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Autore: Cara93    31/01/2017    0 recensioni
Una sera, riguardando vecchi episodi di Merlin, ho deciso di buttare giù un'idea che mi frullava da un po' in testa. Un crossover con la serie tv La Spada della Verità. Uther è ancora vivo, Artù è combattuto fra le sue responsabilità e il suo amore per Gwen. Merlino è ancora costretto a nascondere la sua natura, mentre Morgana trama alle spalle del re. In questo conteso, una misteriosa donna giunge da un'altra dimensione: Kahlan Amnell. Che fin da subito, esercita una sorta di attrazione verso il principe di Camelot e il suo mago. Ha bisogno di aiuto. Lo riceverà?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione, Contesto generale/vago
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Il Consiglio dei nobili di Camelot era schierato nella Sala del Trono del castello. Dovevano prendere una decisione terribile: decidere della vita di un uomo. I nobili e i dodici rappresentanti degli altri regni presero posto negli scranni preparati per loro, a lato della sala, a destra dello scranno reale. Alla sinistra era stata posizionata un'altra seduta, da cui Morgana avrebbe assistito al processo. A fronte del trono erano state approntate delle panche in cui curiosi, cavalieri e chiunque avesse voluto intervenire avrebbe potuto prendere posto. Tra le panche, gli scranni e la struttura in cui erano seduti i nobili vi era un semicerchio, in cui i partecipanti avrebbero perorato le loro ragioni. Un araldo annunciò l'entrata di Artù, nella sua argentea armatura. Successivamente, venne annunciata l'entrata di Morgana, che altera raggiunse la sua postazione, poi, a un cenno del sovrano, le guardie poste all'entrata della sala aprirono le porte. Una fiumana di persone, più o meno silenziose, fece il suo ingresso e presero rumorosamente posto sulle scomode panche. L'araldo suonò due volte il corno e Artù, si erse in tutta la sua altezza.
-Miei sudditi, miei nobili, oggi io, Artù Pendragon con l'aiuto del Consiglio, deciderò se Sir Elyan, figlio di Tom il fabbro è reo del crimine a lui prescritto: tentato regicidio. Verranno presentate prove e testimonianze a riprova o a discolpa di quest'accusa e alla fine udrete la sentenza. A sostegno dell'accusa, mio zio, Sir Agravaine, si premunirà di fornire le prove necessarie alla sua tesi. A sostegno della difesa, Gaius si premunirà di smentire tale accusa. Vi ricordo, inoltre, che chiunque voglia prender parola, in favore o contrario all'accusato, è libero di farlo.-
Un mormorio passò per la sala, all'udire il nome del medico di Corte. Già un processo ad un cavaliere era un evento di per sè incredibile, ma la difesa dello stesso da parte di un popolano, anche se illustre, era un evento eccezionale. Sir Agravaine, con il suo naso a becco, i flosci capelli corvini, dalla struttura robusta si erse in tutta la sua altezza al centro del semicerchio. Era vestito di tutto punto, un mantello di pelliccia gli copriva le spalle, chiusa con dei bottoni di madreperla, lunga fino alle ginocchia. Una pesante catena dorata, con un rubino al centro, svettava in mezzo al petto, risaltata dal pelo scuro dell'indumento. Chi avesse incontrato Sir Agravaine alcune settimane prima, non avrebbe potuto credere al suo cambiamento. Era il fratello maggiore di Igraine, madre di Artù e non aveva mai perdonato ai Pendragon la morte dell'adorata sorella. Dopo un'accesa lite avuta con Uther poco dopo la nascita del piccolo Artù, in cui accusava il re di omicidio, era stato esiliato e le sue ricchezze espropriate. Da allora, era vissuto come mercenario a fianco dei sovrani avversi al potere del re di Camelot, era stato amante della Regina Amris, donna bellissima e selvaggia, molto pericolosa che in un primo momento, aveva appoggiato le mire espansionistiche di Cenred, prima che questi decidesse di allearsi con la Somma Sacerdotessa. Anch'ella, come Uther, era una dei sovrani intolleranti nei confronti della magia, al contrario di Agravaine, che cambiava posizione a seconda del vento favorevole ai suoi egoistici scopi: la rovina dei Pendragon e di Camelot. Alla notizia della pazzia di Uther e della reggenza di Artù, aveva scritto al nipote, aveva ottenuto la grazia, gli erano stati restituiti i beni sequestrati ed era diventato il suo braccio destro. Artù non era a conoscenza di tutta la storia, ma Gaius sì e aveva trovato curioso che proprio Agravaine si fosse reso disponibile nel ruolo di accusatore di Elyan. Infatti, proprio per questo aveva chiesto e ottenuto di presentare le prove in sua difesa.
