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Autore: FioreDArgentoWattpad    11/02/2017    0 recensioni
In una metropoli sconosciuta, dove il tempo rimane sospeso e la vita scorre fra le strade gremite, Omero rinacque.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oltre l'estro

In una metropoli sconosciuta, dove il tempo rimane sospeso e la vita scorre fra le strade gremite, Omero rinacque.

Il Poeta vide la luce in una cerchia di spiriti incandescenti, che di lui sapevano poco più di quel che sapeva chiunque. Gli Antichi gli avrebbero dedicato canti eccelsi, una lira d'oro a musicarne i secondi; di altrui mille viste avrebbe goduto e da ancor più onori sarebbe stato vestito. Tuttavia ebbe la sfortuna di rivedere i raggi di un sole opaco e gli toccò il misero destino di condursi da sé fra i pezzi di metallo, fra le lampade abbaglianti, fra i rumori scordati. Il suo sguardo cieco fu la sua unica guida.

Omero. Il suo nome iniziò a essere sussurrato quando risorse dietro l'insulsa forma di caratteri stampati, schiacciato in un angolo di un libriccino mal impaginato. Comparve nella case di in un quartiere semideserto, dove le carcasse di gatti anziani si trascinavano sul dipinto ad olio di palazzi fatiscenti. I vagabondi si accorsero per primi della losca figura che adagiava piano piano i volumetti nelle buche delle lettere, come fossero bambini abbandonati in una chiesa. Quando il manto della notte svelò quanto accaduto, i gatti non si curarono di narrare dell'accaduto alla decina di abitanti che ancora non erano riusciti a liberarsi del loro appartamento, e la sorpresa li colse alle spalle. Distese le rughe degli anziani, che si scoprirono felici di avere un argomento interessante su cui scervellarsi per qualche settimana, e avvizzì la fronte dell'unica ventiquattrenne di quei palazzi.

Amalia ricevette il dono non richiesto al termine di un esame sfiancante. Non aveva accettato il ventotto del professore. Non accettava molti voti, da qualche tempo. Al termine di ciascun esame un insolito senso di nausea si aggrappava al suo stomaco, come una bestia dagli artigli usurati; il timore le asciugava la bocca e la sofferenza persisteva finché non rifiutava il voto. Se avesse proseguito di quel passo, sarebbe riuscita a superare quell'anno senza ricevere la temuta corona d'alloro, la consacrazione a un futuro incerto di cui non aveva mai avvertito il bisogno.

Forzò la serratura arrugginita ed estrasse dalla buca le tre bollette e il libriccino dalla rilegatura artigianale. Il titolo, impresso sulla copertina, la colpì subito.

Oltre l'estro e la ragion d'orgoglio.

Fu lei la prima ad accorgersi del nome scritto in basso, che gli anziani vicini avevano scambiato per un semplice nome stravagante. La memoria nitida degli studi liceali affiorò, come una ninfea che galleggia in una palude, e un sorriso le curvò le labbra. Quale scherzo bizzarro!

Nell'ascensore sfogliò qualche pagina, ma si rese conto presto che si trattava di una versione incompleta, cui mancava sia l'esordio sia il finale. Da bizzarro lo scherzo mutò in fastidioso, giacché non appena uscì dal trabiccolo Amalia stava arrovellandosi sul valore di quei capitoli mancanti. L'incompiutezza la snervava.

Amalia!” gracidò il suo dirimpettaio. “Ha ricevuto anche lei il Libro?”

Non le aveva mai rivolto la parola, da quando a diciannove anni si era trasferita lì per frequentare l'università. Eppure nel palazzo abitavano solo loro due.

Vuole dire questo fascio di fogli inconsistenti?” Il sarcasmo di solito sortiva effetti positivi.

Vuole dire il libriccino del Mistero?” Lo sguardo vispo del vicino, che da tempo aveva oltrepassato l'ostacolo dell'età adulta approdando al meraviglioso Eden che Amalia vedeva nella vecchiaia, brillò di divertimento. “La signora della scala B l'ha battezzato così.”

La signora della scala B?” Amalia stentava a crederci. Il dirimpettaio che non usciva mai, il dirimpettaio di cui a lungo aveva ignorato l'esistenza, era uscito di casa per recarsi dalla loquace vicina e discutere di un insignificante libriccino?

Non si faccia strane idee!” esclamò il vecchio. “Io dopo la mia Beatrice non ho visto più nessuna.”

Una risata si sciolse sulla bocca di Amalia. “Ero solo stupita che deste tanta importanza al libro” lo rassicurò.

Be', qui non accade mai nulla. Ci si deve pur arrangiare, signorina.” L'uomo raddrizzò la schiena con fare altezzoso, superò la ragazza con una falcata e le diede le spalle. Amalia lo osservò incuriosita, mentre armeggiavano entrambi con le rispettive chiavi. Le baluginò nella mente un dubbio, poco prima che la serratura difettosa dell'anziano scattasse. “Mi scusi, lei che capitoli ha?”

Lo sguardo duro del dirimpettaio le scivolò addosso. Lei si sentì all'improvviso a disagio, dalla maturità acerba dei suoi anni, e inchiodò gli occhi sul suo mazzo di chiavi, e sullo zerbino che aveva ereditato dal vecchio proprietario, e sul muro scrostato del pianerottolo, pur di evitare lo scontro.

Dal sedici al venti” rispose infine l'uomo.

Amalia aprì in fretta il libriccino e scorse l'indice. “Sono gli ultimi” osservò pensierosa.

Ma quando sollevò lo sguardo, il dirimpettaio era sparito.

