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Autore: belle_delamb    13/02/2017    1 recensioni
Storie che provengono dai luoghi più oscuri. Fanciulle che si risvegliano in sconosciuti castelli, quadri che prendono vita, terre lontane e tante altri oscuri racconti. “Queste storie partecipano alla challenge “Di storie Oscure e Banali” indetta da zenzero91
Genere: Dark, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un urlo di mia madre, la macchina che sbandava e poi lo schianto, così forte da rimbombarmi nelle orecchie anche quando era sceso il silenzio. Fui sbalzata contro il sedile di fronte e sbattei la fronte con violenza. L’ultima cosa che vidi fu la pioggia battente su di me e il cielo nero.

Sbattei le palpebre, intorpidita. Mi girava la testa. Fiochi raggi di sole mi sfioravano il viso. Provai a muovere le braccia. Non mi dolevano. L’ultimo ricordo che avevo era l’incidente, poi il buio. Ma dov’ero? Probabilmente in un ospedale. Strano però che non avessi tubi o flebo. Mi tirai un po’ su per guardarmi meglio intorno. Giunsi subito alla conclusione che non mi trovavo in un ospedale. Ero in una grande camera da letto, con pesanti tende di velluto verde che coprivano le due ampie finestre. Dall’altra parte della stanza c’era un enorme comò di legno scuro con sopra uno specchio. Io mi trovavo adagiata su un letto a baldacchino. Non poteva certo essere un luogo di ricovero per feriti. Mi sfiorai la fronte e ritrassi subito la mano a causa di un bruciore intenso: la ferita che mi ero procurata durante l’incidente. Forse si trattava di una clinica, un po’ fuori moda. Mi misi seduta con le gambe a penzoloni oltre il bordo del letto. Mi girava un po’ la testa ma per il resto mi sentivo meglio. In quella posizione vidi che i muri sembravano fatti di pietra. Ma dove mi trovavo?
-Principessa-
Sobbalzai sorpresa e la testa prese a girarmi più forte di prima. Cosa stava succedendo?
-Principessa- e un rapido bussare alla porta.
Era la botta in testa o c’era davvero qualcosa che non andava? Scesi dal letto, tenendomi a una delle colonnine in ferro battuto, lottando con le vertigini e cercando di domare la nausea che mi aveva assalita.
-Principessa- e a quel punto la porta si aprì mostrando una domestica vestita con un lungo abito marrone che mi ricordava quelli delle servitrici dei film medioevali.
-Chi è?- chiesi, arretrando.
-Principessa, sono io, Martha, la vostra servitrice fedele-
-Io non sono una principessa- mormorai.
-Mio Dio! La caduta da cavallo vi ha fatto male-
-Io non sono mai andata a cavallo- sbottai, improvvisamente furiosa.
-Principessa, adesso mi fate preoccupare, rimanete a letto, non sforzatevi, io manderò a chiamare il medico, così potrà visitarvi-
No, io dovevo uscire da lì il prima possibile. Senza aspettare altro corsi via e uscii dalla stanza. Mi ritrovai in un lungo corridoio spoglio. Non mi fermai, nonostante la testa mi girasse e presi la prima rampa di scale che trovai. Quando vidi una porta che pareva dare sull’esterno mi gettai contro di essa: inutile, non si mosse di un centimetro nonostante vi spingessi contro con tutto il mio peso. Mi allontanai, improvvisamente assalita dal panico. Improvvisamente ricordai le mille storie che avevo ascoltato, ragazze rapite e usate per i più vari scopi. Il cuore prese a battermi all’impazzata, la gola mi si strinse. Mi misi a correre come un’ossessa, cercando di aprire, inutilmente ogni finestra e ogni porta che trovai. Alla fine, stanca e abbattuta mi lasciai cadere a terra e scoppiai in lacrime.