-Fedeli sudditi del regno, gentili nobili e voi, mio re- cominciò, con voce vibrante, da attore consumato. Il suo accento era particolarmente curato, i suoi vezzi, nel parlare, erano calcolati alla perfezione, studiati al solo scopo di ingraziarsi la folla -dovreste riflettere su una questione vitale: quest'uomo, un cavaliere che ha giurato fedeltà a Camelot ha compiuto un gesto imperdonabile. Quest'uomo, Sir Elyan, ha alzato la propria mano, quella mano che aveva baciato l'anello del re, quella mano promessa alla difesa del suo re, del suo regno e del suo popolo, ecco, con quella mano, Sir Elyan ha deciso di colpire l'uomo che aveva giurato di proteggere. Ma cosa ha provocato l'ira di questo cavaliere? Cosa, nella sua mente ha scatenato l'estrema azione? Ebbene, questo nessuno può saperlo. Io, da essere umano come voi, posso solo fare delle congetture. Ora, cosa sappiamo del giovane Elyan? Non appartiene alla nobiltà, essendo figlio del fabbro di Camelot. Non ha avuto un'istruzione da nobile, non ha appreso i doveri di un cavaliere, le sue uniche prospettive militari erano assai limitate, poteva aspirare ad essere un comune fante, o al limite, uno scudiero. Solo la fortuna e la sua intraprendenza ha regalato a questo giovane una brillante svolta nel suo oscuro destino. Salvando la vita al nostro re, all'epoca principe, Artù Pendragon, si è guadagnato il cavalierato. E se questo fosse stato il piano originario? Guadagnarsi la fiducia del principe allo scopo di raggiungere una posizione nel castello tale da permettergli di compiere il suo progetto, uccidere un re scomodo? Oppure, e secondo me più probabile, un segnale. C'è un motivo, se il mondo è diviso in gerarchie. C'è una ragione se il popolo non governa direttamente se stesso: non ne ha le competenze. Cosa c'è di più pericoloso di un uomo che sfida il proprio posto nel mondo? Esistono uomini nati per regnare, uomini nati per dirigere e uomini nati per eseguire. Sovvertire quest'ordine naturale, può portare ad azioni funeste. Come questa.- detto ciò, si congedò con un inchino. Verso la fine del suo discorso, Artù, dall'alto del suo scranno, sussultò visibilmente. Se Agravaine avesse vinto la diatriba con Gaius, non solo Elyan sarebbe stato condannato a morte, ma anche il suo regno e i suoi ideali avrebbero subito un forte scossone. A Merlino, invece, non era sfuggita l'occhiata che Agravaine aveva scambiato con Morgana. Che ci fosse lei dietro all'accusa ad Elyan?

Gaius entrò e prese il posto di Agravaine senza clamori. La differenza tra i due strideva notevolmente. Se Agravaine aveva approfittato della generosità di Artù e aveva cominciato a godere dei lussi che la sua posizione comportava, il vecchio medico di corte aveva un contegno e un abbigliamento modesti. La sua voce pacata e al contempo autoritaria, da cui la sincerità traspariva naturalmente, era un ulteriore contrasto con il suo avversario. Nonostante il suo viso segnato non lo lasciasse tasparire, l'esposizione di Agravaine era preoccupante e estremamente diversa da quella che si sarebbe aspettato. Aveva pensato che la presenza di Kahlan e del suo potere avesse inasprito la posizione della corte nei confronti della magia. Come lei stessa aveva ammesso, la sua natura portava la gente di ogni ceto a sospettare il peggio e a guardarla con occhi guardinghi. Camelot era da tempo un baluardo della lotta contro la magia e, ancor prima della morte della regina, chi praticava l'antica religione era guardato con sospetto e chi possedeva la magia doveva sopportare il peso di una sconfinata solitudine, bisbigli e pettegolezzi. Su questa base, aveva preparato la sua difesa, ma il suo avversario l'aveva stupito. Non solo sarebbe toccato a lui tirare in ballo quell'argomento scottante, ma avrebbe dovuto difendere Elyan da se stesso ed anche le scelte di Artù. Se avesse fallito, Artù sarebbe stato probabilmente detronato, e Camelot sarebbe stata più indifesa che mai, priva del suo re. Scambiò uno sguardo con Merlino, che gli sorrise cercando di incoraggiarlo. Mestamente, Gaius prese parola:-Signori della Corte, mio Sire e miei cari concittadini, ciò che dobbiamo prendere in esame è un caso spinoso. Un cavaliere del regno ha puntato la propria lama