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Autore: serafina A    01/02/2017    0 recensioni
Un orribile esperienza segna per sempre Tara. Un dottore le da una notizia che subito Tara non accoglie, ma che poi la renderà felice. Nel frattempo deve affrontare il lungo viaggio insieme all'assistente sociale Jessica, per raggiungere la nuova famiglia. Tara non è contenta del cambiamento, e quando incontrerà il ragazzo dei suoi sogni nella nuova famiglia, vivere sotto al suo stesso tetto, le giornate e i pensieri di Tara ritornano sereni, e in poco tempo dimenticherà tutta la disavventura che l'aveva abbattuta.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Tara aveva sentito qualcuno gridare in casa, e si era svegliata di colpo, con il cuore che le batteva a mille nel petto.
Le era sembrato la voce di sua madre.
Era notte fonda e nella camera di Tara era avvolta nel buio. Un botto di uno sparo illuminò la stanza per un breve istante, facendola sobbalzare dal letto.
La voce di suo padre che gridava disperato, e subito dopo un altro sparo, poi crollo il silenzio della notte.
Tara rimase paralizzata dalla paura, domandandosi come mai non si svegliava da quell’incubo?
Fin che vide la porta della sua camera spalancarsi, e capire che non stava sognando.
Era un ladro!
Tara cercò di colpire la sagoma scura con il cuscino con tutta la sua forza.
Il ladro ci mise poco a ferragli il cuscino dalle mani, lanciarlo distante, e spingerla a terra, mobilizzandola.
Venne schiacciata  dal peso del ladro contro il freddo pavimento, mentre le strappava il pigiama da dosso.
Tara non fece altro che dimenarsi e gridare con tutto il fiato che aveva, per svegliare i vicini.
Il ladro riuscì a spogliarla, e quando arrivò la polizia era già ormai troppo tardi.
Era successo tutto così in fretta, che era rimasta  ancora distesa a terra, mentre dei poliziotti  stavano arrestando il ladro, davanti hai suoi occhi.
Era come se il corpo di Tara fosse morto, ma la testa non aveva perso la sua lucidità.
Un poliziotto sì inchinò davanti a lei:
<< tranquilla, è tutto finito. >> la rassicurò coprendola con il lenzuolo preso dal letto disfatto:
<< Come ti chiami? >> le aveva chiesto il poliziotto, osservandola negli occhi.
Balbettò per un istante prima di riuscire a dire il suo nome:
<< Tara. >>
<< Piacere Tara. Mi chiamo Stefano, quanti anni hai? >> Tara osservò l’uomo:
<< ho sedici anni e mezzo >> le rispose con un filo di voce: << dove sono i miei - i miei genitori? >> chiese balbettando, ricordando l’assordante rumore degli spari.
Il poliziotto chiude gli occhi per un attimo, sconvolto:
<< non ci sono. Mettiamola così ok? Che dici se andiamo a raccogliere un po’ delle tue cose? >> Stefano le sorrise. Tara aveva capito che i suoi genitori erano morti, aveva sentito gli spari.
 Il poliziotto l’aiutò ad alzarsi e a vestirsi, prima di trovare una borsa abbastanza grande da metterci dei vestiti, mentre persone estranee scattavano foto in tutte le stanze della casa.
Tara si doveva concentrare su quello che il poliziotto le stava facendo fare:
<< dove devo andare? >> chiese al poliziotto, asciugandosi le silenziose lacrime che scivolavano lungo le guance.
<< devi farti vedere da un medico. >>
<< sto bene. >> menti Tara, ancora sconvolta e in confusione:
<< hai subito una violenza, devi farti visitare. >>
Il poliziotto afferrò le due borse e accompagno Tara all’auto della polizia, attento a non farle vedere i corpi morti dei genitori.
<< Andiamo via da qui, ok? >> come poteva Tara andare via dalla sua casa? Dove aveva una famiglia felice, i suoi sogni, i ricordi, le gioie ed emozioni…
Seduta nella macchina della polizia Tara si sentiva come una criminale.
Prima che la macchina si mise in moto, Tara aveva visto tutti i vicini fuori dalle loro case a osservare i poliziotti.
Accanto a Stefano c’era un altro poliziotto che la osservava dallo specchietto retrovisore in tanto in tanto.
Tara si rannicchiò nel sedile, cercando di farsi piccola.
Quando arrivarono in un ospedale, stava uscendo l’alba.
Un dottore la visitò, confidandogli che avrebbe potuto avere una possibile gravidanza, che la decisione di un aborto lo avrebbe deciso solo Tara, che era libera di scegliere di continuare o di interrompere la gravidanza.
Non era il momento per Tara di pensarci, o di preoccuparsi, avrebbe prima cercato di riprendersi dall’accaduto.
 I due agenti, dopo le visite, la fecero risalire nell’auto, questa volta il tragitto durò una mezzora.
 I due poliziotti erano rimasti in silenzio per tutto il tempo, peggiorando lo stato d’animo di Tara doveva distrarsi dai pensieri.
Erano arrivati nella centrale di polizia.
Un agente aprì la portiera a Tara, mentre l’atro prendeva le due borse:
La centrale, era affollata di gente.
Tara non guardò in faccia a nessuno non per il disagio di quello che gli era accaduto ma, per il fatto che la gente presente la guardasse come una criminale, anche se non aveva le manette hai polsi.
Il poliziotto senza le valige, sparì dietro una porta, per poi ricomparire pochi istanti dopo, dicendo a Tara di entrare.
Tara entrò nella stanza, trovando una donna elegante.
<< accomodati pure. >> le disse la donna, mentre lo sguardo di Tara cadde sulla scritta “ assistente sociale ” sulla scrivania affollata di oggetti.
Tara si accomodò su una delle due poltrone in pelle, davanti alla scrivania.
La donna si alzò e si mise seduta accanto a lei nell’altra poltrona:
<< salve Tara.  Sono Jessica Onar. Da adesso mi occuperò io di te. >> Jessica la osservò per un istante, passandogli un fazzoletto:
<< Ho bisogno di farti delle domande, non sei costretta a rispondere. >> Tara abbassò lo sguardo, sentendosi nel panico.
<< sai riconoscere il ladro che ieri notte è entrato in casa tua, se ti mostro delle foto? >>
<< non sono riuscita a vedere niente, era buio. >>
<< ok. Hai visto magari che indossava un orecchino, un tatuaggio? >> Tara pensò prima di rispondere, ma non ricordava niente del ladro, oltre il suo respiro nel collo:
<< no. Ora che farò? I miei genitori sono morti, ho sentito gli spari. >> Tara iniziò a tremare solo al ricordo:
<< ho visto che hai dei parenti in polonia, ma sono molto anziani per prendersi cura di te, ma questo non significa che non puoi più avere contatti con loro. Andrai solo in una nuova famiglia. >> le spiegò Jessica.
<< ti troverai bene li, non temere, devi solo cercare di dimenticare quello che ti è accaduto, e lo so che non e facile >> la donna le aveva messo una mano nella spalla.
<< e se io non ci volessi andare in una nuova famiglia? >>
<< ci sono dei collegi. Ma non credo facciano caso tuo. >>
   
 
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