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Autore: SantaStyles    04/02/2017    0 recensioni
-"Pensi davvero che sia stata io a rubare le tue ricette segrete?"Domandò Theresa con tono poco calmo.
-"Non ho detto questo!"Ribatté Willy, camminandole davanti con fermento.
Tutto ebbe fine prima ancora di cominciare...
Questa storia non è mia; ma di Deppiana-Directioners su Wattpad. Tutti i diritti vanno a lei e alla sua meravigliosa storia!
Genere: Comico, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 3

CHARLIE BUCKET



Il cielo si era oscurato e l'odore del cioccolato fondente si sparse per aria col passare delle ore: la famosa fabbrica Wonka aveva ripreso a funzionare.

Nel suo interno, le teglie rettangolari si riempirono di cioccolato, lasciando che degli stampi gli dessero la forma di piccoli quadratini Wonka. Infine le tavolette andavano ad adagiarsi su piccole mongolfiere bianche, cadendo l'attimo dopo su un lungo tavolo dove gli involucri di carta erano già stati sistemati per avvolgerle.

Nel bel mezzo di questo lavoro, una mano coperta da un guanto viola di gomma poggiò su alcune tavolette dei biglietti d'oro. Era cinque con esattezza, e quando i macchinari vennero riaccesi dopo esser stati fermati i biglietti d'oro furono coperti dagli involucri intorno alle tavolette, cadendo negli scatoloni già aperti e pronti al sigillo e che, in seguito, furono caricati su alcuni furgoncini rossi firmati Wonka per raggiungere la destinazione a loro assegnate.

Charlie Bucket vide passare in strada i furgoncini rossi dai vetri così scuri da non vedere nessuno alla guida. Fuori c'era vento e, lentamente, della candida neve cadeva dal cielo ingrigito a causa del mal tempo. Charlie era accostato ai bordi di un marciapiede innevato, quando poi attraversò la strada di corsa e raggiunse casa sua.

Egli era un bambino come tanti altri. Non era il più veloce o il più intelligente tra tutti gli altri bambini. La sua famiglia non era né ricca, né potente, né influente, a dire la verità avevano a malapena di che mangiare. Charlie Bucket, che viveva con la sua famiglia -madre, padre e nonni compresi- in una casetta alla periferia della città, era il bambino più fortunato del mondo, ma non lo sapeva ancora.



 

*



 

Col calare della sera il vento e la neve erano divenuti più fitti, completando il loro intento di ricoprire la città di bianco. Quando il Signor Bucket fece ritorno a casa, chiudendosi di fretta la porta alle spalle, salutò la propria famiglia.

«'Sera a tutti!»

«Buonasera!»Salutarono i quattro Nonni, stesi al calduccio nel loro lettone matrimoniale: due da capo e due da piedi.

«Ciao, papà!»Salutò Charlie, distogliendo per un breve attimo i pensieri dallo studio.

Il signor Bucket gli strofinò affettuosamente i capelli, avvicinandosi poi a sua moglie, che s'allontanò dal fornello per lasciargli un piccolo bacio sulla guancia ghiacciata.

«La zuppa è pronta, tesoro!»Gli disse. «Non c'è nient'altro da mettere lì dentro, vero?»Chiese, ma suo marito smosse negativamente il capo, dispiaciuto. «Oh be', il cavolo sta benissimo con il cavolo

E divise in due un secondo cavolo, aggiungendolo alla zuppa di cavoli quasi in ebollizione: il loro povero pasto...

Il Signor Bucket sedette a tavola, porgendo a Charlie dei tappi di dentifricio non buoni all'uso, presi dalla locale fabbrica di dentifricio in cui lavorava: i turni erano lunghi e la paga misera, eppure, ogni tanto, c'erano sorprese inaspettate.

«Era quello che mi serviva!»Sorrise Charlie alla vista di un tappo di dentifricio a forma di tuba.

«Che cos'è, Charlie?»Gli domandò nonno Joe.

