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Autore: BandBfun    14/02/2017    3 recensioni
Il giorno di San Valentino è sempre molto particolare per Melania, durante il quale ripensa al suo caro amico Simone, ai bei tempi ormai lontani, ad un incontro che non avrebbe dovuto aversi ma tanto aspettato, e a quanto si senta sola e incapace di amare chi l'ama con i suoi pregi e i suoi difetti (tanti), nonché ad alcuni gravi lutti che ha dovuto affrontare. Tutto come ogni giorno di San Valentino, sino a quando, al lavoro, ha ricevuto una telefonata e ha saputo qualcosa che non avrebbe mai voluto sapere...
3° posto con 42/50 punti al Contest 'Alone on a Valentine's Day' indetto da eleCorti sul Forum di EFP
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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UNA GIORNATA PARTICOLARE

Sono l'uno di fronte all'altro. Tutt'attorno loro è bianco e sembra non ci sia altro essere al di fuori di loro.
L'una osserva l'altro e viceversa, senza mai smettere.
Lei gli racconta di un sogno che l'ha fatta alzare preoccupata e incerta sul futuro.
'Cammino tra lapidi bianche, tutte uguali e tutte spoglie, immerse in un prato smeraldo senza confini. Ogni passo è incerto e lento. Mi guardo attorno: c'è così tanta solitudine. Poi, all'improvviso, tutto si fa più scuro. Nuvoloni compatti grigio scuro si fermano sopra la mia testa, impedendo alla luce ogni spiraglio. Sta piovendo e forte. L'erba verde lascia il posto alla terra fangosa. Camminare è sempre più faticoso, ma non smetto. Ripeti il mio nome, ma sembri voler dirmi di più. Cosa sta succedendo, Simone?'.
Melania apre gli occhi.
Spegne la sveglia, con un preciso colpo di mano.
Scende dal letto. Infila i piedi nelle pantofole e va in bagno. Si bagna il viso con dell'acqua fredda, raccolta tenendo le mani vicine e piegate verso l'alto, quasi a chiudersi: ripete il gesto un paio di volte, molto ravvicinate. È così che riesce a rendersi conto ch'è iniziato un nuovo giorno. Sin da bambina, per connettere Melania ha bisogno di un po' d'acqua fresca sul viso.
Si guarda allo specchio.
Compirà quarantacinque anni tra una settimana, ma non li dimostra: sa portarli bene, vuoi per il trucco vuoi per le scelte in fatto di vestiario, una riuscita via di mezzo tra l'eleganza senza tempo e l'eccentricità del momento. A vederla non si direbbe che nella sua vita ha sofferto molto.  
La sua bellezza naturale non è molto evidente dal risveglio a quando entra nel bagno.
Si sveglia sempre coi capelli arruffati e con evidenti occhiaie, perché la notte si muove e a volte non dorme proprio, per via di sporadici quanto fastidiosi attacchi d'insonnia.
Spesso suo marito si chiede come faccia ad 'andare a letto che sembra Gina Lollobrigida e risvegliarsi che pare Donatella Versace'. Se lo chiede a bassa voce, ma mai abbastanza perché la moglie non possa sentirlo. Non le fa tanto piacere quest'osservazione, ma sta imparando a prenderla sul ridere. A volte risponde ancora risentita 'ti sei visto tu?', ma sta preferendo il più ironico 'pensa che hai pagato tutto tu!'.
Per fortuna di entrambi, questo siparietto comico si verifica solo nel fine settimana, perché entrambi si svegliano alla stessa ora. Negli altri giorni, il marito si alza sempre un'ora e mezza prima di lei per fare una veloce colazione e recarsi al lavoro. È imprenditore edile che non sa delegare a nessuno e che finisce sempre per fare di più di quello che gli compete.
La moglie, invece, ha un orario più flessibile, il che le permette di curare la casa e dare una mano alla figlia coi compiti senza essere stanca.
Ha la cattedra di diritto amministrativo e di altri due corsi affiliati alla facoltà di giurisprudenza dell'università, a pochi passi da dove risiedono.
Passa la maggior parte dei pomeriggi a casa, avendo lezione per lo più al mattino. La figlia e il marito rincasano attorno alle sedici, quando la giornata lavorativa di entrambi volge al termine.
'Non m'importa di quello che dicono gli altri: per me sei sempre stupenda.'.
“Certo, come no.” - risponde alla voce, prendendo l'asciugamano per asciugarsi il viso.
Ritorna in camera da letto, nel pieno delle sue facoltà cognitive.
Sul cuscino vede un piccolo biglietto, un post-it fucsia a forma di mela. Lo prende in mano e vi legge sopra un 'Buon San Valentino', con un punto esclamativo e un piccolo cuore al posto del puntino.
È piacevolmente colpita, ma sembra distaccarsene presto da questo piacere.
***
Entra in cucina, per prepararsi una veloce colazione.
Appoggiata sul tavolo, l'attende una rosa a gambo lungo dai petali rosso scarlatto. Chiunque conosca Melania sa che questa particolare tonalità di rosso è la sua preferita.
La prende con la mano sinistra e, tenendola per il gambo, l'ammira: è semplicemente perfetta nella sua semplicità.
Lui le sfiora la guancia, con le nocche delle dita, seguendone i lineamenti lentamente e delicatamente e allo stesso tempo con decisione.
Gli occhi di lui le donano dolcezza velata di bramosia e altrettanto gli donano gli occhi di lei.
Dalle labbra di lei esce un leggero sussulto.
Perde la presa di scatto, lasciando cadere a terra il fiore delicato.
Le sue dita sono lunghe e affusolate e con unghie sempre molto curate e smaltate del suo colore preferito. Trova che stia bene con ogni altro colore, anche se non sempre è proprio vero.
All'indice della mano sinistra porta la fede nuziale e un piccolo anello di platino con un diamante taglio carré al centro. È una pietra piccola, ma perfetta e luminosa.
Posa la mano sinistra sul petto una posizione che mostra i gioielli nuziali.
Si sente in colpa, per averli al dito e in quel momento. La mano destra si posa sopra di questa e le dita si piegano come a stringere in una morsa le dita dell'altra.
