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Autore: Andromeda Lair    12/02/2017    1 recensioni
Un cavaliere e una principessa.
Un cavaliere deve saper stare al suo posto, una principessa deve scegliere il proprio consorte.
Gli invitati sono tanti e pronti a sfoderare le loro armi per conquistare l'unica erede dei Toujo, Eli partecipa al ballo solo grazie al senso del dovere verso la sua famiglia. Nessuna delle due si spetta di trovare l'amore, nessuna delle due dimenticherà mai quella serata.
(NozoEli con un'appearance di NicoMaki) Medieval!AU
Genere: Fluff, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri | Personaggi: Eli Ayase, Maki Nishikino, Nico Yazawa, Nozomi Tojo, Umi Sonoda
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I passi leggeri di un paio di piedi coperti da stivali di pelle echeggiano tra le spesse mura delle sale di un castello, vuoto e silenzioso così presto al mattino. Aguzzando l'orecchio risuona anche il tintinnio cristallino di un mazzo di chiavi che cozza con l'elsa di una spada.

Quando i passi raggiungono il centro della sala più grande il suono cessa.

In un frusciare di tela e un leggero tintinnare metallico, una ragazza si inginocchia, la testa bassa in segno di rispetto. Davanti a lei, seduta su un trono di marmo incastonato di pietre preziose, vestita di bianco e illuminata vagamente dalla luce proveniente dalla finestra alle sue spalle, c'è una bellissima giovane donna.

Gli occhi verdi della regina osservano la fanciulla davanti a sé: i capelli biondi legati in una stretta coda le ricadono su una spalla, gli occhi azzurri come il cielo estivo sono rivolti al pavimento a mosaico, indossa una tunica corta di tela color avorio, pantaloni marroni dello stesso materiale e calzari di pelle chiara, consumati dall'uso. È così inusuale vederla con abiti così semplici, anziché la solita pesante armatura, che alle labbra della regina sfugge una risata leggera. Non è denigratoria, è anzi dolce, tinta di tenerezza, quella di chi conosce la propria amante.

La sua risata, pensa la ragazza inginocchiata alzando la testa, è come uno zefiro che soffia pacatamente nelle foreste tinte dello stesso verde degli occhi della donna che ama. 

La regina sorride e sulle labbra del cavaliere fiorisce un sorriso altrettanto bello. I capelli scuri che ondeggiano con ogni movimento, la ragazza si alza dal trono e posa delicatamente la corona intarsiata sulla seduta, per poi avvicinarsi all'altra per darle il bentornato. Il cavaliere biondo si alza e annuisce una volta, come a confermare qualcosa di cui solo loro due sono a conoscenza. Gli occhi di entrambe sono lucidi, pieni di sollievo e gratitudine per aver potuto mantenere la promessa di rivedersi ancora una volta. Sono consapevoli che un giorno potrebbero non vedersi più, ma quel giorno non è oggi.

Si abbracciano, non più regina e cavaliere, ma amanti.

Pur essendo da poco tornata da una spedizione il cavaliere si è preso il disturbo di lavarsi e indossare abiti puliti, e sotto l'odore leggero del sapone si distingue chiaramente il profumo di fiordalisi che la segue da sempre. Anche la regina profuma, profuma di rose appena colte, quelle che hanno i petali ancora coperti dalla rugiada del mattino. Entrambe sospirano, il cuore che prima batteva all'impazzata per l'attesa adesso è rasserenato dal calore dei loro corpi. Per un attimo sembra che nessuna delle due voglia lasciare la presa ed è come se potessero rimanere per sempre così, due amanti unite nell'eternità, entrambe fragili nelle braccia l'una dell'altra.

Poi la regina si scosta e per la prima volta dopo troppo tempo osserva quel volto che aveva il terrore di dimenticare: i suoi occhi sono lo stesso penetrante azzurro che l'ha incuriosita quando si sono incontrate per la prima volta, anni addietro, le labbra sono dello stesso morbido colore rosato, rimasto immune alla guerra. È lei, lo è davvero. L'unica differenza è data da un piccolo taglio sulla guancia destra. La ragazza dagli occhi verdi lo sfiora appena con la punta delle dita per poi coprirlo col palmo. Senza esitazione il cavaliere sovrappone la sua mano a quella della regina e vi posa delicatamente la guancia. Solo loro due e Dio sanno quanto hanno sentito l'assenza di quel contatto, delle mani e delle labbra l'una dell'altra. Si avvicinano piano, come per paura di rompersi e quando le loro labbra si sfiorano in un bacio è come se fossero di nuovo complete dopo tanto tempo.

***

La principessa sospirò davanti al riflesso che lo specchio le rimandava, così pieno di orpelli da dare il voltastomaco. Non aveva avuto da ridire sull'abito che sua madre aveva scelto per lei, né sulla tiara, ma il resto era semplicemente orrendo. Troppi gioielli, troppi ricami, troppi pendagli, soprattutto per lei che era una persona piuttosto pratica. Si guardò in viso, almeno quello era stato risparmiato dal pesante strato di trucco che le cortigiane avevano minacciato.

Sin da bambina le era stato detto quanto fosse bella, ma anche adesso, a diciassette anni compiuti, non credeva ad una sola di quelle parole, pronunciate dalle bocche ipocrite di chi desiderava ingraziarsi Sua Maestà. Non era bella, era solo una ragazza, che quella sera avrebbe dovuto scegliere il suo futuro marito.

Un rumore di passi svelti e una mano leggera che bussava alla sua porta erano il suo segnale per andare.

Venne scortata da una giovane cortigiana fino al balcone della sala da ballo, dove i suoi genitori erano già pronti per dare inizio alla festa. Si sedette alla sinistra di sua madre, lanciando un occhiata all'enorme sala gremita di pretendenti in armature fin troppo pesanti.

Ignorò completamente il discorso di suo padre rivolto ai "nobili giovani", che agli occhi della principessa sembravano più cani affamati pronti a saltarle addosso e, prima di scendere e ballare con chi glielo avesse chiesto, decise di osservare il comportamento di ognuno, in quell'ambiente che costringeva tutti a falsi sorrisi e ipocrisia.

Si guardò intorno con aria annoiata: un ragazzino di poco più giovane di lei in armatura bianca e rossa, biondo ed estremamente goffo era appena caduto addosso a quello che pareva un armadio munito di gambe in armatura nera; un uomo dai capelli castani sembrava conversare amabilmente con quello che appariva un suo coetaneo dall'armatura verde bosco. Tra la folla riconobbe anche alcuni dei bambini con cui era solita giocare da piccola e quasi tutti avevano intorno quell'aura di superiorità di chi sa di avere un vantaggio.

Poveri illusi.

Il pensiero di sposare uno degli invitati di quella sera non la entusiasmava affatto, quasi la disgustava. Essendo l'unica erede del casato dei Toujo sarebbe prima o poi stata costretta a sposarsi e diventare regina subordinata agli ordini di un re, perché, secondo suo padre, una donna è incapace di guidare e proteggere un regno da sola.

