Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: thembra    11/02/2017    4 recensioni
...Quella corolla era l’amore che c’era stato e che tutt’ora esisteva fra la donna più insolente e indifferente che lui avesse mai conosciuto e suo padre...
Sia lui che Inuyasha non avrebbero mai più potuto dimenticare le ultime parole esalate dalle labbra del loro fiero padre morente.
Tre, e tutte uguali.
Rin…Rin…rin
Genere: Erotico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Rin, Sesshoumaru
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Accartocciandolo con uno scatto di dita Rin gettò l’ennesimo bicchiere di plastica nel cassonetto dell’indifferenziata strusciando la lingua sul palato in modo da assaporare al massimo il forte aroma del caffè solubile delle macchinette così da non pensare a quanto tremendamente desiderasse una …
 
Una nuvoletta dal forte odore pungente entrò nella saletta snack dell’ospedale attraverso la porta aperta da un infermiera mandando a quel paese i buoni propositi di Rin riguardo al non fumare che miagolando uno sbuffo estrasse altre monetine inserendole nella fessura pigiando nervosamente il pulsante per un extra forte senza zucchero.
E che diamine!
Frugò per l’ennesima volta nella tasca del retro della borsetta sperando magari di trovarci una sigaretta dimenticata ma a parte alcuni filamenti di tabacco un elastico per capelli ed una monetina da pochi cent non vide nient’altro.
Avrebbe dovuto accontentarsi del caffè.
Quando il sonoro squillo dell’apparecchio l’avvertì che era pronta la sua dose di veleno era pronto levò la plastica di protezione estraendo il bicchierino fumante pieno fin quasi all’orlo, l’inutile paletta di plastica venne gettata via poi voltandosi prese a sorseggiare il bollente liquido osservando cosa succedeva fuori.
 
Al di là delle vetrate si poteva scorgere il grande giardino dell’ospedale delimitato da alti e centenari pini mentre il parco era attraversato da decine di stradine acciottolate alcune delle quali percorse da infermieri con appresso degenti in carrozzina o parenti in visita ai propri cari.
Levando appena gli occhi notò come fosse una bella giornata e che solitamente a quell’ora del primo pomeriggio lei e Shippo scendevano in giardino a giocare un po’.
Peccato che in vece il piccolo fosse di sopra ancora sopito a riprendere le forze dopo l’enorme fatica che il suo piccolo cuoricino aveva affrontato per resistere agli spasmi che per l’ennesima volta avevano cercato di portarglielo via.
 
Schiuse gli occhi cercando di non pensare a cosa avrebbe fatto se avesse vinto la morte e nel farlo, per un istante il suo sguardo notò il proprio riflesso nel vetro rimanendo di stucco.
Era in condizioni pietose … i capelli arruffati non avevano alcuna forma, gli occhi sbarrati dinnanzi a quella vista erano da schizzati, sulla camicetta c’erano chiazze di sporco e sangue e ora che abbassava lo sguardo sul proprio vestiario notò che pure i pantaloni portavano l’alone scuro risultato dalla caduta del giorno prima, le mani poi, nonostante fossero pulite erano screpolate e arrossate.
Non seppe che pensare e se considerava che per più di un giorno era stata vicina a delle persone in quelle condizioni non poteva fare altro che vergognarsi e …
Incominciava a capire perché Reika le avesse suggerito di prendersi una pausa; toccandosi una guancia con dita tremanti esalò una frase solamente.
 
“Mamma mia faccio spavento!”
 
