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Autore: Leonhard    13/02/2017    4 recensioni
Judy si volse verso la sagoma della lontana Zootropolis. Vixen aveva detto che il cavallo era il pezzo più forte della scacchiera, Alopex aveva scelto un cavallo per guidare gli eventi: forse avevano previsto tutto, forse no, ma in fin dei conti era quasi giusto che fosse stato un cavallo a dare scacco matto e vincere la partita.
E la città, sapeva, avrebbe continuato a bruciare.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Distopian Zootopia'
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3. Nick Hopps



Affidarsi ai lupi non era stato un caso né una necessità e tantomeno l’aveva fatto per assicurarsi il loro voto: non aveva bisogno del voto di animali come i lupi quando avrebbe avuto dalla sua il voto di tutte le prede altrimenti dette il novanta percento della città. Con quelle cifre, era quasi ironico parlare di probabilità di vittoria alle elezioni.

Senza contare che i lupi erano predatori e quindi rientravano nella specie di mammiferi che avrebbe voluto opporsi ma sarebbe rimasta una voce inascoltata davanti a tutta quella massa che lo voleva al posto di un leone.

Affidarsi ai lupi era stato il primo dei pochi passi che l’avrebbero portato ad essere il numero uno, ad arrivare in alto la dove il suo vecchio non era mai arrivato facendo del suo meglio. No, quello era ciò che era in grado di fare lui, quella era farina del suo sacco e suo padre non c’entrava assolutamente nulla con quello che sarebbe successo.

Un bufalo predatore

Ma accattivarsi dei predatori in una campagna elettorale contro i predatori richiedeva sacrifici, rivisitazioni, cambi di programma. E nel cambio di programma che in quel momento era in suo potere fare l’unico ad uscirne illeso fu Wolfhart, che anzi ricevette la promozione a capitano.

“Agente Grisoli…McHorn…Snarlow…Delgado…” borbottava, snocciolando le lettere di licenziamento sulla sua scrivania. C’erano tutti, nessuno escluso ed infondo alla pila di buste trovò il profilo di Judy Hopps, il primo coniglio poliziotto. Gli scappò un sorriso: era stata una soddisfazione buttare nel tritacarte il profilo di Nicolas Wilde, prima volpe poliziotto, ma proprio non capiva il motivo per cui l’agente Hopps non gli fosse passato per la testa.

Beh, poco male: una lettera di licenziamento in meno.

Prese il foglio e lo accompagnò dolcemente al tritacarte mentre l’occhio gli cadde distrattamente su un appunto scarabocchiato a zampa al lato del foglio: Quattro Cavalli.

Cavalli: altre prede, altri mammiferi che avrebbero votato per lui. Eccetto per quei quattro cavalli: per un breve periodo, loro erano stati dei bufali predatori che avrebbero potuto dargli parecchio filo da torcere. E se le cose fossero state diverse, non avrebbe permesso a quella piccola scintilla di orgoglio di spegnersi solitaria nella gelida logica del suo piano.

Sbuffò fuori la sua segreta soddisfazione mentre guardava l’attrezzo mangiare la foto della coniglietta sorridente; quattro cavalli di cui uno morto, uno disperso, uno ricercato e poi lei, che era stata così gentile da tagliarsi le zampe da sola.
Povera Hopps: se fosse rimasta nella polizia probabilmente sarebbe stata una discreta spina nel fianco con il suo buonismo, l’intangibile senso del dovere e quello stupida determinazione a rendere migliore una città che sotto sotto era sempre stata

in fiamme

marcia come solo lui era in grado di vedere. Si volse verso la finestra, lasciando che la sua mente da poliziotto facesse un ultimo timido capolino a vedere la luce per l’ultima volta. Zootropolis era marcia fino al midollo ed il caso Tujunga aveva il solo scopo di dimostrarlo; un’intera specie volatilizzata dalla città sotto lo sguardo indifferente di tutti i mammiferi.

Un attimo, indifferente? Ma non prendiamoci in giro: erano stati tutti felici della scomparsa delle volpi quasi portassero un virus letale ed estremamente contagioso con loro. Perché poi le volpi? Erano intelligenti, abili oratori, mammiferi dall’attenzione e dall’acume invidiabile: una volpe avvocato non avrebbe avuto alcun avversario degno anche solo di aprir loro la porta eppure erano stati classificati come intrusi, invasori, cancro della città. Perché? Beh, la risposta era semplice.

