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Autore: Lilith_Baudelaire_LuPa    07/02/2017    0 recensioni
Non è sufficiente avere le proprie mani pure, bisogna avere lo spirito puro...
Storia partecipante al contest “Divinità dell’Olimpo” Indetto da Dollarbaby sul forum di EFP.
Genere: Dark, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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La luna rischiara il bosco con una luce intensa, mi guarda dall’alto mentre mi muovo senza fare rumore.
Immersa nella natura, fusa con essa.
La lieve pressione della faretra sulla spalla, seguo le tracce di un branco di cervi tenendo l’arco con la mano sinistra, mentre la mia mente, svuotata da ogni pensiero, si sofferma sulle venature delle foglie iridescenti, il terreno morbido sotto i miei piedi e il profumo selvatico della libertà.
Giungo in un’ampia radura occupata dall’animale che stavo seguendo, che sto cacciando.
Mi avvicino lentamente, tendo le orecchie per captare ogni suono e fare attenzione a non farmi percepire dal cervo. Sento il suo respiro, sento il frusciare delle fronde e un po’ più lontano lo scrosciare di un ruscello che si immerge pigramente in un lago tranquillo, placidamente in contemplazione della luna argentea.
L’esemplare a cui sto puntando, un maschio di circa due metri di lunghezza che sta brulicando dell’erba a poca distanza da me, non si è ancora accorto della mia presenza: tiro fuori una freccia, tendo la corda dell’arco e lascio la presa nel momento stesso in cui il cervo mi scorge.
La freccia gli si conficca nel cervello, subito sotto i palchi a nove punte.
Riesco quasi a vedere il suo essere che scivola via dal suo corpo vigoroso, mentre il mondo continua a girare intorno a lui e la foresta pullula di vita.
Spezzo la freccia infilata nella sue carni e nel farlo mi sporco le mani di un rosso intenso, brillante; un liquido che la luna fa risplendere sulle mie mani, senza accusarmi né confortarmi.
Caricandomi sulle spalle i duecento chili dell’animale, della carcassa di quello che fino a qualche minuto fa era un maestoso ed elegante animale, seguo il richiamo dell’acqua trovandomi di fronte al lago.
L’acqua calma e scura, così profonda e misteriosa sembra quasi avvertirmi di non avvicinarmi troppo e al contempo mi chiama suadente, ipnotizzandomi. Sulla superfice danzano argentei luccichii, bagliori che calamitano il mio sguardo, costringendomi ad ammirare la luna attraverso gli occhi del lago.
Poso l’animale sull’erba morbida e bagnata di rugiada mentre mi avvicino alla riva: ho le mani sporche di sangue. Ho le mani sporche del sangue di una vita che IO ho spento. Le immergo nel liquido freddo che lava via il colore rosso dalle mie mani, ma non dalla mia coscienza.
Accarezzo la morbida lanuggine sul corpo del cervo, la criniera sul collo e i palchi ricoperti di velluto.
Questa vita, nata dal grembo della natura selvaggia e indomabile è stata presa dal ciclo vitale del bosco; il ciclo in cui la vita viene donata e poi pretesa e in cui tutti noi, prima o poi, nutriremo con il nostro corpo altre forme dell’ecosistema. Il bosco continua vivere, il mondo continua a girare e un giorno anche io morirò nutrendo la terra e le piante, e restituendo alla natura la linfa vitale che mi ha donato.
Ma per ora sono io a nutrirmi di questo corpo, a vivere mentre l’acqua del fiume continua a scorrere, la luna continua a brillare e il lago continua ad osservarla innamorato.
“Non è sufficiente avere le proprie mani pure, bisogna avere lo spirito puro.”
 
   
 
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