'Non devi nasconderli.' - le dice.
'Lo voglio. E devo!' - sente di dover ribattere, quasi vergognandosi di averli.
Il giorno di San Valentino è un giorno molto strano per Melania. I suoi sensi di colpa si fanno più forti e insistenti e portano con loro le loro compagne: malinconia e gli amici rimpianti.
Sa di essere amata e si sente amata da suo marito e anche lei, a suo modo, ricambia questo sentimento; tuttavia, in questo giorno così speciale per gli innamorati, lei non pensa ad altri che a Simone e a quell'occasione mancata che forse le avrebbe potuto dare la vera felicità e non una bella copia di quella attuale.
“Non voglio pensarci.” - conclude.
Si versa del caffè amaro in una tazzina e si siede al tavolo: tra un sorso e l'altro, mangia un paio di fette biscottate. 
Melania non ha mai tanta fame appena sveglia; tuttavia, soffrendo di capogiri, preferisce non rimanere a stomaco vuoto fino all'ora di pranzo. Non sa se sia una conseguenza logica o solo una serie positiva di risultati dovuta alla fortuna, ma da quando ha preso quest'abitudine i suoi capogiri sono praticamente spariti. E come dice sempre, 'squadra che vince non si cambia, quindi si continua.'.
Lavata la tazzina, messo a posto il pacchetto delle fette biscottate e raccolte le briciole nella mano e gettate nel bidone della spazzatura, ritorna in camera da letto. Deve ancora vestirsi, darsi una sistemata ai capelli e 'se il tempo lo permetterà' anche un filo di trucco.
***
L'armadio della camera occupa un'intera parete della stanza ed è suddiviso in due ripiani a loro volta suddivisi in tre sezioni ben distinte: dal basso verso l'alto, il primo ripiano e tutte le sue sezioni sono di esclusiva disposizione di Melania, avendo un vasto guardaroba.
La sezione centrale è quella più importante, in quanto contiene gli abiti da lavoro: in essa, appese su grucce di legno, stanno infatti tutte le giacche e le relative sottovesti e gonne, quest'ultime piegate sul bastoncino che compone le grucce stesse che indossa per andare in università.
Si può conoscere Melania non da quello che indossa, ma da come ha organizzato ciò che indossa: tutto segue un disegno di base ben preciso. L'ordine dei completi non è casuale, come non lo sono i loro colori: ogni capo è unico e racconta qualcosa di lei.
Da sinistra verso destra, ogni coppia di capi è da indossare una sola volta la settimana, sempre nello stesso giorno, mai in uno diverso. Il blu pavone il lunedì; viola scuro il martedì; rosa tenue il mercoledì; verde pisello fluo il giovedì, e rosso scarlatto con un motivo a spina di pesce color bianco sul davanti il venerdì. I capi che li seguono, sempre in quell'ordine, sono la seconda scelta, nel caso i preferiti non siano a disposizione.
Tale precisione, al limite del maniacale, si spiega in quanto Melania è sinceramente convinta dell'utilità di investire parte del suo tempo nel prevedere ciò che potrebbe accadere e di premunirsi delle soluzioni in anticipo.
Non a caso, si definisce una donna 'organizzata, attenta ai dettagli, originale ma elegante, abitudinaria' e ci tiene sia chiaro a chiunque possa incontrare. L'unico suo difetto è che compra più abiti di quelli che poi usa in effetti, dal momento che nel tempo libero rimane in casa in sottoveste e vestaglia con le ciabatte ai piedi.
Si toglie la sottoveste e rimane in lingerie.
Rimane lì, in piedi, di fronte all'armadio aperto e ritorna a quell'unica volta in cui lei e Simone si erano ritrovati l'uno dietro all'altra ed erano finiti l'una tra le braccia dell'altro. Solo i gesti e quello che si sono detti è molto nitido, mentre il resto non sembra neppure essere esistito. Non c'è il divano sul quale si erano seduti, non c'è il tavolino con su una bottiglia di vino e i bicchieri mezzi vuoti che hanno consumato. Non c'è nulla, se non loro, in quello strano luogo in cui tutto è bianco e immobile.
Lui è alle sue spalle e la guarda con gli occhi di chi ha amato qualcuno con tutto se stesso e di chi ne brama le carni. Non ha indosso nulla, mentre lei soltanto la sua lingerie.
Si stanno scoprendo per la prima volta, lentamente, gustandone ogni istante.
Lui le sorride e lei sospira. Lei sa di sbagliare, ma sa anche di averlo atteso per troppo tempo e di non farcela più a negarlo.
Lui inizia col baciarle il collo: è lento e dolce, ma anche deciso. Sa quello che sta facendo. Lei non oppone resistenza: anzi, piano piano si lascia andare. Inizia a rilassarsi e a sciogliersi.
Le sfugge un sussulto. Le sue labbra si sono aperte per un attimo: ha chiuso gli occhi per un istante, abbassando la guardia. È successo tutto in una frazione di secondo, per nulla sfuggito al suo lui.
Lei sta scoprendosi più coinvolta dalle sensazioni che le provocano le labbra di lui: sono morbide carezze dal tocco deciso. Si stanno bramando.
'Che stiamo facendo?' - chiede, perplessa. È la sua ultima resistenza: lo sa lei e lo sa lui.
'Viviamo.' - risponde, senza esitazione.
Le dita di lui scivolano lungo le spalle di lei: con decisione le abbassano le bretelle del reggiseno.
Lei non oppone più resistenza alcuna.
'Toglimelo... Ti prego!' - chiede.
Ansima e chiude gli occhi.
Si guardano, dritto negli occhi, ma senza voltarsi l'uno verso l'altra.
Le iridi color smeraldo di lui puntano dritte le iridi azzurro cielo di lei.
'Sei stupenda.' - le sussurra all'orecchio.
Melania sussulta, prima di scrollare il capo e cancellare quell'immagine dalla mente.
Prende la sottoveste nera e la indossa e su di essa mette la giacca e la gonna del completo del venerdì, quello rosso scarlatto. Prende le scarpe nere col tacco medio-alto e le punte bianche e, seduta sul bordo del letto, vi infila i piedi.
