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Autore: Julie05_ShinRan    12/02/2017    3 recensioni
"Poi feci la cosa più semplice del mondo.
Mi chinai … e lo baciai. E il mondo si squarciò in due."
-Agnes de Mille
Dal Testo:
Continuava a fissare il volto del ragazzino, illuminato dalla candida luce della luna; guardava i suoi occhi, liberi da quell’impaccio di vetro che li nascondeva, pareva volessero parlarle, confidarle le verità a lungo taciute; era certa di aver compreso tutto, e non riuscì più a trattenersi.
Questa storia partecipa al contest “Pazzi/e/ie …d’amore” indetto da Nirvana_04 sul forum di Efp.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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...E il mondo si squarciò in due

 

 

 

Poi feci la cosa più semplice del mondo.

Mi chinai … e lo baciai. E il mondo si squarciò in due.
(Agnes de Mille)

 

 

 

Era accaduto tutto così velocemente, nell’impeto di emozioni e di eventi che si erano susseguiti fino a quel momento.

Non sapeva nemmeno lei perche lo avesse fatto, era stato un gesto impulsivo e irrazionale, folle, se vogliamo dire, dettato da sentimenti contrastanti che provava da molto tempo, ormai, e che, quella sera, avevano raggiunto l’apogeo.

Aveva continuato a chiedersi perché lo avesse fatto, in che modo era arrivata a compiere un gesto simile e, più se lo domandava, più non sapeva capacitarsene, e la possibilità che stesse impazzendo prendeva sempre più terreno nei suoi pensieri, diventando, infine, la più probabile.

Da qualche tempo, frullava nella sua testa una domanda assillante, a cui aveva spesso trovato risposta, ma che, puntualmente, veniva contraddetta; e, forse perché era certa della veridicità della sua convinzione, o forse perché era stanca di aspettare ed essere “tenuta a bada” con qualche blanda scusa, aveva fatto ciò di cui si rimproverava continuamente da quel giorno.

 

***

 

Un amaro sorriso, indice di rassegnazione, era dipinto sul volto della ragazza, pallido, seminascosto dai lunghi capelli bruni, lo sguardo rivolto verso il basso, offuscato dalla frangia che le copriva la fronte e dal sottile velo di lacrime che insistevano per uscir fuori.

 

-Niente più scuse, Conan-kun. Non voglio sentirne altre.

Non continuare a difenderlo, per piacere, smettila di dirmi che tornerà, che l’ha giurato.

Sempre le solite promesse, promesse, che sappiamo entrambi, non può mantenere.

Digli questo, da parte mia: “In amore, le rassicurazioni valgono come annuncio del loro opposto”...

 

Il ragazzino di fronte a lei, l’espressione sconsolata attraverso quella coltre di finzione che era lo spesso e trasparente vetro dei suoi occhiali, la fissava colpevole. Era ben consapevole della verità che si celava nelle parole di Ran, “Ha ragione” continuava a pensare, mentre meditava sulla sua ultima frase, che gli rimbombava frenetica nella testa.

 

-Ran-neechan, io... Io...- tentò di dire qualcosa, e di discolparsi, per quanto avrebbe potuto fare, ma non ci riuscì: un enorme nodo gli bloccava la gola e un pesante macigno sul cuore non lo faceva respirare.

 

-Non sei obbligato a replicare- la ragazza intervenne, salvando il ragazzino da quell’impiccio, forse perché aveva letto nei suoi occhi la difficoltà nel risponderle, o forse perché era stanca di tutte quelle chiacchiere. Si scostò dalla grande vetrata cui era appoggiata dall’inizio della conversazione, dirigendosi verso le scale. -Vado in camera mia-

 

-No, aspetta!- si slanciò per prenderle una mano e fermarla.

 

La ragazza non ebbe neanche il tempo di voltarsi che due esili braccia si protrassero verso di lei cingendola all’altezza dei fianchi.

Un gesto sincero e spontaneo che riportò un po’ di dolcezza nel suo sguardo.

