Grazie al cielo sono nato gay!
«Cos’era quello?»
chiese Alexy con un
sogghigno sardonico nel silenzio dell’aula B, vuota per il
fuggi fuggi degli studenti all’ora di pranzo.
Kentin distolse lo sguardo dall’amico, più
interessato alla ricerca del cellulare perso nei meandri dello zaino
– a meno che non l’avesse lasciato a casa, sbadato
com’era – che alla curiosità di lui.
«Cosa?» mugugnò, concentrato.
Il ragazzo arcuò un sopracciglio inutilmente, dato che
l’occhiataccia accusatoria non sarebbe mai giunta
all’interessato. «Amico, a me gli occhi!»
vociò in un ordine.
L’altro sbuffò un accenno di divertimento.
«Da quand’è che ti diverti ad
ipnotizzare la gente?»
«Oh, è il mio hobby segreto! Sono un abile mago
ma non dirlo ad Armin, altrimenti poi mi relegherebbe in casa a prendere
parte a qualche raid». Alexy emise dei versi che poco
assomigliavano a delle scariche elettriche, atteggiandosi a grande e
potente stregone. «Su, dai, avanti!»
piagnucolò poi, arrendendosi alla sua completa indifferenza.
Kentin seguitò ad ignorarlo fino a quando sulla testa non
picchiò l’angolo del maledetto cellulare che,
ovviamente, si era sempre trovato sotto i suoi occhi: Alexy
l’aveva soltanto raccolto dal banco e usato per riconquistare
l’attenzione persa. Lo prese dalla sua mano con un sospiro.
«Come sapevi che lo stavo cercando?» gli chiese,
interessato.
Alexy ammiccò. «Tu non mi ascolti mai, eh? Sono un
mago!»
L’altro si limitò a lanciargli uno sguardo
diffidente. «Ed io una pecora».
«Davvero?!»
Kentin chiuse gli occhi, sconfitto dal suo finto entusiasmo.
«Alexy» lo riprese controvoglia.
Il ragazzo ghignò sornione. «Bene, allora,
pecorella smarrita… Sai, non è tanto passato
inosservato».
«Cosa?» continuò a negare
l’evidenza, quando sapeva benissimo a cosa si stesse
riferendo.
Alexy non si perse d’animo. «Era Ambra!»
esclamò come bastasse a spiegare tutto.
«No, ma davvero! Credevo fosse… Non so, Nathaniel
con i vestiti della sorella?» domandò con sarcasmo.
«Davvero divertente» borbottò il ragazzo
dagli sgargianti capelli azzurri.
«Imparo dal migliore» gongolò
l’altro, sorridendogli per rabbonirlo.
«Be’, certo!» si pavoneggiò
Alexy, raddrizzando le spalle.
E Kentin sperò di essere riuscito con
quell’assurdo tentativo a far cadere il discorso: a volte,
bastava soltanto ingraziarselo per levarselo di torno, ma…
Purtroppo, la questione era troppo ghiotta per il suo fine palato da
comare.
«Avanti, sono tutt’orecchi!»
esclamò infatti, facendo perno con le mani sul bordo del
banco per sporgersi verso di lui e non perdersi neppure una virgola.
Di riflesso, Kentin indietreggiò scivolando sulla sedia.
«Alexy, allontanati! Non ho voglia di parlarne!»
sbottò irritato.
A quell’ammissione il viso gli si illuminò: il
metodo “terzo grado/metti alle strette la tua
preda” funzionava sempre! «Allora qualcosa
è successo! Ah, lo sapevo!!» Gioì,
ritornando al proprio posto.
Anche Kentin tornò seduto composto, mentre imprecava tra
sé per essere cascato nella sua trappola. «Alexy,
che film ti stai facendo?!»
Il ragazzo parve pensarci su. «Insomma, di solito neanche vi
guardate: lei non esiste per te e tu per lei. Invece prima
c’è stato uno scambio di sguardi… Sai
cosa intendo».
«Era davanti la porta. Che altro avresti fatto? Passarle di
sopra?» borbottò.
«Ken, tesoro, quello non era uno sguardo da “levati
dai coglioni che sono incazzato per colpa del mio amico
ritardatario”».
Rabbrividì per il nomignolo e l’epiteto
utilizzati. «Ripetilo di nuovo e ti troverai a baciare il
muro!» sibilò con la pazienza messa a dura prova.
Alexy sventolò una mano davanti al viso come a scacciare una
fastidiosa mosca e lo ignorò. «Era più
uno sguardo… Uno sguardo… Mmmh»
mugugnò non trovando aggettivi appropriati. «Ah,
ecco! Uno sguardo da “ancora tu ma non dovevamo vederci
più?”» trovò alla fine,
canticchiando la citazione in un italiano incerto.
«Che?» chiese Kentin interdetto e al tempo stesso
incuriosito da quello sfoggio.
«Battisti. Ho una cultura musicale, io!» Sorrise
soddisfatto dall’ammirazione che gli lesse in volto.
«Ma non distrarti, oh! Stavamo parlando della simpatica
biondina e di te che guardi lei e di lei che guarda te e…
È successo qualcosa – santo cielo!
– e
tu stai facendo di tutto per tenermelo nascosto!»
sbottò con esasperazione. «Cazzo!»
aggiunse poi con troppo entusiasmo, come se fosse la degna conclusione
dello sfogo.
