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Autore: Chelinde    05/02/2017    1 recensioni
[Post episodio 9 della prima serie]
Stone si reca a Parigi, la cittadina che Mabel aveva tanto sognato di visitare, in una mano le sue cartoline, nell'altra una mappa della cittadina francese con due cerchi rossi, i due luoghi che la giovane avrebbe voluto vedere.
Un flusso di coscienza da parte del nostro Jacob Stone, che ha come ambientazione le strade parigine.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jacob Stone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le parti in blu sono citazioni prese dall'episodio 1x09.
 
Strade parigine-The Librarians
 
“Scusa, come è stato il tuo primo bacio ad una donna di quasi un secolo e mezzo?” (Mabel Collins)
La sua voce gli risuona ancora nelle orecchie, l’immagine del suo sorriso è ormai stampata a fuoco nella sua mente. Mabel è stata un lampo nella sua vita, eppure Jacob è sicuro che il suo è un segno sottile ma indelebile, un ricordo che lo accompagnerà per sempre.
Seduto al caldo all’interno del piccolo bar parigino nominato dalla giovane più di una volta, ha davanti un piccolo tramezzino ed una birra, non ha voglia di altro, il suo stomaco è chiuso da quel pomeriggio, da quando Mabel gli è caduta tra le braccia, da quando, per salvare la vita di chissà quante persone, lei è morta, e nessuno a parte i presenti saprà mai la verità del coraggio di quella piccola ed esile donna.
Tra le mani ha ancora la cartolina di Parigi, la regge con una presa forte ma delicata, come se avesse paura di romperla, di danneggiarla; come se non si trattasse di una delle tante immagini della cittadina che si possono comprare con poco, ma di un quadro ancora più prezioso di quelli di Cézanne.
Attorno a lui si trovano molte persone, alcune straniere, altre francesi, intente a conversare con le persone al loro tavolo; lui invece è seduto da solo, eppure non si sente solo, nelle narici ha ancora il suo profumo, nelle orecchie la sua voce e negli occhi il suo volto. Con un movimento delicato inserisce la cartolina all’interno dei tanti quaderni che usa per gli appunti, la riunisce con le altre, tutti luoghi che visiterà un giorno, tutti luoghi che anche lei avrebbe voluto, avrebbe dovuto, visitare.
Richiude la borsa e prende a mangiare a piccoli morsi ed a lunghi sorsi. Gli aspetta una lunga coda al freddo per poter arrivare nel secondo luogo della sua lista, eppure non vede l’ora, sente una strana eccitazione al pensiero di quel luogo, come quando era bambino e non vedeva l’ora che arrivasse il Natale per poter stare con tutta la sua famiglia, una sensazione che non aveva più provato per tanto prima di trovare gli altri bibliotecari. L’essere entrato in quella strana combriccola gli aveva stravolto il mondo, non avrebbe mai creduto di poter trovare amici così fedeli in persone così diverse da lui; un ladro, una che già li ha traditi una volta, un pazzo che compare un giorno sì e poi non si rivede più per chissà quanto tempo, ed un ex soldato con una spiccata tendenza al comando. Ah, e come non pensare a Jenkins, colui che è in grado risponderti ad una domanda parlandoti per ore di cose che non ti servono in quel momento, e dandoti per ultime quelle informazioni che ti sarebbero servite subito, quelle per cui l’avevi chiamato.
“Posso portarle altro Monsieur?”.
Quella voce lo strappa quasi con violenza a quei pensieri, così da gettarlo in nuovi, di quelli ancora più dolorosi.
Stone: “Come si chiamava la cameriera?”
Mabel: “Cosa?”
Stone: “In quel piccolo caffè quando eravamo a Parigi”

Alza lentamente gli occhi, un piccolo sorriso sul volto. “Il conto se possibile”.
Il suo francese regge, è una delle tante lingue che Stone conosce, ma che ha sempre usato poco visto che non ha mai viaggiato.
La cameriera gli rivolge un sorriso delizioso, annuisce appena, si volta e fa per andarsene. “Aspetti…” la richiama veloce Jacob “Può togliermi una curiosità?”
La donna si volta nuovamente e lo guarda. È piccola anche lei, bionda e con degli occhi tanto grandi e scuri da sembrare degli enormi pozzi senza fondo. “Centro Monsieur”
La vocetta è squillante, un po’ odiosa in effetti, ma l’uomo non ci fa caso, oppure decide di ignorare la sua voce e concentrarsi più sul significato che quella giovane ha per lui, significato che però lei non sa, e che non saprà mai.
“Potrebbe dirmi il suo nome?”
Lei pare stupita per un attimo, sbatte le palpebre un paio di volta prima di tornare a sorridere con ancora più entusiasmo, “Marinette”.
Marinette, se lo ricorderà. Annuisce appena Stone ringraziandola e lasciandola tornare al suo lavoro. Sì, a Mabel questo nome sarebbe sicuramente piaciuto, Marinette… suona anche bene.
 
