Anime & Manga > Kuroko no Basket
Segui la storia  |       
Autore: LadyLicionda    02/02/2017    0 recensioni
Eiko Wadsworth scopre improvvisamente di soffrire di Disturbo Dissociativo dell'Identità, ovvero personalità multipla. I suoi problemi iniziano quando realizza che ogni personalità è dotata di una volontà propria, di desideri propri e di ambizioni uniche. Come se non fosse abbastanza, ognuna di loro si scopre ben presto innamorata di una persona diversa. Riuscirà Eiko a mantenere il suo segreto e a destreggiarsi fra le attenzioni romantiche di sette irresistibili ragazzi senza soccombere ai capricci delle sue eccentriche personalità? NOTA BENE: Per questa versione è previsto un finale multiplo (uno per ognuno dei ragazzi di KNB). Il rating potrebbe cambiare con il progredire della storia. I personaggi di KNB appartengono all'autore originale Tadatoshi Fujimaki, tutti gli altri sono personaggi creati da me.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kiseki No Sedai, Nuovo personaggio, Taiga Kagami, Yukio Kasamatsu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 8

“Sono orgogliosa di te”

 

 

 

L’indomani, al mio risveglio, l’eco della promessa fatta ad Arthur risuona ancora nella mia memoria. Temevo che la lunga notte avrebbe indebolito la mia fermezza, ma sapere di essermi sbagliata è una lieta consolazione. Oggi non c’è scuola per cui decido di prendermi del tempo prima di abbandonare le coperte. Come immaginavo, non è facile rilassarsi in un letto sconosciuto e non posso dire che il mio riposo sia stato confortevole quanto avrei sperato. Il dolore alla testa mi ha tenuta sveglia per gran parte della notte, ma è stata soprattutto la lettera che ho promesso di mostrare ad Akashi e ad Arthur a turbare il mio sonno. Dopo che Arthur si è ritirato nella sua stanza, ho aperto la busta per rileggerne il contenuto e ho dovuto attendere diverse ore prima di ritrovare la giusta quiete per addormentarmi.

Mi sollevo dal materasso, attenta a non compiere movimenti bruschi che aggraverebbero solamente quello che per ora è un mal di testa appena accennato. Per fortuna questa camera è dotata di un piccolo bagno personale. Una volta vestita, prendo con me la cartella e mi dirigo alla porta. Non appena dischiudo l’anta, però, anche le mie labbra si aprono in un’espressione di incredulità.

«Buongiorno, signorina Eiko».

«A-Arthur?», pronuncio con gli occhi sgranati. «Cosa ci fai qui fuori?».

«La stavo aspettando», risponde Arthur sollevando il capo. Forse è solo una mia impressione, ma lo sguardo nei suoi occhi sembra rimarcare l’inutilità della mia domanda.

«Da quanto tempo mi stai aspettando?», domando, temendo la risposta.

«Un’ora e diciassette minuti».

«Sei qui fuori da più di un’ora?!», la mia voce schizza dalla gola, acuta come un fischio, riuscendo a provocare perfino una reazione involontaria di Arthur. Non c’è da stupirsi. Io stessa sono meravigliata: non credevo di poter raggiungere simili note. Ma è proprio questa nuova consapevolezza a spingermi all’imbarazzo e a portare entrambe le mani sulla bocca.

«Perché non hai bussato?», riprendo, assicurandomi questa volta di mantenere il volume il più basso possibile.

«Non volevo interrompere il suo riposo», confessa Arthur candidamente.

Una risposta sicuramente degna di lui, ma non avrebbe dovuto spingersi a tanto. Spero almeno che sia riuscito a dormire un po’ questa notte. Osservandolo mi sembra più tranquillo, quindi forse il mio piano ha avuto successo.

«Signorina Eiko, si sente meglio? È riuscita a riposare bene?», a quanto pare anche Arthur è a preoccupato per me.

«Ho ancora un po’ di mal di testa ma nulla di grave. Quanto al dormire bene… mi sarei trovata più a mio agio nel mio letto ma credo di non potermi lamentare, date le circostanze attuali. Dobbiamo essere grati ad Akashi per averci permesso di restare a casa sua. A proposito, sai dov’è?».

«Il signorino Akashi si è alzato presto e ha dato ordine alla servitù di non venirla a disturbare fino al suo risveglio».

«Davvero? Allora dovrò ringraziarlo», un brontolio irrompe dal mio stomaco e le mie guance si colorano di vergogna. «È che ieri sera non ho toccato quasi cibo quindi ora…», tento di giustificarmi tra un balbettio e l’altro.