Nozomi la pensava in modo totalmente diverso e sosteneva di volersi sposare solo e soltanto quando avesse trovato il vero amore. Non le interessavano le ricchezze o il potere, men che meno lo status sociale, ma era costretta dagli obblighi che aveva verso i suoi genitori, la corte e il regno.

Si passò stancamente le mani sul viso, tentando di escogitare un modo per sfuggire alle grinfie di quel branco di bestie, quando la sua attenzione fu richiamata da delle voci concitate al piano di sotto. Buona parte degli invitati era riunita intorno al ragazzino goffo e al cavaliere in armatura nera che aveva notato prima. Entrambi erano in procinto di sguainare le proprie spade e la maggior parte della folla sembrava decisamente più eccitata che preoccupata.

Appunto. Bestie.

Stava quasi per andarsene, non volendo assistere ad un duello malamente improvvisato, quando, con la coda dell'occhio notò un cavaliere appoggiato ad una colonna vicino all'ingresso, le braccia incrociate sul petto, che fissava il tumulto con sguardo severo. Osservandolo bene era sì un cavaliere, ma era una ragazza. I capelli biondi erano legati in una coda alta e stretta e l'armatura sembrava più leggera e meno opulenta di quelle dei suoi compagni: stivali di pelle e pantaloni di tela scura, senza gambali, una tunica corta azzurro cielo in parte coperta da un pettorale di cuoio marrone, delle protezioni di acciaio lungo le braccia e una spada al fianco sinistro.

Era estremamente inusuale vedere un cavaliere femmina, ma ancora più inusuale era il fatto che fosse stata invitata. Nozomi aveva ben intuito che un marito sarebbe stato necessario per un futuro erede al trono e non riusciva a capire perché quella ragazza, sebbene di stirpe nobile, fosse ospite quella sera.

Mentre la osservava, la ragazza bionda alzò lo sguardo verso il balcone e i suoi occhi si posarono sulla principessa. Quegli occhi erano del più bell'azzurro che Nozomi avesse mai visto, profondi come l'oceano e limpidi come il cielo d'estate. Vedendoli, la principessa provò emozioni diverse e contrastanti e quando i loro sguardi si incrociarono fu come se fossero rimasti intrappolati l'uno nell'altro, azzurro e verde che si scrutavano a vicenda. Rimasero ferme ad osservarsi e ad analizzarsi reciprocamente per un tempo indefinito, finché Nozomi non distolse lo sguardo, un leggero rossore che le colorava le guance.

"Madre, posso farvi una domanda?" chiese la ragazza con un pizzico di esitazione nella voce.

"Certo cara, dimmi pure."

"Chi-chi è quel cavaliere?" disse accennando brevemente alla ragazza bionda, che era ritornata a concentrarsi sulla confusione causata dai due invitati.

"Ah, lei. Ayase Eli, figlia cadetto del casato degli Ayase. Sua sorella minore Alisa è stata promessa in sposa al principe di un regno vicino all'età di sei anni, quindi a lei non è rimasto che l'addestramento militare. Stasera è stata invitata solo nel nome di mantenere buoni rapporti con la sua famiglia, non prenderla in considerazione, sarebbe una pessima scelta per ben più di un motivo" spiegò la regina posando una mano sulla spalla della figlia.

"Ma è pur sempre di sangue nobile, giusto?"

"Giusto, ma il massimo a cui quella povera ragazza può aspirare è diventare capo delle guardie reali, dubito seriamente che verrebbe mai presa in considerazione come sposa. Poveretta" rispose scuotendo leggermente la testa, un pizzico pietà nella voce.

Con un cenno della testa la regina si congedò da sua figlia e si diresse verso la sala da ballo sottostante per intrattenere un po' di conversazione.

Nozomi posò le braccia sulla balaustra e poi vi posò la testa, sospirando amaramente. Le relazioni tra due persone dello stesso sesso non erano malviste nel regno, ma perché proprio lei, principessa e futura regina, doveva infatuarsi così di una donna? Sapeva che i suoi genitori avrebbero approvato chiunque avesse scelto, tranne che una ragazza, e sua madre lo aveva detto chiaramente.

Era difficile dire se quello che provava fosse amore o solo un inconscio atto di ribellione, ma quella ragazza, Eli, le aveva smosso qualcosa nel petto.

Scosse la testa e si avviò per le scale, rassegnata all'idea di dover passare una serata ad intrattenere conversazioni inerti e a ballare con manichini senza volto e senza importanza. Quanti di quei cavalieri erano attratti solo dal potere che il suo sangue si portava dietro? Quanti sarebbero stati pessimi, dispotici sovrani? A quanti sarebbe importato di lei? Non lo sapeva, ed era insieme triste e frustrante.

A volte si era ritrovata a pensare che forse sarebbe stato meglio nascere figlia di contadini o mercanti, sarebbe magari stata più libera e avrebbe vissuto per se stessa e non per il bene di un regno. La vita, se pur con le sue difficoltà, sarebbe stata più semplice.

Appena ebbe messo piede sul pavimento della sala, una miriade di uomini, i più spavaldi, le si presentò davanti invitandola a ballare, come se essere primi in quella situazione contasse davvero qualcosa. Tra questi notò il cavaliere dall'armatura nera che era stato uno dei contendenti della scaramuccia che un paggio aveva risolto prima che si arrivasse alle armi. Trattenne una smorfia di disgusto e si costrinse a sorridere, accettando la mano di quello che si presentò come Jean. Il suo nome era viscido quanto la persona che lo portava, scoprì Nozomi poco dopo. Era bello e probabilmente aveva numerose donne al suo seguito, ma era più affine ad una vipera che a un cavaliere e tentò più volte mosse indecenti. Appena la principessa decise che il tempo dedicatogli era abbastanza per non sembrare scortese, si staccò da lui e si costrinse a prendere un'altra mano di un altro cavaliere. Eppure le sembrava sempre di ballare con tutti e nessuno allo stesso tempo e ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva quelle penetranti pozze d'azzurro, quelle labbra rosee appena socchiuse e quel viso bellissimo dai tratti delicati incorniciato dalla chioma biondissima. 

Nel corso della serata l'aveva vista di sfuggita più di una volta, ma era sempre scomparsa dopo attimi troppo brevi. E alla fine pochi erano coloro che non le avevano chiesto un ballo, e tra questi c'era lei.

Nozomi era stanca e decise di fare una pausa. Si ritirò brevemente nelle sue stanze per togliersi qualsiasi orpello inutile di dosso, nonostante le sonore proteste di una cortigiana. Si tolse bracciali e pendagli e lasciò che il vestito bianco dal corpetto bordeaux rimanesse libero. Doveva ammettere che adesso si sentiva molto più leggera e pronta per fare ciò che aveva meditato fino a quel momento.

Dal balcone scrutò la sala e riconobbe subito la persona che stava cercando. Scese quindi con passo cauto le scale e si fermò vicino alla colonna a cui Eli era ancora una volta appoggiata.

