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Autore: Dian87    07/02/2017    0 recensioni
Genere: pseudostorico
Quando un popolo torna a calcare la terra di un altro, non può che finire in uno scontro. Così Ka'han, scelta dalla sua gente, deve affrontare il popolo della luce in modo da allontanarlo per sempre.
Storia partecipante al contest “Divinità dell’Olimpo” Indetto da Dollarbaby sul forum di EFP.
Genere: Generale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota dell'autrice pre-capitolo: questo è un esperimento, se mettete il mouse sopra alle scritte che non capite, vicino al numerino della nota, vi si aprire il tooltip con la nota relativa invece di andarla a cercare in fondo al capitolo

Olai rimase acquattata in silenzio.

Si rimproverava per aver attirato così l'attenzione su di sé, ma doveva studiare il suo nemico prima di poterlo cacciare. Aveva tanto desiderato poter capire la loro lingua per sapere cosa si stessero dicendo, ma l'arrivo di quell'uomo robusto dagli occhi azzurri, dai capelli biondi e i pantaloni di un materiale strano le aveva fatto capire quanto fosse vicina... per fortuna la Signora della Notte l'aveva aiutata come promesso qualche notte precedente.

Quando aveva visto l'uomo raccogliere il frammento del suo vestito di pelle aveva stretto forte l'arco con una freccia dalla punta di selce, pronta a difendersi, ma la Dea doveva averlo ammaliato.

«Ti ringrazio, Sacra Madre.» mormorò, rivolta all'astro pallido in cielo, quando l'uomo aveva cominciato a tornare indietro, portando la mano al diadema.

Studiò ancora con attenzione e un peso nel cuore i cinque uomini che avevano abbattuto il vecchio pino che ogni anno aveva sempre fornito molte pigne: due uomini dai capelli mori, più tarchiati rispetto agli altri tre, ma i pantaloni di tutti, gli unici abiti che stavano indossando, erano diversi rispetto a quelli che il suo popolo indossava, c'era qualcosa di strano che non riusciva a decifrare.

Aspettò che facessero a pezzi l'albero e portassero il primo carico per spostarsi. China fra gli alberi, sfruttando un nascondiglio dietro l'altro, si allontanò da quel posto seguendo le tracce del cervo.

«Eski akkordeon menen kelişimder bir sırduu, bir az romantikaluu ünü Al Hrebet jana öröönünö Eho alat bir kaygıluu serenada gana belgiler.1» sentì cantare e si fermò, acquattandosi vicino ad un albero.

Nella radura c'erano delle donne intente a cantare e alzare e abbassare ritmicamente dei bastoni sul terreno. Notò che ogni volta che il bastone si alzava, questo mandava un lampo come se il sole si fosse trasferito lì un istante prima di tornare alto nel cielo. Spostò lo sguardo al cielo, ma il sole era sempre al suo posto, anche durante i lampi dei loro bastoni.

Osservò anche gli abiti di queste donne: dalle spalline la stoffa di un materiale ignoto scendeva morbida e alla vita era legata da una cinghia di cuoio fatta in modo che la stoffa stessa creasse una tasca in cui mettevano la mano e lanciavano fuori quelli che, dal suo punto di vista, erano piccoli puntini che si alzavano in cielo e poi cadevano al suolo.

Decise di aspettare la notte, studiando il loro modo di fare.

 

***

 

Caspian appoggiò il primo carico ai piedi del sacerdote.

«Madrikel, dovrei parlarti.» disse, con nervosa deferenza. «Da solo.»

L'uomo chinò appena il capo e fece un cenno iniziando a dirigersi verso la capanna più grande. Caspian osservò l'uomo dai capelli mori con lunghe e ampie ciocche argentee vestito da un lungo abito bianco dalle maniche lunghe e privo di qualsiasi cintura.

Madrikel gli fece strada all'interno della capanna, dove avevano posto solo un focolare, un tavolo e qualche sgabello di legno.

«Cosa ti preoccupa, figliolo?» chiese l'anziano, indicandogli con un semplice cenno della mano gli sgabelli.

Caspian si sedette su uno sgabello e appoggiò il brandello di pelle sul tavolo. Lo sguardo di Madrikel s'indurì.

«Temo che gli spiriti malvagi siano già di ritorno» ammise Caspian, abbassando il capo.

«Dove l'hai trovato?» chiese Madrikel.

«Vicino al sito di disboscamento.»

Madrikel si massaggiò il mento glabro.

«Bisogna agire prima che sia troppo tardi... l'hai mostrato a qualcuno?» mormorò il sacerdote

prendendo tra le mani la morbida pelle.

«No, perché?»

In un movimento fluido, Madrikel gettò nel focolare la stoffa e sorrise a Caspian.

«Non preoccuparti, stasera officerò dei rituali per tenere lontani gli spiriti,» lo rassicurò, con un sorriso affabile in volto. «ma non parlarne con nessuno, mi raccomando.»

Caspian non riuscì a non lanciargli un'occhiata dubbiosa e a guardare il pezzo di pelle che si stava annerendo nelle braci.

«Torna pure ai tuoi lavori, sono sicuro che tutti si staranno chiedendo dov'è il nostro fabbro.»

Madrikel aiutò Caspian ad alzarsi e con una pacca sulle spalle lo accompagnò all'uscio, sbattendolo letteralmente fuori dalla capanna.