Raccoglie i lunghi e sottili capelli bramati in una sola ciocca con un nastro di seta color prugna. Le piace la coppia prugna-scarlatto: 'fa pendant con i capelli rossi' e le piace quell'immagine riflessa nello specchietto.
'Sei stupenda.' - le sussurra all'orecchio.
"E basta!" - le sfugge, a voce alta.
Si mette attorno al collo un filo di perle bianche di media lunghezza. Prende il lungo soprabito rosso scarlatto con piccoli bottoni bianchi dall'appendiabiti e la borsa con dentro il materiale per la giornata.
Melania sa di essere un tantino eccentrica in fatto di vestiario e non ne fa mistero: le piace giocare coi colori e con gli accessori, anche se poi gioca molto poco. È giunta alla conclusione che forse le piace più sapere di averne la possibilità che di esercitarla. Inutile dire che il marito la prende in giro spesso e volentieri anche per questa sua particolarità.
Il marito è una di quelle persone sempre con la battuta pronta e con un commento ironico o sarcastico in canna, qualcosa che a Melania dà tanto fastidio quanto divertimento, a seconda dei casi.
***
Ritorna in cucina.
L'orologio da parete segna che mancano pochi minuti alle otto. È in orario, ma se aspetta ancora un po', sua figlia farà tardi a scuola.
Maria, la sua secondogenita, frequenta la quarta elementare ed è la migliore della sua classe, il che rende molto fieri i suoi genitori. Chiunque conosca entrambe, non evita di far notare a Melania quanto si assomiglino. Hanno la stessa forma del viso, lo stesso colore degli occhi e dei capelli. Dal padre sembra aver preso solo la curiosità e la voglia di fare, che la madre ha perso un po' nel corso degli anni, per via di alcuni gravi lutti e di un lavoro che non le dà più quegli stimoli dei primi tempi.
Apre la porta della stanza e accende la luce.
Maria sta ancora dormendo, nascosta sotto le coperte.
"Tesoro, svegliati. Non posso lasciarti dormire di più o farai tardi." - le dice, a voce bassa, per non farla svegliare di colpo.
Intanto che la piccola si stropiccia gli occhi, Melania le prende lo zaino, controlla che ci sia tutto il necessario per non avere noie con le maestre, e apre il cassettone.
"Oggi quale metti? Vestitino giallo o camicia a quadri rossa e pantaloni?" - guardandoli piegati con cura nel cassetto.
Madre e figlia sono molto simili anche di gusti e nel vestiario: a entrambe piace giocare con i colori e non si curano dell'opinione altrui, nonché essere sempre originali, ma non per questo volgari.
Hanno un ottimo rapporto e l'una si fida dell'altra senza riserve. Infatti, Melania lascia a sua figlia scegliere che abiti acquistare quando vanno per negozi, riservandosi l'ultima parola e di optare per qualcosa di meno costoso, certo. Le ha sempre insegnato che 'avere tanto vuol dire non sprecare nulla: si possono avere qualità e risparmio, basta saperci fare'. Era cresciuta in una famiglia benestante e i suoi genitori non le avevano mai fatto mancare nulla, ma le avevano insegnato anche a dare indietro sempre qualcosa, a trattare con cura ogni sua proprietà e di utilizzarla fino a che fosse possibile. Tutto quello che ha imparato dai suoi genitori lo ha trasmesso alla primogenita, Antonia, e ora lo sta facendo con la più piccola Maria.
Guarda fuori dalla finestra, spostando la tendina con la mano.
Il tempo non promette nulla di buono. Si sente qualche brontolio in lontananza e di tanto in tanto cade qualche goccia.
Il mese di febbraio si sta confermando alquanto strano, dal punto di vista climatico almeno. L'imprevidibilità sta facendo la parte del leone.
"Quello giallo fa primavera, ti pare il caso? Camicia e pantaloni e via!" - le risponde la bambina.
Maria è così: quello che pensa lo dice, con educazione, ma senza per questo addolcire troppo la pillola. È un tantino autoritaria, coma la madre alla sua età, del resto.
"Perfetto. Prendi e vai a cambiarti in bagno, mentre qui faccio il letto." - le dice, consegnandole i capi.
"D'accordo." - le risponde.
"E lavati i denti!" - le ricorda.
La bambina tende a fare la furba e a dire bugie. La piccola è una brava bugiarda, qualcosa che Melania sta cercando di smussare, pur apprezzando. Da sempre è sinceramente convinta che qualche bugia, ogni tanto, non faccia male a nessuno.
"D'accordo." - ribatte, sbuffando e chiudendosi in bagno.
"Brava. E non metterci tanto." - le suggerisce.
Nell'attesa, si mette a fare il letto della bimba.
Maria dorme sempre molto composta: pertanto, in meno di un minuto il letto della figlia è fatto, per non dire che si fa da solo. Basta tirare su il piumone e passare la mano fino all'altra estremità per eliminare le poche pieghe rimaste. Un gesto controllato e lento, come una carezza.
“Come le sue carezze quella volta...” - pensa.
Si ferma e rimane lì, in piedi e con aria malinconica e triste, come di chi sa che quel momento non si ripeterà più.
"Ho fatto." - le fa notare Maria, uscita dal bagno - "Mamma?".
Si volta verso la figlia, tornata in sé.
"Ho visto. Brava." - le dice.
Le passa il cappottino, lo zainetto e gli stivali.
"Devo proprio? Uffa!" - esclama la piccola, imbronciata.
"Non funziona. Non hai più cinque anni, ne hai otto." - le dice, con un sorriso.
"E va bene. Passali." - allungando le braccia.
Quando entrambe sono pronte, si avviano verso l'ingresso.
"Andiamo." - facendo andare avanti la figlia.
Si chiude la porta alle spalle e insieme scendono le scale.
“Non correre!” - le dice, seguendola.
***
Il condominio in cui risiedono è sito proprio a metà strada dall'università, dove lavora Melania, e dalle scuole elementari e medie del quartiere, dove studia Maria.