Sentendo dei passi avvicinarsi, passi più leggeri di quelli di un uomo in armatura, la ragazza bionda spostò lo sguardo dalla finestra alla ragazza che le si era fermata vicino. Appena gli occhi le caddero sulle iridi verdi e sui capelli violacei che incorniciavano un viso sorridente, capì di chi si trattava.

Si inginocchiò prontamente, la testa abbassata, accompagnata dal tintinnio della spada sul pavimento a mosaico.

"Principessa, è un onore fare la vostra conoscenza" esclamò Eli in tono sicuro, tinto solo da un pizzico di imbarazzo.

In quel momento Nozomi si sentì percorrere da un brivido, come se la voce di Eli, calda e profonda, l'avesse abbracciata. Non aveva mai sentito una voce così bella in vita sua, e di voci ne aveva sentite parecchie.

Sorrise a se stessa con un pizzico di sicurezza in più.

"Alzate il viso cavaliere, poiché per me è altrettanto un piacere fare la vostra conoscenza" mormorò con gli occhi fissi alla figura davanti a sé.

Alzando lo sguardo e mettendosi in piedi, Eli si concesse di osservare per un attimo la principessa. Era bellissima nel suo abito bordato d'oro, il suo sorriso sarebbe stato capace di illuminare l'intera sala e i suoi occhi. Oh, i suoi occhi erano del più bel verde che Eli avesse mai visto, brillante e acceso di quella curiosità e malizia che sono solite dei bambini. Mai in vita sua aveva visto una ragazza più bella di lei.

Si scrutarono per attimi che parvero interminabili, i cuori di entrambe che battevano con una calma assordante. Poi Nozomi prese il coraggio a due mani e fece un respiro.

"Volete concedermi questo ballo, cavaliere?" chiese, la mano tesa in segno di invito.

Eli rimase interdetta e avvampò all'offerta. Era buona etichetta che fosse il cavaliere a chiedere un ballo alla dama, non viceversa.

Nozomi cercava di non darlo a vedere, ma era tesa come una corda di violino. Temeva davvero in un rifiuto e sentiva le ginocchia deboli.

"Ma, principessa, ecco… io…" balbettò Eli, trovandosi in difficoltà alla mancanza di una risposta coerente. Cosa doveva fare, accettare l'invito e ignorare l'etichetta, o rifiutare e rischiare la sua reputazione alla corte? Dubitava che la principessa fosse un tipo vendicativo, aveva spesso sentito storie della sua estrema gentilezza, ma non poteva esserne davvero sicura.

"Avanti" insistette lei. "Se qualcuno chiedesse spiegazioni potete sempre dire che siete stata voi ad invitarmi" disse con uno scintillio negli occhi.

A quello Eli non seppe resistere e capitolò, inchinandosi e prendendole con delicatezza la mano, apponendovi un bacio sul dorso.

"Sarei onorata di accettare il vostro invito, principessa" disse in un sussurro mentre le posava la mano sinistra sul fianco e prendeva la destra nella sua.

A quel contatto Nozomi sentì una scarica di elettricità attraversarla e il battito del suo cuore accelerare. Vedendola da vicino Eli risultava ancora più bella e le fiamme dei candelabri creavano giochi di luce che accentuavano le sue iridi azzurre.

Anche se Nozomi si era ritrovata ad odiare ogni singolo ballo di quella sera, questo aveva qualcosa di diverso, una scintilla in più che lo rendeva unico. Amava la sensazione di calore che si diffondeva dai punti in cui il corpo di Eli sfiorava il suo, amava l'odore di fiordalisi che era impresso sulla pelle della ragazza, amava la gentilezza con cui aveva intrecciato insieme le loro dita. Erano sensazioni nuove per entrambe, ma erano ciò che rendeva magico quel momento.

Mentre si guardavano negli occhi e volteggiavano per la sala a ritmo di musica, Nozomi avrebbe voluto che quel ballo non finisse mai. Erano così in sincronia che sembrava avessero danzato insieme da sempre, pur non essendosi mai incontrate prima. Erano intrappolate in una dimensione dove esistevano solo loro due e nessun altro, nessuno che potesse disturbarle, nessuno che potesse ostacolare quello che ad entrambe sembrava un amore in boccio.

Quando il ritmo della musica si fece più sostenuto Eli strinse istintivamente Nozomi a sé e la principessa sentì il cuore mancare un battito. Adesso erano così vicine che avrebbe potuto posare la testa sulla spalla del cavaliere. Lo fece, chiudendo gli occhi e godendosi il calore della pelle che passava attraverso la morbida stoffa della tunica.

A quel contatto Eli si irrigidì, presa alla sprovvista dalla confidenza che la principessa le stava concedendo, ma non fece nulla per far cambiare posizione alla ragazza. Chiuse un attimo gli occhi, assaporando l'aroma di rose che Nozomi aveva sulla pelle.

Quando la musica si fermò nessuna delle due dava segni di volersi muovere. Erano vicinissime, più di quanto fosse buona creanza, ma non importava, non in quel momento. Si erano fermate in mezzo alla sala, abbracciate, ascoltando i battiti del cuore l'una dell'altra. 

Alla fine Nozomi fu la prima a muoversi, sciogliendo il loro abbraccio e facendo un passo indietro. Con un piccolo inchino ringraziò per il ballo ed Eli fu svelta ad imitarla.

"Vi ringrazio, Eli."

Gli occhi di Eli si fecero grandi di stupore quando sentì pronunciare il proprio nome.

"P-Principessa, come... Come sapete il mio nome?"

Lei ridacchiò appena e un sorriso dolce le increspò le labbra.

"Come potrei non conoscerlo?"

Eli non seppe dire nulla, ma non servì. Nozomi si inchinò di nuovo e la guardò negli occhi.

«Fino alla prossima volta cavaliere, grazie» disse in una voce cortese che sembrava nascondere qualcosa.

Eli la guardò andare via, diretta verso un'altra parte della sala, completamente destabilizzata da quello che era appena accaduto. Non riusciva a sentire altro che il battito frenetico del suo cuore. Era così che ci si sentiva quando si era innamorati? Non lo sapeva, ma sapeva che era una sensazione bellissima.

Si riscosse e decise di conversare con gli altri invitati, ora che il suo umore era decisamente migliorato.

Era arrivata a palazzo senza un briciolo di gioia di vivere, costretta ad impersonare la parte della pretendente. Da quando sua madre le aveva dato notizia del ballo reale Eli aveva avuto un brutto presentimento, che era diventato realtà quando le era stato annunciato il suo obbligo di presenza "in nome dei buoni rapporti con i Toujo". Non le interessava minimamente, non tanto per l'evento in sé - che rimaneva comunque un'esperienza stancante - quanto per la palese inutilità del suo essere lì. Sarebbe stata una stupida a pensare di essere considerata come sposa, le relazioni con individui dello stesso sesso erano proibite ai discendenti reali, e per ovvi motivi. Aveva ritenuto uno spreco di tempo recarsi là e dovervi passare una serata.