Doveva andare a casa a cambiarsi.
Fece per uscire ma si ricordò di come la sua auto si trovasse dispersa nel parcheggio del cimitero a più di mezz’ora di strada da lì e quindi non le rimaneva che prendere il treno, o il bus.
Rabbrividì … il solo pensiero di salire su di un mezzo in quello stato le faceva venire la pelle d’oca, l’avrebbero come minimo scambiata per una fuggita da un manicomio e poi non conosceva né orari né tratte e … poteva chiamare Kagome … ma la poverina le era sembrata distrutta e sicuramente stava riposando quindi non sarebbe stato giusto disturbarla ma lei non riusciva a rimanere in quelle condizioni un secondo di più ora che se n’era finalmente resa conto quindi …
 
Inconsciamente le sue mani trovarono una monetina che d’istinto finì nella fessura della macchinetta mentre le dita premevano a memoria la scelta dell’extra forte amaro tornando a tormentare l’orlo della camicetta durante il tempo d’attesa.
Dopo il sonoro biiiip  levò la parte in plexiglas estraendo il bicchierino togliendo la paletta avvicinando il caffè alla bocca finché quando stava per bere una mano le bloccò il movimento.
 
“Credo che sei caffè in due minuti possano bastare … lo bevo io questo, ok?”
 
La voce potente ma piena di umorismo di Inuyasha fece breccia nei suoi pensieri e lei si rese conto solo in quell’istante che non si ricordava d’aver dato l’impulso al suo cervello di ordinare un altro caffè.
Mollò la presa sul bicchiere lasciando che il minore dei due fratelli lo bevesse tutto d’un fiato senza risentire del calore mordendosi un labbro per non ridere a come infine questi si lamentò dell’assenza di zucchero.
 
“Bleah! Come diavolo facciate a bere questa schifezza rimarrà sempre un mistero per me …”
 
Subito Inuyasha infilò una chiavetta selezionando una bevanda al massimo delle dolcezza bevendola in un sorso per contrastare l’elevata amarezza del caffè masticando poi a vuoto con la bocca prima di ritenersi del tutto soddisfatto e rivolgerle nuovamente la propria attenzione.
 
“Ti cerco da un po’ …”
“Mi … stavi cercando?”
“Te ne sei uscita in tutta fretta senza dire nulla dall’ufficio del primario mentre io e Maru stavamo rivedendo un paio di cose, pensavamo fossi salita dal piccolo ma non trovandoti ci siamo preoc … ehm …”
 
Gli sembrava talmente ridicolo pronunciare quella parola che troncò lì la conversazione scostando lo sguardo verso il giardino cercando di prendere tempo per rimediare alla coglionata appena detta
Eravamo preoccupati per te ‘sto paio di ciuffoli!  
Arrossendo d’imbarazzo man mano che il silenzio si protraeva osò lanciarle un’occhiata di sfuggita incantandosi a guardare l’espressione che stava ora mostrandogli lei.
Commossa, imbarazzata … felice.
 
“Avevo bisogno di qualcosa di forte … ho perso le sigarette e visto che sono astemia l’unica alternativa valida era il caffè … ”
“Sigarette?”
 
Stupito levò un sopracciglio accorgendosi di come subito lei, imbarazzata da quella confessione  scostasse lo sguardo tentando invano col palmo delle mani di lisciarsi gli assurdi capelli prima di riprendere a parlare.
 
“Ehm .. non è proprio un vizio ma, ogni tanto ecco … quando sono stres-”
“Toh!”
 
Un pacchetto di Lucky Strike praticamente nuovo fatta eccezione per un paio di cicche le apparve sotto al naso stretto nella mano di Inuyasha che sorridendo levò l’angolo della bocca in un sorriso sghembo alla sua esitazione.
 
“E ho anche da accendere!”
 
Annuendo Rin estrasse una sigaretta seguendolo all’esterno dove trovarono posto su di una panchina all’ombra di un pino.
Fumarono in silenzio ascoltando il vociare di chi stava in giardino, il cinguettio degli uccelli e il rombo lontano dei motori delle auto che transitavano nelle vie adiacenti.
Fu confortante per Rin accorgersi e soprattutto convincersi che non aveva più paura di lui, e rendersi conto  che con Inuyasha avrebbe potuto ricominciare da capo.
Inspirando piano schiuse le labbra parlando appena.
 