«Prima di vedere il signorino Akashi, sarà meglio placare il suo appetito».

Arthur mi invita a seguirlo giù per le scale e io ubbidisco affrettandomi dietro di lui. Questo giorno è appena iniziato e mi sono già messa in ridicolo per ben due volte nell’arco di pochi minuti. Anche se c’era solo Arthur, è stato ugualmente imbarazzante.

Arrivati nella sala da pranzo, una domestica mi fa accomodare alla lunga tavola. Improvvisamente ripenso ad Anna e a quel suo sorriso che ogni mattina precede la mia colazione. La donna che mi sta servendo ora, invece, ha un’espressione fredda e seriosa. Non è giovane come Anna ma non penso affatto che la sua rigidità sia dovuta all’età. Riflettendoci, da quando sono arrivata, ho percepito un’atmosfera piuttosto pesante. Da quello che so, in questa casa vivono soltanto Akashi e suo padre, oltre alla servitù, ovviamente. Al mio arrivo non vi ho trovato alcuna traccia di quella festosa vitalità a cui invece sono abituata. Forse è perché sono cresciuta in una famiglia numerosa che ho subito provato un profondo sentimento di solitudine non appena ho varcato i cancelli della villa. Non sono abituata a tutto questo silenzio e a non potere interagire con i domestici. Ma non ho altra scelta se non adeguarmi. Dopotutto, sono soltanto un’ospite di passaggio.

Prendo posto a tavola e subito la donna in cuffietta e grembiule mi porge la colazione. Alla vista del ricco pasto le mie pupille si dilatano deliziate ma confuse allo stesso tempo. Adagiati in una coppa azzurra, decine di pezzettini di frutta coloratissima sembrano traboccare dal bordo cristallino. Luccicano come perle preziose e mi basta uno sguardo per capire che tale effetto è dovuto al velo di sciroppo d’acero di cui sono ricoperte. Un sospetto attraversa infine la mia mente.

«Arthur, è opera tua questa?», mi informo, non riuscendo a pensare a nessun altro a conoscenza delle mie abitudini alimentari.

«È stato il signorino Akashi», è invece la risposta, del tutto imprevista. «Questa mattina è venuto a cercarmi per chiedermi quale fosse il suo piatto preferito. Dal momento che ieri sera non ha mangiato quasi nulla, voleva assicurarsi che questa mattina il pasto fosse di suo assoluto gradimento».

 «Ha detto proprio così?».

Arthur annuisce. È un gesto molto premuroso da parte di Akashi e mi ha resa di sicuro felice. Guardando la coppa azzurra, è evidente con quanta attenzione ai particolari abbia fatto imbandire la tavola appositamente per me. Ma è altrettanto chiaro il suo tentativo di mettermi a mio agio. Immagino che questo sia il suo modo di farsi perdonare per quello che è successo ieri sera. Devo assicurarmi di ringraziarlo.

«Signorina Wadsworth», la domestica dalla sguardo serio e inflessibile mi rivolge la parola. La sua voce è matura ma più gentile di quanto avessi creduto. «Ho un messaggio per lei da parte del signorino Akashi: la attende nel suo studio non appena avrà terminato la colazione».

«V-Va bene. Lo raggiungo subito».

«Ha detto di prendersi tutto il tempo di cui ha bisogno, quindi faccia pure con calma», aggiunge subito la donna, invitandomi a risedere.

Avevo intenzione di incontrare Akashi il prima possibile, ma se mi concedo qualche minuto per gustare la colazione che ha fatto preparare esclusivamente per me non succederà nulla di male, giusto? In fondo sarebbe scortese rifiutare un simile dono.

 

***

 

 Al termine del pasto, la coppa è completamente vuota mentre il mio stomaco, riempito a sazietà, ha finalmente smesso di brontolare. Dopo aver ringraziato la donna dallo sguardo serio e rigido, io e Arthur veniamo entrambi scortati da un nuovo domestico fino allo studio di Akashi. Mentre camminiamo per la lussuosa residenza, un suono improvviso cattura la mia attenzione. È gradevole e armonioso. Si propaga per la villa silenziosa come una leggera brezza primaverile. È il canto di un violino, ora malinconico, ora lieto. È un canto trasparente, puro, cristallino in ogni sua nota. È una voce ammaliante che eccita il cuore. È il primo, reale segno di vita che spezza l’angosciante silenzio di questa villa; che disegna nella mente un’immagine inconfondibile: Akashi.

«Siamo arrivati».