Ma poi aveva incontrato gli occhi di quella bellissima fanciulla che altri non poteva essere che la principessa.

Nel corso della sua vita aveva sentito di quanto bella fosse, di quanto fosse posata e gentile, di quanto fosse l'erede perfetta; quando si allenava all'accademia militare era l'unica cosa di cui si parlava continuamente.

E quella sera aveva scoperto che tutte le voci che la lodavano erano vere e anche di più.

All'inizio fu difficile intavolare una conversazione perché alcuni invitati continuavano a ignorarla, ma si trovò più a sua agio quando trovò una sua vecchia compagna di accademia, la figlia del casato dei Sonoda. Molti si lamentavano della bellezza sprecata dei cavalieri donna, ma a nessuna delle dirette interessate importava davvero. Ognuna di loro aveva le proprie valide ragioni e nessuno aveva il diritto di intromettersi nelle loro decisioni.

Fin da piccola Eli aveva capito che non era fatta per essere la "damigella in pericolo", i corsetti e le scarpette di seta non erano per lei, come non lo erano bracciali e pendenti, non voleva dover essere protetta da qualcuno e così aveva deciso di proteggersi da sola.

La sua situazione era abbastanza anomala, perché solitamente erano i secondogeniti ad essere cadetti. Lei invece aveva una sorella minore con cui si era scambiata i ruoli. La cosa aveva creato un certo scompiglio tra parenti e servitori, le sue azioni sarebbero state più sensate de fosse stata figlia unica come Umi, ma lei non aveva ammesso repliche. Così aveva intrapreso l'addestramento militare, sentendosi molto più a suo agio in un paio di pantaloni di tela che in un vestito intarsiato. Non si era pentita delle proprie scelte e non l'avrebbe mai fatto. Anche se era costretta a guardare da lontano qualcosa che non avrebbe potuto dichiarare suo, così sarebbe potuta esservi più vicina.

Mentre parlava con uno dei cavalieri più anziani si sentì osservata. Voltandosi incontrò di nuovo gli occhi smeraldo della principessa, che ballava con ancora un altro uomo. Nozomi sorrise, consapevole di essere stata scoperta, e continuò a guardare la ragazza bionda. Non lo stava facendo con intento malizioso, non poteva fare altro che guardarla, come se fosse l'unica persona nell'intera sala.

Eli rimase pietrificata dall'intensità di quello sguardo, incapace di decifrarlo. E dopo quel momento si ritrovò più volte ad essere osservata o a vedere la figura della principessa muoversi tra la folla, come se la stesse invitando a seguirla.

Eli moriva dal desiderio di avvicinarla di nuovo, ma aveva paura. La sua utilità come consorte era pari a zero, Nozomi avrebbe avuto tutto il diritto di non degnarla di uno sguardo. Eppure continuava a giocare con lei, che come una stupida le andava dietro.

Quando la principessa si avviò sulle scale e si voltò a guardare Eli negli occhi, quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Senza pensarci e seguendo solo l'istinto, Eli si fece strada tra la folla per seguirla. Ma quando arrivò in cima alla scalinata non c'era nessuno. Forse si era immaginata tutto, forse il suo cervello le stava solo giocando dei brutti scherzi. Probabilmente era stato tutto una sua fantasia. 

Nel momento in cui si voltò per tornare indietro, però, capelli violacei fecero capolino da un angolo del corridoio per poi sparire un attimo dopo. Con rinnovata convinzione Eli la seguì, riuscendo però solo a cogliere piccoli indizi sulla ragazza che stava cercando: l'orlo bordato d'oro, una ciocca di capelli, uno sprazzo di verde smeraldo. Sembrava essere sempre un passo avanti a lei, come se sapesse prevedere le sue mosse.

Si trovò a vagare per un'ala del castello di cui ignorava persino l'esistenza, e la sua estenuante ricerca fu premiata quando giunse in un corridoio la cui parete esterna era completamente fatta di vetro. Dava sul cortile interno della reggia, adornato da siepi perfettamente potate e alberi con chiome altrettanto minuziosamente curate. Una fontana stava al centro di una composizione simmetrica su quattro lati, marchiata da sentieri di terra battuta che conducevano alle parti più remote del giardino, come il frutteto e limonaia.

Nel corridoio dal pavimento di pietra grigia rivestito di velluto rosso, in piedi davanti alla finestra con le mani dietro la schiena, c'era la principessa. Era bella, ora più che mai, altera e composta, illuminata dalla luce della luna piena che, attraversando la stoffa del suo vestito, faceva intuire le forme morbide che l'abito nascondeva. Eli arrossì e rimase dov'era temendo di commettere un errore di troppo. 

"E così mi avete seguita davvero cavaliere."

Eli sussultò a quella voce priva di intonazioni particolari e abbassò istintivamente il capo, pur sapendo che non era osservata neanche dalla sua interlocutrice.

"P-Principessa i-io non intendevo mancarvi di rispetto in nessun modo, desideravo solo-"

"Non allarmatevi Eli, non è niente di cui possiate essere rimproverata" disse la principessa finalmente rivolgendo il suo sguardo verso la ragazza bionda e lasciandosi andare in un piccolo sorriso. "Tutt'altro, ammiro la vostra costanza nel seguire i mie capricci. Mi domandavo se l'avreste davvero fatto."

"Se potete scusare la mia impertinenza Vostra Altezza, perché non avrei dovuto?" Eli pronunciò quelle parole con voce velata di esitazione. Dopotutto stava parlando con la futura regina e l'essere da sola con lei la metteva in soggezione, senza la folla degli invitati a proteggerla. 

Nozomi non rispose, ma si voltò di nuovo verso la vetrata ad osservare il giardino con occhi distanti.

"Secondo voi si è mai perso qualcuno nel labirinto di questo castello?" chiese senza muoversi. La luce azzurrina che la luna le dipingeva sul volto la rendeva ancora più bella.

Eli prese un respiro, ancora una volta presa alla sprovvista da quella ragazza così particolare.

"Non ne ho idea, Vostra Altezza, mi dispiace."

"Non scusatevi cavaliere e smettetela con questi formalismi. Vostra Altezza è un titolo troppo importante, non lo merito" rispose Nozomi con un sospiro quasi amareggiato e lo sguardo al pavimento.

"Ciò che dite non è vero, principessa! Voi siete la giovane luce che ci guida, il nostro popolo vi ama, non c'è uomo, donna o bambino nel regno che non attenda con ansia di vedervi sul trono che adesso occupa la vostra onorabilissima madre" esclamò il cavaliere biondo, solo per pentirsene poco dopo.