Si abbassò, quindi, intenerita, per ricambiare l’abbraccio di quello che da mesi, ormai, considerava il suo fratellino e a cui voleva un gran bene. Lo strinse forte a se, come se non volesse lasciarlo scappare, annusando e godendosi fino in fondo il suo profumo, così simile al suo, e inebriandosi di ricordi: Shinichi che corre via lasciandola sola, l’arrivo di Conan, tutte le peripezie da cui erano stati coinvolti finora e tutti gli attimi in cui quel bambino, così maturo e protettivo nei sui confronti, si era preso cura di lei riempiendo, anche se per poco, il vuoto lasciatole dall’assenza della persona che le era più cara al mondo.

Ripensando a tutto ciò, si concretizzava sempre più nella sua mente il pensiero che quel bambino le facesse provare delle emozioni che sentiva solo quando si trovava insieme a Shinichi, “sarà perché si somigliano così tanto”, continuava a pensare, cercando di cacciare via l’assurdo pensiero che quei due fossero in realtà la stessa persona, ma, più tentava di reprimerlo, più questo si insinuava nei suoi pensieri.

Decise, comunque, di tentare di non rimuginarci troppo, godendosi, invece, quel caldo e confortante abbraccio.

 

-Grazie, Conan-kun, di tutto-

 

Scostò il viso dalla spalla del bambino, gli occhi sinceri della ragazza fissi in quelli svegli, di un vivido blu cobalto, del piccolo detective. Le parve, per un secondo, di scorgerci qualcosa, uno strano luccichio, poi, in un attimo, le sue iridi oltremare, che sempre le avevano ricordato i suoi perspicaci occhi, persero tutta la loro lucentezza, diventando spente e opache.

 

 -No. No, Ran- sciolse piano quell’abbraccio e scostò delicatamente le braccia di lei, allontanandosi di qualche centimetro- non devi ringraziarmi, non me lo merito- scosse la testa portando i capelli a coprire gli occhi. D’un tratto era diventato profondamente serio.

 

-Eccome, se te lo meriti. Mi hai sempre aiutato, mi hai sempre tirato su di morale quando ne avevo bisogno. Ci sei sempre stato per me- un sorriso sincero accompagnava le parole di gratitudine della ragazza.

 

“No, ti sbagli Ran. Ti stai sbagliando di grosso. È colpa mia se piangi la notte, è colpa mia, se ora, ogni promessa ti sembra vuota o priva di significato. È solo colpa mia”.

 

Sì, avrebbe voluto dirle così, ma non ne ebbe il coraggio, purtroppo. Si limitò ad annuire, accettando impotente quelle parole di riconoscenza che avrebbe preferito non ricevere mai.

 

Ran, volle evitare di chiedere a Conan il perché di quella strana reazione: aveva troppa paura che i suoi timori fossero sensati e il pensiero che l’avesse presa in giro per tutto questo tempo la faceva ribollire dentro.

 

 ***

 

Quella stessa sera...

 

 

Era una tiepida notte primaverile, chiara, date le innumerevoli lucenti stelle che si affacciavano curiose per vedere gli umani sognare, e incredibilmente silenziosa.

 

Una ragazza, avvolta in lenzuola azzurro cielo, dormiva tutt’altro che beatamente continuando ad agitarsi.

 “Chissà cosa sta sognando”, si sarebbe chiesto chiunque...

 

 

Erano immersi in un’atmosfera eterea, non riusciva a riconoscere quel luogo, tutto era fin troppo evanescente e le parole risuonavano nell’aria come un eco sommesso.

 

-Dai, non piangere, Ran.

 

Come? Non si era accorta di stare piangendo.

 

-Alla fine ci si fa l’abitudine.

 

Tutto ciò le era tremendamente familiare.

Alzò appena lo sguardo per vederlo correre via

 

-Ran, io devo andare. Tu torna a casa, ci sentiamo dopo!

 

-Aspetta!

 

“No, questa volta non devo permettergli di andarsene”, pensava mentre correva affannosamente senza mai raggiungere la meta.

 

D’un tratto, l’atmosfera evanescente di prima si fece sempre più realistica, sebbene faticasse sempre a distinguere il posto: tutto era innaturalmente grande.

Non riusciva a distinguere che uno scaffale, colmo di libri di ogni sorta, e un bambino, con grandi occhi blu cerchiati da altrettanto grandi lenti, accostato ad esso.

 

-Conan Edogawa. Mi chiamo Conan Edogawa.

 

Solo ora notava veramente le scritte sul dorso dei libri che aveva dinnanzi.