La brevità della distanza permette loro di recarsi in entrambi i luoghi a piedi: questa scelta permette loro di sfruttare altrimenti il tempo impiegato per trovare parcheggio, per esempio fermandosi in panetteria a comprare la merenda per l'intervallo della bambina.
Sta piovigginando, quindi basterà loro l'ombrello per non bagnarsi.
In panetteria, Melania acquista un pezzo di focaccia per la figlia.
Entrate nel cortile della scuola, le tiene compagnia sino al suono della campanella.
"Ti va se chiamiamo papà?" - propone, tirando fuori il cellulare dalla tasca.
"Certo." - le risponde, contenta.
Cerca il numero del marito in rubrica. Non riesce a memorizzare neppure il suo numero: è sempre divertente vederla tentennare quando va a fare la ricarica.
"Non hai ancora memorizzato il numero?" - sbotta la bambina.
"No, perché la mamma ha la memoria corta e troppe cose da ricordarsi.".
Il dito preme sul tasto della cornetta e avvia la chiamata.
"Sta squillando." - dice alla piccola.
''Eccomi.''
"Siamo di fronte alla scuola, in attesa che suoni la campanella. Volevo dirti grazie per quella rosa stupenda e..."
'Tu sei la rosa più bella di tutte le rose.' - guardandola dritta negli occhi.
Si interrompe, come poco prima, mentre faceva il letto della figlia.
Il marito la chiama, ma lei sembra non sentirlo. Anche Maria si accorge di questo momento di straniamento della madre.
"Mamma?" - tirandole il braccio.
"Che c'è?" - le chiede, stranita. Non la guarda.
"Me lo passi?" - facendo un gesto con la mano, come se volesse afferrare l'apparecchio - "Farete gli sdolcinati più tardi."
"Certo, tieni." - passandoglielo.
È ancora un po' stranita.
''Ciao, mia piccola Maria.''
"Ciao. Volevo dirti grazie per quella rosa stupenda..." - imitando la mamma.
"Dà qua!" - ribatte la madre, un tantino seccata.
Maria vede i suoi compagni che stanno entrando.
"Buon lavoro!" - grida la pargoletta, andando verso i suoi amichetti.
"L'hai sentita?" - chiede al marito, divertita.
''Eccome. È proprio tua figlia.'' - replica, divertito.
"Beh, ora vado in università, altrimenti faccio tardi. È giorno di esami, ci sarà di divertirsi."
"Sii buona, per una volta.'' - le chiede.
"Proverò, ma non prometto nulla. A stasera." - ribatte.
''A stasera.'' - replica - ''Ti amo.''.
Melania non ricambia e chiude la chiamata. Il suo gesto è freddo e sembra nascondere anche un certo fastidio nel sentirsi dire quelle due parole, quel 'ti amo'.
Saluta col braccio la figlia, un attimo prima che le porte della scuola si chiudano: si riapriranno nel tardo pomeriggio, al termine delle lezioni.
***
Approfitta di quei pochi minuti che la separano dall'università per riflettere.
La sua vita va avanti senza particolari problemi: ha un lavoro stabile, un marito che l'ama con tutto se stesso e una bambina che non le dà altro che soddisfazioni.
Melania è una professoressa rispettata dai colleghi e temuta dai suoi studenti. Quest'ultimi l'hanno soprannominata 'barracuda' non a caso. Sono ben pochi quelli che se la sentono di seguire le sue lezioni: la frequenza richiede molto impegno e ancor più partecipazione da parte loro e non tutti hanno la possibilità o l'interesse di dedicarcisi. Melania lo sa bene: così, qualche volta, pare mostrare un briciolo di comprensione. Ma giusto in sede d'esame e solo verso chi ha mostrato vero impegno.
Dovrebbe avere circa un centinaio di studenti per lezione, ma non supera mai la trentina. Tiene un registro delle presenze che compila lei stessa, seduta alla cattedra: li chiama uno ad uno e segna i presenti e gli assenti, ben attenta a guardare ciascuno, così da evitare di segnare qualcuno presente quando è invece assente. Non lo fa passare tra gli studenti perché sa bene quanto sia facile falsificare una firma. Lo sa per esperienza personale: dietro cospicuo pagamento, ne ha fatte per chiunque e per qualunque corso, anche quelli che non aveva inserito nel piano di studi, senza mai venire scoperta. Sa anche chi tenere sempre d'occhio: lei passava inosservata, quindi chi le ricorda lei alla loro età è quello - o quella, dipende - da tenere d'occhio. In cambio di favori, Melania non si fa problemi a dare suggerimenti ai suoi colleghi.
È una donna che sa quali sono i suoi punti di forza e non si fa problemi a sfruttarli se questo le permette di guadagnarci. Tuttavia, è anche una donna corretta e giusta: già ai tempi in cui era solo una studentessa, non ha chiesto un soldo o un favore ai colleghi di corso coi quali aveva stretto una profonda amicizia.
E non ha mai esitato se a chiederle aiuto era Simone.
Le piace il suo lavoro, ma ha tutto così sotto controllo che alle volte vorrebbe un imprevisto, 'tanto per ravvivare la routine'. Per lei il lato negativo di questa sua massima attenzione è l'assenza di novità da gestire. In ogni caso, conclude che sia meglio non averne affatto: l'ultima novità nella sua vita è stata la morte della primogenita Antonia, quindi preferisce evitare.
"Accidenti! Ora accadrà qualcosa." - rendendosi conto di aver commesso un grosso errore. È convinta che dire 'imprevisto' o suoi sinonimi le porti sfortuna. Ha le prove, quindi sa di aver ben ragione di temere qualche sorpresa.
È una donna molto preparata, a livello intellettuale, ma anche tanto superstiziosa e forte, molto forte. Ha passato alcuni momenti molto difficili, dai quali forse non si è mai ripresa del tutto e, forse, non riuscirà mai.
Ha perduto la mamma il giorno del suo ottavo compleanno e la primogenita, Antonia, il giorno del suo anniversario di matrimonio. Ha realizzato che le date importanti non le portano bene, quindi 'evitare di ricordarsene e se va bene, soddisfatta così!', come dice sempre.
Simone l'era stato accanto entrambe le volte.