"Siete tutti così voi cavalieri. Quando vi mettete in testa qualcosa diventate improvvisamente inamovibili. A volte vi invidio, sempre così sicuri del vostro obbiettivo, instancabili e fedeli, guidati sulla strada che avete davanti a voi da una moralità ferrea. Tutto questo è per me motivo di grande ammirazione nei vostri confronti" disse la principessa avvicinandosi di qualche passo alla sua interlocutrice, un sorriso dolce ad incresparle le labbra. I suoi occhi nascondevano così tanto. Quando Eli tentò di trovare parole adatte per rispondere a quelle lusinghiere affermazioni fu interrotta di nuovo dalla voce cristallina di Nozomi.

"Ma tornando alla mia domanda originale, cosa ne pensate?"

Eli non parlò, scosse solamente il capo ad enfatizzare la sua precedente risposta.

La principessa sorrise e scosse anche lei la testa, gli occhi spostati verso la finestra. 

"Io" disse in un sussurro. "Io mi sono persa in quel labirinto quando avevo sei anni. Mi sembrava così bello ed ero così attratta da quelle rose... Camminai fino a perdermi, piansi tanto da addormentarmi vicino a dei fiordalisi. Quando mi vennero a prendere ero immensamente sollevata ed è da quando ho otto anni che conosco a memoria l'intera pianta del giardino."

Perché, si domandò Eli, le stava raccontando tutto questo? A che gioco stava giocando la principessa?

Nozomi si voltò verso di lei e chiuse la distanza che c'era tra loro in un passo, fino a trovarsi faccia a faccia con l'altra.

"Gli uomini sbagliano, a volte si perdono" sussurrò a qualche millimetro dal viso di Eli, le guance appena rosate e gli occhi accesi di scintille. "Io mi sono persa di nuovo in un labirinto ed ho bisogno che qualcuno venga a riprendermi."

Il cavaliere sentì improvvisamente una mano scivolarle dal collo alla nuca e le labbra della principessa venire a contatto con le sue in un gesto delicato. Ecco, così. Era esattamente così che entrambe avrebbero voluto rimanere per l'eternità, senza niente, senza nessuno, insieme. Sembrava essere un sentimento ricorrente.

Istintivamente Eli cercò la mano di Nozomi per intrecciare le loro dita, spinta dal prepotente desiderio di esserle più vicina possibile.

Come se avesse una fiamma nel petto che non si sarebbe spenta neanche con tutta l'acqua del mondo, la principessa non riusciva a staccarsi da lei, è più il bacio si protraeva più desiderava baciarla ancora. Nozomi sentì una mano posarsi sul suo fianco e quando Eli le passò la lingua sulle labbra, come a chiedere il permesso, il cuore cominciò a batterle ancora più forte.

Da casto che era il loro bacio era diventato pesante, passionale, mozzafiato e neanche colei che l'aveva iniziato se ne capacitava.

Eppure entrambe avevano la sensazione che dovesse essere così, che in quel momento tutto fosse al posto giusto.

Quando si separarono fu solo per la necessità di riprendere fiato, le loro mani ancora intrecciate. Guance rosse, labbra socchiuse e pupille dilatate erano ciò che rimaneva della passione che avevano condiviso attimi prima. Si fissavano a vicenda, incapaci di fare altro, tentando di capire cosa esattamente fosse successo.

Nozomi si bagnò le labbra prima di stringere la presa sulla mano di Eli e condurla con passo sicuro attraverso corridoi semi bui. Senza una parola aprì una delle tante porte e se la richiuse alle spalle non appena furono all'interno.

La principessa sentiva il cuore martellarle in petto e il sangue ruggirle nelle orecchie e non si fidava della sua voce, ma quando provò a parlare fu zittita con un altro bacio.

Ormai avevano entrambe perso persino la consapevolezza di se stesse e rimaneva solo il calore del contatto delle loro labbra. Eli sapeva, in una remota perte di sé, che se ne sarebbe pentita e che la passione del momento avrebbe presto lasciato posto ad un rimorso altrettanto bruciante, ma non le importava. Il suo cuore aveva rinunciato ad avere un ritmo regolare e le stava battendo in petto come se volesse sfondarle la cassa toracica.

Cinse la vita di Nozomi e fece in modo che la schiena della ragazza toccasse il muro, mentre con l'altro braccio sostenne il proprio peso. Le mani della principessa erano aggrappate alla sua tunica come se fosse l'ultima ancora di salvezza, nel tentativo di tirarla a sé.

Intanto l'aria attorno a loro si stava facendo sempre più calda e pesante, riempita completamente dal calore dei loro corpi premuti insieme.

Le loro labbra si muovevano, le lingue si intrecciavano in una danza sconosciuta eppure familiare, entrambe avvolte da una fiamma rovente che non voleva lasciarle andare.

Quando la mano del cavaliere si spostò avvicinandosi al suo centro, la principessa fu incapace di impedire ad un gemito di sfuggirle alle labbra. La ragazza bionda si ritrasse, il fiato pesante e le guance purpuree.

"P-perdonatemi principes-"

Stava cominciando a pentirsi delle proprie azioni, anche se il suono che l'altra aveva emesso l'aveva lasciata fisicamente... influenzata, ma fu interrotta proprio dalla persona a cui temeva di fare un torto.

La principessa cinse con le braccia le spalle di Eli e la riportò il più vicino possibile a sé. Era terribilmente consapevole del proprio corpo e di ciò che la circondava, ma allo stesso tempo aveva perso il contatto con la realtà.

"Continua" disse in un soffio, tremando sotto il tocco di mani che le parevano così familiari.

Eli sentiva con estrema chiarezza il fiato caldo della ragazza sul collo, il suo petto che si alzava e abbassava frenetico premuto contro il proprio. A quel comando pronunciato in un sussurro una scarica di piacere la percorse dalla nuca alla punta dei piedi, lasciandole la testa leggera e le ginocchia deboli.

Senza minimamente pensare alle possibili conseguenze delle sue azioni prese in braccio l'altra ragazza e la portò fino al letto a baldacchino che si trovava al centro della stanza. Quando la adagiò delicatamente sulle lenzuola di raso non esitò ad abbassarsi a posarle un bacio sul collo, sentendo il sangue scorrere sotto il sottile strato di pelle.

Nozomi rimase senza fiato a quel contatto inaspettato, ma non le fu dato il tempo di riprendersi, le labbra dell'altra che già scivolavano lungo il bordo del vestito, sfiorandole le clavicole, per poi risalire ed arrivare di nuovo alle labbra.

Eli non aveva mai fatto niente del genere, si sentiva come se qualcosa di primordiale avesse preso possesso di lei, una bestia affamata che chiedeva a squarciagola di essere nutrita.

Con mano insicura cominciò a slacciare la parte anteriore del vestito della principessa, lasciando che questa ricambiasse togliendole il pettorale e le protezioni che aveva sulle braccia. Passandole una mano sul fianco, Nozomi raggiunse la cintura a cui era legato il fodero della spada, lasciando che anche questa cadesse tintinnando a terra.

Quando la ragazza dai capelli scuri decise di prendere il controllo della situazione, il suo abito era stato in buona parte privato del sostegno che i lacci intrecciati d'oro fornivano alla stoffa, lasciandole le spalle e il seno scoperti. 