Charlie tirò fuori da un mobile un modellino della fabbrica Wonka fatto interamente di tappi di dentifricio. L'ultimo servì per completare la testa a Willy Wonka.

«L'ha trovato papà! Il pezzo che mi serviva!»Spiegò il bambino.

«Di che pezzo si tratta?»Domandò incuriosito nonno Joe.

«La testa per Willy Wonka!»Fu la risposta di Charlie.

«Oh, è magnifico!»Disse ammaliata nonna Josephine.

«E devo dire che gli assomiglia.»Aggiunse nonno Joe.

«Tu credi?»Charlie lo guardò intensamente negli occhi.

«Se lo credo? Io lo so! Io ho visto Willy Wonka con questi miei occhi: lavoravo nella sua fabbrica!»Rispose nonno Joe con serietà.

«Davvero?»Charlie strano gli occhi, stupito.

«Davvero!»Rispose nonno Joe.

«Davvero!»Affermò nonna Josephine.

«Davvero!»Affermò nonno George.

«Ah, sì, l'uva mi piace!»Affermò a vanvera nonna Georgina.

«Naturalmente, a quei tempi, io ero molto più giovane di adesso. Willy Wonka aveva cominciato con un solo negozio a Cherry Street, ma tutto il mondo voleva i suoi dolci.»

Nonno Joe ebbe un flashback...




 

Flashback





 

Il negozio Wonka era il più amato dai cittadini di Cherry Street. Nel suo interno si potevano trovare dolci di ogni forma, di ogni tipo e di ogni colore: tavolette Wonkabombolonichewin-gumcaramelle... Willy Wonka si trovava tra i suoi operai, oltre uno sportello di vetro colorato, e fu lì che lo raggiunse nonno Joe.

«Signor Wonka!»Esclamò quest'ultimo, allarmato e con con in mano una tavoletta Wonka.

«Sì?»Chiese il cioccolatiere, sfiorando il vetro colorato con le mani ricoperte da guanti di gomma rossa e immerso nelle sue fantasie dolciarie.

«Non ci sono più tavolette Wonka e gli uccellini di cioccolata sono finiti!»Lo informò nonno Joe.

«Finiti? Finiti! Ah be', allora bisogna farne degli altri! Ecco!»Offrì a nonno Joe un ovetto di cioccolato azzurro con puntini blu. «Ora apra!»

Nonno Joe si ritrovò appollaiato sulla lingua un uccellino di cioccolato cinguettante. Il Signor Wonka rise come un ebete e Theresa, seduta alla cassa, era talmente ammaliata da quell'uomo che permise alle sue labbra di increspare un sorriso che sfumò nel presente...




 

Fine flashback




 

«Quell'uomo era un genio!»Esclamò nonno Joe con enfasi. «Lo sapevi che ha inventato un nuovo modo di fare il gelato al cioccolato senza il bisogno di metterlo nel freezer? Puoi anche lasciarlo sotto il sole di una giornata calda e non si scioglie.»

«Ma è impossibile!»Esclamò Charlie.

«Ma Willy Wonka l'ha fatto!»Esclamò nonno Joe. «Non passò molto tempo dopo che costruì una vera fabbrica di cioccolato. La più grande della storia. Cinquanta volte più grande di qualunque altra!»

Nonno Joe e nonna Josephine, nel lontano flashback del passato e nel momento in cui il Signor Wonka tagliò il nastro rosso e i cancelli della fabbrica Wonka si aprirono per la prima volta, si baciarono. Intorno a loro, la folla esplose in un fremito di emozione e i paparazzi immortalarono ogni secondo di quel momento ormai lontano.

«Non si fanno quelle cose, nonno!»Scherzò Charlie.

«Raccontagli la storia del Principe Indiano, quella gli piacerà!»Suggerì nonna Josephine, sorridendo.