Il nuovo servitore si ferma davanti a una porta chiusa. Con un colpo di nocche annuncia il nostro arrivo e dischiude l’uscio. La luce del mattino mi investe, attraversando l’immensa finestra e illuminando la stanza con un bagliore folgorante. I miei occhi si chiudono, feriti dall’insostenibile splendore del sole. Senza la vista a farmi da guida, resto immobile, in ascolto. La musica si infrange contro le mie orecchie, scomponendosi in un volteggiare di note simili a ninfe danzanti. Mi avvolgono nel loro cerchio melodico sospingendomi verso il centro della stanza. Muovo un passo e poi un altro. Mi fermo e un fruscio di abiti si mescola alla voce del violino. Le mie palpebre si sollevano e i miei occhi intorpiditi accolgono la luce del giorno. Le pupille si stringono e si allargano per adeguarsi all’intensità del bagliore mattutino e posarsi, estasiate, su di lui, sul giovane musicista dallo sguardo di rubini. La raffinata maestria delle dita che picchiettano le corde mi incanta e costringe i miei sensi a indugiare sulla loro rapidità. Ad ogni movimento, una nuova nota prende vita, in un continuo crescendo di intensità e di voci differenti che si sovrappongono in un potente ma armonioso coro.

Quando l’ultima nota si spegne nel silenzio, il volto di Akashi si solleva e le sue iridi, ancora intrise di passione, si posano su di me. Bruciano come fiamme cremisi, ricordandomi la furia impetuosa di una colata lavica, lenta nel suo discendere, ma indomabile nella sua distruzione. Involontariamente, abbasso lo sguardo, nell’illusione di fuggire dalla valanga infuocata che si avvicina. Avanza inesorabile ma invece di travolgermi, si apre davanti a me, circondandomi, quasi volesse abbracciarmi, senza tuttavia toccarmi, per poi richiudersi alle mie spalle e proseguire indifferente la sua discesa.

«Buongiorno, Eiko».

«Buongiorno, Akashi».

E’ soltanto un saluto, eppure la mia risposta è inaspettatamente spontanea. Avrei creduto che tra di noi ci sarebbe stato dell’imbarazzo, o per lo meno dell’incertezza. Akashi non può aver dimenticato la nostra conversazione e il suo comportamento di ieri sera, proprio come non l’ho dimenticato io.

«Spero che almeno tu sia riuscita a riposare questa notte», pronuncia Akashi, dandomi momentaneamente le spalle per riporre il violino nella pregiata custodia.

«Vuoi dire che tu non hai dormito affatto?», lo interrogo a mia volta.

Come risposta alla mia domanda, Akashi dispiega le labbra in un pallido sorrido, quindi mi invita a sedere insieme a lui. Lo raggiungo e prendo posto su una delle quattro poltrone sistemate accanto alla finestra. Il paesaggio che si staglia oltre il vetro cattura la mia attenzione, suscitando la mia meraviglia. Il parco annesso alla villa si apre sotto i miei occhi come la tavolozza di un pittore, offrendo allo sguardo una combinazione infinita di colori che si abbracciano in uno splendido dipinto degno di essere immortalato su una cartolina.

«Sono certo che i giardini della residenza Wadsworth siano di gran lunga più  incantevoli».

«Io invece non ne sarei così sicura», obietto scuotendo lievemente il capo, mentre Akashi si accomoda di fronte a me. «Chiunque si sia preso cura di queste aiuole, lo ha sicuramente fatto pensando a coloro che le avrebbero ammirate guardando da questa finestra».

Un breve momento di silenzio interrompe la conversazione. Con la coda dell’occhio esamino il volto di Akashi. I suoi occhi, leggermente socchiusi in un’espressione assorta e lontana, contemplano l’artistico paesaggio, fin quando scivolano su di me. Provando vergogna per essere stata sorpresa a sbirciare, abbasso la testa, interrompendo il contatto visivo.

«Forse hai ragione. Forse chi ha curato i giardini ha davvero pensato a chi li avrebbe guardati sedendo in questo studio. O forse non è così». Le ultime parole di Akashi sono cariche di disillusione e mi rattristano. Sono fredde, non lasciano spazio alla speranza. Sono come un’oscura formula magica pronunciata per spezzare l’incanto di una fiaba. Sarebbe davvero assurdo se qualcuno in questa villa svolgesse il proprio lavoro con l’intento di rendere felici altre persone? No, i miei stessi pensieri sono l’unica cosa davvero assurda. Continuo a dimenticare che questo luogo non è affatto come casa mia. Che il padrone di questa villa non ha nulla in comune con i miei genitori, se non la ricchezza e il fasto della propria dimora. Il padre di Akashi è un uomo che ha fatto del successo la sua unica ragione di vita. È un uomo che non si è concesso nemmeno un giorno per piangere la morte della sua giovane moglie e che ha cresciuto e istruito il proprio figlio imponendo una disciplina che esclude qualsiasi emozione umana.