'Hai raccolto le mie lacrime e le mie emozioni. Mi hai tenuto stretta per mano e non l'hai mai più lasciata. Ti sarò sempre grata per questo.'.
Hanno condiviso i primi vent'anni delle loro vite e la loro amicizia era qualcosa di unico e speciale. I loro amici scherzavano spesso sul fatto che, alle volte, sembravano punzecchiarsi più come fossero fratello e sorella che come fanno gli amici, e che invece, altre volte, sembravano più una coppia di innamorati che di amici.
Loro ridevano sempre a queste battute, ma sempre meno col passare degli anni. In qualche modo, quei continui paragoni sulla coppia di innamorati li avevano portati a farsi alcune domande, alle quali, però, non hanno mai cercato di dare risposte.   
Terminata la scuola superiore, si sono allontanati e persi di vista. Melania si era iscritta a giurisprudenza nell'università dove ora insegna, mentre Simone si era iscritto ad un corso di recitazione dall'altra parte della nazione. Si sono sentiti per telefono e si sono rivisti, ma non quanto entrambi avrebbero voluto. Per loro fortuna, nonostante scelte di vita differenti e il minor tempo trascorso insieme, il loro legame si è sempre mantenuto molto stabile.
***
"Buongiorno ragazzi." - dice ai pochi presenti, entrando in aula.
Le basta un istante per rendersi conto che i suoi studenti si sono messi un po' troppo vicini. Si nota abbastanza quando una trentina di persone occupa una sola delle due pancate di un aula che può contenerne almeno il quintuplo.
"Sapete già che come vi siete disposti non va affatto bene, vero? Uno per fila e una fila di distanza l'uno dall'altro. Avanti!" - fa loro notare con voce autoritaria.
Con l'indice della mano destra indica la persona che deve spostarsi e con quello della mano sinistra dove deve sedersi. In un paio di minuti, tutti sono seduti proprio dove il 'barracuda' li vuole: a portata d'occhio e di rimprovero. A Melania non piace alzare la voce e meno ancora urlare: pertanto, fa sedere gli studenti presenti tutti lungo le prime tre file, a poca distanza dalla cattedra.
Il fatto che ci stia seduta dietro per appena un paio di minuti e passi le restanti tre o quattro ore di lezione in piedi facendo avanti e indietro è solo un dettaglio.
Quando tutti sono al loro posto, Melania estrae dalla sua borsa i compiti che dovranno compilare e li consegna uno ad uno.
I suoi studenti sperano sempre che siano tutti uguali, così da tentare di suggerirsi a vicenda, e ogni volta restano delusi. E questa non fa eccezione.
"Li avete ricevuti? C'è qualcuno che non ha avuto il foglio?" - chiede.
Gli studenti annuiscono con il capo di no. Non vola una mosca.
"Bene. Avete due ore di tempo da..." - guardando l'orologio sulla parete - "...Ora!".
Mentre i suoi studenti leggono le varie domande e sembrano già disperati e non saper che pesci prendere, il 'barracuda' va a sedersi. Mette il telefono cellulare sulla cattedra e appoggia i gomiti sul banco, mettendo le mani sotto il mento.
Tiene tutti sotto controllo da quella posizione privilegiata.
***
La prima ora passa senza problemi.
Nessuno ha cercato di chiedere suggerimenti ad un collega, ma sembra anche che nessuno abbia ancora iniziato a segnare qualcosa sul foglio.
È una scena che si ripete spesso: non c'è ancora stato un esame che, al termine della correzione e alla pubblicazione dei risultati, risultasse superato da più di un terzo di quelli che l'hanno sostenuto in quella giornata. E chi rientra in quel terzo, non ha certo fatto faville.
Il lato positivo di superare questo esame è di non aver alcuna difficoltà a passare tutti quelli che seguono: voci di corridoio dicono che 'passato questo esame, tutto il resto è facile' e i dati danno loro ragione, in modo categorico.
Il telefono cellulare inizia a vibrare, ma Melania è così concentrata a tenere d'occhio i suoi studenti che appena se ne accorge. E non gli dà alcuna importanza.
Qualche istante dopo, però, è costretta a rispondere.
Si accende lo schermo: appare un avviso di chiamata. Inoltre, stanno arrivando altri messaggi.
Deduce che si tratta di qualcosa di importante, ma che non riguarda ne la figlia ne il marito. È una sua amica, Adelaide Bolti.
Si può conoscere Melania anche da come ha organizzato la sua rubrica: ogni contatto è salvato con nome e cognome e legame, distinguendo tra 'amico' e 'collega' e 'amico più stretto'. Appartenere a quest'ultima sezione è molto difficile, tant'è che ci è riuscito solo Simone e nessun altro in seguito.
“Chissà che diavolo vuole...” - dice a bassa voce, scocciata.
L'amica tende a chiamare sempre nei momenti meno opportuni e spesso per inezie che, però, lei considera questioni di vita o di morte. Sente di doverle rispondere, anche se non ne ha la minima voglia.
"Sembra che debba rispondere. Fermi tutti: riprenderemo quando avrò finito e il tempo impiegato sarà aggiunto al termine fissato in precedenza." - dice ai suoi studenti, i quali posano le penne e aspettano di poter riprendere a far finta di sapere le risposte.
"Pronto?" - portandoselo all'orecchio.
''Melania, finalmente! È da un bel po' che... Dov'eri finita?" - chiede, agitata.
"Sono in università, è giorno di esame. È successo qualcosa?" - domanda.
''Non hai saputo!?'' - con alquanta concitazione.
"A quanto pare no." - ribatte.
Inizia a essere nervosa e ad avere una strana sensazione.
''Ne stanno parlando i notiziari. Dio mio, non so come dirtelo...''
'Non ci sei più, vero?' - mostrando un'espressione affranta.
''Simone è morto. Non hanno detto per quale ragione, ma sospettano per problemi di cuore.'' - le rivela l'amica, sconvolta.
'Ho avuto un infarto: ero in cura da parecchio, ero preparato a questa possibilità. Non ho sofferto.' - le racconta, con tono sereno.
Melania è sconvolta.