Non sapendo nemmeno come fosse successo Eli si ritrovò senza casacca, con la schiena premuta contro la stoffa delle lenzuola.

Da lì tutto divenne un insieme di sensazioni inscindibili: il calore dei loro corpi premuti insieme, pelle contro pelle, senza nessuna barriera a dividerle, i respiri affannosi che si trasformavano in gemiti e riempivano la stanza, mani intrecciate, labbra a contatto, sudore, tocchi delicati e la pelle marchiata da segni rossi. Entrambe tentavano di perdersi nell'altra con smania febbrile, come a prendere tutto ciò che quel momento poteva offrire, entrambe si ritrovarono più volte a tremare, avvinghiate alla propria amante come se ne andasse della loro vita, sotto il tocco di mani delicate che non avrebbero mai pensato di poter sfiorare.

Quando furono troppo stanche per qualsiasi cosa si accoccolarono sotto le coperte, incuranti dei vestiti sparsi sul pavimento, e assaporarono la gentilezza dei gesti che si scambiavano, intervallati da sorrisi timidi.

Avevano appena fatto qualcosa che era considerato disdicevole ed inconveniente per un erede reale, che se scoperto avrebbe potuto creare non pochi problemi. Ed Eli purtroppo ne era dolorosamente consapevole. Per quanto avesse amato e amasse tutt'ora quel loro incontro, si rendeva conto che non sarebbe dovuta essere lei a giacere con la principessa, ma un uomo, qualcuno che potesse darle un erede.

"Principessa-" cominciò Eli, ma fu interrotta da una mano posata sull'avambraccio che trascinò la sua carezza fino al polso.

Rossa in viso e con gli occhi velati - Eli non sapeva se già di sonno o ancora di piacere - la principessa sorrise timidamente.

"Nozomi" disse in un soffio. "Chiamami Nozomi, ti prego."

Eli non badò neanche al fatto che l'altra le avesse dato del tu, abbassò lo sguardo e cercò la mano della principessa per stringerla nella propria.

"N-Nozomi, ti chiedo di perdonarmi." Prese un respiro tremolante. "Sono stata avventata e ho fatto qualcosa di terribilmente pericoloso per te, la futura regina, e non me lo posso perdonare" disse con voce secca. Non sapeva se sarebbe riuscita a pronuncia le parole seguenti, perché il cuore le doleva al solo pensiero e la sua lingua sembrava non voler collaborare.

"Devi trovare un uomo con cui tu possa essere felice e avere dei figli, devi dimenticarti di stanotte."

'Devi', perché per lei sarebbe stato impossibile, non importava quanto tentasse. Quella notte le sarebbe rimasta per sempre marchiata a fuoco dietro le palpebre e quelle sensazioni sarebbero rimaste come il ricordo di un sogno.

La principessa sospirò e scosse la testa, le labbra piegare in un sorriso triste.

"Come potrei? Come posso dimenticarmi di quello che abbiamo fatto? Perché vuoi questo?" sussurrò posando la mano sulla guancia di Eli. "Non dovresti essere più cauta nel dare ordini ad una futura regina?"

Quel pizzico di sarcasmo non era sfuggito ad Eli, che decise di ignorarlo in favore di spostare la mano che aveva sulla guancia. La prese con la delicatezza che si potrebbe usare con un fiore appena colto e ancora perfetto e la riportò in mezzo a loro.

La ragazza bionda, allo sguardo interrogativo dell'altra, poté solo rispondere scuotendo la testa, gli occhi velati di lacrime e la voce che si rifiutava di uscire.

"Non puoi essere felice con me" singhiozzò portandosi un braccio sugli occhi, mentre le lacrime cominciavano a bagnarle le guance.

Nozomi, sentendo l'altra tremare, rise appena, piangendo, e si avvicinò finché non furono di nuovo abbracciate. Eppure anche adesso, lo spazio tra di loro sembrava un abisso.

"Perché? Perché non dovrei essere felice con te?"

Eli non la guardò, non si mosse, rispose solo con un filo di voce quasi impercettibile.

"Siamo uguali."

Per un attimo Nozomi rimase confusa, poi capì quando il suo sguardo scivolò sul contorno della figura nuda dell'altra. Era vero, erano uguali, se non per piccoli particolari. Erano ognuna la propria persona, ma i loro corpi erano tanto simili da essere quasi lo stesso. Sotto l'armatura anche lei, anche Eli, nascondeva un corpo di donna.

Nozomi si strinse al petto dell'altra, tentando di ostentare una sicurezza che non aveva, ma era più che convinta delle parole che voleva pronunciare.

"Non m'importa se siamo uguali, non m'importa di quello che gli altri diranno. Io non voglio stare con un uomo" disse reprimendo un singhiozzo. "Io voglio stare con te, perché mi piaci tu, tu e nessun altro."

Chiuse gli occhi e ascoltò il respiro di Eli per un attimo. 

"Credo di amarti."

Era stato solo un sussurro flebile, il cavaliere pensava quasi che fosse frutto della sua immaginazione, ma fu certa nel momento in cui le loro labbra si incontrarono in un bacio struggente che sapeva di lacrime. Era gentile, insicuro e prometteva un futuro incerto e all'oscuro dal resto del mondo, ma in quel momento sembrava la cosa migliore che potesse accadere.

Piansero insieme, una con la paura di non essere abbastanza, l'altra spaventata dalle conseguenze di un gesto così irrazionale. Sarebbero state costrette a nascondersi dalla luce del sole, ma andava bene ad entrambe se significava poter essere l'una dell'altra al riparo da occhi indiscreti, anche se per pochi attimi.

Rimasero abbracciate per quello che sembrò un tempo infinito, semplicemente ascoltando il ritmo del respiro e il battito del cuore.

Eli fu la prima a rompere il silenzio, sussurrando appena tra i capelli di Nozomi.

"Perché secondo te? Come mai è successo tutto questo?"

Nozomi si scostò quanto bastava per guardare la sua amante negli occhi e la osservò con sguardo interrogativo, due piccole rughette in mezzo alla fronte ad indicare che non aveva capito. Eli sorrise a quell'espressione così infantile, soprattutto dopo tutto quello che era successo durante quella notte.

"Voglio dire" ricominciò scostando una ciocca di capelli violacei dal viso della principessa. "Perché secondo te ci siamo incontrate e siamo finite... Beh, così? Secondo te c'è una ragione dietro tutto questo?"

Nozomi si fermò un attimo a pensare e decise che no, non c'era una ragione, che era semplicemente stato un fortunato caso del destino. 

"Non lo so," ammise sorridendo. "Ma non sempre l'amore deve avere una spiegazione."

"Già forse hai ragione" rispose l'altra arrossendo e posandole un bacio sulla fronte.