«Spero che tu possa perdonare il mio comportamento di ieri sera, Eiko».

Le mie riflessioni vengono bruscamente interrotte dalle parole contrite di Akashi. Non mi aspettavo che sarebbe stato il primo a toccare l’argomento, ma non posso dirmene dispiaciuta. Ad essere onesta, stavo ancora cercando una scusa per introdurre il motivo della mia visita.

«Ormai è acqua passata», rispondo, scuotendo il capo. «Forse è perché ho avuto tutta la notte per pensarci sopra, ma credo che tu abbia ragione».

«Davvero?», le sopracciglia di Akashi si sollevano appena a disegnare la sorpresa nel suo sguardo.

Annuisco. «In effetti, avevo anch’io un motivo per incontrarti questa mattina».

Raccolgo la cartella ai miei piedi e la adagio sul mio grembo.  Gli occhi di Akashi seguono ogni mio movimento con attenzione. La mia mano trema mentre la infilo nella borsa e un’improvvisa secchezza inaridisce la mia bocca quando infine estraggo la lettera. Diversamente da quanto avessi immaginato, la reazione di Akashi è piuttosto normale, quasi avesse previsto le mie intenzioni.

«Non sei sorpreso?», domando, in fondo delusa per la fredda risposta.

«Quando ti ho vista entrare stringendo la cartella fra le mani, ho immaginato per quale motivo avessi accettato di vedermi», la confessione di Akashi è accompagnata da un tiepido sorriso.

«Sapevo di non poterti nascondere la verità ancora a lungo. Ieri sera ho provato fino all’ultimo a respingerti e a mentirti perché speravo di convincerti a lasciare perdere tutta questa storia. Non era mia intenzione farti arrabbiare o ferirti. Volevo solo…proteggerti».

Non riesco a credere a quello che sto dicendo. Io? Proteggere qualcuno? Eppure è la verità. Da ieri non ho fatto che pensare a come tenere Akashi fuori dai miei guai. Dopo essermi resa conto che la situazione mi stava sfuggendo di mano e che in ballo non c’era più soltanto la mia incolumità, non ho più potuto accettare l’aiuto e il coinvolgimento del capitano. Ero terrorizzata all’idea di quello che sarebbe successo se Akashi fosse rimasto al mio fianco. La consapevolezza di avere il pericolo così vicino, così concreto, mi ha fatto agire di impulso, ma avrei dovuto sapere fin da subito che non sarei riuscita ad ingannare Akashi.

Senza volerlo, emetto un lungo e sonoro sospiro. Se avessi realizzato prima la situazione, Akashi non si sarebbe arrabbiato.

«Non hai motivo di scusarti, Eiko. Spaventarti e farti dubitare di me è stato un mio imperdonabile errore», Akashi posa un involucro sigillato sul tavolino.

«Che cos’è?», lo interrogo.

«Il motivo per cui speravo avresti accettato di incontrarmi questa mattina».

Il capitano mi invita a raccogliere la busta e ad aprirla. All’interno ci sono alcune fotografie di una ragazza molto carina. Nella maggior parte degli scatti, indossa una divisa scolastica che riconosco all’istante: si tratta senza dubbio di una studentessa della Teikō, anche se non credo di conoscerla. No, un momento. Guardandola meglio, ha un’aria famigliare, ma non ricordo dove l’ho vista.

«Chi è questa ragazza? Una tua compagna di classe? O forse è una delle manager della squadra di basket? Ho come l’impressione di averla già incontrata, ma non riesco a ricordare né dove né quando».

«E’ la persona che ti ha scritto quella lettera», pronuncia Akashi in tono secco e grave.

I miei occhi seguono il suo sguardo fino al biglietto che pochi attimi prima giaceva sul fondo della mia cartella. Le mie mani gelano e il sangue ghiaccia  nelle vene.

«Vuoi dire che questa ragazza è…».

«Il tuo stalker», conclude Akashi. «E’ l’artefice di tutte le minacce che hai ricevuto fino ad oggi. Il suo nome è Aizawa Yukiko». Mentre continua a parlarmi, il capitano raccoglie una ad una le foto ora sparpagliate sul tavolino.