«Vuoi dire il Principe Pondicherry?!»Nonno Joe si schiarì la voce. «Be', il Principe Pondicherry scrisse una lettera al Signor Wonka, chiedendogli di andare da lui fino in India per costruirgli un colossale Palazzo tutto fatto di cioccolato

La risata di nonna Georgina si perse nel ricordo di quel flashback ambientato in India...




 

Flashback 




 

«Avrà cento stanze e ogni cosa sarà fatta di cioccolato fondente o al latteDisse il Signor Wonka, poggiando sul tavolo il progetto grafico del Palazzo al cioccolato; al suo fianco c'era il Principe Pondicherry.

Gli operai del Signor Wonka erano alle prese con la costruzione del colossale Palazzo: i mattoni erano di cioccolato, così come lo erano il cemento, i soffitti, i quadri, i mobili e tutto il resto. Addirittura dai rubinetti, invece dell'acqua, fuoriusciva un bel getto di cioccolato.

«È perfetto da ogni punto di vista!»Commentò il Principe una volta all'interno del Palazzo cioccolatoso.

«Sì, ma non durerà molto!»Lo avvertì il Signor Wonka. «È meglio che lo mangi subito!»

«Oh, sciocchezze! Non mangerò il mio palazzo! Io intendo... viverci!»E sedendo sul trono fatto di cioccolato, il Principe Pondicherry leccò il dito della propria mano, convinto e gustandosi il tutto.

Ma il Signor Wonka aveva ragione.

In un giorno caldo e dal forte sole rovente, il Principe Pondicherry vide afflosciarsi davanti agli occhi il proprio Palazzo di cioccolato, restando basito alla vista della cioccolata che andò a macchiare le bellissime colline verdi dell'India.

Ma si poteva vivere in un palazzo fatto di cioccolato?




 

Fine flashback




 

«Il Principe inviò un altro telegramma richiedendo un nuovo palazzo, ma Willy Wonka aveva i suoi problemi.»Stava raccontando nonno Joe. «Gli altri produttori di cioccolato, vedi, erano invidiosi del Signor Wonka, e cominciarono ad inviare delle spie per rubare le sue ricette segrete.»

«E rubarono anche la felicità a due persone, non scordarlo!»S'intromise nonno George con quel suo tono severo.

«Che significa?»Domandò Charlie, incuriosito.

«Willy Wonka era innamorato di una ragazza, Charlie, la più bella che avesse mai amato.»Rispose nonno Joe, lo sguardo perso nei ricordi lontani.

«Dici sul serio, nonno?»Chiese il bambino sbigottito.

«Ricordo come se fosse stato ieri quel giorno in cui Theresa venne in negozio per chiedere lavoro...»

Nonno Joe tornò indietro nel tempo, proprio a quel giorno in cui Theresa mise piede a Cherry Street...




 

Flashback





 

Theresa si trovava da sola per strada. Era in cerca di un lavoro che fosse in grado, nel suo piccolo, di mantenerla e, guarda caso, arrivò proprio davanti al negozio di dolciumi più famoso della città, dove sulla porta era stato affisso da poco un annuncio. Avvicinandosi ad esso, sentì una donna leggere:




 

«Cercasi addetta alle pulizie»





 

Decise di entrare: era la sua occasione per ricominciare.

Si avvicinò, imbarazzata, alla cassa e chiese ad una persona di mezza età di poter lavorare come addetta alle pulizie, esattamente come diceva l'annuncio sulla porta del negozio. L'uomo le sorrise gentilmente.

«Un momento, ne parlo col Signor Wonka.»Disse, e si diresse oltre un'allegra tenda fatta di finte caramelle colorate.

Theresa, invece, prese a guardarsi intorno. Le pareti erano tutte decorate a caramella, gli scaffali erano colmi di dolciumi e c'era gente allegra che entrava e usciva dal negozio per comprare i dolci più buoni al mondo. Poi l'uomo tornò indietro e le disse che il Signor Wonka desiderava parlarle di persona. La ragazza sorrise e si avviò oltre la tenda di finte caramelle, avvicinandosi ad una porta in legno crema e bussandoci sopra con la propria mano scheletrica, consumata da una terribile malattia che lei stessa ignorava di avere.