“Grazie”
“Nh? Di niente, anzi se vuoi prendine al-”
“Per ieri …”
“…?”
“… fra una cosa e l’altra ieri non ho avuto modo di dirtelo e così …”
“Non dirlo nemmeno Rin …”
 
Stringendo fra i denti la sigaretta Inuyasha abbassò il viso in modo che la frangia gli nascondesse gli occhi.
 
“… non dirlo nemmeno …”
 
 
 
…………………………….
 
 
Occhi brillanti di sole vegliavano nel buio la piccola creatura.
Il riflesso luminoso della luce del monitor rischiarava alcuni tratti di quel suo viso perfetto adombrandone altri.
Il meccanico cinguettio emesso dal sistema di respirazione era quasi confortante così come riuscire pian piano a percepire che l’aura del piccolo demone stava man mano rafforzandosi.
Le guance tonde stavano riprendendo colore, il torace si alzava sempre di più e da erratici e ravvicinati i respiri s’erano fatti calmi e ampi segno che il piccolo stava tornando alla normalità.
L’infermiera poi aveva smesso di venire a controllare ogni cinque minuti e di limitava ad apparite ogni tanto giusto per essere sicura che tutto filasse liscio.
 
Schiudendo gli occhi Sesshomaru rilasciò un sospiro di sollievo.
Si sarebbe salvato e così il sacrificio di suo padre e gli sforzi di Rin non sarebbero risultati vani.
Gli balenò alla memoria l’immagine di due occhi verdi come gli smeraldi più scintillanti ed il cuore gli si chiuse in una morsa di dolorosa agonia
 
Keriko
 
Una voce gioiosa e squillante attraversò la memoria uditiva del demone ed il ricordo di come lo divertisse la compagnia di quella folle fu nostalgico e struggente.
Del suo primo amore non rimanevano altro che i ricordi e che quel batuffolo addormentato.
 
Un cucciolo Maru ma ti rendi conto?!
 
Gli aveva parlato con una voce così felice e piena di sentimento che per la prima volta era riuscito a sciogliersi in un sorriso sincero mentre con delicatezza la stringeva a sé per farle gli auguri e neanche stringere la mano al buon Shihon gli fu difficile perché mai gli aveva fatto alcun torto e in cuor suo Sesshomaru sapeva che i Kitsune non erano affini ad altre razze se non alla propria e che la bella Keriko per lui non nutriva altro che profondo sentimento di amicizia quindi la rabbia e la delusione erano durate solamente il tempo di un respiro.
 
Sarò mamma!
 
Peccato che mamma lo fu solamente per pochi giorni perché subito il suo dovere di guardiano l’avrebbe costretta a scegliere fra la felicità e quindi la vita o la fedeltà con rispettiva morte.
Cosa c’era stato di così nero e pericoloso a minare la loro salvezza se una fanciulla tanto felice e dedita alla vita aveva scelto il sacrificio pur di sventare la minaccia?
Cos’era successo veramente quella sera di due anni fa?
Le parole secche e taglienti di Ayame tornarono a ferire la sua coscienza e la spiegazione di Koga non faceva che aumentare le domande anziché diminuirle.
Chi li aveva incaricati di vegliare sull’umana e sul demone volpe se nessuno al concilio sapeva della loro ubicazione? Se tutti erano convinti della sparizione della prima e della morte del secondo, come mai i due lupi sapevano e li proteggevano? Perché non avevano voluto rivelar loro dei progetti della perduta Shiba?
Perché lui ed Inuyasha erano stati tagliati fuori?!
 
Un cumulo di rabbia incominciò a generarsi nel suo cuore ingrandendosi ad ogni palpito rinvigorendosi ad ogni respiro finché cessarono i rumori e tutto ciò che la mente impetuosa del demone vedeva erano gli occhi verdi di una madre mai diventata, di un padre sacrificato e di un demone leggendario assassinato da chi o che cosa non gli era dato di sapere.
Erano rare le volte in cui Sesshomaru si infervorava.
Ma quando questo accadeva c’era da stare sull’attenti.
 