Era colpa mia se mi trovavo in quel situazione. Non avrei mai dovuto andare alla festa di Jenny, i miei mi avevano detto di stare a casa, invece io non li avevo ascoltati. Mi ero fatta venire a prendere da Miriam e insieme eravamo giunte a quella che prometteva di essere una festa memorabile. Ovviamente avevamo bevuto, ma chi non beve in una simile circostanza? E avevo anche baciato un ragazzo. Un’altra cosa che proprio non avevo potuto evitare. Poi erano arrivati i miei e mi avevano trascinata fuori di lì. Mi sembrava ancora di sentire le urla di mio padre e i singhiozzi di mia madre. Non mi ero comportata bene, certo. Poi lo schianto. Le lacrime mi scesero copiose lungo le guancie a quel ricordo. Non desideravano altro in quel momento che vedere i miei genitori e potermi scusare con loro.
Qualcosa mi sbatté contro il braccio facendomi sobbalzare. Alzai la testa e vidi una palla di pelo, un batuffolo di cane, che aveva appoggiato la testa contro il mio braccio. Mi guardò con i suoi enormi occhi da cucciolo e mi si strinse il cuore.
-Ehi, bello- esclamai e lo accarezzai.
Il cagnolino strofinò il muso contro di me. Lo presi in braccio, non era pesante, e lo strinsi dolcemente a me. Almeno non ero completamente sola.

Quando mi fui calmata, anche grazie all’aiuto dell’animale, mi avventurai per il maniero alla ricerca di qualsiasi cosa potesse farmi capire cos’era successo. Una delle cose che compresi subito fu che benché il castello fosse d’origine medioevale era stato ristrutturato in tempi recenti o almeno così pareva, visto che non c’era nulla di decadente in esso. Altra cosa che notai fu la totale mancanza di specchi. Non ne trovai neppure uno nel mio vagare. E ovviamente tutte le porte che davano verso l’uscita e le finestre erano sbarrate. La domanda era perché?
-Principessa- esclamò una voce, facendomi sobbalzare. Era la domestica di prima. –Principessa, vi ho cercato per tutto il castello, è ora di pranzo, vi prego, venite a mangiare-
Ed effettivamente avevo una certa fame. Fu così che seguii la donna in un’enorme sala da pranzo. Le pareti erano ricoperte da enormi arazzi rappresentanti scene fantastiche. Belle fanciulle accarezzavano mansueti unicorni. Cavalieri dalle armature scintillanti si sfidavano in tornei. Re e regine osservavano il mondo da sopra i loro troni. Quello che veniva raccontato lì era un mondo che proveniva da luoghi lontani. Al centro della stanza c’era invece il tavolo, lungo diversi metri, ricoperto con una tovaglia dorata, sopra il quale c’era ogni genere di bene alimentare, dalla carne al pesce, dai formaggi ricoperti di chiaro miele ai frutti dall’aspetto invitante.
-Sedete, principessa, avete bisogno di forze per riprendervi- disse la domestica.
-Tutto questo è per me?- domandai con un filo di voce.
-Desiderate forse altro?-
-Oh no- mi accomodai a capotavola, il cagnolino sempre affianco. Immediatamente tagliai un po’ di carne per lui e, preso uno dei piattini, gliela misi dentro e gliela diedi, quindi iniziai a prendere qualcosa per me. Dovevo approfittare di quel momento per indagare. – Martha – dissi, felice di essere riuscita a evocare nella memoria il nome giusto della domestica –voi avete detto che sono una principessa?- -Oh sì, Mary Anne dell’illustre casata dei Fayre- Chissà perché quel nome mi sembrò familiare. –E ho avuto un incidente?- domandai. -Sì, una brutta caduta da cavallo, ieri stavate montando il vostro destriero preferito e si è impennato- Annuii. –Perché le porte del palazzo sono chiuse?- domandai. -Perché oggi è l’undicesimo mese- La fissai senza capire.
-Non ricordate nemmeno questo, mia signora?-
Scossi la testa.
-Dopo la notte di Samhain gli spiriti tornano su questa terra ed esigono un mese tutto per loro, chiunque sia trovato a vagare per strada verrà da loro rapito-
E io dovevo credere a quella storia? –Dovremo restare un mese chiusi qua dentro?- domandai.
