Cry...
Il tramonto rifletteva i suoi raggi rosati allungando le ombre sull’asfalto, mentre alcuni vecchietti erano seduti a giocare a carte e le mogli erano sedute sulla terrazza di un bar a spettegolare mentre sorseggiavano il the. Un gattino tigrato miagolava incessantemente davanti ad una porta, evidentemente voleva rientrare in casa. Nel cielo di un arancione intenso volava uno stormo di uccelli, una bambina con le codine ed un lecca- lecca in mano li osservava indicandoli al babbo, che la teneva per mano. Gli ultimi raggi di un sole che era stato splendente per tutta la giornata si riflettevano sui capelli di una ragazza mora. Gli occhi azzurri adesso gonfi, rossi e inondati dalle lacrime, le ginocchia strette al petto come per rifugiarsi, come fanno i bambini quando sono tristi o arrabbiati, per proteggersi. Quegli scalini consunti erano il suo rifugio, adesso. Si premette la testa tra le mani pallide dalle dita affusolate, la testa le stava scoppiando. Il respiro era irregolare, pur provando a stabilizzarlo non ci riusciva. I singhiozzi le stavano lentamente passando, anche se ogni tanto era scossa da un fremito. Si sentiva la peggiore persona esistente al mondo, avrebbe voluto che il battito del suo cuore si fermasse. In quegli istanti. Quelli che avevano rovinato per sempre la sua vita. I suoi pensieri erano confusi, interrotti... non ci capiva più niente... frammenti di immagini le vorticavano nella mente... In un attimo le ritornò in mente la pagina di diario scritta in un momento di puro amore...
“Caro
diario,
nella mia vita sto
passando un momento indescrivibile, così dolcemente
malinconico... comincio a
pensare che l’amore sia una malattia... di sicuro
è un miscuglio immenso di
sentimenti... L’amore è quando... Quando pensi che
non ti amerà mai, perché
siete così diversi... troppo diversi. Anche se i vostri
pensieri coincidono...
quando cerchi di parlargli in ogni modo, quando fai finta di odiarlo
perché lo
odiano tutti... perchè non vuoi far capire che lo adori...
che senza di lui la
tua vita non ha un senso, senza di lui ti senti persa... quando capisci
che sei
una stupida a essertene innamorata, ma non ci puoi fare niente...
perché
l’amore è cieco, e anche sordo...
Perché l’amore è solo
l’amore... Quando speri
che sia dietro di te sulla strada di casa, che ti corra incontro come
quel
giorno e possiate stare un po’ da soli...possiate parlare...
quando speri di
incontrarlo perché ti saluti come al suo solito
calorosamente, con quel gran
sorriso sincero sulle labbra... quando ti dice che vuole essere tuo
amico, ma
comunque continua a prenderti in giro... ma tu lo perdoni nella tua
mente e il
tuo cuore si scioglie sentendo quelle sue parole... ma lo tratti male
perché
non vuoi fargli capire niente. Quando cercando di non far scoprire i
tuoi
sentimenti, gli risulti antipatica... ma se cerchi di migliorare
capirà tutto
quello che provi per lui... e tu non vuoi, e ti trovi nel panico... In
tutti
gli istanti in cui lo guardi sognante... e lui si gira verso di te... e
tu
distogli lo sguardo arrossendo... ma il tuo cuore si scioglie... e
sorridi
perché sei felice davvero... Quando non ti senti
all’altezza dei tuoi sogni...
quando non ti senti nessuno... quando pensi di essere la persona
peggiore del
mondo... ma poi ti bastano un suo sguardo, una sua parola, un suo
sorriso... e
tutto torna apposto... e capisci che senza di lui non puoi vivere...
Sai che
non ti ricambierà mai... ma non ti importa più...
ti basta solo che sia
felice... perché con lui lo sarai anche tu.”
Tutti quei giorni passati ad ascoltare il ritornello della canzone più vicina alla sua vita... passati a sperare nel suo sogno...
Che in
realtà non si
era mai avverato.
Tutti gli attimi in cui aveva creduto che sarebbe migliorato tutto...
Ma non era
successo.
E adesso, adesso voleva cambiare la sua vita... voleva ricominciare da capo... voleva essere una persona diversa...
L’avrebbe
fatto.
Avrebbe ricominciato.
Si asciugò le lacrime con il dorso della mano, sapeva che quell’idea era quasi irrealizzabile e tremendamente stupida, ma voleva provarci.
