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Autore: Friedrich_L_Friede    04/02/2017    0 recensioni
"Senti, noi dobbiamo andarcene da qui, dobbiamo trovare una macchina, trovare qualcuno. Dobbiamo capire che giorno è oggi, che fine hanno fatto tutti. Non possiamo stare qui senza far niente, dobbiamo sapere, dobbiamo dare un senso a questa situazione demenziale."
Una mattina come tante, un solitario programmatore di computer ed un ragazzino emarginato si incontrano nella loro città misteriosamente deserta. La ricerca della verità li porterà ad incontrare altri sopravvissuti ed a fare spaventose scoperte.
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Silenzio.

Perchè mi sono svegliato nel cuore della notte?

Troppo silenzio.

Apro gli occhi e fisso l’ora proiettata sul soffitto buio della stanza.

Cazzo! Le sette e cinquanta... E la sveglia? Come ci arrivo al lavoro in tempo?

Scatto in piedi, corro in cucina e la luce che la inonda mi ferisce gli occhi, ma sono in ritardo, non posso darmi il tempo di adattarmi. Metto la moca sul fuoco, poi difilato in bagno, tre azioni necessarie eseguite in contemporanea, caffè pronto, non è uscito tutto, non importa, mi basta così, caldo e amaro. Arraffo e infilo i vestiti di ieri sera buttati sulla sedia in cucina, scarpe, fuori, mi chiudo la porta alle spalle e... no!

Un attimo.

Torno indietro e prendo cellulare e chiavi, questa volta chiudo davvero la porta e scendo le scale trotterellando sulla punta degli scalini.

Odio quando sono costretto a fare tutto di corsa. Uno dei pochi vantaggi del vivere da solo è che puoi seguire in libertà i tuoi riti quotidiani, le piccole manie viziose di un single che non ha nessuno che lo coccoli tranne lui stesso.

Apro il portone, esco sul marciapiede e giro automaticamente a destra come tutte le mattine, verso la fermata del bus. Una folata di vento mi fa incassare la testa fra le spalle, mentre un brivido mi percorre la schiena. Mi tiro il cappuccio della felpa sulla testa e me la stringo addosso con le braccia conserte sulla pancia.

Il vento alza le foglie secche sul marciapiede. Regna una pace quasi innaturale. Alzo lo sguardo sulla strada giù verso il fiume e non vedo anima viva. Questo è un quartiere residenziale, non c'è mai molta vita, ma… nessuno?

Vuoi vedere che ho fatto di nuovo la scemenza di svegliarmi presto di domenica? No, ieri non era sabato. Ho lavorato fino a tardi, sono tornato a casa e mi sono schiantato sul letto, quindi non era sabato. Festa della Repubblica o della Liberazione o di che so io? No, quelle sono in primavera e ora siamo a settembre. Il giorno... l'ultima volta che ho fatto caso alla data nell'angolo del monitor era il diciotto, quindi oggi dovrebbe essere il diciannove o il venti.

Tiro fuori dalla tasca il cellulare. Spento. Ieri lo avevo messo a caricare, o almeno mi pare.

Alzo gli occhi, alcune finestre delle case sulla strada sono chiuse, altre aperte, tende tirate, altre no. Niente di strano, la mia solita via periferica e tranquilla. Alla fermata ci sono solo io. In strada ci sono le solite poche macchine parcheggiate. Ovunque io guardi non vedo un singolo movimento, non riesco a sentire alcun rumore eccetto lo strisciare incostante delle foglie secche sull'asfalto. Strano e un po' agghiacciante.

L'autobus non arriva, inizio a pensare che non arriverà. Posso concedermi una variazione sulle mie sacrosante abitudini. Mi avvio a piedi in discesa, verso il fiume e verso il centro. Vorrei sapere con sicurezza che giorno è e che ore sono, per spiegarmi questa calma innaturale.

Due isolati più in giù c'è un'edicola.

All'incrocio do un'occhiata alle laterali. Nessuno. Questa quiete è davvero eccessiva. Anche fossero le quattro di mattina di domenica, e non lo sono, è decisamente tutto troppo tranquillo.

Proseguo nell'aria tagliente. Per essere settembre fa un po' troppo freddo, nettamente più di ieri. Ricordo di essere tornato a casa in maglietta e ora tremo nonostante la felpa. Gli alberi mi sembrano un po' spogli, ci sono tutte queste foglie a terra. Ieri invece mi pareva... mah, chi li guarda gli alberi ai lati di una strada, in realtà? 

Arrivo all'edicola, uno di quei chioschi in lamiera con la tenda davanti. Già da lontano si capiva che era chiusa. Guardo le locandine dei giornali locali: 'Aule troppo piene, genitori in rivolta' e 'Scippa l'anziana, ma finisce la benzina dello scooter'. Le solite notizie inutili. 'Diciotto settembre 2015', lo avevo detto io. Quindi oggi è il diciannove.

Bene, è ufficiale, oggi è festa per via di qualche santo che io non so e mi sono alzato presto come un imbecille, quando potevo rigirarmi sotto le coperte fino a tardi e fare le mie cose con calma.

Già che sono fuori mi berrei un altro caffè al bar qui dietro l'angolo.

Chiuso anche questo, ma che diavolo! I bar chiudono solo a Ferragosto e a Santo Stefano, e oggi non è nessuno dei due. Mi fermo all'angolo e mi guardo intorno. È tutto molto sospetto: ho sott'occhio quattro strade e in nessuna si vede una persona, un'auto, un cane. Le saracinesche sono tutte chiuse.

Devo andare in centro. Se c'è qualcuno in giro, sarà lì. Forse c'è una manifestazione e io non lo ho saputo. Come potrei? Sono anni che non guardo notiziari e non leggo giornali, tanto dicono sempre le stesse stronzate.

Cento metri più in giù vedo il negozietto dei dischi. Ci sono passato davanti tante volte. 'La bottega delle note' recita l'insegna di legno dipinto. La vetrina impolverata è piena di manifesti di concerti di band tributo e di residui di nastro adesivo.

Ecco cosa ha catturato il mio sguardo: la porta sembra aperta. I raggi del pallido sole del mattino si riflettono su frammenti di vetro sparsi ovunque. Mi avvicino alla cornice vuota della porta cercando di non fare troppo rumore. Tentativo inutile: il vetro scricchiola fortissimo sotto i miei passi. Dentro, in penombra, scorgo un uomo di spalle. Altezza medio-bassa, magro, jeans e felpa nera con il cappuccio tirato sulla testa. Il tizio sta scartabellando i vinili, ondeggia un po' il capo.

"Ehi, amico!"

Niente. Scavalco la cornice della porta e faccio ancora due passi verso di lui. I frammenti di vetro continuano a fare un rumore infernale, ma lui niente, ondeggia a ritmo.

Alzo un po' la voce: "Signore... scusi..."

Sarà sordo? Allungo la mano e gli tocco la spalla.

Il tizio scatta come una furia verso destra e finisce con le spalle contro uno scaffale da cui cadono centinaia di CD dalle copertine sgargianti.

   
 
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