Il ragazzo dagli occhi verdi batté le palpebre, confuso:
Alexy era da rinchiudere, poco ma sicuro.
«Cosa non ti è chiaro in “non ho voglia
di parlarne”?!» gli rispose a tono. Proprio non
capiva tutta quell’insistenza! Parlarne non avrebbe risolto
niente, a parte renderlo più ridicolo di quanto
già non apparisse.
Alexy si rabbuiò, lasciando morire il sorriso in una linea
seria. «Sono preoccupato per te, idiota che non sei altro!
È chiaro che da qualche tempo sei strano, ok? E fino ad ora
sono stato zitto, perché pensavo prima o poi mi avresti
detto qualcosa, ma…» Rise amaro. «Sono
tuo amico, sai. E ti si legge tutto in faccia».
Kentin si morse il labbro inferiore, abbassando lo sguardo sul banco
cosparso di briciole del panino che aveva consumato. «Non
è nulla, davvero».
«Fosse stato nulla, non sarei qui a torturarti».
L’amico incrociò le braccia al petto, in attesa.
A quell’affermazione, si passò una mano sulla
faccia e tra i capelli, portando indietro la frangia scomposta che
ricadde sulla fronte più arruffata di prima. «Ho
fatto una cazzata» rivelò in un sussurro appena
udibile.
Alexy ebbe l’accortezza di non intromettersi con una delle
sue solite battute, lasciandolo continuare.
Kentin prese un altro respiro e iniziò. Raccontò
tutto, ogni minimo particolare, così dettagliatamente che,
quando saltava qualcosa, riavvolgeva il nastro e riprendeva.
Raccontò del capriccio di Ambra, della propria dichiarazione
andata a quel paese, di come Ambra lo avesse cercato e trovato, di come
avesse ceduto a quel finto e malsano calore, di come fosse stato
infettato da un morbo che l’aveva fatto scattare alla notizia
di lei e Castiel, di quanto si sentisse stupido in quel momento ad
ammettere che, in fondo, una piccola parte di lui si era legata a lei.
«È che un po’ mi ci rivedo. Non so come
siano andate le cose con Castiel, ma dall’alto della mia
ottusità non mi pare a confetti e campane a nozze»
concluse, rialzando lo sguardo sugli occhi attenti dell’amico.
«Di certo anche lei era abbastanza incazzata con il
mondo» commentò Alexy con una scrollata di spalle.
«O con te, dopo che ti ha visto».
Kentin arcuò un sopracciglio, scettico.
«Be’, la testa delle ragazze è materia
fantascientifica anche per me. Soprattutto quella testolina
bionda» rispose il ragazzo alla silenziosa domanda.
«Non si direbbe» ribatté
l’altro.
«Ehi!» Si offese Alexy. «Sono solo gay e i meccanismi del cervello femminile sfuggono anche a me, sai?»
«Scusa». Kentin arrossì in imbarazzo: a
volte dimenticava quanto fosse spontaneo e fiero della sua
sessualità – avrebbe dovuto prenderlo da esempio.
«Se invece intendevi che ho un acuto spirito di osservazione
e deduzione, allora grazie», sorrise contento.
«Sì, certo!» rispose in fretta per non
smentirlo e così incorrere nella sua funesta ira.
Alexy si crogiolò nel complimento, stando al gioco: sapeva
che lo faceva solo per arruffianarlo. Incrociò le braccia
dietro la testa, iniziando a dondolarsi sulla sedia con un sorriso
birichino sulle labbra.
«Ho solo una cosa da dire» proclamò poi,
mentre la campanella per la ripresa delle lezioni pomeridiane trillava
nel corridoio.
«Cosa?» chiese sbadatamente Kentin, raccogliendo in
fretta le briciole dal banco. Se si fosse soffermato di più
sull’espressione sorniona e machiavellica
dell’amico, avrebbe scelto saggiamente di stare con la bocca
chiusa.
Alexy aspettò che si alzasse e arrivasse al cestino delle
carte per buttare i rimasugli del pranzo e solo allora urlò
a gran voce: «Grazie al cielo sono nato gay!»
Kentin sobbalzò e così fece Armin vicino a lui,
appena entrato in aula. Il “ma che ca-”
morì sulle labbra sbigottite del nuovo arrivato che, dal
cenno dell’altro, capì come fosse meglio non
indagare o dare al gemello più corda di quanta se ne fosse
già presa.
Nessuno dei due fiatò, ma si scambiarono uno sguardo
complice e di divertita rassegnazione.
Sì, avevo detto che avrei pubblicato “appena possibile” e il mio “possibile” ha coperto l’arco di una settimana. Be’, mi scuso davvero con chi sta seguendo e magari si è sentito un tantino preso in giro. Non volevo, ma ho preferito fare così per il classico motivo: esami. Sono sotto esami e i mallopponi di roba da studiare (i prof sono TUTTI pazzi, non credete a chiunque vi dica il contrario!) non aiutano né a smaltirli né a dedicare abbastanza tempo alle fanfictions o altro, perciò ho deciso per questa settimana di mettere online il missing moment promesso e slittare l’aggiornamento della long a settimana prossima.
Comunque, spero sia stata una lettura fuori programma piacevole ;)
QUI trovate il capitolo di riferimento della long (ma potete anche accedere dalla serie).
Calime