-Purtroppo non se ne può proprio fare a meno-
Oppure mi volevano tenere chiusa là dentro per un altro motivo. Sfortunatamente lo avrei scoperto troppo presto. –E i miei genitori?- chiesi, facendo un estremo tentativo.
-Mi dispiace, principessa, sono scomparsi lo scorso undicesimo mese-
Sentii un tuffo al cuore. –Scomparsi?- ripetei, non riuscendo a comprendere a pieno quel termine.
-Nessuno sa perché si trovassero fuori dal castello-
Quella storia non mi sembrava nuova.
-Non temete, basta che restiate dentro il castello e non vi succederà nulla di male-
Non ne ero così sicura, certa com’ero che il pericolo fosse dentro e non fuori. Finii il pasto in silenzio, chiedendomi che cosa avrei dovuto fare e allo stesso tempo dicendomi che tutta quella storia mi ricordava qualcosa. Quando terminai mi alzai e mi diressi verso l’uscita.
-Principessa- mi chiamò Martha.
Mi voltai. –Sì?- domandai.
-Ricordate che avete lezione di ballo alle quattro in punto-
-E perché mai dovrei ballare se qui non c’è occasione per mettere in pratica le mie abilità di ballerina?-
-Non ricordate proprio nulla?- chiese lei con aria preoccupata.
-Nulla-
-Presto vi sposerete-
Sposarmi? Quella storia mi piaceva sempre meno. –Con chi?- domandai.
-Ma con il principe Karl di Jean!- esclamò come se fosse una cosa di pubblico dominio.
-Non mi ricordo di lui- risposi.
La domestica mi fissò un attimo interdetta, poi annuì con uno sguardo pietoso. –Avrete tempo per ricordarvi di lui-
Ma io non volevo ricordarmi di lui, volevo solo tornare a casa.
Dopo essermi fatta dire dove si trovava il luogo in cui avrei dovuto seguire la lezione di ballo, m’incamminai con il mio fedele compagno a quattro zampe per il castello, proseguendo l’ispezione di quel luogo, alla vana ricerca di qualcosa che potesse aiutarmi a capire cos’era successo. Cosa andassi cercando di preciso non lo sapevo. Uno strano istinto mi portò in un corridoio che sembrava più vecchio degli altri. Lo percorsi e mi trovai di fronte a una vecchia rampa di scale in legno. Indecisa se proseguire o meno visto che non c’era luce e avrei rischiato solo di cadere, mi fermai. Fu allora che sentii un rumore, come qualcosa che veniva trascinato. Mi irrigidii e vidi che anche il cane aveva assunto una posa tesa, non eravamo soli e questa non era una buona cosa. Presi in braccio l’animale e mi nascosi nel primo luogo riparato che trovai: sotto il davanzale di una finestra, coperta dalle tende. Non dovetti aspettare molto per sapere chi stava arrivando e soprattutto con cosa. Un domestico trascinava un corpo lungo il pavimento. Si fermò un attimo per riprendere fiato e io tremai temendo che mi avrebbe scoperta. Il cagnolino tra le mie braccia si mosse leggermente. Lo tenni stretto al petto avendo paura per il mio unico amico lì dentro. Osservai il domestico proseguire con il suo macabro bagaglio di cui non riuscii a vedere il volto. Non appena ebbe sceso le scale corsi via, sempre con il cagnolino in braccio.

Infelice e abbattuta mi diressi verso la sala da ballo. Non sarei riuscita a uscire di lì in breve tempo, tanto valeva quindi stare al gioco, sperando di rimanere in vita il più possibile. Orlando, il nome che avevo dato al cagnolino, trotterellava al mio fianco.
-Principessa, avete un aspetto delizioso- disse una voce.
