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Autore: Raffaele De Masi    12/02/2017    0 recensioni
Roberto Pastore decide di adottare un gatto molto speciale che gli cambierà la vita.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nei pressi del lungomare di Mergellina, a Napoli, si trova un fatiscente palazzo ormai disabitato da molti anni, costruito al principio del ventesimo secolo. Il suo ultimo proprietario fu il signor Roberto Pastore, morto all’età di novantadue anni, senza eredi, ormai ricordato solo dai più anziani per l’insolita storia del suo gatto.

 

Roberto rimase vedovo quando ebbe compiuto cinquantacinque anni, sei mesi dopo che alla moglie Tina fu diagnosticato un carcinoma maligno allo stomaco. Fu un duro colpo non solo per lui, ma per l’intero quartiere, visto che era una donna di buon cuore che amava aiutare i bisognosi. Difatti i due coniugi disponevano di un’ingente somma di denaro, che però non aveva mai corroso le loro anime portandoli ad atteggiarsi a ricchi spocchiosi, di quelli che di solito fanno gli scongiuri quando vedono un senzatetto. Preferirono, invece, usare il denaro per fare opere di beneficenza, nei confronti sia delle altre persone che degli animali.
   La loro generosità d’animo forse fu in parte dovuta alla mancanza di un figlio. Eh sì… Rita era sterile, e ne soffriva parecchio. Avevano più volte parlato di adozione ma, in contrasto alle tante donazioni versate a coloro che non potevano permettersi il pane, Roberto non volle assolutamente adottare un bambino. Al padrone di casa non piaceva l’idea di condividere la sua proprietà con qualcuno che non fosse sua moglie. Era contrario anche all’adozione di un animale domestico; aveva paura che gli trasmettesse malattie, ed era infastidito al pensiero di pulire i bisogni magari fatti sul pavimento, o peggio ancora, sul letto matrimoniale. “Va bene aiutare il prossimo, però si mantengano le giuste distanze” diceva Roberto, e sua moglie non potè in alcun modo fargli cambiare idea, così si rassegnò.
   Cinque anni dopo la morte di Tina, Roberto ebbe di che pentirsi per non aver preso in considerazione l’adozione di un bambino; la solitudine stava cominciando a consumarlo.
   Nonostante avesse appena raggiunto i sessanta, l’uomo dava l’impressione di essere molto più vecchio. Assunse una serva giovane e in salute di nome Maria perché sbrigasse le faccende domestiche al suo posto, poiché ormai non aveva più voglia di fare granché. La maggior parte del tempo lo passava a dormire, o, saltuariamente, faceva lunghe passeggiate sul lungomare per liberarsi dei cattivi pensieri. Fu in una di quelle occasioni che, in un pomeriggio nuvoloso, Roberto vide tra gli scogli di Mergellina il gatto che gli cambiò la vita.

 

Il miagolio era forte e chiaro, però la gente di passaggio sembrava fregarsene altamente. Roberto, d’altro canto, ne fu irresistibilmente attratto. Guardò con attenzione tra gli scogli, poiché inequivocabilmente il verso veniva da lì. E alla fine lo vide.
   Il gattino era situato tra due rocce, coricato di fianco; aveva una zampa rotta. Chiaramente qualche pezzo di merda l’aveva gettato giù dalla ringhiera del lungomare per liberarsene.
   Roberto non poté proseguire il cammino con quell’insistente miagolio di dolore nelle orecchie… si sarebbe sentito uno schifo. Decise quindi di scavalcare la ringhiera e, con molta attenzione, giungere sugli scogli. Fu un’impresa ardua, dato che non era più un ragazzino.
   Quando arrivò vicino al gattino, Roberto si inginocchiò per esaminarlo. Oltre la zampa, sembrava non avesse nient’altro di rotto, ma c’era comunque da sperare che non avesse lesioni interne. Il micio era un europeo a pelo corto, di colore grigio-bianco. Quando guardò negli occhi l’uomo, i suoi miagolii cessarono. Di norma i gatti non provano immediata fiducia in un essere umano, specie se in passato sono stati maltrattati… ma tra Roberto e quel micio avvenne qualcosa di istantaneo, quasi di sovrannaturale.
   “Ti porto subito dal dottore, piccolino.” Roberto lo raccolse delicatamente cercando di non premere sulla zampa ferita, e si diresse dal più vicino veterinario.
   Fortunatamente il gattino non aveva altre ferite, a parte la frattura alla zampa. Il veterinario si complimentò con Roberto per l’onorevole gesto che aveva compiuto, e gli assicurò che il micio ormai non correva più pericolo, e che avrebbe cercato di darlo in adozione. Roberto però disse immediatamente “No, questo gattino lo adotto io.” L’aveva detto con un certo sdegno, come se il medico avesse ignorato una cosa ovvia. Così si passò direttamente alla registrazione, e allora fu donato al micio il suo nome ufficiale: Oscar.