 

Improvvisamente tutto fu avvolto da un’oscurità assoluta che le causò un profondo senso d’angoscia.

 

-Ran?

 

-S-Sì, Conan-kun, che c’è?

 

-Devo dirti una cosa- lo sguardo serio, fermo e penetrante.

 

-D-Dimmi pure- la voce le tremava ansiosa.

 

-In realtà...- un primo momento di esitazione, poi disse tutto d’un fiato, senza indugio –Io sono Shinichi Kudo-

 

 

La fronte imperlata di sudore, i capelli che le coprivano disordinati il viso, gli occhi spalancati rivolti al pallido soffitto, il respiro affannato.

Si alzò ansante e frastornata, per aprire la finestra e prendere una boccata d’aria che le facesse rinfrescare le idee alquanto confuse.

Stette lì qualche minuto, con le mani saldamente ancorate al davanzale, respirando a fondo la fresca brezza notturna.

Chiuse le imposte, decisa a tornare a letto e tentare, almeno, di riprendere sonno.

Ma qualcosa, o meglio qualcuno, catturò la sua attenzione.

 

-Conan-Kun?- si rivolse al bambino che la guardava appena fuori dalla porta della sua stanza.

 

-Ran-neechan. Come mai sei ancora sveglia?

 

-Potrei farti la stessa domanda.

 

-Hai ragione. Non riuscivo a prendere sonno- disse con un tono di voce alquanto spontaneo- Tu, invece? Hai fatto un brutto sogno per caso?- chiese con uno sguardo che di certo tradiva la sua apprensione.

 

-Come fai a saperlo?- era sorpresa di come riuscisse sempre a capirla e ad indovinare cosa non andasse.

 

-Vieni- si sedette sul letto, esortandolo a fare lo stesso.

 

-Puoi parlarmene se ti va, sono un buon ascoltatore- un sorriso di vanto era tratteggiato sul suo viso, contagiando a sua volta la ragazza che mostrò un mesto, seppur sincero, sorriso.

 

“Quanto si somigliano”, solo su questo rimuginava mentre continuava a fissare il volto del ragazzino, illuminato dalla candida luce della luna; guardava i suoi occhi, liberi da quell’impaccio di vetro che li nascondeva, pareva volessero parlarle, confidarle le verità a lungo taciute; era certa di aver compreso tutto, e non riuscì più a trattenersi. In un attimo non aveva capito più nulla, la mente annebbiata da una infinita vastità di emozioni, pensieri, ricordi, timori, il buonsenso sostituito dalla follia, il cuore che le picchiava pesantemente nel petto nell’ansiosa concitazione del momento.

Avvicinò pericolosamente il viso, posò le sue labbra su quelle del ragazzino e lo baciò con foga, incurante della gravità della situazione e delle conseguenze che avrebbe provocato. Il ragazzo rimase spiazzato dal gesto, rimanendo paralizzato per qualche secondo, per poi lasciarsi andare e ricambiare quel bacio; desideravano entrambi quel momento, da tanto, troppo tempo, ma non credevano sarebbe arrivato così.

Poi qualcosa fece ravvedere la ragazza, che si allontanò sconvolta, un anelito di razionalità che si fece largo nel trasporto di quella mossa eccessivamente impulsiva.

 

“Che cosa ho fatto?!”, si diceva.

Si era riscoperta divisa da quell’antico interrogativo: tra il credere che il ragazzo che amava fosse, in realtà, sempre stato accanto a lei; e che tutto ciò non sarebbe stato realisticamente possibile e frutto, quindi, della sua fantasia disperata; era divisa tra il senso di colpa per aver baciato il suo “fratellino” di sette anni, e l’ebbrezza che aveva provato nel farlo.

 

Con quel bacio, per lei, il mondo si squarciò in due

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autrice

 

Ciao a tutti,

Lo so, avrei dovuto dedicarmi alla mia long, ma non ce l’ho fatta proprio.

Questa era un’idea che mi frullava nella testa già da un po’, dall’estate scorsa per l’esattezza, e questo contest mi ha invogliato a metterla per iscritto.

Come al solito, accetto recensioni, fatemi sapere la vostra, se vi piace o no, consigli e suggerimenti.

Julie05_ShinRan

   
 
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