Libri > Altro
Ricorda la storia  |      
Autore: Tourniquet    02/02/2017    0 recensioni
[La solitudine dei numeri primi]
Si dice che certe persone siano destinate a incontrarsi, prima o poi, e a rimanere legate per sempre. Non conta il tempo, o il luogo, o il modo: quando entra in gioco il destino, ogni altra cosa perde importanza, sopraffatta dall’oscura potenza che dall’alto come un folle burattinaio muove tutte le cose, marionette in balia di mani di fata per il suo personale diletto. E come un ragno che con pazienza tesse la sua tela, così il Fato intreccia e disfa i fili, sottili ed invisibili, che uniscono le persone, a formare uno stupefacente ed intricato quadro, le cui linee sono in continuo movimento.
Mattia ed io eravamo le estremità di uno di questi fili: opposti, eppure compatibili, perché appartenenti al medesimo filo, e nella nostra naturale imperfezione, perfetti l’uno per l’altra, come i pezzi di un puzzle che, insieme e solo insieme, generano l’incastro perfetto.
[...] Ora sono davanti alla lastra bianca sotto cui riposa Mattia, e mi chiedo cosa sarebbe successo se ci fossimo comportati diversamente. Forse eravamo destinati a incontrarci, forse è stato soltanto un caso.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I personaggi sono tratti da La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano

 


Così lontani così vicini

 

Si dice che certe persone siano destinate a incontrarsi, prima o poi, e a rimanere legate per sempre. Non conta il tempo, o il luogo, o il modo: quando entra in gioco il destino, ogni altra cosa perde importanza, sopraffatta dall’oscura potenza che dall’alto come un folle burattinaio muove tutte le cose, marionette in balia di mani di fata per il suo personale diletto. E come un ragno che con pazienza tesse la sua tela, così il Fato intreccia e disfa i fili, sottili ed invisibili, che uniscono le persone, a formare uno stupefacente ed intricato quadro, le cui linee sono in continuo movimento.

Mattia ed io eravamo le estremità di uno di questi fili: opposti, eppure compatibili, perché appartenenti al medesimo filo, e nella nostra naturale imperfezione, perfetti l’uno per l’altra, come i pezzi di un puzzle che, insieme e solo insieme, generano l’incastro perfetto. Non avevamo bisogno di parole per capirci, per sentire i bisogni dell’altro, per carpirne i pensieri: era sufficiente uno sguardo, uno sfioramento di dita, un movimento impercettibile delle labbra. Non avevamo bisogno di nulla, se non di noi stessi, ed eravamo l’unica cosa che non potevamo e non avremmo mai potuto avere, poiché la nostra natura imperfetta ci rendeva irraggiungibili l’uno per l’altra: per quanto potessimo avvicinarci, non avremmo mai potuto essere completamente affiancati, senza generare la distruzione.

Nella sua ultima lettera, Mattia mi ha scritto che secondo lui eravamo due numeri primi molto speciali, che “i matematici chiamano primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché fra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero. Numeri come l'11 e il 13, come il 17 e il 19, il 41 e il 43. Se si ha la pazienza di andare avanti a contare, si scopre che queste coppie via via si diradano. Ci si imbatte in numeri primi sempre più isolati, smarriti in quello spazio silenzioso e cadenzato fatto solo di cifre e si avverte il presentimento angosciante che le coppie incontrate fino a lì fossero un fatto accidentale, che il vero destino sia quello di rimanere soli. Poi, proprio quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatte in altri due gemelli, avvinghiati stretti l'uno all'altro.

Diceva che eravamo come il 2760889966649 e il 2760889966651, i “nostri” numeri primi gemelli: probabilmente nessuno li aveva mai neanche pensati, eppure esistevano, nella loro fredda solitudine di numeri. Noi eravamo così, come quei numeri: soli, diversi dal resto del mondo, che nonostante viaggino sulla stessa lunghezza d’onda e desiderino raggiungersi, sono condannati a non potersi mai sfiorare davvero, come quando si contempla il proprio frutto proibito, e sembra così vicino, ma non abbastanza da poterlo toccare.

Le nostre esistenze sono rimaste così, intrecciate, marchiate a fuoco dalla presenza dell’altro, e nonostante la lontananza, la freddezza, i problemi a dividerci, i nostri pensieri ci riportavano sempre all’altro, indissolubilmente legati da quel rapporto, unico e perfetto nella sua imperfezione, che ci aveva sempre caratterizzati.

Ora sono davanti alla lastra bianca sotto cui riposa Mattia, e mi chiedo cosa sarebbe successo se ci fossimo comportati diversamente. Ma in fondo non rimpiango le mie scelte, alla fine ho ottenuto dalla vita tutto ciò che avevo sempre cercato e voluto: libertà, indipendenza. Anche da Mattia. Forse eravamo destinati a incontrarci, forse è stato soltanto un caso. Ma ripensando al passato, non mi pento di nulla, tanto meno del rapporto con Mattia.

E ora, Commissario, credo di poterle raccontare tutto dall’inizio. Io sono Alice Della Rocca, e questa è la mia storia. Mia, e di Mattia Balossino.

  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Altro / Vai alla pagina dell'autore: Tourniquet