Dovrei sentirmi sollevata adesso che il mio aggressore ha finalmente un nome e un volto, invece provo solo sconforto. Come’è possibile che una ragazza così bella e all’apparenza fragile si spinga a tanto? È davvero la stessa persona che ieri sera ha attentato alla mia vita con un vaso? Una persona tanto graziosa da sembrare una fata stava davvero cercando di uccidermi? Una ragazza bellissima? Certo, ora ricordo dove l’ho vista. E’ la ragazza che ieri è venuta a cercarmi per conto del professore Takeda. Questo vuol dire che anche l’altra mattina, in palestra, era lei la figura che ho intravisto nella penombra.

«Signorina Eiko, si sente bene?».

Il tocco apprensivo di Arthur sulla mia spalla mi richiama nel presente. «Si, sono solo sorpresa, tutto qui».

«Questa è l’ultima lettera che hai ricevuto, giusto?», Akashi si impossessa dell’involucro e lo apre sotto i miei occhi atterriti. L’istinto mi dice di strappargliela dalle mani prima che possa leggere, ma il mio corpo rifiuta di muoversi. Non voglio che la legga. Non voglio che sappia che per tutto questo tempo in cui è rimasto accanto a me per aiutarmi, la sua vita è stata in pericolo e, probabilmente, lo è ancora. Se leggesse la lettera si allontanerebbe da me e l’ultima cosa che voglio adesso è perdere la sua amicizia.

«Akashi, aspetta!». Infine allungo il braccio per afferrare la busta ma la mano di Akashi è più rapida e la sottrae alla mia presa. Le sue pupille iniziano quindi a scorrere sulla carta e nella mia mente recito il contenuto del messaggio, visualizzando ogni singola parola, impressa ormai nella mia memoria.

 

“Ti avevo avvertita di stare lontana da Akashi-sama, piccola sgualdrina. Una nullità come te non ha alcun diritto di camminare al suo fianco, né tantomeno di rivolgergli la parola. Un rifiuto insignificante come te, non dovrebbe vivere nello stesso mondo di Akashi-sama. Muori!”

 

Terminata la lettura, Akashi consegna il foglio ad Arthur. Il suo volto è completamente inespressivo, non ho idea di quali siano i suoi pensieri in questo momento. Anziché accettare il pezzo di carta, Arthur si inginocchia accanto alla mia poltrona e attende. Non ho il coraggio di parlargli. Chino il capo per dare il mio consenso e solo allora preleva la lettera dalla mano tesa di Akashi. Pochi secondi dopo, il fruscio della carta stritolata dal suo pugno serrato riempie il silenzio attorno a me.

«Ho bisogno del tuo aiuto, Arthur», dichiara improvvisamente Akashi, ottenendo l’attenzione del mio autista. «Ho intenzione di porre fine a questa follia, ma mi occorrerà la tua collaborazione».

«Qualsiasi cosa, se servirà a proteggere la signorina Eiko».

«Che cosa vuoi fare, Akashi?», chiedo in un impeto di ansia.

«Costringere Aizawa ad uscire allo scoperto e, per riuscirci, anche tu, Eiko, dovrai recitare la tua parte. Voglio che tu faccia da esca e induca Aizawa ad attaccarti».

«Stai scherzando, vero!?», mi sollevo dalla poltrona con uno scatto talmente violento da catapultare la cartella abbandonata sulle  mie ginocchia fino ai piedi di Akashi.

«Vorrebbe che la signorina Eiko mettesse di proposito a repentaglio la sua vita?», la domanda di Arthur è un’esplicita accusa all’assurdità appena dichiarata da Akashi.

Tuttavia il capitano non sembra minimamente turbato dalla nostra opposizione. Al contrario, senza perdere compostezza, condivide con entrambi i dettagli del suo piano, avanzando infine un’ulteriore richiesta.

«Mi rendo conto che la mia proposta suoni inaccettabile, tenendo conto che sono proprio io il motivo per cui ci troviamo in questa situazione , ma la mia priorità assoluta è la sicurezza di Eiko». Il suo sguardo risoluto incontra il mio. «Ecco perché vorrei chiederti il permesso di coinvolgere anche i ragazzi della squadra di basket. La loro partecipazione è indispensabile per tenerti al sicuro».

Coinvolgere la squadra? È esattamente quello che ho cercato di evitare fino adesso. Tuttavia un altro pensiero assilla la mia mente.

«Akashi, come hai scoperto che è stata Aizawa a scrivermi le lettere?».