Alzai di scatto la testa. Di fronte a me stava un ragazzo con folti capelli castani e profondi occhi blu. Indossava un farsetto marrone con sotto una camicia bianca, un modo di vestire che richiamava al passato. Quel volto pallido e dai lineamenti marcati mi ricordava qualcosa, come se lo avessi già visto.
-Chi sei?- chiesi.
-Il vostro nuovo insegnante di ballo, pensavo che vi fosse stato detto e … Oh- esclamò lui – Martha mi ha detto dell’incidente- aggiunse in fretta, quindi fece un profondo inchino –sono Charles, il vostro insegnante di ballo, mia signora-
- Martha mi ha parlato delle lezioni di ballo- mormorai.
-Allora possiamo iniziare subito- esclamò, prendendomi per mano.
Mi lasciai trascinare in mezzo alla sala, stranamente emozionata. Charles mi cinse la vita con un braccio, quindi iniziò a fare un paio di passi da un lato.
-Uno e due- contò, quindi altri due indietro –tre e quattro-
Io lo seguivo impacciata come non mai. Orlando seduto a qualche metro da noi ci fissava muovendo la coda.
-Un po’ più morbida, principessa- mi disse, stringendomi con maggiore forza –ecco, così, perfetto- mi fece fare una giravolta.
Ero così vicina al suo volto che potevo vedere una piccola cicatrice sulla sua guancia destra. Chissà perché ma quel piccolo segno mi piacque, era qualcosa di vissuto, di reale, la prima cosa che sembrava vera in quel luogo.
-Vedo con piacere che siete molto brava-
-Sì e… - fui scossa da un terribile capogiro.
-Tutto bene?- mi chiese Charles, fermandosi.
-Vertigini- mormorai.
-Deve essere colpa dell’incidente- disse lui, aiutandomi a sedere su una poltrona –dovreste riposare-
Orlando mi venne incontro, scodinzolando, e appoggiò la sua testolina sulla mia mano.
-Posso farti delle domande?- chiesi, gli occhi socchiusi mentre il mondo girava intorno a me.
-Qualsiasi cosa desiderate-
Perché mi fidavo? Perché lo mettevo a conoscenza di ciò che sapevo? Forse perché non avevo altra scelta, dovevo pur parlare con qualcuno di quello che mi era successo e quel ragazzo mi ispirava uno strano senso di fiducia, come se lo conoscessi da sempre. Quello che conta è che un attimo dopo stavo raccontando dell’incidente avuto con i miei e del mio insolito risveglio quella mattina.
-Io non sono una principessa- dissi in lacrime –sono solo una ragazza qualsiasi e anche imbranata-
-Non dite così, principessa-
-Non mi chiamare in quel modo, io non sono una principessa-
- Martha mi ha detto che voi avete avuto un incidente, siete caduta da cavallo, è normale che siate confusa-
-Io non sono confusa- dissi afferrandogli entrambe le mani –tutto questo è un tragico errore-
-Principessa … -
-Non ho nessun amico qui, aiutami-
E alla fine Charles accettò di aiutarmi. –Anche se sono convinto che non troverete proprio nulla di sospetto- -Grazie, io ti sarò eternamente grata- dissi, prendendogli le mani nelle mie.
Lui avvampò. –Principessa- disse, mettendosi in ginocchio –io sono il vostro umile servitore, farei di tutto per voi-
-Allora accompagnami di sotto, devo vedere una cosa-
-Dove?-
Mi alzai di scatto e lo trascinai dietro di me, senza permettergli di aggiungere altro.

Lo condussi in cantina senza perdermi in inutili spiegazioni alle quali lui avrebbe sicuramente replicato. Arrivati alla porta scoprimmo che era stata sprangata.
-Prima era aperta- mi lamentai.
Charles tentò di aprirla senza risultati. –Bisogna togliere questa sbarra- disse, cercando di sollevarla.
-Ti do una mano io-
-Oh no, principessa- esclamò ma io avevo già afferrato la sbarra e nel farlo le nostre mani si erano sfiorate. Mi sentii avvampare.
