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Autore: Stella Dark Star    12/02/2017    1 recensioni
Delfina, figlia del banchiere Andrea de' Pazzi, ha solo quindici anni e nessuna vita sociale quando viene incaricata dal padre di entrare nelle grazie di Rinaldo degli Albizzi per scoprire ogni suo segreto e sapere in anticipo ogni mossa che farà in campo politico. Lei accetta con riluttanza la missione, ma ancora non sa che il destino ha in serbo per lei molto di più. Quella che doveva essere una semplice e innocente conoscenza, diventa ben presto un'appassionata storia d'amore in cui non mancano gelosie, sofferenze e punizioni. Nonostante possa contare sull'aiuto della madre Caterina (donna dal doppio volto) e della fedele serva Isabella (innamorata senza speranze di Ormanno), Delfina si ritroverà lei stessa vittima dell'inganno architettato da suo padre e vedrà i propri sogni frantumarsi uno dopo l'altro.
PS: se volete un lieto fine per i protagonisti, non dimenticate di leggere il Finale Alternativo che ho aggiunto!
Consiglio dell'autrice: leggete anche "Andrea&Lucrezia - Folle amore (da Pazzi, proprio!)" per vivere assieme ai protagonisti un amore impossibile.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Conclusione
Sogni infranti
 
“Devi prendere una decisione, Isabella. Se rimani dovrai portarci assoluto rispetto, altrimenti sarò costretto a cacciare te e la tua bastarda da questa casa.” Disse mio padre, guardandola coi suoi occhi di falco piccoli e spietati.
Isabella ribolliva di rabbia come una pentola di zuppa sul fuoco: “Non temete, Messere, non resterò in questo posto un minuto di più. Prenderò Gioia e andrò a chiedere aiuto a Madonna Alessandra.”
La ripresi: “Non essere sciocca. Lei non sa niente della bambina, è evidente che Ormanno non glielo ha detto. Cosa speri di ottenere da lei?”
Il suo sguardo divenne tagliente e le parole non furono da meno: “Sono certa che avrà cura di noi quando scoprirà di avere una nipotina. Lei amava suo figlio. E Gioia verrà cresciuta col nome degli Albizzi come è giusto che sia. Non lascerò mia figlia nelle vostre mani.”
“Vuoi mordere le mani che ti hanno accolta? Sei una sporca ingrata.” Le ringhiai contro.
Lei gridò: “E voi siete una sporca sgualdrina!”
Ero indignata: “Co...come osi parlami in questo modo?”
“E’ la verità. Da quando vi siete innamorata di quell’uomo, di quel Rinaldo, siete cambiata, siete diventata una persona meschina e disonesta.”
Scambiai un’occhiata con mio padre, lui sembrava incredibilmente calmo nonostante la situazione. Il suo sguardo fermo e deciso mi aiutò a reprimere la rabbia. Mi fece un cenno col capo e si spostò senza attirare l’attenzione di Isabella. Sospettavo cosa avesse in mente.
Concessi ad Isabella un ultimatum: “Voglio darti un’ultima possibilità, in nome della nostra amicizia. Chiedi perdono per quanto hai detto e io in cambio ti permetterò di crescere Gioia qui e di non farle mancare nulla.”
Lei contrasse la mascella, forse nel tentativo di bloccare quelle parole amare che le salivano dalla gola. Parole che, purtroppo, trovarono comunque una via d’uscita: “Preferirei morire.”
Accennai un sorriso triste: “Mi dispiace davvero.”
“Io non vi cre…” L’ultima parola venne spezzata da un gemito, i suoi occhi si sbarrarono. Sollevai una mano e le sfiorai il viso con una carezza: “Non mi hai lasciato altra scelta.”
Un fiotto di sangue le uscì dalle labbra, mentre mio padre, da dietro, la teneva stretta in un abbraccio mortale, spingendole la lama di un pugnale nello stomaco.
La osservai nei suoi ultimi istanti, la luce della vita stava pian piano svanendo dai suoi occhi scuri, il sangue scendeva copioso dalle sue labbra e dalla ferita allo stomaco. Rantolò come se stesse cercando di dire qualcosa, la sua mano si mosse incerta nel vuoto fino a quando il suo sguardo non si spense del tutto.  Il suo corpo senza vita ricadde tra le braccia di mio padre.