Anziché rispondere alla mia domanda, Akashi raccoglie ancora una volta l’involucro giallo contenente le fotografie e da esso estrae una seconda busta, più piccola e minuziosamente decorata, che non avevo notato.

«Confronta questa lettera con quella che hai ricevuto questa mattina», mi esorta infine porgendomi la carta.

Studio per un attimo la busta colorata fin quando la mia attenzione ricade sul nome del destinatario scritto sul retro.

«Questa lettera è indirizzata a te», esclamo infine, rivolgendomi ad Akashi. «È una…lettera d’amore?!». Sapevo che Akashi gode di una certa popolarità tra le studentesse della Teikō, ma immaginavo che fra le sue ammiratrici ci fosse qualcuna tanto coraggiosa da dichiararsi. «Non posso leggerla. È troppo personale».

«Desidero che presti particolare attenzione alla calligrafia. Tutto il resto è irrilevante».

Irrilevante? Come può definire i sentimenti di una ragazza innamorata “irrilevanti”? io sono forse l’ultima persona a poter parlare, dato che non ho alcuna esperienza in questo campo, ma non trovo giusto umiliare in questo modo una sincera confessione d’amore, anche se non corrisposta. D’altro canto se Akashi considera questa lettera “irrilevante” per quale motivo l’ha conservata? Avrebbe potuto gettarla via. Comunque è inutile immischiarmi in faccende che non mi riguardano. Meglio restare concentrata sulla mia situazione.

Come suggeritomi da Akashi, inizio a scorrere il contenuto l contenuto della lettera soffermandomi con attenzione sulla calligrafia. Mi basta leggere la prima riga per riconoscerla.

«Ma è la stessa scrittura. Vuoi dire che la stessa persona che da settimane minaccia di uccidermi ti ha scritto questa lettera?».

I miei occhi si abbassano quindi sul nome del mittente, riportato al termine del messaggio: Aizawa Yukiko.

Akashi prende la parola, approfittando del mio sgomento. «L’ho ricevuta qualche giorno fa e ho notato subito la somiglianza con la calligrafia delle lettere minatorie che hai ricevuto. Tuttavia, avevo bisogno di una prova concreta per affermare con sicurezza che Aizawa fosse l’autrice delle minacce».

Un campanello suona improvvisamente nella mia testa. Inizio quindi a frugare tra le fotografie finché trovo quella che stavo cercando, la foto incriminante. Nell’immagine si vede infatti Aizawa che, con fare circospetto e cauto, infila qualcosa nell’armadietto delle mie scarpe. Si tratta sicuramente di un biglietto minatorio. A questo punto non ci sono più dubbi sull’identità del mio stalker. La gelosia di Aizawa nei confronti di Akashi le ha fatto completamente fraintendere la mia relazione con il capitano della squadra di basket, facendomi diventare una sua rivale in amore. E a giudicare fino a che punto è disposta a spingersi pur di eliminare la concorrenza, dubito che mi ascolterebbe se provassi a spiegarle che fra me e Akashi non c’è assolutamente niente di quello che pensa.

Eppure qualcosa non mi quadra. Per quale motivo ha preso di mira soltanto me? Satsuki e Mayumi trascorrono insieme ad Akashi molto più tempo di me, essendo manager della squadra di basket, soprattutto Satsuki che, da quanto so, aiuta e sostiene la squadra già da tre anni. Io, al contrario, mi sono avvicinata ad Akashi solo di recente e fino a poco fa non ci rivolgevamo nemmeno un saluto. Non avevamo alcun tipo di rapporto. Allora perché? Possibile che Aizawa ce l’abbia con me per qualcosa che le ho fatto senza rendermene conto? Ma anche in questo caso, non ricordo di avere mai avuto nulla a che fare con lei prima di questa storia.

«So di avertelo già chiesto», Akashi interrompe le mie riflessioni. «ma non mi hai ancora dato una risposta».

«A che proposito?», domando seriamente confusa. In questo momento non riesco a pensare ad altro se non al motivo che mi ha fatta finire nel mirino di Aizawa.

«Sei d’accordo a mettere al corrente della situazione anche i ragazzi della squadra?».

Ah, giusto, ora ricordo. Akashi ha detto di avere in mente un piano e che tale piano prevede la collaborazione di Kise e degli altri. Anche se adesso che so chi è il mio nemico, anche se si tratta solo di una ragazza delle medie, sono comunque preoccupata. Aizawa è una persona pericolosa e imprevedibile. Se messa con le spalle al muro, potrebbe decidere di aggredire anche Mayumi e Satsuki. Ma se il suo odio è rivolto esclusivamente a me, come spero, anche se dovesse finire all’angolo e ripiegare su una strategia disperata, io resterei il suo unico obiettivo, l’unico vero intralcio al suo amore.

