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Autore: Red_Coat    12/02/2017    2 recensioni
Genesis.
La mia vita, per te.
Infinita rapsodia d'amore
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DAL TESTO:
Un bagliore accecante invase la grotta, ed io capì che l'avevo raggiunta appena in tempo. Alzai gli occhi, e vidi uno splendido angelo con una sola ala, immensa, nera e maestosa, planare dolcemente su una roccia. Rimasi incantata, con gli occhi pieni di lacrime, a fissare la sua sagoma, fino a che non mi accorsi che i suoi occhi verdi come l'acqua di un oceano di dolore e speranza seguitavano a fissarmi, sorpresi e tristi.
Fissavano me, me sola, ed in quel momento mi sentii morire dal sollievo e dalla gioia
" Genesis! " mormorai, poi ripetei il suo nome correndogli incontro
C'incontrammo, ci abbracciammo. Mi baciò.
Ed io, per la prima volta dopo tanto tempo, piansi stretta a lui.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genesis Rhapsodos, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Vincent Valentine, Zack Fair
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo XV


///Flashback///

-Genesis!-

Quella voce quasi indistinta sembrò arrivare fino a lui dall'aldilà, dalla superfice lontana del mare buio in cui si ritrovò a galleggiare, e proprio per questo il rosso non ci fece quasi caso, continuando ad occhi chiusi a lasciarsi cullare leggero dall'oscurità che lo portava sulle sue mani vellutate.
Stava ... sognando?
Forse.
Ma se di un sogno si trattava, cosa mai poteva rappresentare allora quel dolore acuto che quasi lacerava la sua spalla ferita? Forse ...
No.
Non poteva essere.

-Genesis!- ribadì di nuovo la voce, più decisa e allarmata, e stavolta la sentì molto più vicina, talmente tanto da riuscire a riconoscerne finalmente l'identità.

Angeal.
Un leggero sussulto, che agitò la corrente intorno a lui, poi un altro più violento che lo costrinse a riaprire gli occhi e puntarli dritti verso la flebile luce bianca sopra di lui, molto, molto lontana.

-Fa piano, Angeal. Così peggiorerai la cosa.-

La voce adombrata di Sephiroth si fece sentire dando un forte scossone anche al suo di cuore.

-Ma perché non apre gli occhi, maledizione?- protestò preoccupato l'altro.

E fu allora che Genesis capì di trovarsi davvero in un mare, si, ma di guai che lo sommergevano fino a molto oltre il collo.

-Resta con lui, vado a chiamare Hollander.- fu la replica angosciata dell'albino, prima che la sua voce scomparisse definitivamente lasciandolo solo, con i sospiri angosciati dell'amico d'infanzia.

Sentì il cuore prendere a battere ad una velocità assurda, quasi come fosse impazzito.
"Hollander?" si chiese, mentre la paura più pura cominciava a impossessarsi di lui "Perché? Cosa mi sta succedendo? Cos'è ... cos'è successo?".
Inquietanti interrogativi a cui, subito dopo quando provò a muoversi, se ne aggiunse uno ancora più spaventoso: "Perché non riesco a svegliarmi?".
Cercò disperatamente di farlo, ma ogni tentativo fu vano. Provò a nuotare verso la luce, ma più lo faceva più questa sembrava allontanarsi, invece di avvicinarsi. Perciò rinunciò anche a quello, e cercando per quanto gli fosse possibile di mantenersi lucido fece appello a tutte le sue forze, almeno per non lasciarsi andare a quel piacevole senso di calma che si accorse era ciò che lo tratteneva in quel ... nulla, profondo e denso come un pozzo di pece, e interminabile. Talmente tanto da diventare asfissiante.
Fece appello a tutto ciò che era in grado di captare dall'esterno, un gesto della mano di Angeal al quale si aggrappò, o almeno credette di farlo, la sua voce, quella di Sephiroth e anche perfino quella fitta dolorosa alla spalla che continuava a pulsare. Tutto, pur di non morire.
E nel frattempo si ritrovò a pensare a quanto fosse assurda tutta quella situazione. Non stava male, Hollander lo aveva curato e gli aveva detto che non era nulla di grave, niente che non potesse risolversi con "un paio di giorni di riposo". Così aveva detto.
E ora? Cosa diavolo era andato storto?
Si era addormentato nel suo letto, possibile che la situazione fosse peggiorata fino a portarlo a quel punto?