Esalò un paio di sbuffi ravvicinati stringendo il lenzuolo bianco che copriva il lettino di Shippo, doveva sapere … voleva sapere a tutti i costi!
 
Poi un tocco lieve cancellò tutto in un istante e gli occhi di Sesshomaru tornarono a concentrarsi sulla realtà piuttosto che sulla collera. Il cuore ebbe un palpito fresco e tremulo ed un nuovo sentimento vibrò per tutto il suo corpo espandendosi ad ogni nervo e poro.
Istintivamente lo sguardo cercò la fonte di quel contatto, di quella calma, di quella purezza così chiara e tiepida da essere in grado di obliare le tenebre del suo rancore e la trovò sotto forma di manina stretta al suo indice.
Risalì il piccolo arto fino a giungere al viso del cucciolo nascosto quasi per intero dalla maschera dell’ossigeno che si annebbiava ad ogni respiro; gli occhi stavano per schiudersi e quando furono aperti il loro colore riuscì a folgorarlo.
Erano verdi come quelli di Keriko, all’apparenza molto più calmi probabilmente per via della debolezza del piccolo ma la forza racchiusa in quella stretta fu tale da far tornare la sua attenzione su quel punto.
Dove le sue dita stringevano si sprigionava un calore enorme, le vibrazioni dello sforzo le poteva avvertire fino al gomito.
Rimase incantato interi istanti prima di rinvenire e decidersi a pigiare il pulsante di richiamo.
Doveva avvertire Rin.
 
“… ole …”
“Nh?”
“Mama?”
“Adesso la chiamo la tua mamma …”
 
Fece per alzarsi ma la presa non si affievolì anzi, sembrava quasi che il volpacchiotto non volesse che lo lasciasse.
Rilassandosi si rimise comodo rimanendo in silenzio a sostenere lo sguardo del suo protetto mentre questi senza demordere gli stringeva la nocca dell’indice fra dita esili come ciuffi d’erba ma forti come radici di mangrovia.
 
...sole…
 
 
 
………………………………..
 
 
 
 
Distesa a letto con gli occhi fissi sul soffitto Kagome prese un bel respiro.
Aveva riposato a sufficienza, era ora di tornare all’ospedale e magari portare un cambio a Rin tuttavia … voltandosi su di un fianco strinse fra le mani la giacca rossa che le aveva lasciato Inuyasha la sera prima e che lei, stanca com’era aveva appena fatto in tempo a togliersi prima di fiondarsi sotto le coperte e morire letteralmente di stanchezza.
Inspirò il forte profumo della colonia che impregnava il tessuto chiudendo gli occhi mentre ripensava agli attimi trascorsi in sua compagnia e a come seppur lei non avesse fatto mistero della sua antipatia nei suoi confronti Inuyasha si fosse comunque preso cura di lei preoccupandosi che arrivasse a casa tutta intera, cosa, che non sarebbe successa se fosse dipeso solamente da lei.
 
“Ci sarei tornata a distanza di pochi minuti e come paziente se non fosse stato per lui”
…..
“Chissà, forse posso abbassare un po’ la guardia, forse quei due meritano davvero un’occasione …”
‘Certo che la meritano, e tu lo sai bene …’
 
Rannicchiandosi nelle spalle sbuffò affondò la testa totalmente nella giacca prima di voltarsi velocemente per incontrare gli occhi grigi e buoni della sua amata guida.
 
“Kikyo!”
 
Sorridendo la sacerdotessa scostò lo sguardo verso l’indumento rosso, notando ciò Kagome avvampando lo prese nascondendolo sotto il piumone.
 