Rimane del tutto immobile per qualche istante, come trasformata in una statua di pietra, con il telefono all'orecchio.
''Melania? Sei ancora lì?'' - le viene chiesto.
'Non anche tu, ti prego...' - incredula e rassegnata allo stesso tempo.
"Sì, ho sentito. Ti ringrazio per il pensiero. Devo andare." - ribatte freddamente.
''Posso far...'' - e non può dirle altro.
Spegne il telefono.
"Ho ricevuto... È successa una cosa..." - cerca di dire, ma non fa altro che balbettare - "È un problema se annulliamo questo esame e lo recuperiamo in un giorno entro il prossimo paio di settimane?" - lottando con le sue emozioni per non crollare di fronte a loro.
Gli studenti rispondo che non c'è alcun problema. Passa a ritirare i singoli compiti: non li guarda neppure. Li infila dentro la sua borsa, prende il soprabito e lascia l'aula.
'Mi dispiace.' - le ripete, sempre sereno.
Melania scende le scale a passo veloce. Il silenzio quasi spettrale di quel luogo viene spezzato dai suoi tacchi che picchiano ad ogni passo il marmo degli scalini.
Piove ancora e con maggior intensità rispetto ad un'ora prima.
Tiene le mani in tasca nel soprabito e volge lo sguardo verso il basso.
La via da percorrere a quest'ora è frequentata da parecchie persone: ma lei non sembra vederle, forse neppure rendersene conto. Un passante la urta con la spalla, ma lei non reagisce. Le porge le sue scuse, ma lei non risponde.
È diretta verso casa: lì si chiuderà dentro, rimanendo sola fino al ritorno della famiglia. Vuole solo questo e null'altro.
***
Rincasa.
“Avanti! Avanti! Avanti!” - ripete, a un passo dal crollare, cercando di centrare la fessura delle serratura con la chiave.
Sta tremando e ha tante emozioni che stanno solo cercando di uscire.
È dentro. Può lasciarsi andare.
Chiude la porta e ci si appoggia con la schiena.
Stringe le chiavi nella mano. Vorrebbe chiudere la porta a chiavi, ma non sembra neppure reggersi in piedi. Le gambe stanno tremando.
Scivola sulla porta fino a toccare terra.
Rimane lì, immobile, con le gambe inclinate e i vestiti addosso e la tracolla della borsa sulla spalla.
Tutta la sua disperazione si manifesta, devastante e improvvisa com'è l'eruzione di un vulcano.
Inizia a piangere. E a respirare sempre più a fatica.
Cerca di dire qualcosa, ma non ci riesce.
Muove le labbra, ma non emette suono qualificabile come parola, solo dei strani lamenti.
Si sente sopraffare dalle sue emozioni.
Pare appena riuscire a respirare.
Continua a tremare, anche perché ha camminato sotto la pioggia e i suoi abiti sono bagnati fradici. La mano destra è lasciata poco sotto dove sta il cuore, mentre quella sinistra è lasciata distendersi sul pavimento, aperta e con le dita inarcate verso l'alto.
Piange, in silenzio.
Il suo viso inizia a rigarsi di piccole e sottili linee di colore scuro: è il velo di trucco che viene via per l'azione combinata pioggia-lacrime.
'Non può essere vero. Ti prego, dimmi che non è vero!' - gli chiede, con gli occhi rossi, il volto rigato e colle guance arrossate e agitata.
'È vero, ma non è come sembra.' - le ribatte, sereno.
Rimane lì, come una figura di cui avere solo pietà e compassione. Una maschera che si sta frantumando, quella di donna forte e risoluta, del 'barracuda', ancora una volta, in tanti minuscoli pezzi, così piccoli che sarà molto difficile rimetterli insieme.
***
L'orologio a pendolo all'ingresso del soggiorno suona per un paio di volte, molto ravvicinate, indicando che è circa mezzogiorno. Melania è rimasta in quella posizione e con quell'espressione affranta per quasi due ore.
Il suono sembra riportarla nella realtà.
Sospira, lentamente.
Si asciuga le lacrime, con il dorso della mano destra.
Si alza, un po' a fatica.
Infila la chiave nella serratura e chiude la porta. Posa la borsa ai piedi del termosifone, per asciugarla, dopo averne estratto il contenuto e averlo lasciato sul tavolo in cucina, assieme al telefono cellulare.
Cammina verso la camera da letto e, una volta dentro, chiude la porta a chiave.
Va verso la camera da letto. Una volta dentro, chiude la porta a chiave.
Con movimenti meccanici, si leva di dosso i vestiti bagnati - il soprabito, il giacchetto, la gonna e la sottoveste - e li lascia per terra, assieme alle scarpe, tolte senza sedersi, ma camminando.
Entra in bagno, con addosso solo la lingerie.
Apre il rubinetto per riempire di acqua calda la vasca da bagno. Sistema un asciugamano sul pavimento, sul quale poi metterà i piedi quando uscirà fuori dalla vasca e si siede sul bordo: quando  si è raccolta abbastanza acqua, si toglie il reggiseno e le mutandine e vi si immerge.
Appoggia il braccio sul bordo della vasca, lasciando che la mano penzoli all'esterno, e distende le gambe, doloranti per via di quella posizione.
Si passa l'altra mano sul viso, un paio di volte, e poi tra i capelli, per sistemarli e riunirli in una treccia grossolana e girarli, in modo che penzolino lungo la spalla.
Non vuole pensare a nulla, solo rilassarsi per qualche minuto.
Sospira e le palpebre si chiudono.
In pochi istanti, riprende il ricordo della sua prima volta con Simone da dove aveva interrotto qualche ora prima, di fronte al suo guardaroba.
'La mia vita sta andando in pezzi e talmente in fretta da rendermene conto appena.' - confessa.
Una lacrima fa capolino e altre seguiranno nei prossimi istanti.
Ha solo le mutandine addosso ed è la prima volta che l'uno vede l'altra nuda e viceversa: con sorpresa di entrambi, non provano imbarazzo, ma, piuttosto, si sentono a loro agio in quelle nuove vesti.
'Posso fare qualcosa?' - le chiede.