 

Toc toc!




 

«Avanti!»Disse una dolce voce dall'altro lato della porta.

Theresa spinse la porta di lato, entrando nel meraviglioso mondo Wonka per mai più uscirne. Credeva, inoltre, che egli fosse un uomo sulla quarantina, ma invece si ritrovò davanti uno splendido ragazzo poco più grande di lei, seduto al centro di un'allegra scrivania in vetro doppio e verde scuro che le porse un sorriso, arrecandole strane emozioni mai provate prima di allora.

L'ufficio del Signor Wonka era allegro come il resto del negozio. Sulle finestre erano state messe le stesse tende di finte caramelle come quelle viste all'altro lato della proprietà; le pareti erano dipinte di bianco, magari con qualche cerchietto colorato qua e là; le mensole, esattamente come le altre, erano colme di barattoli con dentro dolci Wonka e, alla destra di Theresa, era presente un comodo, confortevole divano rosso.

«Avvicinati, bambolina!»Le fu ordinato dal Signor Wonka.

Alle mani portava fini guanti di gomma rossa e indossava un allegro completo viola con camicia bianca a pallini colorati accurata sotto al gilet violaceo. Era un bellissimo ragazzo, pensò Theresa, con un sorriso contagioso e due splendidi occhioni blu notte in cui annegare; al contrario, lei era una misera ragazzina mingherlina. Aveva i capelli biondo platino, spenti; gli occhi erano meravigliosi: verde mare con sfumature azzurro dell'Oceano. Ma questo il Signor Wonka lo notò solo quando la ragazza si fu avvicinata alla sua scrivania, arrecandogli un vortice di battiti agitati che mai nessuna ragazza era riuscita a trasmettergli.

«Siediti, cara!»Le disse con dolcezza e Theresa obbedì. «Mi è stato riferito che sei interessata al lavoro delle pulizie, confermi?»

A Theresa, stranamente, risultò subito simpatico, ma questo era ancora da vedere.

«Sì, signore!»Confermò, sentendosi a proprio agio, cosa che con gli altri non accadeva mai.

«Come ti chiami?»Le chiese il Signor Wonka sorridendo.

«Theresa Collins, signore!»Rispose Theresa, di già persa in quel mare blu di due iridi lucenti.

«E quanti anni hai, Theresa?»

Il Signor Wonka continuava a sorriderle... perché?

«Sedici, signore!»

Theresa abbassò lo sguardo per via di una strana emozione che prese possesso del suo stomaco.

«Dimmi un po', piccola, per quale motivo cerchi lavoro? Una ragazza della tua età non dovrebbe esser immersa nei libri per studiare e diplomarsi?»Le domandò il Signor Wonka che, al suo contrario, riusciva a sopportare tutte quelle nuove emozioni.

«In verità... io non ho mai potuto studiare, signore. Mamma e papà non mi hanno voluta e per sedici anni ho vissuto a casa dei miei zii, che di recente sono venuti a mancare. Nell'ultimo periodo sono stata affidata ai miei nonni, ma appena ho rifiutato di prostituirmi loro... loro mi hanno buttata fuori dalla loro vita e... e inoltre io non so né leggere né scrivere... Posso solo pulire!»

Stranamente, Theresa aveva spiegato la sua posizione senza provare alcun tipo d'imbarazzo, senza scappare come spesso aveva fatto quando cercava lavoro e cominciava a sentirsi a disagio e fuori luogo.

«Sai almeno di che malattia sei sofferente, tesoro?»Chiese il Signor Wonka dopo averla scrutata dall'alto in basso.

«Signore?»Fu la risposta spaesata e sgomenta della ragazza.

«Sei così magra, piccina, e di certo questo non è normale.»Sorrise il cioccolatiere, ma i suoi occhi brillavano di preoccupazione.