-Insisto- mormorai –al mio tre si solleva-
Charles sospirò rassegnato e ubbidì. Insieme, seppur con qualche sforzo, riuscimmo a sollevare la sbarra. Orlando ci osservava con attenzione.
-Ora entriamo- dissi, spingendo la porta che si aprì con un sonoro cigolio. Mi ritrovai di fronte una rampa di scale buia che non mi permetteva di vedere assolutamente nulla e improvvisamente fui presa dall’angoscia. Scendere? O stare al gioco e fingere di essere una principessa? Forse era quella la realtà, forse la pazza ero io … no, quella era tutta una follia. Dovevo scendere e scoprire cosa c’era là sotto, questa era l’unica opzione possibile. Ispirai a fondo e, radunato tutto il coraggio che riuscii a trovare, feci un passo in avanti.
-Aspettate- disse Charles –vado avanti io-
-Grazie- sussurrai –sei un vero cavaliere-
-Oppure un folle … più probabilmente un folle- mormorò tra sé scuotendo la testa sconsolato e superandomi.
Lo osservai iniziare la discesa con passo incerto per poi fermarsi. –Qui è troppo buio- si lamentò.
Orlando, come se capisse la difficoltà, si diresse verso una parete e abbaio. Attaccata ad essa c’era una vecchia lampada. La presi e la osservai, indecisa su come accenderla.
-Aspettate, principessa- disse Charles, raggiungendomi –non sono cose per voi, ci penso io- mi tolse di mano la lanterna e un attimo dopo questa era accesa –ora possiamo andare e speriamo bene-
Gli cedetti il passo. Lui ricominciò nuovamente la discesa con me e Orlando che lo seguivamo, temendo di restare indietro. C’erano meno scale di quanto immaginassi. Arrivati alla fine Charles si affrettò ad accendere tutte le lampade che si trovavano appese alla parete per schiarire il buio. Io mi preparai a uno spettacolo agghiacciante. Invece non c’era assolutamente nulla di spaventoso in quella cantina, almeno al primo sguardo. Feci un passo avanti, stringendomi le braccia intorno al corpo per combattere il freddo agghiacciante e fu allora che le vidi. Tracce di sangue che ricoprivano il pavimento. Mi portai le mani alla bocca, terrorizzata. E poi notai che Charles stava guardando le pareti. C’erano segni profondi su di esse, delle scritte, dei disegni. Mi avvicinai per cercare di capire di cosa si trattasse. Parlavano di un sacrificio, una vergine destinata ad andare in sposa ad un mostro ed essere da esso divorata per salvare la propria gente. Fui presa da una vertigine. Ecco cosa ci facevo lì, ecco perché mi avevano portata lì, non ero impazzita quindi, ma il fatto di essere nel pieno possesso delle mie facoltà mentali non mi rassicurò.
-Principessa, vi sentite bene?- chiese Charles.
Scossi la testa prima di scoppiare in lacrime.

In seguito riuscii a strappare a Charles una promessa: mi avrebbe portata via di lì ad ogni costo. Non avevo nessun altro su cui contare, lui era la mia unica via di salvezza, dovevo fidarmi. In quei giorni feci finta di essere una principessa, dovevo far credere ai domestici di essere veramente convinta di essere Mary Anne Fayre. Fu durante un gelido pomeriggio che Charles venne da me comunicandomi che ce ne saremo andati quella notte stessa.
-Prendete il minimo indispensabile, principessa- mi sussurrò all’orecchio –non possiamo viaggiare pesanti-
-Certo- mormorai, accarezzandogli la mano, bisognosa di un contatto fisico.
-Principessa, la vostra pelle è gelida- disse lui, prendendomi la mano tra le sue per scaldarla.
-Ho un po’ freddo- ammisi.
Ci guardammo negli occhi per un lungo istante, poi agii d’istinto e gli deposi un bacio all’angolo della bocca. Lui mi fissò sorpreso, posandosi le dita laddove l’avevo baciato.
-Scusa io … - iniziai, ma lui non mi diede tempo di finire perché mi trasse a sé e mi baciò sulle labbra.