 

Le prime settimane furono spiazzanti per Roberto. Naturalmente non si pentì mai di aver adottato un animale domestico, ma era inesperto nel settore. Maria però seppe consigliarlo bene, visto che tempo addietro aveva cresciuto tre gatti.
   Con grande felicità di Roberto, fin dal primo giorno non ci furono problemi con i bisogni di Oscar. Aveva mandato la serva a comprare una lettiera che aveva piazzato fuori al balcone, e al gattino venne naturale piazzarsi sulla sabbiolina per battezzarla, senza alcun addestramento. Oscar era pulito, inodore, e affettuoso. Tuttavia, sapeva anche essere dispettoso: ben presto il padrone di casa si ritrovò con le tende sfilacciate, la fodera del divano rovinata, e le mani strapiene di graffi.
   Nonostante lo stress, comunque, Roberto cominciò fin da subito ad avvertire segnali di rinascita dentro di sé. Oscar gli dava qualcosa a cui pensare, che lo distraeva dall’agonia della solitudine. Inoltre, ben presto il micio mostrò segni di assoluta fiducia nei confronti del padrone… o meglio, dell’amico, poiché non ubbidiva mai alle sue richieste. La sola presenza dell’uomo bastava per far emettere rumorose fusa, le quali erano anche un toccasana per trascorrere piacevoli notti di sonno profondo, dato che Oscar amava dormire sul lettone, ai piedi dell’amico.
   Dopo alcuni mesi dall’adozione, Roberto cominciò ad avvertire cose strane nella sua abitazione. Non riusciva a capire il motivo, ma quasi tutti i giorni, con la coda dell’occhio, gli pareva di scorgere il passaggio del gatto; tuttavia, ogni volta che voltava lo sguardo nella direzione interessata, l’animale non c’era. Ormai era diventata un’abitudine vedere e sentire la presenza di Oscar anche in sua assenza. Anche Maria provava le stesse sensazioni.
   “Allora, Oscarino” diceva Roberto, con il micio in preda alle fusa tra le sue braccia “Mica hai portato un amichetto con te, vero? O forse è il tuo angioletto custode?” Ovviamente il gatto non capiva le parole, ma il suono della voce dell’amico umano lo divertiva, e glielo dimostrava con ammiccamenti e affettuose leccate.
   Le manifestazioni strane durarono per tutta la vita di Oscar. Gli anni sembrarono volare via in un soffio. Roberto poté godere della dolce compagnia del suo gatto per ben vent’anni, finché il povero animale non venne a mancare per un’insufficienza renale. Ormai Oscar era diventato vecchio; non mangiava più, trascurava di lavarsi, e dormire era la sua attività primaria. Il giorno della sua morte chiese espressamente a Roberto di essere preso in braccio, dove fece sentire le sue ultime fusa. Dopodiché, una volta rimesso a terra, andò a sistemarsi sotto il letto matrimoniale, nascosto agli occhi di tutti, e ci rimase fino a quando, verso sera, il suo umano non lo trovò acciambellato, eternamente addormentato.

 

La morte di Oscar fu un durissimo colpo per Roberto, il quale organizzò un vero e proprio funerale a cui parteciparono poche persone (per lo più anziani che frequentavano gli stessi bar in cui il pover uomo era solito farsi un goccio). Il micio fu seppellito nel cimitero degli animali, in una nicchia di vetro.
   Quella notte stessa le stranezze che accadevano in casa si accentuarono enormemente. Alle tre del mattino Roberto si svegliò, disturbato da qualcosa. Era inequivocabilmente un miagolio. Sembrava provenire da lontano, da fuori.
   Roberto lo ricordava quel verso… era lo stesso che gli permise di trovare Oscar dolorante tra gli scogli; non poteva sbagliarsi.
   “Oscar, piccolino, io sono qui!” Disse ad alta voce. Il miagolio non cessò, anzi, aumentò di volume. “Il mio gattino non trova la strada di casa”, pensò.
   “Oscar!”Chiamò “Oscar, vieni qui sul lettone. Mi senti?”
   Dopo vari tentativi il miagolio non si fece più udire. Poi, nel silenzio assoluto, Roberto sentì con chiarezza il micio saltare sul letto per acciambellarsi ai suoi piedi com’era solito fare. Quando l’uomo sollevò la testa per guardarlo, non vide nulla. Non c’era nessun gatto.