«Accetto solo se mi prometti che sarò l’unica a dovermi esporre al pericolo. Qualunque ruolo abbiano gli altri nel tuo piano, dovrà garantire la loro sicurezza».

Avrei preferito dettare le mie condizioni in tono più risoluto, ma non posso fermare il tremore che percorre ora tutto il mio corpo. Nonostante questo, Akashi sembra avere apprezza il mio coraggio e la mia sincerità, accettando infine la mia richiesta.

Una volta raggiunto l’accordo, io e Arthur trascorriamo il resto della mattina nello studio di Akashi, ascoltando con attenzione i dettagli del suo piano mentre il sole affretta la sua scalata in cielo.

 

***

 

All’imbrunire del giorno, sono di nuovo a casa, nel mio letto. Prima di potermi finalmente rilassare tra le lenzuola pulite, però, ho dovuto affrontare l’interrogatorio di Tatsuo e inventare sul momento una scusa che giustificasse la mia ferita alla testa. Come immaginavo, alla vista della benda sulla mia fronte, tutti i membri della mia famiglia si sono allarmati e non è stato semplice rassicurarli. Ho detto loro di essermi fatta male durante la lezione di pallavolo: mi sono tuffata per prendere la palla, ma non ho visto il palo della rete e vi ho sbattuto contro. Dati i miei precedenti e la mia naturale goffaggine, la bugia è suonata piuttosto credibile anche se mi è valsa una severa ramanzina da parte di Tatsuo.

«Ti avevo detto che riprendere a frequentare le lezioni di educazione fisica era una pessima idea. Se pensi che verrò di nuovo a scuola per convincere la tua prof. ad esonerarti, ti sbagli di grosso. L’ultima volta mi ha letteralmente trascinato in infermeria e ha cercato di saltarmi addosso. Mi vengono i brividi solo ripensarci», ha detto con il terrore negli occhi e una smorfia di disgusto sulle labbra.

A scuola tutti sanno quanto la professoressa Fujioka sia alla disperata ricerca di un uomo. Stando ai pettegolezzi, tutti gli uomini che ha frequentato fino adesso l’hanno alla fine lasciata per una nuova fiamma. Dopo l’ultima storia andata a rotoli ha deciso di saziare la propria fame cacciando prede più giovani, dalla carne più fresca. Fino ad oggi, non avevo capito che anche Tatsuo è stato costretto a difendersi dall’audace attacco della professoressa Fujioka, rischiando di diventare un suo trofeo di caccia. Non oso immaginare cosa abbia dovuto sopportare per il mio bene, ma di certo gli sarò grata per il resto della mia vita.

A parte i rimproveri di mio fratello, che ancora una volta si è dimostrato essere il più protettivo e apprensivo, il ritorno a casa è stato abbastanza tranquillo e adesso posso finalmente godermi la calma e la famigliarità della mia stanza. Poter dormire di nuovo nel mio letto è abbastanza per alleviare il dolore alla testa e sciogliere la tensione nel mio corpo. Queste ultime ventiquattro ore mi hanno caricata di emozioni troppo forti per essere smaltite in una sola notte. E resta sempre il fatto che sto mentendo alla mia famiglia riguardo ad Aizawa e al reale pericolo che ho corso ieri sera. Non credo che riuscirei a sopportare la loro reazione se venissero a sapere che qualcuno ha attentato alla mia vita. La quantità di ansia da gestire mi schiaccerebbe, ma soprattutto non potrei accettare di vedere l’angoscia negli occhi di mia madre o di mia sorella Naoko. Nonostante quello che mi sta succedendo, è un periodo sereno per la mia famiglia e non voglio essere io a spezzare lo loro felicità. Non ne ho il diritto.

Mi giro su un fianco, cercando una posizione comoda sul materasso. Mi raggomitolo nelle lenzuola, inspirandone il profumo quando la porta della mia camera si dischiude.

«Stai già dormendo, Eiko?», Naoko fa capolino nella stanza, chiamandomi con la sua voce melodiosa.

«Non ancora», le rispondo emergendo dalle coperte.

Naoko si chiude la porta alle spalle e si avvicina al letto, sedendosi infine accanto a me. Averla di nuovo al mio fianco, così vicina, mi fa istintivamente sorridere.