«Ma signore, avete voglia di scherzare? Io sono grassa, mica magra! Magari lo fossi...»Theresa ironizzò una risata.

«Mmh!»Fece il Signor Wonka. «E di conseguenza sei Anoressica!»

«Cos'è l'Anoressia?»Domandò Theresa, ora laconica.

«È una terribile malattia che ti danneggia dentro, che ti impedisce di essere te stesso. Ad esempio: ti guardi allo specchio e proprio non riesci a piacerti. E sai perché? Perché la tua mente visualizza l'immagine opposta di ciò che sei realmente. Se tipo sei magra, allo specchio rifletti la tua immagine al contrario, ovvero ti credi grassa, brutta, inutile. Ti rifiuti addirittura di vivere, preferendo morire e scomparire dal mondo piuttosto che continuare a lottare.»Le spiegò in modo semplice il Signor Wonka, senza confonderla o arrecarle altri strani pensieri. «A te succede più o meno questo, vero?»

Theresa non rispose. Abbassò semplicemente lo sguardo, sentendosi impotente davanti a quello l'uomo che gli stava davanti.

«Cosa nascondi sotto ai polsini?»

Cavolo! Li aveva notati...

«Niente, signore!»Mentì spudoratamente Theresa, ma tanto lui, non credendo a quell'affermazione evasiva, le si avvicinò con decisione.

Sedette sulla scrivania senza perderla di vista un secondo. Lei cercò di ignorarlo, di far finta di niente, ma si ritrovò col polso nella sua morbida mano, che con delicatezza mise via quel polsino logoro, trovandosi davanti agli occhi una benda zuppa di sangue che nascondeva profondi tagli incisi su carne viva.

«Sei... un'autolesionista...»Il Signor Wonka ne rimase shockato.

Sentendosi impotente, distrutta e logorata dal dolore, Theresa si abbandonò alle grinfie di un pianto silenzioso che andò a pizzicarle gli occhi: perché glielo aveva lasciato fare?

«Ma perché lo fai? Non serve a niente farlo!»Le disse severamente il cioccolatiere, tamponandole il braccio con un suo fazzoletto di stoffa.

«Io mi sento sola...»Biascicò la ragazza.

Il cioccolatiere si fermò a guardarla, indeciso sul da farsi. Poi prese nelle proprie mani anche l'altro polso, trovandole inciso sul braccio una parola che gli lasciò l'amaro in bocca: ALONE!

«Dio! Smettila di farti del male... SMETTILA!»Le urlò con decisione, prendendo un altro fazzoletto di stoffa dalla scrivania e tamponandole il braccio.

«Non posso... io sono sola... SONO SOLA!»

Per la prima volta, Theresa si abbandonò al dolore nelle braccia di qualcuno che le aveva urlato di smettere di farsi del male, qualcuno che l'aveva accolta in un abbraccio protettivo come un bocciolo non ancora sbocciato e che neppure conosceva.




 

«Devo prendermi cura di lei: è quella giusta!»Pensò mentalmente il Signor Wonka.





 

«Non sei sola, amore mio, perché da oggi ci sono io con te.»Le disse il cioccolatiere, stringendola forte a sé.

«Chiedo solo... di poter lavorare.»Singhiozzò Theresa.

«Io chiedo solo di poterti salvare.»E da quel momento cambiò tutto.

Il Signor Wonka non diede a Theresa il lavoro delle pulizie. Anzi, non le permetteva assolutamente di lavorare tranne se ella insisteva a tal punto da convincerlo, cosa che accadeva spesso, visto che il cioccolatiere, col passare dei giorni, si ritrovò ad insegnarle il proprio mestiere. Le insegnò anche a leggere e a scrivere, e grazie a questo suo prezioso aiuto Theresa si diplomò in letteratura, dimenticandosi dei tagli e della sua fissa per il cibo.