Amalia tentò invano nelle settimane seguenti di trovare un'opera integrale del libriccino. Domandò al vicinato quali capitoli avesse la loro copia, ma la ricerca la aiutò ad assemblare solo la seconda metà del libro. Tranne lei, quasi tutti i vicini possedevano gli ultimi capitoli. Sconfortata dal mancato successo, Amalia abbandonò l'impresa. Del resto aveva un esame da recuperare.

Un mese dopo, Omero riapparve. Stavolta il Poeta si mostrò con la firma slanciata di un quadro colorato per metà, che fu abbandonato nei pressi di una scuola elementare. Era prossima alla chiusura, ma la notizia destò tanto scalpore che l'opera d'arte divenne un vanto per gli insegnanti. Tutti bambini colorarono la metà in matita e il quadro fu esposto durante la presentazione della scuola, che ebbe un vertiginoso aumento delle iscrizioni.

Amalia lesse l'articolo sul giornale quando ormai aveva definitivamente rinunciato a trovare l'inizio del libro, ma quella firma riaccese in lei la fiamma della curiosità. Inviò all'indirizzo del giornale quanto aveva raccolto.

Si firmò Omero.

Il quartiere assunse di colpo un fascino trasandato. La signora della scala B era la più felice di tutte. Raccontò a un giovane venuto per un servizio di come lei si fosse subito curata di riunire il vicinato e di discutere della straordinaria questione. Si arrogava il merito di aver spedito le informazioni raccolte, ma affibbiava alla sua stanchezza l'idea di chiamarsi Omero (“Mai sentito parlare di questo Mero!”).

Amalia non contraddisse mai Laura, che le suscitava anzi simpatia, perché svolgeva egregiamente il lavoro in cui lei avrebbe senz'altro fallito.

Omero continuò a comparire. Graffiti, poesie, disegni per terra, libriccini simili a quello recapitato nel quartiere di Amalia, recavano la medesima firma. Una caratteristica singolare fungeva da filo conduttore. Tutti davano l'impressione di essere incompleti, come se il creatore si fosse spazientito a metà lavoro e avesse lasciato l'opera nei luoghi più impensati.

Pian piano lo stupore si affievolì. Scovare un lavoro di questo fantomatico Omero diventò attività quotidiana, quasi un accadimento banale, e i toni nei confronti del fenomeno si inasprirono.

Chi si celava dietro Omero? Era impossibile che un singolo fosse capace di produrre un tale quantità di dipinti e scritti. Molti cominciarono ad appostarsi dinanzi ai luoghi più colpiti: la periferia e le scuole. La bramosia di scoprire quali persone si nascondessero dietro Omero divenne prevaricante.

Amalia fu spettatrice esterna.

Un certo Paolo cadde per primo. Stava disegnando un ritratto sulla strada più trafficata della città. La polizia lo scoprì e lo diede in pasto alla stampa. Paolo si rifiutò di rilasciare dichiarazioni o di svelare chi altro si celasse dietro il nome Omero. Dopo di lui furono scoperti Erica, la pittrice, Marta, che si destreggiava fra i graffiti e i dipinti ad olio e Claudio, il poeta.

L'ultima a essere sorpresa fu Olivia, la scrittrice, l'unica che si prestò a un'intervista. Amalia seguì con interesse le sue risposte, mentre mordicchiava un panino per pranzo.

Saremmo tutti molto interessati nel sapere il perché di questo vostro strano anonimato” stava dichiarando di fronte alla telecamera un uomo. Era palese che fosse un giornalista alle prime armi. Non avrebbero mai sprecato un professionista d'esperienza per quell'occasione.

Lo avevo intuito. Ci avete perseguitati.” La replica glaciale di Olivia gettò l'interlocutore nel nervosismo, ma l'autrice fu sufficientemente magnanima da toglierlo dall'impaccio dopo qualche attimo. “Omero è stato l'unico autore talmente abile da scomparire dietro la sua arte. Ha persino generato un dibattito moderno attorno alla sua figura, a distanza di secoli. L'Iliade e l'Odissea sono penetranti tanto profondamente nell'Antica Grecia che pur ammettendone l'esistenza, sarebbe riduttivo dare a Omero la totale paternità delle sue opere. Per questo motivo è il Poeta e non un poeta. Con il suo nome abbiamo espresso la volontà, il desiderio e anche l'arroganza di volerci nascondere dietro i nostri quadri, le nostre poesie, i nostri romanzi. Non ci siamo riusciti.”

Interessante, interessante” liquidò la risposta l'altro. “Molti si domandano tuttavia perché vogliate disconoscere in questo modo la vostra arte. È controproducente, non crede?”

Olivia s'irrigidì, la sua voce si tinse di passione. “Noi non disconosciamo la nostra arte. Noi le diamo valore, più di quanto abbiate fatto voi.” Allora sorrise, un sorriso che aveva un sapore di nostalgia. “Mi auguro che in futuro altri Omero possano dare colore a quest'epoca. La vera arte è indipendente dall'artista che le ha dato vita.”

La connessione saltò mentre l'uomo balbettava un ringraziamento a Olivia, il canonico sfondo azzurro tornò sullo schermo. L'intervista era terminata. Amalia spense la TV. Dopo aver sentito Olivia, si sentì in colpa per aver contribuito a quello scempio mandando al giornale il suo libro. C'era qualcosa di estremamente sbagliato nell'accaduto, ma Amalia non seppe determinare cosa.

Quel pomeriggio sostenne l'esame un'altra volta. Accettò di buon grado un venticinque.

In una metropoli sconosciuta, dove il tempo rimane sospeso e la vita scorre fra le strade gremite, Omero rinacque e morì. Come era destinato a morire chiunque vedesse l'arte oltre l'estro e la ragion d'orgoglio.

   
 
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