'Non smettere di fare quello che stai facendo.' - ribatte, rilassandosi.
Lui le sposta i capelli sul lato destro e inizia a baciarla lungo il collo, con baci lenti, decisi e passionali.
'Ho sepolto una figlia, oggi. E mio marito... Beh, abbiamo avuto una brutta lite. L'ho cacciato di casa, non so neppure se tornerà.' - continua, iniziando a provare una nuova sensazione quando lui le appoggia le mani sui fianchi: piacere.
'Non smettere, ti prego.' - chiede, quasi supplicando.
Lui continua a donarle tanti baci gentili, spostandosi dal collo alle spalle, lungo il braccio fino alla mano, lasciandole una mano sul fianco.
L'altra mano, appoggiata sul seno da quando è lì dentro, inizia a distendersi e a muoversi lungo i seni...
'A volte sembra che siate tutti su di una lista che di tanto in tanto viene ridotta, chissà per quale ragione. Non riesco mai a farmene una ragione.' - continua a raccontare.
...e poi, mentre una lacrima le scende lungo la guancia, a scivolare lungo il ventre...
'E se non ci fosse alcuna ragione?' - ipotizza.
Smette di baciarla.
'Che vuoi dire?' - chiede.
Con entrambe le mani le abbassa le mutandine, facendole scivolare lentamente lungo le gambe.
...con le dita che si riavvicinano in prossimità dell'ombelico...
'Mi lascerai anche tu?' - gli chiede.
Dentro di lei è un crescendo di rabbia, per non sapere darsi una spiegazione, di tristezza, per aver sepolto una figlia che ama più della sua stessa vita, di incredulità, per come è successo, di una sensazione di vuoto che vuole solo essere colmato e di piacere, di quello violento, di quello carnale.
'Tutto sta andando in pezzi.' - ripete, mostrando tutto questo al suo partner gentile.
...mordicchiandosi il labbro...
'E se sapessi la ragione, credi che torneranno? No. Per questo ti dico di non concentrarti su questi momenti in cui tutto ti sembra assurdo, perchè non ha senso.' - le consiglia.
'Va bene. Mi fido di te. Voglio provarci.' - gli dice, alzando una gamba e poi l'altra per allontanare le mutandine dai piedi - 'Ma devi promettermi che ci sarai, sempre.' - chiede in cambio.
Non vuole un'altra delusione.
...e iniziando a gemere a intervalli via via più ravvicinati...
'Prometto.' - replica, mentre si rialza - 'Rimarrò.'.
Lei appoggia la mano sinistra sulle intimità di lui e inizia a scoprirne le grazie.
...le dita fanno sì che riprovi quel piacere antico con movimenti ben precisi...
'Ho rinviato questo momento per avere solo dolore e sensi di colpa.' - rivela, senza mai smettere di guardare avanti a sé - 'Voglio essere felice, come quando ero insieme a te.'.
Lui ruota il capo verso di lei.
'Farei qualsiasi cosa per te, Melania.' - le confessa.
'Allora fallo. Simone, ti prego, scopami.' - senza fermare la mano.
Si voltano l'uno verso l'altra. Lui le sorride e lei ricambia: entrambi sono sopraffatti dai loro sentimenti.
Le iridi color smeraldo di lui puntano dritte le iridi azzurro cielo di lei, ancora una volta.
...fino a emettere una serie di grida di piacere... 
Lui la bacia e lei ricambia, con lo stesso ardore e la stessa passione.
L'uno lascia che l'altra lo scopra e l'una lascia che l'altro la scopra.
...e un gemito finale, emesso a gran voce, che le fa aprire gli occhi, come al termine di quell'unico rapporto, consumato sul di lei divano dopo aver parlato di tante cose e bevuto molto per l'intera serata.
***
Si ricompone.
'Rimarrò.'.
“L'hai promesso. Sei vincolato o... Ecco, ti citerò per inadempimento!” - riesce a dire, con grande sforzo d'animo. Riesce a fare una battuta e a smettere di piangere.
'Sai che mi piace la tua risata. Non smettere, è così bello sentirla.' - le ribatte, sorridendole.
Il respiro si fa man mano più regolare così come il battito cardiaco.
Riesce a rilassarsi, finalmente. Il bagno caldo sta rivelandosi utile.
***
È uscita fuori dalla vasca ed è davanti allo specchio.
Dal secondo cassetto del mobiletto prende un paio di dischetti di cotone e se li passa sul viso e sugli occhi, per togliersi i pochi residui di trucco.
Si lava i capelli nel lavandino, con dosi abbondanti di shampoo alla pesca, il suo preferito. Li sciacqua bene e li asciuga con l'asciugacapelli, in modo che siano perfetti come quando era uscita di casa.
Si avvolge un altro asciugamano attorno al busto e mette in ordine il bagno: pulisce la vasca con la spugna, strizzandola fino a quando non ne esce più neppure una goccia, e risciacqua tutto con il telefono della doccia. Mette al loro posto le boccette dello shampoo e del bagnoschiuma e sostituisce gli asciugamani appena usati con altri del tutto identici, prendendoli dallo stesso mobiletto.
Quando tutto sembra come quando era uscita la mattina, ritorna in camera da letto.
Prende dall'armadio una sottoveste lilla e una vestaglia violacea e le indossa.
Prende gli abiti bagnati e li infila nel cesto dei panni da lavare.
Non vuole che il marito sospetti che dietro l'amicizia con Simone si era nascosto un sentimento molto più profondo e che abbia avuto un momento molto passionale, dopo quella discussione che l'aveva portata a cacciarlo di casa. E non vuole che capisca che quel sentimento è ancora vivo.
Non vuole divorziare e ritrovarsi senza un tetto sulla testa e rischiare di vedere la figlia che tanto ama un paio di giorni la settimana. Ha fatto alcune scelte e ora le porta avanti, cogliendone i vantaggi e subendole gli svantaggi.
Si guarda attorno, dopo aver fatto tutto.