\\\

Sephiroth ed Angeal attendevano fuori dal laboratorio del professor Hollander, angosciati ed impazienti, ripensando a ciò che era appena accaduto e al poco che il professore aveva saputo dir loro in merito.
La ferita di Rhapsodos si era improvvisamente infettata e riaperta, provocandogli uno stato emorragico e febbricitante che, preso in ritardo, si era trasformato in un più grave stato comatoso.
Di fatto quindi, ora il rosso combatteva da solo in una stanza asettica tra la vita e la morte.
Angeal faticava a respirare regolarmente, boccheggiando alla ricerca d'aria travolto dall'ansia e della paura mentre, a braccia conserte sul petto, cercava di non darlo a vedere fissando sovrappensiero il pavimento sotto i suoi piedi, e il SOLDIER dai capelli argentei accanto a lui non poteva fare a meno di rimproverarsi, sempre più tormentato.
Forse, si ritrovò a pensare lanciando all'amico una breve occhiata, se non lo avesse assecondato e spinto al limite ora Genesis non si sarebbe trovato in quella terribile situazione.
Erano soldati, erano abituati al rischio. Ma perdere la vita per mano di un amico ... era tutta un'altra storia.
Vero era pure che non era certo tutta colpa sua. Se Hewley non si fosse messo in mezzo, il rosso non avrebbe reagito come al suo solito impulsivamente e, magari, quell'incidente che lo aveva ridotto così ed era costato tra le altre cose anche una nota di ammonimento a tutti e tre da parte del direttore di SOLDIER non sarebbe avvenuto.
O forse sarebbe successo di peggio? Chi poteva dirlo?
L'importante adesso era che Genesis si riprendesse, e anche alla svelta.
Solo così i sensi di colpa, quegli inutili e superflui sensi di colpa che adesso lo attanagliavano, avrebbero potuto lasciarlo andare e allontanarsi finalmente da lui. D'altronde era stato Genesis ad iniziare, dicendo quelle cose di lui ad Angeal, perché adesso proprio lui avrebbe dovuto sentirsi in colpa?
Già, perché?
...
Amicizia.
Tutta colpa di quel legame speciale che continuava a restare ancorato sempre in fondo al suo cuore. Proprio quello speciale sentimento che aveva sempre desiderato di poter provare, perché ancora non lo sapeva bene neppure lui. Per poterlo ... studiare? No. Assaporare, forse.
Era difficile capire il perché di quel tormento interiore quando per tutta la sua vita, dalla sua nascita fino a quel momento, l'unica cosa che aveva visto e vissuto era stata una fredda stanza nel laboratorio del professor Hojo, e il viso a lui famigliare e gentile del professor Gast.
Con nessun altro essere umano, tranne che con Angeal e Genesis, aveva istaurato un rapporto così ... tangibile e chiaro come quello. Perciò, nonostante negli ultimi tempo il rosso sembrava voler fare davvero di tutto per metterlo a dura prova, stupendosi di sé stesso adesso Sephiroth si ritrovò a pensare che ... avrebbe voluto e fatto qualsiasi cosa, pur di salvarlo.
Si, avrebbe tentato qualsiasi strada. Anche se, ancora nessuno di loro lo sapeva, il destino stava già decidendo per loro quale avrebbero dovuto scegliere, separandoli così per sempre.
Tutto incominciava da lì.
Rumore di passi, vacillanti e veloci. Sephiroth alzò lo sguardo all'istante assieme ad Angeal, e vide avvicinarsi l'uomo che aveva in mano il destino di tutti e tre, stavolta.

-Professor Hollander!- lo accolse, col suo solito tono atono, rotto però stavolta da una leggerissima nota di angoscia che lo tradì.

Angeal gli lanciò uno sguardo a cui lui si sottrasse subito, puntando immediatamente le sue pupille feline sullo scienziato.

-Come sta Genesis?- chiese quindi poi Hewley, dimenticando quel breve istante e concentrandosi preoccupato sul problema.

Hollander li guardò con un mezzo sorriso, poi tornò serio.

-Il problema è l'energia Mako ch'è entrata attraverso la ferita.- rispose, cercando di essere il più esaustivo possibile.
-Ma è curabile?- s'informò a quel punto sempre più in ansia il moro.

Sephiroth tacque, nel vederlo annuire titubante.

-Ha bisogno di una trasfusione, prima di tutto.- replicò lo scienziato.

Fu allora che, cogliendo al volo l'occasione senza neanche pensarci su un momento, il Generale si fece avanti, ma venne bloccato da un braccio di Hollander, che subito dopo puntò i suoi occhi su Angeal.
Il suo sguardo deluso lo tradì. "Che significa?"

-Il tuo gruppo sanguigno non è compatibile.- spiegò allora il ricercatore, scuotendo impietoso il capo, per poi indicare ad Angeal con un gesto di seguirlo, e sparire assieme a lui oltre la porta alle loro spalle.

Mentre Sephiroth rimaneva lì, da solo, senza riuscire a spiegarsi ... ciò che stava provando.
Passarono i minuti, diventarono ore. Con sguardo assente per tutto il tempo lui seguitò a fissare il pavimento gelido sotto la suola dei suoi stivali, mentre sentiva il cuore stringerglisi in gola, lo stomaco essere attraversato da una inspiegabile morsa di angoscioso dolore, gli occhi umidi di lacrime.
"La colpa è stata mia! Ho il diritto di riparare, dannazione!"
...

"Perché? Perché non posso essere io, il donatore?"

\\\

Cinque ore dopo ...

