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Autore: Artemisia89    01/06/2009    1 recensioni
A seguire, una frase. Una, quella frase specialmente. Integra la lesse e poi alzò gli occhi al buio.
Il buio, in tutta risposta, brillò e poi si spense.

E lui, lui cantava una grazia insostenibile.
[Integra/Alucard]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chiara

 

Burning flowers against darkness

(è solo il dono che lui ci fa ogni giorno di questa vita)

 

 

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Adorava la ruvidità dei libri vecchi. Il colore luminoso delle pagine ingiallite sembrava splendere nel buio compatto della biblioteca, le luci fioche delle lampade erano lontane come un miraggio superfluo ed a lei indifferente. Integra studiava, placidamente.

Quel giorno pioveva. Smetteva, poi ricominciava. L’odore della pioggia e della terra penetrava da sotto le porte massicce, spingeva le tende delle finestre chiuse. C’era sempre, attorno a lei, qualcosa che si muoveva. Integra sentiva costantemente quella presenza nel buio solido. Sapeva che sarebbe stato difficile, quando poi non l’avrebbe più sentita. Tuttavia, Integra, non poteva distrarsi quel pomeriggio – ormai diventato sera: aveva dei compiti da finire. E quella volta si trattava di filosofia. Una materia che le era sempre piaciuta poco, molto poco, praticamente per niente. Ed era più il tempo che perdeva a fare disegnini sul suo blocco appunti, tanto che a giornata finita, faceva finta di non averla mai nemmeno iniziata. Giusto per orgoglio personale.

Tuttavia non aveva voglia di tornare in camera, quella sera. C’era qualcosa nella biblioteca che (rideva?) la tratteneva lì. Non era il dovere, non era la pioggia, non era il buio. Erano delle parole in tedesco che aveva letto al margine della pagina. Qualcosa come Die Geburt der Tragödie e via dicendo, una qualche opera di un qualche autore dal nome impronunciabile.

A seguire, una frase. Una, quella frase specialmente. Integra la lesse e poi alzò gli occhi al buio.

 Il buio, in tutta risposta, brillò e poi si spense.

 

 

Integra stringeva la fibbia della cintura attorno alla vita. Prendeva la spada, ne ricontrollava la lama, la rinfoderava. La pistola sul fianco destro era come un gatto addormentato sul suo corpo. La divisa, una sorta di seconda pelle. Walter entrò a porgerle un bicchiere di vino. Integra lo bevve guardandosi allo specchio della sua stanza.  Dov’è lui? chiese. Walter le rispose con il suo solito sorriso sormontato dagli occhi sereni appena schiusi. È lì, milady, disse. Ovviamente, concluse Integra. Ovviamente. E tirò giù d’un fiato, tutto il bicchiere di vino.

Mentre scendeva dall’elicottero, le ritornò in mente la differenza tra il buio di quella sera, in biblioteca, e il buio della notte, quando scendevano le tenebre. Quello non era buio. Soffocò una risata. Ma per piacere. Il buio vero, il mondo, nemmeno sa cos’è,  e si diresse verso quella casa che si stagliava sopra tutta la valle, dall’alto del suo male perché lui era lì. L’abbraccio di buio la accolse non appena chiuse la porta dietro di sé. Era dolce, quando l’abbracciava, sempre. E sempre le poneva la scelta fatale che la faceva ridere e arrabbiare ogni volta. Passo dopo passo, il rumore dei tacchi in sottofondo, le stelle a cadere fuori dalle finestre polverose, gli schizzi di sangue lungo i muri brillavano come fiori di fuoco di un buio gentile.

Seras Victoria, accanto a lei, deglutiva. E non capiva, perché, povera lei, non vedeva niente.

 

 

Lui era lì, naturalmente. Chino sul suo pasto, cantava una grazia insostenibile. Integra rimase a guardarlo dimenticandosi anche di Seras e delle sue guardie del corpo che lottavano contro la loro paura. Integra lo guardò dissanguare quella ragazzina, vide il piede di lei muoversi, gli ultimi spasmi ad agitarla ancora nelle sue braccia. Schiuse le labbra, lo guardò quasi implorante. Quasi una preghiera udì lui, dovette udire, per alzare gli occhi sulla sua padrona. Lei era lì, davanti a lui. Chiuse gli occhi, depose il corpo vuoto sul pavimento, si terse le labbra con un fazzoletto nero. Poi lo riprese. La testa ciondolava oltre il suo braccio, i buchi profondi sul collo la guardavano come due occhietti vuoti. Integra tornò a quella sera in biblioteca e capi atrocemente il senso di quella frase. Alucard si avvicinò di altri due passi, le offriva quel corpo come l’omaggio più prezioso.

«…und die Tragödie singt diese unmögliche Vereinigung. » sussurrò.

«Master? »

Integra non distolse lo sguardo dal corpo che il suo servo le offriva. La testa come a staccarsi dal collo, il sorriso di lui, quasi sacro. Poi rispose a Seras, povera bambina troppo luminosa, ancora troppo viva e cieca per capire. Le parole le uscirono dalla bocca pesanti come una sentenza, ma leggere come l’aria della notte.

 

 

 

 

 

«Solo lui può apprezzare in quel modo la bellezza di una vita che muore. »

 

 

***

 

 

A Lè. Anche se non ci conosciamo bene, la dolcezza che metti in ogni parola rende sempre speciale le nostre sporadiche conversazioni.

Tanti, tanti auguri di buon compleanno tesoro, da me e da tutto l’Hellsing. 

(Giuro, Alucard con cappellino e trombetta è un paradiso dei sensi) <3

Clèr

  
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