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Autore: Dreamer In Love    01/02/2017    2 recensioni
"Forse Boa Hancock aveva letto negli occhi di Nami la sua disperazione e voleva ferirla; forse, invece, era solo un modo per metterla alla prova, ma mai parole furono più vere e letali. Una cieca rabbia rese le gote della rossa ancora più porpora rispetto al solo calore del bagno e decise di contraccambiare. Dopotutto, pensò, sentirsi un topo non faceva per lei: c'era un motivo se la chiamavano gatta ladra e non si sarebbe fatta intimorire da uno sciocco serpente. "
Boa Hancock e Nami, seprente e gatto, si scontrano in una battaglia di parole taglienti e sguardi: chi verrà sottomessa alla legge del più forte?
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boa Hancock, Monkey D. Rufy, Nami | Coppie: Rufy/Nami
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Legge del più forte
Nami sospirò brevemente. Insomma, quando era partita all'avventura con Rufy e gli altri, aveva sospettato che non sarebbe stato un viaggio qualsiasi, che avrebbe vissuto le situazioni più disparate e improbabili. Si era adeguata a qualsiasi circostanza, clima, ambiente, persona; aveva dato corda alle idee impossibili del suo capitano, sempre pronto a pensare fuori da qualsiasi schema. Eppure, la sua strabiliante capacità di adattamento e intuizione non erano servite a nulla quando, poco meno di un’ora prima, aveva ricevuto quella proposta. Si strinse nell'asciugamano che avvolgeva il suo corpo nudo, dubbiosa, cercando di capire come comportarsi. Certo, si era sempre considerata una bella donna, esuberante e sensuale alla giusta occorrenza ma davanti a lei aveva una vera e propria dea e l'imbarazzo stava prendendo il sopravvento sulla sua solita strafottenza.
Boa Hancock, non per nulla soprannominata la donna più bella del mondo, dominava l'ambiente che la circondava: le acque e i vapori del bagno termale reale rendevano la sua pelle più liscia, i capelli più lucidi e il corpo, già spettacolare, più tonico. Il tatuaggio che aveva sulla schiena - ricordo del suo passato da schiava e della cui storia, Nami, era stata informata da Jinbe – era nascosto dalla chioma corvina. La ragazza in questione, comunque, la stava osservando - gli enormi occhi cobalto che sbattevano eleganti le lunghe ciglia -  con fare curioso e malizioso.
- Su, tesoro! Che aspetti? L'acqua è fantastica. -, la invitò docilmente Hancock.
Nani arricciò le labbra. Non capiva proprio quel tono che la voce della mora assumeva ogni volta le rivolgeva parola. Lasciva e accondiscendente, ecco come avrebbe descritto l’imperatrice delle Amazzoni da quando i Pirati di cappello di paglia erano sbarcati sull'isola. Inizialmente, la rossa aveva pensato che si trattasse di pura e semplice gentilezza ma, man mano i giorni trascorrevano, si era accorta che quell'atteggiamento era rivolto soprattutto a lei e che si accentuava quando Rufy era nei paraggi: allora, Boa Hancock le accarezzava i capelli, le versava da bere o le faceva complimenti, sempre con il sorriso falso sulle labbra morbide e sottili. Perché anche confrontandosi con Robin, Nami aveva capito di essere considerata come una minaccia da parte della donna. Il motivo di quell’ostilità le era sconosciuto e, se anche l'archeologa avesse avuto ragione sul presunto amore di Hancock per Rufy, non pensava punto di essere un problema. Rufy era troppo concentrato a diventare re dei pirati per rendersi conto dell'esistenza del genere femminile e, se anche ci fosse stato dell'interesse, Nami dubitava che le attenzioni del capitano potessero ricadere su di lei, soprattutto in confronto a una donna del genere. Quindi, Nami si sentiva come un topolino davanti alle fauci del serpente: arrendersi, rassegnata, al nemico o cercare almeno di scappare? Certo, non voleva inimicarsi una della Flotta dei sette - anche per il bene della sua ciurma - per cui tanto valeva mettere in chiaro le cose. All'ennesimo invito della mora, la navigatrice si fece coraggio e, lasciando cadere il tessuto che la copriva, a terra, s’immerse nelle acque.
Nuotò per raggiungere la regina al centro della vasca e si beò del calore dell’acqua sulla pelle. I lunghi capelli ramati galleggiavano morbidi sulla superficie, generando piccole onde. Hancock le sorrise ancora.
- Sei molto bella. -
La rossa rise leggera.
- In confronto a te non ho proprio speranza. -
Hancock annuì soddisfatta.
- Hai ragione. –
Nami dovette sforzarsi di mantenere un’espressione divertita. Hancock poteva almeno sforzarsi di essere modesta, no? Comunque, come quando nell’aria sentiva odore di tempesta, quella semplice affermazione le aveva dato la sensazione di essere il preludio di qualcosa di diverso.
- Immagino che Rufy ti abbia parlato di come ci siamo conosciuti. –
La navigatrice annuì tra sé: Hancock aveva deciso di abbassare la maschera e di rivelarsi per ciò che era davvero. Volle prendere tempo e afferrò una saponetta, cominciando a strofinarsi la pelle. La mora manteneva paziente il sorriso di circostanza.
- In realtà, no. -, rispose, infine. – Ha raccontato poco e nulla dei due anni in cui siamo rimasti divisi: lo tormenta ancora la morte di Ace. Spesso durante la notte si sveglia in preda agli incubi. –
Lo sbattere continuo di ciglia della regina indicò a Nami una piccola crepa in quel teatrino.
- Incubi? –
La rossa annuì.
