e incantevole che gli fu del tutto impossibile da ignorare.
-Mi posso avvicinare?- per qualche istante, la sua domanda gli sembrò piuttosto strana, proprio come lei del resto.
-Sì- e senza farselo ripetere due volte, la giovane figlia del dottor Bracaglia aveva accorciato le distanze fra il suo corpo e quello del giovane che aveva al suo fianco. Un uomo che sembrava portare il peso di mille segreti sulle spalle, senza però lamentarsene mai. E senza fiatare, la brunetta ora era a pochi centimetri da lui, il quale non faceva altro che osservarla in silenzio.
-Era la prima volta che lo dicevo a qualcuno…- gli confessò a bassa voce, lasciando così comprendere al Nero il motivo della sua richiesta iniziale. Se ci pensava, se ne sentiva quasi lusingato.
-E perché lo hai detto proprio a me?-
-Non lo so- rispose frettolosamente, immergendosi in quelle pozze cristalline scavate all'interno delle sue cavità orbitali. Sembravano quasi come se fossero in grado di entrarle dentro e leggere i suoi pensieri, quelli che non aveva il coraggio di pronunciare di fronte ad anima viva. Forse era anche per questo che Valentina, in fondo, si sentiva affascinata da lui.
-Non mi sembri uno che ammazza solo per soldi. Credo sia per questo- gli confidò, sollevando appena lo sguardo per vederlo sogghignare piano:
-No, in effetti non lo sono- i due questa volta si sorrisero a vicenda, abbassando contemporaneamente lo sguardo.
-Devo ammetterlo. Sei un tipo strano. Però mi piaci-e si guardarono ancora, e ancora. Per istanti pericolosamente lunghi ed estenuanti. E tutta quell’aria carica di tensione parve appesantirsi ancora di più, accendendo nel petto dell’uomo una miccia che avrebbe fatto fatica a spegnere. E lei, del resto, cominciava a sentire dei brividi farla tremare ad ogni minimo contatto visivo. Così, fingendosi vaga, la bruna ridacchiò appena facendo quasi per scostarsi da lui quando, con un movimento del tutto impulsivo e imprevisto, la mano grande del Nero afferrò il polso della più piccola in una presa salda e decisa. Immediatamente i suoi occhi verdi incontrarono quelli grandi e languidi di lui che, penetrandola da parte a parte, abbassò appena la voce sussurrandole con tono basso e roco:
-Posso avvicinarmi?- e senza rispondergli, la ragazza annuì cercando di non perdere il contatto con i suoi maestosi occhi azzurri. Il moro per la prima volta in tutta la serata prese iniziativa, e cominciò ad accucciarsi pericolosamente contro il suo viso. E mano a mano che si faceva sempre più vicino, Valentina cominciava a pregustare quello che sarebbe successo da lì a breve. Si sentì per la prima volta inerme di fronte a un uomo, completamente disarmata di tutte le sue armi migliori, seduzione compresa. Quel Nero era una vera e propria scommessa, e arrivata a questo punto, decise che era finito il tempo dei giochetti. Ora poteva fare sul serio. Con grande delicatezza, la brunetta sollevò appena una mano sul viso del giovane uomo, carezzandogli le guance lisce e pallide. A quel contatto, del tutto innocente e amorevole, il moro chiuse gli occhi, quasi volendo assaporare quella dolce sensazione che, da molto tempo, aveva smesso di provare. Fu in quell'esatto istante che la donna decise di agire, azzerando completamente le distanze fra i loro volti. Gli rubò un piccolo bacio a fior di labbra, cogliendolo alla sprovvista. Un ghigno malevolo si scolpì sulla sua bocca carnosa, che nel giro di pochi istanti ricambiò il dispetto, avventandosi su quella più sottile della ragazza, che travolta dall'inaspettato impeto del Nero non poté far altro che legargli le braccia attorno alle spalle, e inoltrare una mano fra i suoi folti capelli corvini. Finalmente, dopo anni trascorsi a cambiare uomo per mancanza di virilità e di carattere, Valentina si sentì il cuore scoppiarle nel petto per l’effetto di un misero bacio. E questo le fece molta paura. Poi, proprio quando il moro cercò di prolungare quel loro interessante contatto, schiudendole le labbra con la lingua, un trillo metallico colse entrambi alla sprovvista. Dovettero ascoltare quel suono una seconda volta per capire che si trattasse del campanello del portone.
-Aspettavi visite?- soffiò il Nero a pochi millimetri dalla sua pelle con una serietà inquietante.