Ad ogni
costo.
Decisa, determinata e pronta a tutto, quella era lei. Quella era davvero.
Prima che
succedesse.
Il suo vero “io” sarebbe uscito fuori dall’angolo buio in cui si era rintanato. Avrebbe combattuto.
E vinto.
Salì in camera sua e si mise i vestiti più comodi che aveva, poi infilò in uno zaino ciò che poteva esserle più utile al momento: alcuni cambi di vestiti, alcune bottiglie d’acqua, qualcosa da mangiare, il borsello in cui infilò tutti i soldi trovati in casa, molti pacchetti di fazzoletti, il suo preziosissimo album di foto, l’I-pod, il suo blocco che conteneva le sue poesie, i suoi racconti ed i suoi disegni, ed alcune penne. Il cellulare... no, quello no, potevano rintracciarla altrimenti. E il suo diario? Quello che l’aveva accompagnata in ogni istante? Non poteva certo lasciarlo lì, incustodito... rovistò nella sua scatola segreta e lo estrasse. La chiave l’aveva da sempre attaccata alla collana che portava. “Accidenti, mi serve una borsa. Nello zaino non entra tutto...” pensò, prendendo dall’armadio la borsa che le avevano regalato al suo compleanno di qualche anno prima. Era la sua preferita da sempre. Tanto che c’era, decise di prendere anche il suo pupazzo portafortuna, quello a forma di pantera. Aveva preso tutte le cose più importante per lei, non avrebbe potuto vivere senza. Adesso, le ultime cose da fare, le più difficili. Ma doveva farlo. Doveva. Si tagliò i capelli facendo una specie di caschetto, cercò di tagliarlo dritto e le venne bene.
Per essere
una
principiante era un taglio quasi perfetto.
Fece volare i resti dei suoi lunghi capelli nel vento, non voleva lasciare tracce. Prese le lenti a contatto verdi della madre dal mobiletto, se ne infilò un paio e infilò due scatole di esse nello zaino.
Anzi, per
sicurezza
meglio prenderne tre.
Infine, si infilò un paio di occhiali con le lenti finte. Si mise una fascia colorata tra i capelli e chiuse lo zaino, poi buttò le chiavi di casa sul letto ed uscì. Sì voltò un’ultima volta ad osservare quella casa... no, ancora no.
Ancora un
momento.
Si era dimenticata una cosa.
Una tra le cose più importanti.
Doveva lasciare un biglietto ai familiari. Prese un foglio e ci scrisse qualche riga di addio.
Sempre
dolorosi, gli
addii.
Appoggiò il biglietto sulla specchiera del bagno. Le lacrime stavano ricominciando a pungerle gli occhi.
No, niente
lacrime. O
usciranno le lenti.
Aprì di nuovo la porta, questa volta era davvero l’ultima. Osservò ogni singolo particolare della casa, voleva tenerla impressa nel cervello per sempre. Sapeva che non sarebbe più tornata.
Mai
più.
Era l’ora di andare. Si chiuse la porta alle spalle con un tonfo sonoro che rimbombò per tutto il corridoio, poi scese veloce le scale. Aprì anche la porta in fondo ad esse, con tutte le sue forze si impose di non voltarsi indietro. Altrimenti, sapeva che la sua forza interiore sarebbe svanita. Appena fuori, salì sul primo autobus che partiva. Si sedette accanto ad un uomo con capelli e barba lunghi, sale e pepe, gli occhi di un azzurro profondo e intenso. Sembrava un saggio, uno di quelli di cui si racconta nei miti. Le sorrise facendole posto. La salutò con una voce profonda, si percepiva chiaramente l’accento straniero. Lei gli sorrise a sua volta, le sembrava un buon inizio. Si voltò verso il finestrino per guardare l’ultima volta la sua città. La sua adorata città... adesso aveva solo da ricominciare una nuova vita. In un nuovo posto. Con nuove persone. Non sapeva minimamente dove fosse diretto quell’autobus, ma non lo chiese a nessuno. Perché, in fondo, non le importava.
Ecco una mia nuova ff... il primo capitolo mi è venuto così, di getto, non so nemmeno se è un gran che enon è molto lungo. Spero però che commenterete per aiutarmi a migliorare sempre di più. Vi prego anche di dirmi se è il caso di continuarla oppure non ne vale la pena. Grazie mille a chi commenterà, bacioni^^. La vostra angiericcio.