alla gola del re Uther Pendragon. L'accusa che gli è stata mossa, giustamente, è di tentato regicidio. Tentato, non perpetrato. Innanzi tutto, Sir Elyan non ha ucciso Uther Pendragon. Il mio predecessore, Sir Agravaine, ha prima affermato che i motivi che hanno spinto Sir Elyan a compiere questo gesto sono stati dettati dalla sua posizione. Quanti di noi appartenenti al popolo desideriamo o abbiamo desiderato la morte dei nostri sovrani? Sovente, ogni volta che un'ingiustizia nei nostri confronti veniva perpetrata, ogni volta che una tassa troppo alta ci è stata imposta, ogni volta che un uomo innocente doveva pagare per peccati commessi da altri. Cosa ci ha impedito di scatenare una rivolta? Il rispetto e l'amore nei confronti del nostro sovrano, che siamo educati a nutrire fin da piccoli. Ora, Sir Elyan è originario di una famiglia povera, ma molto rispettata nella nostra città. Suo padre godeva del rispetto del re e della corte e lo ha ricambiato. Lui e i suoi figli hanno sempre servito la famiglia reale e gli sono rimasti vicini più di qualsiasi nobile segga in questa assemblea. Quanti di voi, nobil signori, hanno porto il cavallo al principe Artù o hanno servito un piatto di carne ad Uther Pendragon? Pochi, forse nessuno. L'amore che Sir Elyan prova per questo regno e la famiglia reale è innato, è l'amore del contadino che protegge le proprie terre da un'invasione, l'amore di una madre verso il proprio figlio, incondizionato. Sir Agravaine ha, inoltre, affermato che Sir Elyan non era degno di essere un cavaliere perchè non ne conosce i dogmi e le regole. Ma le azioni di Sir Elyan smentiscono questa affermazione. Un cavaliere è disposto a rischiare la vita per il proprio re, ed Elyan l'ha fatto, in più di un'occasione. Un cavaliere deve essere giusto verso gli indigenti, chi poteva essere più giusto di lui nei confronti dei più poveri avendo sperimentato anch'egli la povertà? Un cavaliere deve proteggere i più deboli e Sir Elyan in quell'occasione l'ha fatto: ha difeso un uomo anziano e una donna dalla furia ingiustificata del proprio sovrano. La questione che voglio porvi è questa: un re può uccidere impunemente i propri sudditi, senza giudicarli per un crimine? Un re può essere boia, giudice e giuria? Se la risposta è sì, questo procedimento non ha da esistere.- Tacque. Dopo le parole di Gaius, un silenzio innaturale invase la sala. Il cerusico deglutì, certo di aver esagerato. Infatti, con uno scatto, Sir Talbott, uno dei nobili si alzò e, indignato gridò:-Ma questo è un oltraggio! Alto tradimento ed istigazione ad una rivolta!- Il nobile avrebbe voluto continuare, quando, dal fondo una voce si levò:-Voi nobili siete tutti uguali. Siete sicuri della vostra posizione e siete convinti di essere sempre nel giusto. Ma non è così. Nessun uomo, manco un re può prendersi la libertà di uccidere un uomo e restare impunito di fronte alla legge. Quando un criminale viene arrestato, si portano le prove contro di lui e il re avrebbe dovuto fare lo stesso! Elyan non ha tentato di uccidere il re!- Altre voci si levarono, favorevoli o contrarie, gli araldi cercavano di calmare i presenti, ma senza successo. Nessuno, neppure Artù riuscì a superare quella cacofonia, per quanto si sforzasse. La sala venne sgomberata a forza e il processo rimandato di qualche ora.

Cenred girava irrequieto intondo, le braccia conserte. Non riusciva a capire perchè l'Ultima Sacerdotessa avesse preteso che radunasse tutto il suo esercito se non dovevano ancora marciare alla volta di Camelot. Erano fermi da giorni nel loro accampamento, a due giorni di cammino rispetto alla città. I soldati fremevano, l'impazienza li rendeva rissosi e indisciplinati e temeva che, se non fossero partiti al più presto, la situazione potesse peggiorare. Doveva parlarne con Morgause. Aveva appena espresso questo desiderio, quando Morgause apparve, in tutto il suo malefico splendore. I biondi capelli al vento, gli zigomi alti taglienti quanto i suoi occhi, l'espressione feroce. Cenred capì subito che qualcosa non andava. La Somma Sacerdotessa era irritata.
-Qualcosa vi preoccupa, mia signora?- domandò, beffardo. Il tono dell'uomo non passò inosservato alla donna, che ricambiò con una smorfia sprezzante.