Il maestro Wonka la stava guarendo dall'Anoressia con piccoli gesti e semplici metodi da ignorante qual era; altresì i tagli divennero solo un lontano ricordo.

Theresa adesso sorrideva, scherzava, sognava. Spesso si fermava a chiacchierare e giocare con gli operai del Signor Wonka, soprattutto con nonno Joe, colui che l'aveva presentata al suo angelo custode. Le consegne a domicilio le permisero di socializzare con i cittadini di Cherry Street, ma quel giorno l'attese una sorpresa inaspettata in negozio: Willy Wonka la fece salire sulla bilancia per pesarla...

«Cinquantasei chili... un ottimo risultato, no?»Sorrise il cioccolatiere.

«Se non fosse stato per lei, Signor Wonka, non ci sarei mai riuscita.»Theresa si specchiò in quei due occhi blu: non era né grassa né magra, semplicemente era una ragazza normale.

«Io penso che il tuo vero io aspettava solo il momento giusto per uscire allo scoperto.»Sorrise lui, colpendole affettuosamente il naso. «E ti dirò: così sei più bella di prima!»

Il cioccolatiere le strappò un sorriso.

«Grazie!»Disse Theresa, stritolandolo in un abbraccio spaccaossa.

«Non devi ringraziarmi, cucciola mia.»Le sussurrò il cioccolatiere.

«Non credo di averci mai fatto caso, ma voi profumate di noccioline, il che mi piace.»Questa volta strappò lei un sorriso a lui.

«Quando ti deciderai a darmi del tu?»Domandò il Signor Wonka, il quale mise fine all'abbraccio per guardarla negli occhi.

«Quando la finite e fate silenzio!»Scherzò la ragazza; lui rise.

«Ehi, birichina, vuoi aiutarmi con un progetto?»Cambiò discorso il cioccolatiere.

«Quale progetto?»Sorrise la ragazza.

«Vieni!»Il Signor Wonka la fece scendere dalla bilancia per farla accomodare sulle proprie ginocchia. Un suo braccio le avvolse il busto, mentre con la mano destra le mostrò il progetto di una fabbrica di cioccolato. «Ho preso in considerazione l'ipotesi di far  costruire una fabbrica di cioccolato, ma ti confesso che questa scelta mi mette in serie difficoltà: se non ne fossi all'altezza?»

«Voi mi avete insegnato che le difficoltà ci aiutano a crescere, e se lei vuole maturare assieme a questo suo progetto, allora deve lottare per realizzarlo nonostante la paura.»Disse Theresa, aggiungendo: «E poi potreste creare un praticello commestibile

«E una cascata di cioccolato!»S'illuminò il cioccolatiere.

«Cascata...?»Theresa inarcò le sopracciglia.

«L'unica fabbrica al mondo con una cascata di cioccolatosmack!»Il cioccolatiere mandò un bacio al vento.

«Be' , del resto il progetto è vostro.»Sorrise Theresa.

«No, è nostro, perché io voglio che questa fabbrica sia mia quanto tua.»La corresse il maestro, e non ammise repliche.

Poco tempo dopo il progetto prese vita. Al centro di Cherry Street fu costruita un'enorme fabbrica di cioccolato e il Signor Wonka non si era dimenticato affatto di Theresa. Anzi, fu la prima persona, dopo di lui, a mettere piede in fabbrica e fu lì che cominciò a coltivare i propri sogni per il futuro. Uno tra questi era diventare un'attrice di successo, anche se fu solo a San Valentino che il suo vero sogno si realizzò.

Il Signor Wonka la portò con sé nel proprio ascensore di vetro (anche se Theresa detestava gli ascensori perché una volta vi rimase intrappolata dentro) e intanto che guardavano le stanze dove avrebbero dormito e giocato, prese coraggio e le circondò il volto con le mani, avvicinandosi dolcemente alle sue labbra e baciandola.

