Capitolo 4 - Paul
"Gregory!
Andiamo!"
Gregory
guardò la porta chiusa mentre poteva chiaramente sentire la voce di sua sorella
che lo chiamava, ma non rispose, troppo concentrato su quello che stava facendo.
"Oh,
sei qui!" Rachel disse aprendo la porta della camera da letto di sua madre
"Cosa stai facendo? Dai, la mamma ci sta aspettando. Siamo in ritardo"
Disse, avvicinandosi a lui e prendendolo per un braccio.
"Aspetta!"
Disse, lanciandogli un'occhiataccia e mettendo invece un pennarello colorato nella
sua mano "Sc-hivi 'Gua-isci p-esto. Ti vo-io bene'...'" Disse,
guardandola negli occhi e poi sussurrando un lunghissimo 'ti p-eeeeeeeeego'
Rachel
alzò gli occhi al cielo e sospirò, ma prese il pennarello e scrisse quelle
parole sul foglio, accanto a quello che sembrava un uomo gigantesco vicino ad
un uomo più piccolo con una testa enorme.
"Dove
hai preso questo foglio?" Gli chiese, restituendogli il disegno mentre lui
alzava le spalle, piegando il foglio a metà e infilandolo dentro al suo
zainetto dei Paw Patrol.
Rachel
alzò a sua volta le spalle mentre sentiva la voce di sua madre che li chiamava
di nuovo dal piano di sotto. Ovviamente
non aveva tempo di aspettare una sua risposta.
"Andiamo"
Disse ancora, prendendo la mano del suo fratellino e trascinandolo verso la
porta.
"No,
aspetta! Paul!" Disse ancora, lasciando la sua mano e correndo verso il
letto mentre lei alzava gli occhi al cielo di nuovo. Paul. Il suo animaletto di peluche. Lo guardò mentre si arrampicava
sul letto, ovviamente incurante del fatto di avere le scarpe addosso, e si
passò una mano sul viso. Lo guardò mentre spariva sotto alle coperte e cercava
il suo pupazzo tra le lenzuola, riemergendo finalmente con Paul in mano.
"Sai?
Sarebbe più facile se la smettessi di venire tutte le sere nel letto della
mamma!" Disse in tono leggermente infastidito mentre lui le faceva la
linguaccia e le passava accanto, correndo poi giù per le scale.
...
House
sentì la sua presenza prima che parlasse, ma non si mosse, continuando a tenere
gli occhi chiusi e fingendo di dormire. Tre giorni di fila. Ogni volta solo per
pochi minuti prima che l'infermiera venisse a prenderlo per riportarlo al nido
ma... si era ritrovato ad aspettare di vederlo spuntare da quella porta... e,
beh, probabilmente gli sarebbe mancato.
Gregory
si arrampicò sul letto e lo guardò.
"Stai
do-mendo?" Gli chiese, toccandogli una guancia.
"In
realtà... stavo! Passato!" Disse, aprendo un occhio solo per guardarlo con un
finto sguardo infastidito "Perché
non sei a fare un pisolino anche tu?" Gli chiese.
Non
rispose e continuò a esplorare il suo viso, muovendo le sue piccole dita dalla
pelle liscia del suo mento, al suo naso, alla sua fronte e ai suoi capelli.
"Cosa
diavolo stai facendo?" Disse, spostando la sua mano dalla sua faccia e
strofinandosi il naso che adesso gli faceva prurito.
"Somi-ii
un po' a mio papà" Disse annuendo "ma lui non ha que-tti capelli
st-ani" disse, guardando i suoi capelli "e neanche quette -ighe qui"
aggiunse, indicando le rughe sulla sua fronte e attorno ai suoi occhi "e lui non è così liscio" Aggiunse
ancora, questa volta indicando le sue guance.
"Wow!
Due gocce d'acqua allora!" Disse, ridendo e guardandolo negli occhi mentre
lui rideva a sua volta.