“Non è come credi, io, lui … era freddo e …”
 
Di nuovo la risata cristallina di lei interruppe il suo farneticare ma fu il dolce tocco delle sua candide dita a darle la calma di cui aveva bisogno.
 
‘Va tutto bene Hoshi, è una cosa normale essere affascinati da chi ci incuriosisce …’
“Affascinata io? No ma ch-”
‘Kagome puoi mentire a te stessa, ma non a me … sono la tua guida e …’
 
Incassando la verità di quelle parole Kagome sbuffando si mise a sedere appiattendo la superficie rigonfia del piumone.
 
“La mia luce, lo so … ma sembra tutto così folle! Fino all’altro giorno lo detestavo mentre ora …”
‘Conoscere il vero animo delle persone porta spesso a questo stato di’incertezza, è naturale’
“Ma Rin? ”
‘Il cammino di Rin, così come quello di milioni di altre persone è già segnato Hoshi e tu non puoi far nulla per alterarlo. È vero che è  possibile ritardare alcuni eventi e talvolta schivarne altri ma mai, e ti giuro, mai è successo che qualcuno sia riuscito a mutare il compimento del proprio destino poiché esso non è legato alle nostre percezioni, ma al peso che le nostre azioni riflettono sul nostro spirito …’
“Parli sul serio come un’antica sacerdotessa del 15° secolo … ”
‘Perché è quello che sono’
“Eppure me lo dimentico sempre … sei con me da che ho memoria e ti vedo più come una sorella che come uno spirito guida tanto che a volte vorrei lo fossi stata veramente … che meraviglia sarebbe poterti stringere e averti vicino sempre …”
‘Ma lo sai che è così …’
 
Di nuova la sacerdotessa l’accarezzò e con uno scatto Kagome fece per stringerle il polso.
Non fu vera delusione per Kagome vedere la propria mano trapassare quella di lei poiché sapeva da anni che Kikyo non era altro che uno spirito di un tempo passato intrappolato nell’eterno e che il suo compito era assistere le sacerdotesse come lei nel loro lungo e difficile cammino ma un lampo di tristezza le oscurò lo stesso un battito al pensiero di ciò che sarebbe potuto essere.
 
“Fisicamente Kikyo! Avverto il vibrare della mia anima quando mi sfiori ma so che non è calore umano ... vorrei poterti abbracciare forte e sentire di rimando la tua stretta vorrei tirarti i capelli quando mi fai arrabbiare e far pace con una fetta di torta quando proprio non ce la faccio più a non parlarti e … ”
‘Sei dolce e cara piccola mia ma non crucciarti per quello che non è possibile ottenere combatti per impedire che ciò che ti è vicino ti venga strappato via …’
“Me lo dici ogni volta …”
‘Perché tu ogni volta lo scordi …’
 
Seppure imbronciata non seppe trattenere uno sbotto di risa e cos ì la loro piccola discussione svanì, leggera come il velo di un dubbio spazzato via dal vento della verità.
 
Di punto in bianco Kagome decise che era tempo di tornare al lavoro e alzandosi scese dal materasso dirigendosi all’armadio per prendere un cambio da portarsi in bagno senza rendersi conto di quanto fosse intento e devoto lo sguardo di colei che la osservava dall’altro lato della stanza.
 
Sparì dietro la porta con un ‘torno subito’ mentre Kikyo con l’affetto negli occhi ed un’ombra di nostalgia pronunciò la più fatale delle verità.
 
 ‘Siamo più vicine anche dell’esser sorelle gioia mia e non è lontano il giorno in cui questa realtà sarà per te la più crudele delle condanne poiché a differenza dei molti, il tuo cammino nel tempo, non è che bianca via ancora da tracciare …’
 
Sparì così, vibrando come luce di candela, l’evanescente bellezza dello spirito guida di Kagome mentre nell’altra stanza l’acqua della doccia ripuliva dalla stanchezza la carne di colei che viveva; ignara di tutto.
 
 
 
 
TH
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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