- Quando capita, gli preparo del latte caldo per aiutarlo a calmarsi. Ma è niente rispetto al conforto che ha avuto da parte tua e dal tuo popolo. Non so come ringraziarvi, davvero. –
Ma stavolta, mentre pronunciava quelle parole, fu Nami a sentire qualcosa che si rompeva, nel suo cuore. Quella labile cucitura che aveva rilegato i sensi di colpa e la disperazione di quel periodo stava minacciando di cedere. Quante volte sentire quel nome – Ace –, sussurrato o urlato nel sonno, l’aveva fatta correre al capezzale del suo capitano per cercare di svegliarlo con carezze sottili e pronunciando il suo nome – Rufy – con cauta dolcezza; e vedere i suoi occhi che nel buio riprendevano coscienza, la riconoscevano, leggere sulle sua labbra il proprio di nome – Nami -, come fosse stato una boccata di aria fresca, di vita, l’avevano appagata dalla straziante sensazione di non aver potuto asciugare le sue lacrime quando davvero ne aveva avuto bisogno. L’impotenza che aveva provato la tormentava ancora e la portava a invidiare la donna che aveva davanti.
- Il nostro legame è speciale proprio per questo: io c’ero in quei giorni terribili, e ci sarò sempre per lui. –
Forse Boa Hancock aveva letto negli occhi di Nami la sua disperazione e voleva ferirla; forse, invece, era solo un modo per metterla alla prova, ma mai parole furono più vere e letali. Una cieca rabbia rese le gote della rossa ancora più porpora rispetto al solo calore del bagno e decise di contraccambiare. Dopotutto, pensò, sentirsi un topo non faceva per lei: c'era un motivo se la chiamavano gatta ladra e non si sarebbe fatta intimorire da uno sciocco serpente.
- Per essergli sempre accanto dovresti partire con noi ma Rufy sostiene che ormai la nostra ciurma è al completo, che ha tutto ciò che gli serve per raggiungere il suo sogno. –
Ed era vero: quando, dopo aver recuperato Sanji, Jinbe si era unito alla ciurma, il capitano aveva pronunciato quelle parole. Certo Nami dubitava che, se avessero incontrato qualche strano personaggio, Rufy se lo sarebbe lasciato sfuggire ma sapeva per certo che, ormai, ad Hancock quella proposta non sarebbe arrivata. Quella vacanza ad Amazon Lily era stata solo una piccola fuga dalla realtà su proposta di Jinbe, e insistenza di Sanji e Brook, e presto la ciurma di Cappello di Paglia avrebbe ripreso il viaggio verso l’One Piece.
Capì di avere fatto centro quando vide la mora irrigidirsi e assumere uno sguardo glaciale.
- Essere libero ha sempre un prezzo da pagare. Rufy ha fatto una scelta ma non vuol dire che non ci possa essere anch’io nel suo prossimo sogno. –
La rossa sorrise appena, abbassando il capo e scorgendo nell’acqua il profilo del suo corpo; poi, lo sguardo si focalizzò sul proprio riflesso. Vide una donna bella, determinata e con una nuova consapevolezza negli occhi.
- E’ proprio questo il problema. -, cominciò Nami e con qualche bracciata si avviò verso i gradini della vasca, per uscire. – Mentre tu aspetti, io sto portando avanti il mio. –
Mentre emergeva, il vapore si depositava appiccicoso sulla sua pelle e l’acqua scivolava via.
- E quale sarebbe? –
La rossa tornò a guardare la piscina, dove la mora era avanzata di qualche metro.
- Essere libera insieme all’uomo che amo. –
Quando la voce di Nami si spense, un’altra fece capolino insistente e scimmiesca nell’enorme bagno della Principessa serpente.
- Hancock! Ho voglia di carne! Dove è la cucina? –
Rufy strabuzzò gli occhi stralunato quando realizzò la scena che gli si prestava davanti. Le guance si fecero subito rosse mentre portava le enormi mani sul viso per coprirsi gli occhi. Nami notò distrattamente che le dita non erano perfettamente chiuse sulle iridi scure del capitano e sorrise tra sè. Colse da terra l’asciugamano e si bendò il petto.
- Nami che ci fai qui? -
- Da quando si entra così nel bagno delle donne, Rufy? Sei il solito maleducato. –
Lo colpì con un pugno sulla testa e il ragazzo si lamentò ululando.
- Chiedi scusa a Hancock! –
- Ah! Allora è qui anche lei! –
Hancock salutò con un gesto della mano Cappello di paglia che ghignò entusiasta.
- Ho voglia di carne. Dove la trovo? –
- Chiedi alle mie sorelle. Non sono mica una serva. -, protestò l’imperatrice mettendo il broncio.
Il ragazzo annuì grattandosi la testa.
- Nami vieni con me a mangiare qualcosa? –
La rossa annuì di slancio e insieme a Rufy uscì dal bagno.
Boa Hancock immerse la testa nell’acqua, presa dallo sconforto. Da quando il ragazzo era entrato, nonostante la sua nudità si vedesse chiaramente della posizione di lui, non l’aveva nemmeno guardata. Con nessun imbarazzo le aveva rivolto parola mentre con Nami non era stato così. Forse la navigatrice aveva ragione, forse in quegli anni aveva dato per scontato un amore non reale, illusorio, e mentre Rufy cresceva e viveva, lei era rimasta sulla sua amata isola, con le sue amate suddite, a lasciarsi morire. Per stavolta, ammetteva la sua sconfitta: la gatta ci sapeva fare e il serpente, si morse le labbra in un gesto di stizza.

 
  
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