-Dovrebbe svegliarsi tra qualche secondo. Puoi aspettarlo se vuoi.-

Angeal, seduto su una sedia di plastica ai piedi del lettino in cui era stato sistemato l'amico, annuì guardando teso e al contempo speranzoso lo scienziato mentre si dirigeva all'uscita.

-Potremo andarcene?- chiese, prima che fosse troppo lontano per sentirlo.

Hollander si voltò a guardarlo sorpreso e subito dopo annuì sorridendo, come se si fosse ricordato all'ultimo minuto di quel dettaglio per lui in fondo irrilevante.

-Dovrebbe essere guarito.- confermò -Ma chiamatemi se ci sono altri disguidi.- per poi tornare a camminare e sparire oltre la porta alle sue spalle.

Hewley tornò quasi subito a guardare l'amico, ancora addormentato sotto l'effetto dell'anestetico, la nuova fasciatura a coprirgli stavolta praticamente quasi tutto il petto, il respiro lento che pian piano tornava regolare e i capelli rossi sudici per il sudore.
Buttò all'indietro la schiena e la testa sulla spalliera della sedia, sospirando e portandosi poi una mano nei capelli e poi sugli occhi, massaggiandoseli.
Erano le quattro del mattino, ma per quanto stremato e debole anche per via della trasfusione, non era minimamente riuscito ad addormentarsi durante le due ore che era stato costretto a letto.
Per tutto il tempo, non aveva fatto che tenere gli occhi ben aperti puntandoli sull'amico, come se il solo distrarsi un momento avesse finito poi per impedirgli di vigilare attentamente su di lui.
Per questo adesso, e a ragione, era completamente distrutto.
"Cosa ti è saltato in mente, Genesis?" si chiese, tornando su di lui con lo sguardo, e appoggiando i gomiti delle mani unite sulle ginocchia "Pazzo esibizionista che non sei altro! È davvero così complicato per te lasciar correre, per una volta sola?"
Ma non riuscì neanche a finire la frase, che sul suo viso teso e scuro tornò a dipingersi un sorriso, perché alzando lo sguardo verso il rosso si accorse che finalmente questi aveva riaperto gli occhi. E, alzandosi per accorrere, si concesse sollevato un pensiero.
"Non saresti tu, se non fossi così ... maledettamente testardo!"

\\\

<< Dovrebbe svegliarsi tra qualche secondo ... puoi aspettarlo se vuoi. >>

Ancora immerso in quel mare nero, adesso le parole arrivarono sempre offuscate alle sue orecchie, annebbiate ancora da quel silenzio che tuttavia pian piano sembrava stesse illuminandosi via via sempre più intensamente.
Genesis Rhapsodos ancora non sapeva neppure di star combattendo contro la morte, anche se lo immaginava oramai visto che stava lottando con tutte le sue forze per continuare a nuotare senza lasciarsi trascinare via dalla forza della corrente.
Lo seppe solo quando infine, seguendo la luce che finalmente si lasciava avvicinare, riemerse dall'oceano oscuro in cui era piombato.
Riaprì piano gli occhi, e la prima cosa che vide fu il soffitto del laboratorio, e quella che udì fu il ticchettio metallico delle macchine e il sommerso sciabordare del liquido nei contenitori per il recupero.
Poi, infine, Angeal. Sopra di lui, ansioso come non lo era mai stato. Sorrise, sollevato. E si concesse di tornare a respirare.

-Come ti senti?- gli chiese, tirando un sospiro di sollievo.

Genesis si guardò intorno ancora per qualche secondo, scrutando tutto ciò che lo circondava con aria un po' smarrita, scoprendosi leggermente confuso e anche un po' intontito. Ora sì che la stanchezza era davvero l'ultimo dei suoi problemi, pensò ironico.
Poi, pian piano piccoli flashback iniziarono a riportargli alla mente il motivo per cui era finito lì.
E intenerito e confortato allora, dalla presenza dell'amico, sorrise e rispose, anche un po' strafottente.

-Mai stato meglio.- rispose, scoccandogli un occhiolino.

Angeal lo guardò ancora per qualche istante, contrariato e serio, ma subito dopo si sciolse in un sorriso rasserenato come quando erano piccoli, e lui (sempre il solito, Rhapsodos) era caduto da un dirupo alto solo un paio di metri e mezzo uscendone fortunatamente illeso, se non per qualche piccolo graffio.
Come allora, la risposta di Angeal fu un divertito e rasserenato.

-Sei sempre il solito.-

Seguito da un sorriso più allegro, e da una stretta di mano a cui subito dopo si aggrappò per rimettersi in piedi e, rimettendosi il soprabito sulle spalle, avviarsi con lui verso la loro stanza, sorretto dalle sue robuste braccia.
E così alla fine tutto si era risolto in bene, per fortuna.
Ma ... da quel giorno, Genesis Rhapsodos non sarebbe mai più tornato lo stesso di prima.

\\\Fine flashback\\\

 
   
 
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