 

Il giorno seguente, Maria tenne d’occhio Roberto, il quale sembrava insolitamente felice, e la cosa le pareva strana. L’uomo aiutò la serva a sbrigare le faccende domestiche, preparò la colazione, canticchiò tutto il tempo, e addirittura mise un allegro disco di Louis Armstrong nello stereo.
   Maria gli chiese il motivo del suo buon umore, e lui rispose “oh niente, cara, è solo che Oscar a volte mi fa sentire allegro senza alcun motivo”. Lei rispose che in effetti quando c’era quel gatto, in casa si respirava sempre allegria. Ciò che Roberto gli rispose fu preoccupante “Perché parli al passato? Oscar è ancora qui, ed è meglio che stai attenta, perché è in vena di dispetti. Ha già ribaltato il tavolino del salotto.”
   La serva si ammutolì, dispiacendosi per ciò che stava ascoltando. Chiaramente per Roberto la morte di Oscar era stato un colpo ben più terribile di quanto si aspettasse. Stava per dirgli di guardare in faccia l’amara realtà, quando un rumore di qualcosa che andava in frantumi la fece sobbalzare.
   “E dai, Oscar, adesso la vuoi smettere?” Esclamò Roberto, ora non più tanto divertito “ Questa è la seconda volta che fai cadere qualcosa, oggi. Adesso sei soddisfatto di aver rotto un bicchiere?”  In effetti era caduto un bicchierino poggiato sul lavello della cucina, ancora sporco del cappuccino che avevano bevuto.
   Le stranezze non finirono lì. Maria si fece il segno della croce quando Roberto riempì di croccantini la vecchia ciotola del gatto, per poi imporle di seguirlo in un’altra stanza per aspettare che Oscar finisse di mangiare. Dopo alcuni minuti si udirono distintamente degli scrocchi, come se qualcosa di croccante venisse masticato. Quando finalmente andarono a vedere cosa era successo, poterono notare entrambi che del contenuto della ciotola era rimasto ben poco.
   Ben presto anche Maria, la quale rimase con Roberto fino alla fine, si adattò all’idea che Oscar era ancora presente nelle loro vite. Difatti, persino i suoi peli non cessarono di comparire sotto il panno statico che ogni giorno veniva passato sul pavimento.

 

Una decina di anni più tardi, Roberto fu colpito da un infarto. Subì una delicata operazione che gli salvò la vita, ma ormai sapeva che era agli sgoccioli. Non rimpiangeva nulla, aveva avuto una vita stupenda, rallegrata soprattutto dal suo gatto. Dopo la sua dipartita, Oscar non si era mai fatto vedere tranne che con la coda dell’occhio; non appena cercava di toccarlo, o di guardarlo direttamente, svaniva come un miraggio.
   L’ultima notte della sua vita, Roberto sapeva che stava per andarsene. Ne era certo perché nei giorni precedenti aveva avuto una visione di tutti i familiari defunti.
   Stava per addormentarsi, quando la presenza di Oscar si fece udire di nuovo. Il gatto saltò sul lettone. L’uomo era sicuro che si sarebbe di nuovo acciambellato ai suoi piedi, come al solito. Quella volta non andò così.
   La testa di Oscar pigiò sul palmo della mano destra del suo vecchio padrone, strofinando ed emettendo rumorose fusa, in una dimostrazione d’affetto assoluta. Roberto non osò mai sollevarsi per guardare, temendo che il gatto scomparisse come aveva sempre fatto. Potè comunque accarezzargli il capo e il dorso, sentendo ogni tanto la ruvida lingua leccargli le dita.
   Calde lacrime bagnarono le guance di Roberto, il quale rideva e piangeva contemporaneamente.
   “Oscarino, sei venuto a prendermi, vero?” Disse traboccante di felicità mentre premeva la mano sulla pelliccia del gatto, il quale si acciambellò sotto le sue carezze.
   Fu così che l’uomo si addormentò, morendo con la traccia di un sorriso sul volto, tra le confortevoli fusa del suo gatto.

 

Il cadavere di Roberto fu ritrovato da Maria la mattina presto. Già era preparata all’eventualità di trovarlo privo di vita; tuttavia, la serva non avrebbe potuto mai prepararsi all’emozione di trovare sul lenzuolo delle impolverate impronte di gatto che parevano concentrarsi sul punto dov’era poggiata la mano destra del defunto

  
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