Quando pochi minuti dopo Nozomi si addormentò abbracciata ad Eli, questa la guardò per un attimo, con lo stesso sguardo con cui si osserverebbe l'opera d'arte più bella del mondo. Sorrise tra sé e sé, dandosi della stupida per non averlo capito prima, e sussurrò poche parole alla stanza buia.

"Ti amo anch'io, Nozomi."

***

È una di quelle mattine limpide, in cui l'aria fresca punge la pelle e il sole al mattino presto sembra far fatica a sorgere.

Eli è in piedi davanti alla grande vetrata ai piedi del letto, e osserva il balcone senza avere il coraggio di uscire, poco vestita com'è. Potrebbe sempre rimettersi l'uniforme, ma non vuole svegliare la giovane donna che dorme serena sotto le lenzuola di raso.

I capelli violacei sono sparsi tutt'intorno al suo capo, quasi ad emulare la corona che in questo momento non indossa, le guance rosate e le labbra socchiuse, mentre il suo petto si alza e si abbassa con ritmo regolare. A vederla così, indifesa e innocente, sembra una bambina e non la regina che in realtà è.

Così giovane con così tante responsabilità verso un regno che ripone in lei tutta la sua fiducia. Ed Eli ammira quella forza d'animo che non smette mai di sorprenderla da quando si sono incontrate.

Il coraggio di mentire ad un re e di affermare con volto calmo che avrebbe rivelato il proprio consorte solo al compimento dei ventun’anni, alla maggiore età, la forza con cui sopportava di vedere la propria amante di nascosto dopo lunghi intervalli di tempo in cui non si erano neanche potute guardare negli occhi, il modo in cui aveva sopportato il dolore di perdere entrambi i genitori per un attentato in cui era rimasta coinvolta personalmente. Adesso a ventitré anni governa su un trono che le sta troppo stretto e porta con sé il peso di tutti quegli ordini che, volente o nolente, è stata costretta a dare.

Spesso la notte, quando sono insieme, Eli la sente piangere nel sonno e la stringe a sé per calmarla, ma è difficile che i suoi incubi l'abbandonino. 

Anche Eli ha i suoi demoni, è per quello che è sveglia. A volte è capitato che Nozomi la consolasse, ma i fantasmi delle persone a cui ha tolto la vita non se ne andranno, non per parecchio tempo.

Eli sospira. Sono giovani, ma la vita non è stata clemente con loro, soprattutto con Nozomi.

Quando sente le coperte frusciare il cavaliere sa che la regina si sta svegliando, e si avvicina al letto con passo felpato, sedendosi sul bordo accanto a lei.

"Ben svegliata" sussurra con un sorriso sulle labbra.

La risposta della ragazza è uno sbadiglio e un sorriso assonnato. Ancora non ha aperto gli occhi e si rannicchia ancora di più sotto le lenzuola.

"Che ore sono?" biascica con la faccia semi sepolta nel cuscino.

"È quasi scoccata l'ottava" risponde Eli aspettando quel gesto che non viene mai a mancare se hanno passato la notte insieme.

Nozomi borbotta qualcosa in segno di assenso, poi si volta e tende le braccia verso Eli. Non c'è bisogno di parole perché questa capisca e, con un movimento fluido, salga sul letto per abbracciarla.

"Scusami, non volevo svegliarti" mormora Eli nei capelli dell'altra.

"Mh-mh" scuote la testa Nozomi, respirando l'odore di fiordalisi. "Non l'hai fatto. Da quanto sei in piedi?"

"Due ore credo, minuto più minuto meno."

"Che ci facevi alzata così presto?" Nel suo tono di voce si distingue perfettamente la sua perplessità.

"Niente, pensavo" sussurra l'altra.

"Ancora quegli incubi?"

Eli rimane in silenzio, ad ascoltare il battito forte e regolare del cuore di Nozomi.

"Anche."

La regina si sposta, mettendosi a sedere incurante della propria nudità, e prende in mano il viso del cavaliere.

"So che non serve, ma quegli incubi non sono reali, Eli. Nessuno ti dà la colpa per quello che è successo."

"Ma lo sembrano. Ogni volta penso che forse, se fossi morta-"

"Fermati. Non... Ti prego non dire altro" la interrompe Nozomi scuotendo la testa.

La guarda e passa il pollice su quella che ormai è una piccola linea rosata sulla guancia di Eli. Conosce quel corpo a memoria e allo stesso modo ne conosce le cicatrici.

Senza una parola, sotto gli occhi indagatori del cavaliere, la regina le fa scivolare la casacca dalle spalle e la stringe a sé, sfiorando con la punta delle dita tutti quei segni bianchi che non può raggiungere con le labbra.

Una all'attaccatura del collo, una su una spalla, quelle innumerevoli sulle braccia, una in mezzo al petto e quelle sul busto, una sul lato della gamba sinistra. Per la lunghezza di ogni linea Nozomi lascia altrettanti baci e le sfiora come se fossero oggetti preziosi. Poi passa una mano sulla schiena dell'altra cercando la cicatrice più grande, in mezzo alle scapole.

"Se non fosse stato per te io non sarei qui adesso" sussurra ad Eli posandole la fronte su una spalla. "Quella volta hai fatto il tuo dovere senza pensare a te stessa, e non sarò mai grata per la tua avventatezza quanto lo sono adesso."

Nel momento in cui Nozomi le lascia un bacio sul collo, Eli sa che non c'è desiderio in quei gesti, non c'è passione, ma malinconia, amore, paura, la costante paura di perdersi. E ricambia baciando la cicatrice che corre dal punto in cui le clavicole si incontrano fino in mezzo al seno della regina.

Due cicatrici speculari inflitte ad entrambe lo stesso giorno.

"Avrei tentato di salvarti anche a costo della vita, lo rifarei se fosse necessario" sussurra la ragazza bionda abbracciandola.

Rimangono lì, a consolarsi, rivivendo i ricordi bui di un giorno da dimenticare. Non dicono nulla, non si guardano, immobili come se il tempo fosse andato a ritroso fino a due anni prima.

D'improvviso Nozomi spezza il silenzio con voce sicura, velata di rimorso.

"Diventa regina" dice. "Diventa regina al mio fianco."

Ad Eli serve qualche momento per comprendere esattamente cosa Nozomi le sta chiedendo.

"Non posso."

"Certo che puoi. Sposiamoci e, se è un erede che ti preoccupa, adotteremo un bambino. Voglio avere la possibilità di proteggerti anch'io" ribatte Nozomi, un velo di disperazione nella voce.

Eli si scosta per guardarla negli occhi, ammirando per un attimo quelle iridi verdi.

"Sai bene che sono a capo della Guardia Reale, non posso abbandonare la mia posizione" sospira chiudendo un attimo gli occhi. "E poi come pensi che reagirebbe la gente? Se non... Se non fosse successo quel che è successo, non avremmo mai potuto parlare così. Lo sai."

C'è una certa autorità nella sua voce, mischiata ad una buona dose di senso di sconfitta.