Avvampai e quando il bacio terminò abbassai lo sguardo, bollente per l’imbarazzo.
-Scusate io … - esordì Charles, ma questa volta fui io a interromperlo con un bacio.
Ci nascondemmo in una delle stanze del castello e ci lasciammo andare ai nostri istinti. La sua bocca sulla mia, le sue mani che mi aiutavano a spogliarmi, rapide e leggere. Non ero mai stata così in intimità con nessun ragazzo, lui era il primo. Alla fine ci lasciammo cadere sul pavimento, esausti. In fondo alla stanza potevo vedere lo sguardo nero e curioso di Orlando fermo su di noi.

Mi avvolsi in un pesante mantello e alzai il cappuccio per sembrare una semplice cameriera, nella speranza di passare inosservata.
-Sei bellissima- mi sussurrò Charles, stringendosi a me e baciandomi sulla guancia –ti porterò via di qua-
-Non ne dubito- al mio fianco sempre il fedele Orlando.
Mi condusse in cucina, insistendo che tenessi sempre il cappuccio sollevato e la testa bassa. Una domestica lo salutò.
- Charles, cosa ci fai qua?- gli chiese.
-Io … - gli morirono le parole in bocca, ma la donna non restò a lungo in silenzio e scoppiò a ridere.
-Oh, ho capito, si tratta di questa deliziosa fanciulla … farò finta di non aver visto, la dispensa è libera fino a cena- e si allontanò, dandomi un leggero colpetto sul braccio, come un incoraggiamento.
Appena se ne fu andata ci dirigemmo alla finestra più vicino. Notai che lì, a differenza che nelle altre parti del castello, le assi di legno erano state inchiodate con minore cura. Charles si mise subito al lavoro per toglierle mentre io controllavo che non arrivasse nessuno.
-Fatto- annunciò alla fine –esco io per primo- scavalcò il davanzale e si ritrovò dall’altra parte, quindi mi allungò una mano. Con qualche difficoltà, dovuta soprattutto al lungo abito, mi arrampicai sul davanzale, quindi lasciai che Charles mi circondasse la vita con un braccio e scesi dall’altra parte. L’aria fresca mi colpì con violenza dopo tanti giorni di prigionia e mi colse un capogiro.
-Ora andiamo- disse lui, prendendomi per mano.
-Aspetta, deve venire anche Orlando – mi avvicinai alla finestra e provai a chiamare il cane che però non venne. Feci per rientrare ma Charles mi trattenne.
-Non abbiamo tempo- disse con un tono di voce che non mi piacque.
-Io non lo lascio-
-Non possiamo-
-Noi … - e proprio in quel momento vidi che qualcosa mutava nello sguardo di Charles, come se stesse diventando … qualcos’altro.
Arretrai, spaventata. Un attimo dopo compresi che era lui il mostro.

Ho scritto queste memorie su un foglio che ho trovato qui. Credo che sia stato lui a farmelo trovare perché voleva che scrivessi la storia, la mia testimonianza, lo diverte sapere cosa pensano le vittime. Sono stata riportata nella mia stanza e qui rinchiusa. Domattina all’alba Charles mi divorerà come era deciso fin da principio. Prima che mi rinchiudesse qua dentro mi ha detto che da tempo aspettava la mia visita, che questa storia era una mia fantasia da bambina, un mio incubo ricorrente, il castello, il mostro, il bel salvatore. Questo mi ha fatto capire perché tutto questo mi sembra tanto familiare. Si è adattato alla mia fantasia, ha creato questo castello per me. Mi ha detto che è quello che fa ogni volta, sceglie una vittima e ne avverrà le fantasie, gli incubi. Ha provocato l’incidente e poi ha dato il via al tutto, ma adesso la storia è cambiata, ha finito di giocare con me e non vede l’ora di passare alla prossima vittima. Mi ha detto di averne già scelta un’altra, realizzerà la sua fantasia non appena avrà finito con me.
   
 
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