-No- sussurrò lei scostandosi appena dal suo corpo per permettergli di sollevarsi dal divano ed estrarre prontamente la pistola. La giovane lo imitò subito dopo, fiancheggiandolo mentre avanzava a piccoli passi verso l’ingresso. Sentirono poi qualcuno cominciare a battere furiosamente sulla porta, e quasi meccanicamente il ragazzo caricò un colpo in canna, intimando alla bruna di mettersi dietro di lui:
-Valentina! Apri! Cazzo dai apri te voglio parlà!- era una voce maschile piuttosto impastata e biascicante, il che lasciò intuire al giovane sicario che dall'altro lato ci fosse qualcuno evidentemente ubriaco. Si voltò piano, ricercando lo sguardo della ragazza, che roteando gli occhi al cielo in segno di stizza, gli rispose:
-È quel coglione di Petrucci. Sono mesi che mi viene dietro. È uno tranquillo- lo rassicurò facendogli cenno di aprire la porta, anche se era visibilmente scocciata. E, del resto, anche lui non poteva ritenersi entusiasta dalla sua improvvisata. Quando il moro aprì un giovane uomo, non troppo alto e con i vestiti e i capelli biondi completamente bagnati, entrò di tutta fretta in casa della piccola Bracaglia brandendo una bottiglia di vino tra le mani. Sembrava non essersi neanche accorto della sua presenza perché, nel giro di pochi secondi, aveva raggiunto ad ampie falcate la ragazza che, incrociando le braccia al petto, lo fulminò con uno sguardo serio e austero.
-Me voi spiegà perché so settimane che nun me risponni ar telefono?- sebbene ci fosse più di un metro a dividerli, Valentina riusciva a sentire il fetore di alcol cominciare a nausearla.
-Perché?!- sbuffò infastidita –Luca, io non ho niente da dirti- la bruna cercò di mantenere la calma, e gli parlò piano cercando di assicurarsi che la capisse al meglio. Questo, barcollando sul posto, sgranò appena i suoi piccoli occhi scuri, confuso.
-Ma che vor dì?- fece per avvicinarsi ulteriormente alla giovane, che immediatamente indietreggiò stizzita. Tempo tre miseri passi poi il Nero, stancatosi di assistere a quella scenetta pietosa, si avvicinò a Valentina con ampie falcate, parandosi innanzi a lei per bloccare la sua avanzata:
-Mi sembra che sia stata abbastanza chiara- disse con una tranquillità del tutto disarmante, in totale disaccordo con i lineamenti affilati e contriti del suo pallido volto.
-E te mo chi cazzo saresti?- il biondo sogghignò appena, quasi divertito del fatto che non fossero soli in quella stanza. Anzi, il rossore sulle gote tonde cominciava a fargli diventare l’intero volto paonazzo, e dai suoi occhi lucidi sembrò quasi che avesse tutta l’intenzione di attaccare brighe.
-Uno che si è stancato di sentire il tuo cattivo odore- composto, come suo solito, il moro sollevò la pistola contro la sua testa, cogliendolo decisamente alla sprovvista. E sebbene fosse decisamente annebbiato dai fumi alcolici del vino che aveva appena bevuto, il giovane Luca Petrucci era ancora piuttosto cosciente per capire che si stava per cacciare in una situazione decisamente spiacevole. Sollevò allora le mani in segno di resa, ma non riuscì a controllare una risata viscida e impastata quando, abbassando appena lo sguardo, intravide il simbolo appeso al collo del suo avversario.
-Bono fratè. Tranquillo. Ero venuto solo a chiacchierare. Ma mesà che ho interotto quarcosa…- senza minimamente degnarlo di una risposa, il moro continuò ad osservarlo con disgusto. E sebbene sentisse già quel familiare e irrefrenabile impulso di premere il grilletto, cercò per quanto possibile di trattenersi. Un morto in più da aggiungere alla sua lista, in quel momento, era decisamente sconveniente.
-Torna a casa Luca…- affermò Valentina, fiancheggiando nuovamente la sua guardia del corpo.
-Ce vado. Ce vado- le rispose frettolosamente prima di voltare i tacchi. Tuttavia, la brunetta non fece neanche in tempo a tirare un sospiro di sollievo che il biondo fece velocemente retro-front:
-Ao, chiamame però quanno hai finito de scopatte questo eh. Che tanto se sa che i fascistoni dureno poco- vide il volto del Nero accumulare una forte tensione. Ma non parlò. Era troppo intelligente per cadere a provocazioni di basso borgo come quella, e Valentina dal canto suo apprezzò particolarmente la sua maturità. Si udì la porta sbattere all'improvviso, segnando la fine di quel quadretto poco invitante e del tutto inutile e che, tra l’altro, gli aveva fatto perdere fin troppo tempo. Il silenzio calò nuovamente sui due che, in piedi in mezzo al salotto, a pochi metri l’uno dall'altra, ricominciarono a sfidarsi con sguardi eloquenti e decisamente poco benevoli. Una cosa però la ragazza volle ammettere a sé stessa: vedere il Nero così concentrato, pronto a sparare per tenere Petrucci lontano da lei, era stato quasi emozionante. Aveva sentito l’adrenalina scorrerle nelle vene e metterle in subbuglio lo stomaco. E ora che i suoi occhi tornavano a penetrarle il cranio, sentì un estenuante brivido caldo percorrerle tutta la schiena. Senza mai sconnettere il loro contatto visivo, il moro dal canto suo ripose la sua fidata arma, cominciando ad avvicinarsi pericolosamente a lei. E più le distanze si accorciavano, più riusciva a sentire la tensione scaldarsi. Una strana fantasia gli balenò in mente, e riuscì a tollerarla a fatica.