"Te lo dissi anni fa e lo ripeto adesso: non m'interessa ciò che dicono gli altri" ribatte l'altra con una ferrea determinazione nello sguardo. "E poi potresti sempre mettere la figlia dei Sonoda al tuo posto."

"Nozomi, sei una regina! Un regnante dipende dal proprio regno! Se ci sposassimo, perderesti tutto il supporto che hai adesso, e non è qualcosa che posso permettere" esclama Eli guardando la sua amante fissa negli occhi. "È per il tuo bene e non posso lasciare a lei quella posizione, Umi è troppo giovane, è un compito troppo pericoloso."

"Allora perché devi lasciarlo a te stessa!?" sbraita Nozomi sull'orlo delle lacrime. "L'esercito intero ti segue come un cagnolino ammaestrato e ogni militare di questo Paese pende dalle tue labbra, cosa ti fa pensare che il popolo non faccia lo stesso!? Ti ho vista tornare dalla guerra tre giorni fa, ma ho passato settimane col terrore che a varcare quella soglia sarebbe stato il tuo cadavere! Hai idea di come mi senta quando parti!? Ogni volta vorrei poterti proteggere, ma da qui non posso fare niente se non aspettare! Non voglio che tu metta in pericolo la tua vita per la mia, non voglio rivivere il giorno della morte dei miei genitori Eli! Voglio avere la sicurezza che rimarrai al mio fianco, sana e salva!"

Quando Nozomi ha finito di parlare le lacrime le scorrono copiose lungo le guance ed Eli non può fare a meno di stringerla forte a sé. Sente il corpo di Nozomi scosso dai singhiozzi, ognuno di essi come un terremoto che minaccia di spezzarla in due.

Fa male, fa male vederla così e fa male sapere che è lei la causa del suo dolore. Una parte di lei è convinta che dovrebbe dare retta alla regina e diventare regnante al suo fianco. Ma quanto è più facile abbaiare ordini nel marasma della battaglia senza bisogno di pensare ma soltanto di fare, quanto è più facile uccidere armature senza volto e ignorare la loro natura umana. Una regina non può farlo, un soldato sì.

"Sei l'unica cosa che ho."

Nozomi l'ha detto con un filo di voce in mezzo ai singhiozzi, la rabbia di prima scomparsa. Entrambe, nello stesso istante, comprendono la profonda verità di quelle parole. Eli ha dei genitori, una sorella, un nipote, Nozomi no.

Nozomi ha delle cameriere, degli attendenti, delle cortigiane. Circondata da persone, ma sorprendentemente sola.

"Nozomi io... Mi dispiace io ho bisogno di- mi dispiace."

Sono parole frettolose, accompagnate da un bacio sui capelli della regina. La ragazza bionda afferra i propri vestiti, se li rimette in fretta, senza curarsi dei dettagli, ed esce dalla stanza, lasciando la regina piegata in due a piangere. 

Nozomi abbraccia se stessa conficcandosi le unghie nella pelle, quasi come se il dolore fisico potesse distrarla da quello che sta accadendo nella sua testa. Ed Eli è fuori dalla porta, accasciata contro il legno, che trema ad ogni suo singhiozzo, capace solo di provare disgusto per la propria codardia.

Non sa quanto tempo sia passato quando si alza, sa solo che nessuno ha tentato di entrare. Né di uscire. Con un sospiro tremolante si passa una mano tra i capelli, la gola che brucia a respirare l'odore di Nozomi che le è rimasto sulla pelle.

Si incammina verso le proprie stanze, dimentica di quanto queste siano vicine all'armeria.

Al suono di passi strascicati una ragazza dai capelli rossi alza la testa dalla spada che stava lucidando, solo per veder passare la ragazza bionda davanti all'apertura della porta.

"Generale Ayase?"

C'è stupore nella sua voce, un pizzico di riverenza.

"State bene?"

"Sempre a preoccuparvi per gli altri, eh Nishikino?" chiede Eli sorridendo appena. È raro vederla al castello, e la sua presenza può solo essere segno della presenza di una certa contessa.

"Se il mio comandante ha una così brutta cera come posso non farlo?" risponde l'altra con un sorriso uguale.

Un sospiro. "Sto bene, davvero. Sono solo stanca, dopo lo scontro sul pianoro nessuno ha una bella cera."

"Se lo dite voi. Avete bisogno di una lucidatura alla spada?"

"Sono costretta a declinare la vostra gentile offerta, le braccia di Morfeo sono un rifugio fin troppo dolce in questo momento" risponde Eli col solito sorriso.

Quando fa per andarsene la ragazza la ferma.

"Eli?"

Si conoscono, forse non tanto da darsi del tu, ma il generale non la redarguisce.

"Parlale dopo la dodicesima, quando Nico se ne sarà andata."

C'è preoccupazione nei suoi occhi viola e gratitudine nelle iridi azzurre di Eli. Si salutano con un cenno della testa e il suono di passi strascicati ricomincia, accompagnato dallo stridore della pietra sul metallo.

Intanto una ragazza dai capelli neri è ferma davanti alla porta delle stanze reali.

"Nozomi, sono io, Nico."

Solo il silenzio le risponde.

Nico sospira e sa perfettamente cosa è successo, senza bisogno di vedere nessuna delle due interessate.

"Se non vuoi farmi entrare non importa, ma almeno ascoltami se puoi. Eli ti ama, dovresti saperlo ormai, e l'unico motivo per cui non è lì con te è che ha paura. Sai quanto quella dannata ragazza abbia paura delle responsabilità, si fida meno lei di se stessa che chiunque altro. Dalle tempo, poco, ma dalle tempo per capire quanto esattamente sia capace di stare al tuo fianco. Alla fine tornerà da te."

Non dice altro, non aspetta risposta, semplicemente si incammina lungo il corridoio, seguita dal leggero fruscio delle sue scarpe di seta rosa.

La sua meta è l'armeria dove una ragazza di media statura è piegata a lucidare una spada.

"Quanto tempo?"

"Dagli qualche ora, non di più" risponde senza alzare gli occhi dal suo lavoro.

Nico le si avvicina e le sposta i capelli su una spalla, posandole un bacio sul collo. "Per essere amanti sono davvero testarde, non credi?"

Una risata leggera e i loro occhi si incontrano. Un bacio a fior di labbra, un sorriso. "Spesso tu non sei da meno."

Eli ha deciso e ha capito, nel frattempo, cosa significa amare. Nel momento in cui, con parole incerte e affrettate, annuncia la sua decisione ad una porta chiusa, sa il vero significato nascosto dietro quelle cinque lettere.

Nozomi le stringe le braccia intorno al collo, lacrime di gioia sul volto e parole di gratitudine sulle labbra, e anche lei sa improvvisamente cosa significa amore.

 


N/A: La storia in questione è lunga, ma sono fiera di quel che è venuto fuori! Sono terribilmente affascianata dalle età antiche e, citando una mia amica, questo è un "medioevo senza tempo". Sper di essere riuscita a rendere a parole quello che ho provato nello scriverla!
Andy
  
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