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Autore: reby    31/01/2017    0 recensioni
Se quella mattina gli avessero detto che si sarebbe ritrovato schiacciato nella tube all’ora di punta insieme a mezza Londra con le dita di 007 intrecciate alle sue, avrebbe pensato a qualche tipo di allucinogeno russo.
Ed invece.
00Q, ovviamente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Bond, James/Q, James/Q, Q
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Breve oneshot abbastanza sconclusionata che mi è venuta in mente riguardando Skyfall in tv qualche giorno fa. In particolare il momento dello scambio di battute tra Q e Bond, quando quest’ultimo era all’inseguimento di Silva nella metro londinese. Andiamo, so che vi ricordate tutti di quel momento.  È la prima volta che scrivo di loro due, nonostante li ami già da tempo. Attendo i vostri pareri ed in punta di piedi mi defilo.
Buona lettura.
 
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-Benvenuto nella metro all’ora di punta-
-Non sei molto esperto in materia-

Ripensò a quelle frasi e un piccolo sorriso andò ad increspargli le labbra. Q sbirciò James e lo vide con gli occhi assottigliati e impaziente. No, non era decisamente un esperto in materia.
Era fermo davanti a lui con le mani in tasca, ma nonostante l’apparente distanza sembrava quasi che gli stesse facendo da scudo contro le persone che continuavano ad ammassarsi attorno a loro nella speranza di prendere il prossimo treno.
Il sorriso di Q si allargò un poco.
Sapeva di non doversi illudere perché James non era avvezzo a quel tipo di carinerie.
Storse la bocca. A pensarci bene, James non sembra avvezzo a qualsiasi tipo di carineria.
Quando quella mattina l’aveva letteralmente buttato fuori dall’MI6 con la banale frase: “Sembri sempre più malaticcio, andiamo Q ti serve la luce del sole”, non aveva tentennato poi molto. I suoi colleghi gli avevano lanciato una strana occhiata, alternando i loro sguardi perplessi tra lui e l’agente 007, ma come sempre Q se li era lasciati scivolare sulle spalle magre.
Avevano semplicemente fatto un giro in Hyde Park approfittando del timido sole che Londra aveva regalato loro quella mattina, non dicendosi quasi nulla. Non che ci fosse poi molto da dire. Erano dei giorni relativamente tranquilli, quelli, ma sapevano entrambi che era una pausa fasulla e che ben presto Bond sarebbe stato assegnato a qualche missione.
Q cominciava a temere quei momenti. Era il suo lavoro, certo, assistere gli agenti e fornire loro tutte le attrezzature più consone, ma da un po’ di tempo a quella parte, quando si trattava di Bond… un senso di apprensione sempre più pressante si faceva largo dentro di lui, dallo sterno fino ad arrivargli in gola.
Non poteva assolutamente permetterselo, lo sapeva. E sapeva già dalla prima volta, da quando si erano scambiati le prime parole su quella panca nella National Gallery che il rischio c’era ed era alto.

Si stava innamorando di lui. Forse parlare d’amore era eccessivo, ma Q infondo era un romantico e non poteva fare a meno di ricollegare quei pensieri e quelle sensazioni al sentimento più pericolo di tutti per chi lavorava nel suo ambiente.
L’amore non ti fa lavorare bene, aveva detto una volta M, non ricordava più a che proposito. Ed aveva dannatamente ragione.
Stava divagando come al solito. Una mente razionale come la sua che si lasciava andare spesso a pensieri come quelli, era decisamente atipico.

Sollevò lo sguardo e sobbalzò quando vide che James si era voltato verso di lui e lo osservava attentamente. Lo vide scuotere la testa e sbuffare sonoramente. Il treno era arrivato e lui nemmeno se n’era accorto. La gente cominciava ad ammassarsi verso le porte, sbatacchiandolo qua e là.
-Vieni-, sentì dire all’agente.
E poi accadde. La mano di James scivolò sulla sua, arpionandogli prima il polso in modo brusco, tanto che l’esile quartermaster si ritrovò spalmato sulla sua schiena senza nemmeno volerlo –davvero; poi, mentre l’altro fendeva la folla con assoluta nonchalance -una cosa impensabile per Q, che quasi sempre era costretto ad arretrare ed aspettare il treno successivo-, sentì le sue dita calde scendere dal polso al dorso della mano lentamente e chiedergli, senza nemmeno troppa gentilezza, di schiudere le dita per intrecciarle tra loro.
Se quella mattina gli avessero detto che si sarebbe ritrovato schiacciato nella tube all’ora di punta insieme a mezza Londra con le dita di 007 intrecciate alle sue, avrebbe pensato a qualche tipo di avvelenamento russo.
Ed invece.
Rimasero così per tutte le sette fermate. James sembrava impassibile, una maschera di cera. Invece Q cominciava seriamente a preoccuparsi del livello di sudorazione della sua mano, pericolosamente in aumento.
Ma che cazzo stavano facendo?
Quando le porte si aprirono alla loro fermata, improvvisamente sentì le dita di James abbandonarlo e si sentì stupidamente ferito. Quando scesero, vide l’altro alzare lo sguardo verso un angolo e capì. Le telecamere.
Q sorrise di nuovo. Stava diventando un’abitudine quel giorno. Allungò il passo per stargli dietro e ritornarono al quartier generale senza una parola.
Solo quando fu di nuovo davanti al suo laptop con una tazza di Earl Gray fumante tra le mani, a Q venne in mente una domanda che avrebbe dovuto porsi fin da subito.
Perché mai 007 che disponeva di un numero non ben definito di automobili aveva scelto di prendere la metro?
   
 
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