Le labbra del cioccolatiere erano soffici, calde, carnose come quelle della sua amata. I loro respiri s'incontravano, spesso si univano. I loro cuori battevano forte contro il petto, gli sguardi s'intrecciarono l'attimo dopo per mai più lasciarsi.

«Non ti chiedo di accettare subito, ma concedimi l'onore di averti al mio fianco ogni giorno... e di proteggerti!»Il suo sguardo era lucido, sincero.

«Sempre?»Theresa sorrise radiosa.

«Sempre, amore mio!»Le promise egli, e questa volta fu lei a baciarlo. 





 

Fine flashback





 

«Ma per colpa delle spie, Charlie, il loro amore finì prima ancora di cominciare.»Concluse nonno Joe, facendo ritorno alla realtà.

«Cosa ha distrutto il loro legame?»S'interesso Charlie.

«Una delle spie rubò l'ennesima ricetta segreta e Theresa volle a tutti i costi riprenderla per consegnarla al Signor Wonka, il quale fraintese il gesto e s'infuriò con lei senza permetterle di spiegarsi. Tutto finì in poche ore e la fabbrica fu chiusa per sempre.»

Il silenzio regnò nella casa dei Bucket.

«Ma non ha chiuso per sempre!»Esclamò Charlie. «È aperta adesso!»

«Sì, a volte, quando i grandi dicono sempre, intendono per tanto tempo.»Gli sussurrò sua madre.

«Per esempio: mi sembra di mangiare zuppa di cavoli da sempre!»Si lamentò nonno George.

«Su, papà!»Lo riprese il Signor Bucket.

«La fabbrica chiuse davvero, Charlie.»S'intromise nonna Josephine.

«E a tutti sembrò che sarebbe rimasta chiusa per sempre, invece, un giorno, vedemmo del fumo uscire dalle ciminiere: la fabbrica aveva ripreso a funzionare.»A nonno Joe vennero gli occhi lucidi.

«E tu hai riavuto il lavoro?»Chiese Charlie.

«No! Nessuno di noi!»Rispose nonno Joe; ancora silenzio...

«Ci sarà pure qualcuno che ci lavora.»Insistette Charlie.

«Pensaci bene, Charlie: ti sei mai accorto di qualcuno che sia entrato in quella fabbrica o che ne sia uscito?»Lo fece ragionare nonna Josephine.

«No... i cancelli sono sempre chiusi.»Fu la risposta del bambino.

«Esatto!»Assentì nonno Joe, mettendo da parte il proprio piatto.

«Ma allora chi fa andare le macchine?»Chiese ancora Charlie, perplesso.

«Nessuno lo sa, Charlie!»Rispose sua madre.

«È certamente un mistero!»Aggiunse suo padre.

«Nessuno lo ha chiesto al Signor Wonka?»Charlie non demorse.

«Nessuno lo vede più. Non esce mai da lì. L'unica cosa che esce da quel posto sono i dolci, già impacchettati e con l'indirizzo. Darei qualunque cosa per poterci entrare ancora una sola volta e vedere che ne è stato di quella magnifica fabbrica.»Confessò nonno Joe, nostalgico.

«Ma non ci andrai! Perché non puoi! Nessuno può! È un mistero e per sempre rimarrà un mistero! Possiamo guardare il tuo modellino, Charlie, ma non entrare nella fabbrica vera!»Esclamò severamente nonno George.

«Avanti, Charlie, è ora di lasciare che i nonni dormano un po'!»Lo congedò sua madre.

Charlie salutò i suoi nonni con un bacio affettuoso sulla loro guancia ossuta e dopo aver ascoltato la frase di nonna Georgina: «Niente è impossibile, Charlie!» salì in camera.

La sua stanza non era grande né lussuosa. Era piccola e stretta, composta da un singolo letto affiancato da un mini comodino; la parete rovinata era decorata con le carte di tavolette di cioccolato Wonka e mentre s'infilava ed ammirava la fabbrica avvolta dal buio, l'impossibile si stava già realizzando.

   
 
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