Lo
guardò con i suoi grandi occhi.
"Vai
via davve-o?" Gli chiese, mettendo il broncio.
House
si mise seduto e lo prese sulle ginocchia.
"L'ospedale
è per le persone malate, e io non sono più malato" Disse, guardandolo
mentre annuiva e si mordeva il labbro.
"Puoi
veni-e a di-mi ciao qualche volta?" Gli chiese, mentre i suoi grandi occhi
azzurri diventavano ancora più grandi.
"Forse"
rispose "Ma tu devi essere all'asilo o non sarò capace di trovarti" Aggiunse,
spettinandogli i capelli mentre lui sorrideva e annuiva.
Lo
guardò mentre scendeva improvvisamente dalle sue ginocchia e allungava la mano
per prendere il suo zainetto vicino alla porta, arrampicandosi poi ancora sul
letto. Continuò a guardarlo mentre cercava qualcosa nello zaino, perdendo poi
la pazienza e girandolo a testa in giù, rovesciando l'intero contenuto sul
letto mentre una parte rotolava sotto al letto.
"Pe-
te" Disse, allungandogli il disegno e sorridendo "Vedi? Io e te e... ho
sc-hitto il mio nome tutto da solo" Disse orgogliosamente.
House
guardò quel disegno. Quel "ti voglio
bene" e quel "GrEgoRy"
scritto in lettere storte e sbilenche.
"Io
sarei questo?" Gli chiese con un sorriso mentre lui annuiva con un sorriso
a trentadue denti.
"Tu
sei il più g-ande" precisò mentre House non poté fare a meno di sorridere.
"Beh,
grazie allora" Disse guardandolo negli occhi "E... vedi? Sono già
guarito. Sembra proprio che tu sia meglio di tutti i dottori che ci sono qua
dentro" aggiunse.
Gregory
sorrise ancora.
"No
tutti" disse in tono serio, cominciando a rimettere le sue cose nello
zainetto "La mia mamma è la dotto-essa più b-ava di tutto il mondo"
House
lo guardò. No... non poteva essere... Di nuovo era probabilmente solo uno
scherzo della sua mente... Anche perché... beh, a quanto pareva il Direttore di
quel posto era un sessantenne con la barba. Ma... e se invece...?
"Come
si chiama la tua mamma?" Gli chiese, guardandolo mentre scompariva sotto
al letto, riemergendo dopo un paio di secondi per poi sparire di nuovo.
"Cosa
stai cercando?" Gli chiese, continuando a guardarlo.
"Paul!"
Rispose "Il mio b-accio è t-oppo co-to" Aggiunse, mettendo il broncio.
House
trattenne un sorriso. Paul? Chi era Paul?
Si inginocchiò e cercò sotto al letto, allungando poi il braccio per
prendere quel peluche nero da sotto il comodino.
"Gregory!"
House
girò la testa verso l'infermiera ferma sulla porta e guardò il giocattolo nella
sua stessa mano.
Paul.
Si
bloccò. I suoi occhi fissi su quel peluche nero e bianco.
Paul il pinguino.
Paul il pinguino della pace.
Guardò
la piccola mano di Gregory mentre prendeva 'Paul'
dalla sua mano, molto più grande della sua, e gli metteva poi le piccole
braccia attorno al collo.
Rimase
immobile, guardandolo mentre prendeva la mano dell'infermiera e gli faceva il
suo solito 'ciao ciao' con la mano.
Guardò
quella porta che si chiudeva. E la testa di Gregory che spuntò di nuovo da
quella porta.
"Lisa"
disse con un grande sorriso "È il nome della mia mamma" disse,
facendogli poi ancora ciao-ciao con la manina e sparendo dietro la porta.
Non
rispose, continuando a guardare quella porta ormai chiusa.