“Quando vivi insieme a persone che non fanno qualcosa, inizi a pensare di non esserne capace, la vita va così”. (Jacob Stone)
Ora sa cosa si è perso in tutti quegli anni fermo nella sua piccola città, occupato a studiare ed a lavorare, occupato a non fare qualcosa come tutti quelli che conosceva. Ora lo sa.
Ne aveva già avuto sentore quando era divenuto bibliotecario, quel lavoro già lo aveva costretto a viaggiare, ma era molto diverso. Lì viaggiava per combattere nemici e per ritrovare oggetti magici che potenzialmente potrebbero far collassare il mondo che conoscono, non c’è molto tempo per godersi lo spettacolo delle città dove avvengono questi scontri. Arrivi, lotti, speri di vincere e te ne torni a casa. Non puoi esattamente permetterti di fare il turista.
Ora però è in coda per la Torre Eiffel, costruita nel 1900, in occasione dell’esposizione universale di Parigi, un “oggettino” che doveva rimanere solo per quell’evento, e che poi è invece divenuta il simbolo di Parigi, l’elemento riconoscitivo di quella città che affascina da sempre tantissimi turisti. La città dell’amore, dell’arte, la città del Louvre… andrà anche a quello Jacob, non oggi certo, ma ci andrà. Oggi non gli basta il tempo, è partito troppo tardi, ma la porta del teletrasporto di Jenkins, può essere un ottimo mezzo per tornare, magari questa volta con Cassandra, o Ezekiel, o Eve, o anche con tutti loro. Però forse Jones cercherebbe di rubare qualcosa, o Cassandra si farebbe prendere da uno di quei suoi lunghissimi discorsi matematici fatti di colori, di odori e di ricordi, perdendosi le emozioni che i quadri possono trasmettere alle persone, o Eve potrebbe annoiarsi, o prendere quella gita come un obbligo, un qualcosa da dover necessariamente fare per tenerli sott’occhio. Jenkins è sicuro che non prenderebbe parte a quella “gita”, lui non esce molto, lo ha detto più volte, lo fa solo in casi di estrema importanza, e benché per Stone, il poter ammirare i quadri contenuti al Louvre potrebbe rappresentare un ottimo stimolo per uscire dalla Biblioteca, potrebbe non essere lo stesso per l’uomo secolare. Però è anche vero che all’interno della Biblioteca ci sono reperti di tutto il mondo e di tutte le epoche, certo, momentaneamente inaccessibili, ma un giorno Flynn riuscirà a permettere nuovamente l’accesso a quei piani, a quelle stanze che lo avevano accolto nel suo primo giorno. Che senso avrebbe dunque lasciare la biblioteca per recarsi ad un mero museo? Lui lavora praticamente in un museo, certo, in un museo differente data la natura dei suoi reperti, ma comunque un museo.
Eppure, il desiderio per entrare al Louvre rimane, e più Stone ci pensa, più sente quel desiderio accrescere. Vedere quei lunghi corridoi, quelle grandi tele, tutto questo ha come un effetto magnete su di lui, ma ancora una volta: andarci da solo? La solitudine non è mai stata un problema per lui, ha studiato da solo, svolto le sue ricerche da solo, tutti i suoi alter ego non sono altro che personaggi che gli servono per restare da solo, per non attirare troppo l’attenzione su di sé, per passare per una persona come tante, anzi, quasi al di sotto della media, eppure la realtà è ben diversa. Tuttavia ora, questa solitudine che era divenuta la sua ombra, il suo scudo, la sua casa, sembra quasi soffocarlo, molto più che passare le sue giornate con quello che è il suo strano gruppo. Forse può provare a buttarla lì un giorno, vedere le loro reazioni ed agire di conseguenza. Sì, potrebbe pensarci ad adottare una soluzione del genere.
“E il panorama dalla torre Eiffel ,pioveva, però le luci facevano brillare ogni cosa”. (Mabel)
Piove davvero. Sembra quasi che tutto fosse stato predestinato per accogliere le sue richieste, i suoi desideri.