Perché sono volpi prede figliolo. Ed i predatori che scelgono di essere prede fanno questa fine.

Bogo scoprì i denti in un ghigno soddisfatto. La sua visione sarebbe stata realtà e la polizia non avrebbe potuto fare nulla per impedirglielo; una città, due rioni e l’unico predatore accettato ed amato dalle prede avrebbe seduto dietro la scrivania del sindaco, dove solo un bufalo predatore come lui meritava di stare.

Più in su, ragazzo: ancora più in su…
 

 
Da brava coniglietta ottusa, Judy non capiva il jazz: per lei era una musica senza continuità, priva di una lineare ripetitività melodica o ritmica a cui aggrapparsi ed attorno a cui far ruotare tutta la melodia. E naturalmente Nick ne andava matto: quando gli aveva detto che per lei erano nulla più che suoni a caso ci aveva messo quasi dieci orridi minuti per accorgersi che il suo broncio era finto e che la sua minaccia di non rivolgerle più la parola era completamente infondata.

La camera era invasa da una Whiplash rielaborata da Bunny Rich*: la melodia riempiva la camera con il suono squillante degli ottoni e contrariamente a quello che suggeriva il titolo era una sensazione di quiete quella che leggeva sul muso di Nick, intrappolato in quella orrida museruola. La volpe tuttavia, rapita com’era dalla melodia, sembrava non farci particolarmente caso: fissava un punto indefinito nell’aria, un particolare inesistente sul muro della sua camera e fu con una strana sensazione di invadenza che Judy gli parlò.

“Il vaccino” mormorò. Nick sussultò impercettibilmente e volse verso di lei un’occhiata smarrita. “Bellwether ha modificato il vaccino…e adesso tu…e tutti gli altri predatori siete in questo stato”. Alzò gli occhi verso di lui mentre l’intro della canzona si ripeteva. “…Nick, è colpa mia”.

Davvero? Per cosa?

“Avrei dovuto ascoltarti…” mormorò ancora. “Stavi lavorando come infiltrato e…se non avessi liberato Bellwether non sarebbe successo nulla…”.

Non sai perdere...

Judy si passò una zampa sul muso e fece comparire un sorriso tirato e terribilmente finto; scese dal letto e prese delicatamente il muso di Nick.

“Rimedierò, te lo prometto: ti farò tornare come prima” disse. “Anche perché mi devi ancora far vedere dove hai preso quelle ciambelle: non credere che me ne sia dimenticata”. La volpe roteò gli occhi, sorridendo divertito attraverso la rete della museruola.
Il suo sorrisetto attraverso l’attrezzo la fece rinsavire: prese la cravatta di Nick e la avvolse delicatamente attorno al suo collo. Negli occhi comparve quella stessa espressione risoluta che la volpe aveva visto tante volte e davanti alla quale sapeva che una parte di lui doveva vivere preoccupata.

“Nick Wilde, tu adesso fai parte della famiglia Hopps” disse risoluta. “E adesso andrò a dire ai miei questa novità: andiamo”. Le orecchie di Nick si abbassarono e si volse verso la porta.

Dopo di te: sei tu lo sbirro...

Fuori dalla porta era radunata la parte della famiglia che poteva sostare nel corridoio ed essere vista. Davanti a quel plotone di orecchie dritte ed occhi nervosi che si volsero immediatamente verso di lui, Nick si sentì in dovere di abbassare leggermente in ventre verso terra, mentre Judy avanzò di un passo mantenendo l’espressione.

“Papà, Nick resterà qui con noi” disse. “Senza museruola”.

“Judy, non è sicuro” obiettò Stu. “Potrà stare qui, ma dovrà indossare la museruola: su questo non transigo!”. A giudicare dagli occhi che aveva, Nick constatò che se avesse ancora avuto dalla sua la parlantina che l’aveva reso celebre alla stazione di polizia avrebbe portato quel coniglio a considerarlo il suo capostipite. La coniglietta tamburellò nervosamente contro il pavimento, coprendo l’assalto di tre cuccioli che saltarono addosso alla volpe.

Nick si ritrovò a pancia all’aria, sovrastato da conigli non più alti della sua zampa che lo guardavano incuriositi ed eccitati.

“Sei una volpe vera?” chiese uno, con voce squillante. “E sei selvaggia? Che forza! Guarda papà: ho domato una volpe selvaggia!”.