Com'era
possibile? Era davvero figlio di Cuddy? Dopotutto Lisa era un nome molto
comune... Non credeva alle coincidenze, giusto? Era davvero una coincidenza? O
Wilson sapeva che lei si era trasferita lì quando aveva scelto Boston come
ultima tappa del suo viaggio?
Non
poteva essere solo una coincidenza. Era figlio di Cuddy. Suo figlio. Ecco perché lo guardava con lo stesso sguardo di Cuddy.
Ecco perché lo guardava come lo guardava la sua stessa immagine riflessa nello
specchio.
Come
era potuto succedere che non avesse notato che fosse incinta? Sì, beh, non così
tanto incinta ma... come era potuto succedere che non l'avesse capito solo
guardandola negli occhi?
Guardò
al disegno sul suo letto. A quello storto e sbilenco 'GrEgoRy'.
Perché
l'aveva chiamato come l'uomo che avrebbe potuto uccidere lei e il suo bambino?
"Somigli un po' a mio papà" Gli aveva
detto "ma lui non ha questi capelli strani...e neanche queste righe qui e
lui non è così liscio"
Cosa
stava succedendo? Cristo Santo, non era neanche venuta al suo funerale! Ma...
aveva chiamato suo figlio come lui?
Come 'papà'?
Si
passò la mano sulla fronte e poi su tutta la faccia mentre un'improvvisa ondata
di nausea gli chiudeva lo stomaco.
Cazzo!
Non era là perché...
Non
riuscì neanche a finire quel pensiero nell'istante in cui piegò quel disegno in
due e i suoi occhi misero a fuoco quello che c'era dall'altro lato di quel
foglio...
La
calligrafia di Cuddy. La sua inconfondibile calligrafia. E una data. Solo pochi
giorni prima di quell'incendio.
I
suoi occhi si focalizzarono su quelle parole.
Mi manchi...
Ci ho provato... ma non riesco ad odiarti...
... e ti amo ancora. E non posso fare a meno
di chiedermi "Mi ha mai amato davvero?"
... e mi chiedo se sarò mai di nuovo felice.
Il suo sguardo
si soffermò su quel 'non posso fare a
meno di pensare... Mi ama ancora come lo amo io?" ...Perché, beh... So che
ti ho ferito quanto tu hai ferito me... quindi... non posso biasimarti se non è così... se sei andato avanti...'
Dannazione, Cuddy! Quanto poco mi conosci? Chiuse gli occhi e sospirò. Perché una lettera? Perché una dannata lettera?
Non poté fare a meno di guardare quelle parole. Eccolo lì.
... non c'è un modo semplice per dire quello
che devo dire... Penso solo che tu abbia il
diritto di sapere. Di sapere che in poche settimane un bambino guarderà il
mondo per la prima volta.
Il nostro bambino, House. Nostro.
Questa volta non poté impedire ad una lacrima di rotolare lungo la sua guancia, trasformando la 'N' di quel nostro in una macchia grigia. Toccò quella macchia con la punta del dito e chiuse gli occhi, guardando in su per evitare ad altre lacrime di cadere. Ecco cos'erano quelle macchie grigie su quel foglio. Le sue lacrime.
... ognuno dei suoi calci mi fa pensare a
te...
... Che cosa devo dirgli, House? Cosa vuoi
che gli dica?
... l'unica cosa che voglio che tu sappia è che non ho intenzione di tenerlo lontano da te...
...È così sbagliato dirgli che è venuto dall'amore
dei suoi genitori? Perché... è così, House.
Girò istintivamente il foglio, cercando la parte mancante di quella lettera ma trovando ovviamente solo il disegno di Gregory. Non poteva sapere cosa venisse dopo ma quello era comunque abbastanza per lui. Abbastanza per sapere quanto entrambi avessero perso. Quanto tempo avessero entrambi perso.
Guardò ancora quell'ultima frase sul foglio.
Quel '... è venuto dall'amore dei suoi genitori...'
"Sì, Cuddy!" Sussurrò nel silenzio di quella camera da letto.