«Non puoi immaginare quanto mi renda felice poter di nuovo vedere il tuo sorriso», la mano di Naoko si stringe affettuosamente intorno alla mia.

«Mi dispiace averti fatto preoccupare».

«Ciò che conta è che tu stia bene, nient’altro», mi risponde scuotendo lievemente il capo. «Immagino non sia stato facile per te».

«La residenza degli Akashi è molto diversa dalla nostra e ad essere sincera, mi sono sentita un po’ a disagio per tutto il tempo. Non vedevo l’ora di tornare a casa». Naoko accarezza dolcemente i miei capelli e questo basta a darmi la certezza che ho tutta la sua comprensione. «Ad essere onesta, però», riprendo, «Akashi ha cercato di farmi sentire a mio agio. Pensa che questa mattina ha perfino ordinato alla servitù di preparare la mia colazione preferita».

«Si è preso molta cura di te», commenta Naoko, mostrando sollievo e gratitudine. «Dovremo assicurarci di ringraziarlo».

Annuisco con decisione, condividendo il suo pensiero. Un istante dopo, un improvviso silenzio cala fra di noi dandomi il tempo di notare l’espressione curiosa ma perplessa sul volto di mia sorella.

«C’è forse qualcosa che ti turba?», la interrogo allora preoccupata.

«Non direi. Sono solo sorpresa. In realtà lo siamo tutti. Nessuno di noi si sarebbe aspettato di ricevere una telefonata del giovane Akashi che chiedeva il permesso di ospitarti a casa sua per un intero giorno».

Capisco perfettamente cosa intende dire. E in qualche modo posso visualizzare nella mia mente lo stupore di mia madre quando ha risposto al telefono. In fondo, prima di oggi, nessun membro della mia famiglia aveva mai interagito personalmente con i membri della famiglia Akashi.

«Avevo intenzione di parlartene», confesso abbassando lo sguardo imbarazzata. «La verità e che nelle ultime settimane ho stretto amicizia con i membri della squadra di basket, di cui Akashi è il capitano. Fino ad oggi mi sono sempre tenuta in disparte e non mi sono mai lasciata coinvolgere da nessuno. Ma all’inizio di quest’anno mi sono ritrovata di nuovo in classe con Mayumi e mi ha convinta ad assistere agli allenamenti della squadra. Ah, non ti ho detto che tra i miei nuovi compagni di classe c’è anche Kise Ryouta, il famoso modello, per cui Mayumi ha una cotta, e che anche Kise è un titolare della squadra di basket. È un ragazzo molto socievole ed esuberante, proprio come Mayumi e, prima che me ne rendessi conto, siamo diventati amici. Grazie a Mayumi, che adesso è diventata manager della squadra, ho incontrato gli altri membri del club di pallacanestro. Sono tutti ragazzi eccezionali e all’inizio avevo paura. Sono molto diversi da me, così pieni di passione ed entusiasmo. Perfino Akashi. Il fatto è che è successo tutto così in fretta e neanch’io riesco ancora a crederci ma…potremmo dire che loro sono i miei primi amici».

Un calore sale fino alle mie guance mentre pronuncio l’ultima parola. Per una ragazza solitaria come me è imbarazzante ammettere di avere finalmente stretto delle amicizie. È una sensazione aliena,  irriconoscibile, ma non spiacevole.

Mentre sono ancora persa nei miei pensieri, le braccia di Naoko mi attirano a sé, accompagnando la mia testa al suo petto.

«Sono orgogliosa di te, Eiko».

Forse è perché desideravo sentire queste parole più di qualsiasi altra cosa, o forse è semplicemente il senso di colpa che percuote la mia coscienza bugiarda, ma calde lacrime rigano le mie guance mentre mi lascio viziare per un po’ dalle carezze di mia sorella, fino a quando i miei occhi si chiudono in un profondo sonno pacifico.

 

 

 

°°°

 

Nota d’Autrice: Innanzi tutto mi scuso con tutti voi per l’immenso ritardo, ma sono in periodo di esami universitari e ho fatto del mio meglio per trovare sempre un po’ di tempo per scrivere. Questo capitolo è abbastanza lungo e sono quasi certa che lo saranno anche i successivi. Spero che questo possa compensare il fatto che pubblicherò con meno frequenza, ma la storia andrà comunque avanti. Non perdete la speranza! ^^ vi incoraggio sempre a condividere con me le vostre opinioni e vi abbraccio tutti.

 

 Lady L. ; )

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: LadyLicionda