 

***

 

Olai era rimasta tutto il pomeriggio ad osservare le donne al lavoro, quasi ipnotizzata dai loro movimenti ritmici, ma vide del fermento nel villaggio.

Alcuni uomini si erano riuniti presso una casa e si stavano mettendo delle cose rigide che brillavano alla luce del sole morente e nel frattempo dei bambini stavano correndo loro intorno. Uno di loro prese quello che sembrava un bastone piatto lungo quanto un avambraccio, ma, quando fece per estrarlo, Olai lo vide brillare come i bastoni delle donne.

«Armi...» sussurrò.

«Kızıl karap baştayt, anda biz kurçap turgan kilem menen küröşöt.2» il vento le portò quelle parole molto affievolite, ma nonostante tutto non fu in grado di capirle.

Vide il gruppetto terminare di prepararsi e dirigersi verso il luogo dove si trovava il pino. Li studiò con attenzione: tutti avevano quel bastone piatto al fianco, sopra all'oggetto duro e brillante, e due su quattro avevano un arco.

Non ci volle molto per capire che erano sulle sue tracce, soprattutto quando si fermarono per studiare il rovo dietro al quale si era nascosta. Portò la mano alla faretra con una ventina di frecce che aveva legata al fianco e accarezzò le piume di un'asta, quindi si mosse nel sottobosco per nascondersi dietro un cespuglio di lamponi.

Gli uomini stavano seguendo le sue impronte e non ci avrebbero messo molto a trovare il punto dov'era stata appostata fino a poco prima.

«Dolce Madre, guida le mie frecce.» mormorò, incoccandone la prima.

Tese la corda dell'arco, vedendoli ancora tutti in gruppo, e mirò all'occhio di uno di quelli dotati di arco. La loro arma sembrava più semplice ma al contempo più complessa, piena di curve di cui ignorava l'utilità.

Trattenne il respiro per un secondo e scoccò verso l'uomo, chinandosi velocemente.

La caccia era iniziata.

L'urlo dell'uomo fendette l'aria, seguito dal tonfo del corpo.

«Alar Adrekel aldı!3» gridò uno di quelli senz'arco.

L'uomo si voltà e fece per chinarsi per prendere l'arco dal caduto, ma una nuova freccia della donna fendette l'aria e s'infilò sotto al costato, facendolo stramazzare al suolo.

«Biz ruhtu öltürüp...» sibilò l'altro arciere. «jay...4»

Ad Olai non servì la traduzione per sentire l'odio ed il veleno del loro tono, lo stesso veleno che spargevano sulla terra... uno per volta li avrebbe abbattuti tutti o quanto meno quelli necessari a convincerli ad andarsene per sempre.

L'uomo senz'arco estrasse il bastone luminoso dal fodero mentre il sole si avvicinava all'orizzonte e l'altro incoccò una freccia, scoccandone un paio nella direzione dalla quale supponeva fossero giunte le frecce. Olai sentì il dolore morderle la spalla e non riuscì a trattenere un mugolio di dolore al vedere l'asta perfettamente dritta con la strana punta sbucarle dall'articolazione destra, quella con

cui teneva l'arco.

«Uşunday jol menen!5» l'arciere indirizzò il suo compagno che si slanciò verso il cespuglio.

Olai indietreggiò di un passo e strinse tra i denti una freccia per cercare di attenuare il dolore. L'uomo con il bastone fece il giro del cespuglio, arrivandole addosso, e sferrò un colpo in sua direzione. Con un passo laterale Olai riuscì a schivare l'attacco e contrattaccò cercando di colpirlo alle parti basse... ma con sua sorpresa fu lei a farsi male sullo stinco.

L'arciere approfittò della sua sorpresa per scoccare nuovamente e la freccia si conficcò nel suo braccio sinistro, strappandole un urlo di dolore.

Olai non ci vide più. Socchiuse gli occhi ed indietreggiò di un passo, estraendo al contempo una freccia e incoccandola. I muscoli le facevano male nel tendere nuovamente l'arco e puntò la freccia verso l'aggressore più vicino, alla testa... e scoccò.

Tra gli occhi stretti dal dolore vide l'uomo cadere indietro con la freccia che gli fuoriusciva dal cranio, mentre il braccio con il bastone cercava di colpirla.

Un'altra freccia fendette l'aria, sfiorandola, e si voltò verso l'arciere che stava incoccando una nuova freccia.

Olai si sentì estremamente lenta mentre estraeva la nuova freccia dalla faretra.

Una freccia la colpì al ginocchio, che crollò sotto al peso del corpo.

Incoccò ancora, ma la presa la tradì e, mentre tirava la corda, la freccia le scivolò a terra. Annaspò alla ricerca della presa di un'altra freccia e riuscì a trovare le penne di un'altra.

Una freccia si conficcò nel suo fianco sinistro.

Alzò lo sguardo sull'arciere, arrivato a pochi passi davanti a lei, incoccò la freccia e scoccò ancora.

Un urlo... il suo mentre sentiva un'altra freccia straziarle le carni o quello dell'altro? L'unica cosa che percepì fu che entrambi caddero pesantemente al suolo.

NOTE:
1) La canzone è “Langarola Vagabonda” tradotta in kirghiso con Google Translate come tutte le frasi del popolo della luce
2) «Cominciamo a cercare dal pino, poi batteremo a tappeto i dintorni»
3) «Hanno preso Adrekel!»
4) «Ammazziamo lo spirito...» «lentamente...»
5) «Da quella parte!»

  
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