“Bill, scendi immediatamente da lui!” esclamò Stu allarmato. “Può farti del male!”.

“E con cosa?” obiettò un secondo, tutto intento a tirargli le orecchie. Judy ridacchiò.

“Nick, ti presento i Trerribili Hopps” disse. “Bill, Ted e Mira: sono cuccioli molto vivaci”. Vivaci era un eufemismo e lui moriva dalla voglia di dirglielo, ma tutto quello che uscì dalla sua bocca intrappolata fu un guaito di dolore quando la piccola Mira si aggrappò ai lacci della sua museruola.

“Corri signor volpe, corri!” esclamò, fingendo di cavalcare verso l’orizzonte. Stu e Bonnie videro distintamente il sorrisetto divertito e l’occhiata risoluta che comparvero sul muso di Nick, ma prima che potessero nuovamente rimproverare i figli lui si mise a trottare per il corridoio facendo sobbalzare delicatamente lo scatenato trio. I tre coniglietti, dopo un attimo di smarrimento, esplosero in tante risate divertite e si accomodarono sulla sua schiena, mentre Mira si aggrappava ad una ciocca di pelo. Percorse tutto il corridoio con le risate dei Trerribili nelle orecchie finché non sentì il peso di uno venir meno; si volse in tempo per vederlo scivolare dalla sua schiena e, istintivamente, parò la sua caduta con la coda.

Ehrm, mi stai pestando la coda…

Il piccolo Ted si ritrovò a terra, circondato da un letto di soffice pelo rossiccio. Rimase paralizzato dalla tiepida sensazione di sicurezza in cui la coda lo stava avvolgendo e si aggrappò alla pelliccia di Nick, sorridendo.

“Che forte!” esclamò. “Ha anche l’airbag!”. Mira giocherellò con il cinturino della museruola e, dopo qualche secondo, lo strumento scivolò via dal muso della volpe. L’aria parve gelarsi, mentre lui prendeva coscienza di non avere più la bocca bloccata; la prima cosa che vide furono gli occhi terrorizzati di Stu, poi una nervosa Bonnie cercare la mano di lui. In ultimo l’espressione tranquilla di Judy mentre annuiva una volta sola, incoraggiandolo.

Si buttò a terra e rotolò, agitando le zampe contro i tre piccoli terremoti, che lo assalirono nuovamente con risate assordanti. Dal gruppo di conigli nel corridoio ne accorsero altri che si unirono al divertimento e presero d’assedio Nick: chi gli tastò il gesso sulla zampa, chi gli tastò le orecchie ed una cucciola particolarmente affettuosa gli abbracciò la coda. Bonnie raccolse la museruola dimenticata da terra e la porse al marito.

“Buttala” disse. Stu la guardò come se fosse matta.

“Ma Bonnie cara…!” protestò, ma lei gli indicò la scena nel corridoio.

“È stato assalito da venti conigli, Stu” osservò. “Se fosse veramente selvaggio, li avrebbe già uccisi: sta giocando con loro e senza museruola”. Si volse a guardare la scena: Nick si era rialzato, ma questa volta aveva sedici coniglietti sulla groppa, uno in testa e tre avvinghiati alle zampe sane, mentre la coda era sempre presa in ostaggio dall’abbraccio della cucciola. “I piccoli si divertono e non si sentono in pericolo: a me basta e avanza per non volerlo mai più vedere con questo aggeggio infernale sul muso”.

Alle orecchie giunsero improvvisamente versi di protesta: Nick si era fermato e guardava in direzione della finestra, ignorando i richiami, le lamentele ed i piccoli colpetti senza energia che Bill gli dava sulla testa. Judy aggrottò le sopracciglia: lo sguardo della volpe era serio, attento mentre le orecchie erano dritte e rivolte verso il vetro.

“Nick?” chiamò. “Qualcosa non va? Che succede?”. La volpe tardò a darle la sua attenzione, rapito com’era dal nulla su cui aveva puntato gli occhi; si volse lentamente verso di lei e la guardo con occhi seri, pensierosi. L’aggettivo perfetto era indeciso, ma in quel corridoio nessuno lo pensò.

Tu hai paura di me?

 

*Conosciuto fuori da Zootropolis come Buddy Rich, famoso batterista jazz (NDA: ebbene si: ascolto anche il jazz)
   
 
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