-Pensi di ricevere altre visite di questo genere, stasera?- le domandò piano, e per la prima volta Valentina vide una luce diversa illuminargli lo sguardo. Era rovente e agghiacciante al tempo stesso. Sembrava volerla inghiottire. Senza aprir bocca, la bruna si limitò a scuotere appena la testa, cominciando a sollevare freneticamente la cassa toracica quando il moro accorciò ulteriormente lo spazio che lo separava dal suo corpo.
-Che dici?- domandò improvvisamente lei, aspettando che si fosse avvicinato abbastanza per poterla sentire sussurrargli:
-È vero che i fascistoni durano poco?- canzonandolo con un serio sguardo di sfida, la brunetta cercò di mantenere i nervi saldi quando, con un gesto leggero e delicato, la mano grande e callosa del Nero si posò dietro la sua schiena per portarla prontamente al suo petto.
-Questo devi dirmelo tu…- le rispose prontamente, assumendo quel tono basso e vellutato che, senza preavviso, la fece vibrare fra le sue braccia. La più piccola riusciva a sentire le carezze suadenti delle sue dita al di sopra della canottiera sottile, percorrendole delle invisibili circonferenze sulla schiena. Il suo respiro caldo le sfiorava le guance, e man mano che si avvicinava il suo profumo si faceva sempre più intenso. Un ghigno malizioso si dipinse sulla bocca del ragazzo, e d’impulso Valentina non riuscì a trattenersi dal desiderio di assaggiarla ancora una volta. Sapeva di buono, aveva un leggero retrogusto amarognolo di birra, ma non era fastidioso, anzi. Inoltrò una mano tra i suoi folti capelli, intrecciandoli alle dita, giocandoci dispettosamente mentre tra le loro lingue si stava sostenendo un vero e proprio duello per la supremazia. Tuttavia, proprio quando il Nero stava cominciando a scaldarsi, diventando sempre più impulsivo e famelico, la bruna lo bloccò, mordendogli dispettosamente il labbro inferiore.
-Diciamo che per questa sera ti sei divertito abbastanza, hmm?- sogghignò lei puntandogli ambo le mani all'altezza del petto, per poterlo scostare gentilmente dal suo corpo. Impietrito, il moro rimase a dir poco basito:
-Fai sul serio?-
-Ohh sì!- sospirò lei guardandolo con un desiderio tale da fargli ribollire il sangue nelle vene.
-Se pensavi che portarmi a letto sarebbe stato così facile, sappi che ti sbagli- era seria, se non addirittura spietata. Lei aveva più che intuito il suo disappunto, e vederlo con la mandibola contrita, nel vano tentativo di mantenere quella maschera inespressiva che tanto l’affascinava e l’inquietava al tempo stesso, non era altro che un valido pretesto per spingerla a dare tutto il suo peggio. Quel ragazzo aveva uno strano effetto su di lei e forse, a giudicare dal fervore che bruciava avido nel suo sguardo, anche lui aveva cominciato a capirlo. E sebbene in quell'esatto istante avrebbe voluto tapparle la bocca, il Nero tornò a pensare a quella stessa tenacia che aveva visto qualche ora prima. Quella sfrontatezza che, inutile dirlo, aveva scatenato in lui una curiosità insistente e pericolosa.
-Il divano è comodo, comunque. Buonanotte…- un sorriso del tutto pudico e infantile aveva rimpiazzato lo sguardo insistente della giovane, che ridacchiando cominciò ad avviarsi a letto senza degnarlo più di uno sguardo. Il Nero rimase allora immobile in quella posizione per qualche secondo, aspettando di udire la porta della sua camera da letto chiudersi. Poi, quasi sospirando sommessamente, il giovane non riuscì a trattenere un ennesimo sorriso. Sapeva che stava cominciando una partita insidiosa e piena di rischi, ma si disse che forse, per lei, ne sarebbe valsa la pena.

*Angolino di Virgy*
Ecco il secondo capitolo! Spero vivamente che la storia vi stia piacendo, So che sembra piuttosto... "veloce", ma da quello che ho visto, anche la serie televisiva scorre in maniera molto rapida. Anzi, a volte sembra non lasciarti neanche il tempo di ragionare. Comunque, tornando alla storia, ribadisco che cercare di lasciare il Nero in IC è veramente complicato. Spero comunque di non aver deluso le vostre aspettative.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio
-V- 

 
  
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