Lui, con inspiegabile premura, accompagnò il corpo fino al pavimento. Dopo averlo adagiato, estrasse il pugnale dalla carne, quindi si rialzò e lo posò sul tavolo. Aveva sangue su entrambe le maniche e le mani. Si voltò per guardare il cadavere un’ultima volta e con tono soddisfatto disse: “Ho la soluzione al problema di Gioia. Incaricheremo qualcuno di portarla via durante la notte e di abbandonarla alla conca di pietra dello Spedale degli Innocenti.”
“No, padre.” Sussurrai.
Sentii il peso del suo sguardo minaccioso su di me.
“Non ho intenzione di tenere nella mia casa la figlia bastarda di una serva che ci ha insultati dopo tutto quello che abbiamo fatto per lei.” Obiettò a pieno diritto.
Sollevai lo sguardo dal corpo di Isabella, non riuscivo a provare alcuna emozione: “Porterò io stessa Gioia allo Spedale, ma non per abbandonarla. La lascerò in custodia e provvederò al suo mantenimento fino a quando non sarà diventata una giovane donna da maritare.” Feci una pausa, forse qualcosa si stava schiudendo nella mia anima, dopo tutto. O forse era il ricordo di un viso amico, di un bacio rubato, di una passione cieca e di un tenero abbraccio a farsi strada nella mia mente e ridarmi un briciolo di umanità. Ripresi: “Lo devo a Ormanno.”
Il suo sguardo mutò, divenne meno cupo quando fu attraversato da un chiaro velo di comprensione. S’inumidì le labbra per temporeggiare, cercando le parole giuste che poi pronunciò strascicate: “Tra voi c’era qualcosa, allora.”
Ridacchiai appena: “Qualcosa è la parola esatta. Un sentimento senza nome che è composto a sua volta da molti sentimenti. Io amavo Rinaldo con tutta me stessa e giuro sulla mia vita che sempre lo amerò, ma… Sì, qualunque cosa mi abbia legata ad Ormanno, sento di dovergli almeno questo. Sarò la benefattrice di sua figlia. Di una Albizzi che forse non scoprirà mai la propria identità.”
Mio padre si avvicinò a me e, con gesto lento e cauto, prese la mia mano nella sua. Il sangue di Isabella andò così a colorare le mie dita e il palmo della mia mano di un rosso acceso.
“Ha ragione lei, sai? L’amore per Rinaldo mi ha cambiata.”
Con il braccio libero mio padre mi avvolse in un abbraccio e lasciò che posassi la fronte sulla sua spalla. Avevo desiderato a lungo un momento così, un gesto di affetto da parte sua. Sentii le sue labbra posarsi sulla mia pelle, tra la guancia e l’orecchio, e subito dopo la sua voce sussurrata: “Ora dobbiamo concentrare le nostre forze sull’annientamento dei Medici. E quando li avremo rovinati e uccisi, ti prometto che il sapore della vendetta ti farà dimenticare il dolore.”
Mi riusciva difficile credere alle sue parole. Il dolore per la perdita di Rinaldo e il nostro futuro felice andato in frantumi, non avrei mai potuto dimenticarlo.
Quel mattino mi ero svegliata in seguito ad una inaspettata notte di sonno tranquillo e, nell’aprire gli occhi, avevo ancora impresse le immagini del sogno meraviglioso che avevo fatto. Era come se la fantasia di cui mi aveva parlato Rinaldo in prigione, avesse preso forma nella mia testa e fosse diventata reale. Avevo visto la vigna soleggiata, respirato i piacevoli profumi dei suoi frutti. Io ero abbigliata alla contadina e Rinaldo era in maniche di camicia, ed eravamo così sorridenti, baciati dal sole e carezzati dalla brezza. In quel quadro perfetto vi erano anche due bellissimi bambini dai capelli biondi che giocavano tra le viti. E ad un certo punto Rinaldo li chiamava per nome, Levante ed Elena, e loro correvano verso di noi in cerca di un abbraccio. Ma ora, abbracciata a mio padre e con il sangue di Isabella sulle mani, quel sogno faceva dannatamente male. Sì, avrei lottato per avere vendetta. E solo dopo averla assaporata, forse, lo strato di neve che si era posato sul mio cuore si sarebbe sciolto e io avrei ricominciato a vivere.
  
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