Il panorama dalla cima della Torre è da mozzare il fiato, lo osserva in estasi quasi, trattiene il fiato nel vedere le luci che si riflettono nell’acqua piovana creando uno spettacolo irripetibile, imperdibile. Fa freddo ed è zuppo. L’acqua è riuscita a bagnarlo per interno, ad entrare all’interno del suo pesante cappotto, ad inumidirgli anche gli strati più inferiori dei suoi abiti. Eppure, nonostante tutto, non sente il freddo, il bagnato, il fastidio. Tutto è annullato grazie a quella vista, a quella luce, a quell’atmosfera. Si è innamorato di quella città, quella città che aveva solo visto in foto o sui quadri. Ora, vista dal vivo, si rende conto che non si può solo studiare sulla carta, che non si può solo affondare gli occhi ed il naso in mezzo ad alti tomi antichi, ma che si deve viaggiare, che ci si deve muovere per comprendere realmente le cose, per capire ciò che si è studiato, per fermare le informazioni, e per comprendere realmente cosa l’artista, l’architetto, voleva ottenere, voleva valorizzare all’interno della sua opera, del suo progetto.
Anche a Mabel sarebbe piaciuto.
Sì. Marinette e quella vista l’avrebbero incantata.
Probabilmente sarebbe stata ferma, immobile anche lei, con gli occhi che brillavano a loro volta illuminati da quelle stesse luci della città, le labbra leggermente aperte, dalle quali sarebbero sfuggite nuvolette di fiato caldo. Le guance arrossate per il freddo, ed i capelli attaccati al volto per la pioggia. Sì, è esattamente così che se la vuole immaginare, e per un attimo gli pare quasi di vederla, proprio accanto a lui, sulla sua destra, che sorride come lui, che si volta a guardarlo, e quando lui fa lo stesso, ed i loro sguardi si incontrano, il suo sorriso si illumina ancora di più, e le labbra sussurrano un timido grazie. Ma lei non c’è. C’è solo l’ombra della solitudine di Stone e della mancanza della donna, della sua morte, e della pioggia che continua a cadere a terra e che bagna la magnifica Torre.
“Ti avevo promesso che avrei fatto la cosa giusta” (Stone)
Sì, e non se ne pente. Non si pente della decisione che ha preso. Crede a Cassandra, sa che non gli avrebbe mentito, che non avrebbe bloccato quel processo se non fosse stato realmente troppo rischioso. Il 50% di possibilità era troppo poco, ne dovevano avere di più, però almeno ci hanno provato. Mabel era così eccitata.
Torna a voltarsi ancora una volta ad osservare la città. Deve rientrare alla biblioteca, lo sa bene, ma si permette di restare lì ancora cinque minuti. Solo cinque. Vuole catturare quella vista, quei rumori di lingue diverse, di risate e di scatti di foto, di quell’odore che solo la pioggia può portare con sé. Quando sarà riuscito ad afferrare ed a fare sue tutte queste informazioni, potrà tornarsene a casa.
Della mostra riguardante la progettazione e le foto della costruzione della Torre non si interessa, sa già tutto ciò che deve sapere, ma è di quelle sensazioni che necessita, di tutto ciò che non può imparare nei libri. Perché puoi essere il migliore nel tuo campo, ma se conosci tutta la storia della Torre Eiffel, ma non la sensazione del suo dondolio sotto i tuoi piedi, la tua conoscenza è ancora incompleta.
 
“Eh sì, per una volta vorrei poter dire, e quel cameriere di quel piccolo caffè vicino al pont neuf, e quando ci si è rotta la macchina a Mosca? Come si chiamava l’hotel dove siamo stati ad Atene? E il panorama dalla torre Eiffel ,pioveva, però le luci facevano brillare ogni cosa”. (Mabel Collins)
 

NDA.
Che dire... è la prima volta che scrivo in questo fandom, ed è la prima volta che provo a scrivere con il metodo del flusso di coscienza.
è da quando ho iniziato a seguire davvero questa serie che volevo scrivervi sopra una fic, ero sicura che la mia prima avrebbe riguardato Ezekiel, eppure, la famosa lampadina mi si è accesa proprio all'ultima scena di questo episodio cheporcamiseriamihafattopaingere.
Stone è un personaggio estremamente particolare, spero quindi di essere riuscita a redere l'idea di questo personaggio, e che la fic vi sia piaciuta.
Chelinde

 
  
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