-Quello che non va, mio caro, è che non siete in grado di controllare i vostri uomini. Ho appena assistito ad una scena alquanto sgradevole, qui fuori: una rissa. Ma non un'oziosa scazzottata, no. Una rissa all'ultimo sangue.Sarete contento di sapere che l'ho sedata.- Qualcosa, nello sguardo della donna indusse il re a uscire di corsa dalla sua tenda. Fuori, lo spettacolo che si gli si presentò davanti ebbe il potere di ghiacciargli il sangue nelle vene, a lui, al potente e sadico Cenred. Tutti i soldati erano immobili e silenziosi, quasi senza vita. Due di loro, due fanti senza alcun grado, pesti e sanguinanti si guardavano fissi, immobili. Tutta quell'immobilità innaturale per un esercito. Si avvicinò a quelli che riteneva essere i responsabili della rissa, i due fanti pesti e domandò loro cosa fosse successo. I due uomini si ostinarono a rimanere immobili, senza guardarlo e senza rivolgergli un cenno di riconoscimento o di rispetto. Infuriato, il re colpì al volto uno dei due, che, con suo sommo orrore, si incrinò e cominciò a sgretolarsi con un rumore lacerante, simile a quello del cristallo. L'altro, lanciò un gemito e fece per slanciarsi verso il suo compagno, ma anch'egli si ruppe in mille pezzi. Sentendo dei passi alle sue spalle, Cenred si voltò, gli occhi sbarrati.
-Mi sono dimenticata di avvisarvi, mio caro. Ho lanciato un incantesimo a tutto il vostro esercito, che annullerò quando ci metteremo in marcia. Se tenteranno di muoversi o se verranno toccati si romperanno come il cristallo più delicato. Ovviamente, è un provvedimento provvisorio. Che senso ha avere un esercito che non può muoversi e si rompe al minimo contatto? Ah, con muoversi intendo, ogni minimo movimento. Sarà... temprante.- Sorrise, un orribile sorriso crudele. La Somma Sacerdotessa si avviò verso la sua tenda, camminando lentamente tra le file di uomini.
-Voi siete pazza!-ruggì Cenred, pronto a lanciarsi verso la donna. Con un gesto aggrazziato, Morgause si volse verso di lui, sempre con quel sorriso crudele addosso.
-Anche vostro fratello fa parte dell'esercito, vero Cenred?- Uno spasmo comparve sul viso del re. -Lo immaginavo- disse, poi, con l'indice sfiorò la spalla di uno degli uomini, che si distrusse all'istante.
-Ops... Non era vostro fratello, vero? Beh, chissà, il prossimo potrebbe essere lui... Ora, Cenred, abbiamo cose più importanti di cui preoccuparci.- Senza attendere una risposta, Morgause si avviò verso la sua tenda, lasciando Cenred solo che urlava il suo pentimento e la sua rabbia contro il cielo.

Il Mago del Primo Ordine, Zeddicus Zul'Zolander, irritato dalla piega presa dalla situazione, cominciò a lamentarsi a gran voce, dando fiato a qualunque pensiero balenasse nella sua mente. Tutta quella confusione non fece altro che rendere Darken Rahl più rabbioso che mai, tanto che giurò di uccidere il vecchio mago alla prima occasione. Il tempo sembrava interminabile, il vecchio faceva così tanto rumore che non riusciva a sentire i propri pensieri. Si era rassegnato alla sua sorte, ma i lamenti del vecchio ebbero l'effetto di svegliarlo dal suo torpore. Non aveva tentato di opporsi al destino che il fratello gli avrebbe riservato, certo che, al momento opportuno Richard si sarebbe mostrato per quello che era e l'avrebbe risparmiato. Nelle farneticazioni del vecchio aveva colto un senso di urgenza e di pericolo, che non poteva ignorare. Ogni essere dotato di buon senso non avrebbe ignorato le sensazioni di pericolo imminente di un mago del Primo Ordine, anche se farneticanti. Lui di buon senso e istinto di auto conservazione ne aveva in abbondanza. Perciò, con uno strappo deciso, saggiò le catene. Sì, in un modo o nell'altro, lui, Darken Rahl, se ne sarebbe andato da quel luogo maledetto.

Sentendo il cigolio delle catene, con un sorrisetto sul volto, Zeddicus Zul'Zolander lanciò un ultima frase farneticante, prima di sedersi composto, nella sua posizione consueta, a occhi chiusi, visualizzando. Forse c'era un modo alternativo per evadere. Forse.

      
   
 
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