"Perfetto. Non capirà nulla." - si dice, soddisfatta - "E se mi chiederà perché gli abiti sono bagnati, risponderò che una folata di vento ha rotto l'ombrello e che la pioggia battente ha fatto il resto. Sanno tutti che io e gli ombrelli non andiamo d'accordo: o me li dimentico in giro oppure li rompo." - conclude.
Solo ora si rende conto di aver lasciato l'ombrello in classe.
Le sfugge una sorta di risatina.
“L'hai appena detto.” - pensa, ricordando quanto appena detto.
Non sa che cosa fare. Vorrebbe saperne di più sulla morte di Simone, ma non vuole ritornare la donna patetica e triste che se n'è appena andata via.
A Melania non è mai piaciuto mostrare quello che prova: per questo sin da bambina ha iniziato a nascondere le sue emozioni, a reprimerle con fermezza.
Non solo è convinta che una bugia di tanto in tanto non faccia male a nessuno, ma che, di tanto in tanto, faccia stare meglio anche se stessi.
Per la prima volta, forse ora ha compreso il vero significato del consiglio della mamma, quello di 'vedere il bicchiere mezzo pieno e mai mezzo vuoto, anche nelle situazioni più difficili': stare meglio, per andare avanti, per se stessi e per chi conta su di loro.
'Sei una donna forte, Melania, l'ho sempre saputo. E non mi sono sbagliato. Hai superato tante prove, supererai anche questa. Fidati: lo so. Ti ho stretta la mano quella volta e non te la lascerò tanto facilmente. Non ti libererai di me.' - le dice, facendole l'occhietto.
"Ma devi sempre scherzare?" - dice a bassa voce, accennando un sorriso - "Ha ragione. Ho una vita da mandare avanti.".
Sospira.
Si alza dal letto.
***
Ritorna in cucina per prendere il telefono cellulare.
Ha un piano ben preciso in mente: eliminare tutti i messaggi scritti e le telefonare ricevute nel corso della giornata. Sa quello di cui aveva più bisogno: Simone le starà sempre accanto e non potrebbe volere di più.
Ci sono dei messaggi salvati in segreteria. Sono molto brevi e per lo più di alcune amiche. Li ascolta uno ad uno: dicono tutti di chiamarle quando possibile, quindi non ha problemi ad eliminarli.
In fondo all'elenco, nota un messaggio di Simone. Dura soli undici secondi e risale alle quattro e trenta della notte.
Preme il tasto play e si porta l'apparecchio all'orecchio.
"Sei la persona più importante della mia vita. Ti amo, da sempre.".
"Anch'io, Simone. Da sempre." - risponde, d'istinto. Una lacrima le scivola lungo la guancia.
Decide di non eliminarlo. Spegne il telefono cellulare e si dedica a preparare la cena.
Mentre taglia le cipolle a rondelle e poi a pezzettini fini per il soffritto, alcune lacrime le scendono lungo il viso.
Riascolta quel messaggio nella sua mente per tutto il tempo. E rimpiange di avergli risposto di no quando vent'anni fa Simone le aveva chiesto di seguirlo e di stare insieme, come quando erano semplici adolescenti che si stavano affacciando alla vita adulta.
Singhiozza, qualche volta; ogni volta, darà la colpa alle cipolle.
***
Sono appena passare le sedici quando sente bussare alla porta.
"Siamo tornati!" - le dice il marito, con la piccola Maria accanto, dall'altra parte.
“Eccomi.” - risponde.
Sospira e apre loro la porta.
“Ciao, mio piccolo angelo.” - dice alla figlioletta.
La prende in braccio la piccola e le dà un bacio sulla guancia.
“Vieni, entra.” - dice al marito, spostandosi un poco per farlo passare.
“Piove ancora, vero?” - chiede loro.
La bambina vuole scendere.
"Il portiere dice che metteranno a posto il citofono in un paio di giorni, almeno non dovremo più bussare e farti spaventare." - le dice.
“Nessuno spavento.” - ribatte.
La bambina va verso la sua cameretta.
“Lavati le mani e poi mettiti dietro a studiare!” - le urla Melania.
“Ho sentito alla radio della morte di Simone. Pare avesse problemi di cuore.” - le rivela il marito.
“Sì, ho saputo.” - ribatte - “Sì, ne soffriva da parecchio tempo. Sto bene, starò bene. Non preoccuparti.” - conclude, senza lasciargli il tempo di chiederglielo.
Si scambiano un abbraccio.
Rivede Simone: ha indosso il suo completo color pulce sopra una camicia bianca dal colletto alto e la cravatta arancio attorno al collo. Le sorride, ricambiato.
Ora come non mai, a Melania dispiace di non amare quell'uomo nel modo che merita, come lui l'ama, come lei ama e amerà Simone, con tutta se stessa.
“Com'è andata la tua giornata?” - chiede al marito, ritornando dietro ai fornelli.
Quest'ultimo le racconta la sua giornata, trattenendosi dal fare domande alla moglie.

 
***
 
NOTE D'AUTORE

Per una lettura più chiara della storia, data la struttura della trama, dico solo questo: le battute riportate in questo modo – 'parola' – e le relative integrazioni vanno lette, certo, ma soprattutto visualizzate, assieme ai gesti e agli sguardi dei protagonisti. Sono scambi di battute che Melania immagina di avere con Simone, ma non le ha mai avute (tranne il dialogo durante l'adulterio).
A me succede spesso di fare qualcosa e di interrompermi e pensare a che mi direbbe chi mi vedrebbe o a cosa vorrei che mi venisse detto (dipende dal contesto e dall'umore). Spero di averlo reso pari pari a come ho visto ogni singola scena scrivendo.
Immaginate la camera fissa a riprendere i personaggi dalle spalle a salire, immobile e implacabile nel riprendere ogni minima ruga d'espressione, ogni minimo gesto volontario o meno, gli sguardi. Immaginate entrambi non distogliere mai lo sguardo dalla telecamera (se non quando scrivo che si voltano l'uno verso l'altro). Vale anche per la consumazione dell'adulterio e del relativo atto di masturbazione (nel passato e nel presente). Parlano allo spettatore, oltre che all'altra parte e a se stessi. Infine, immaginate la cinepresa fissa prima a mostrare l'inizio del crollo emotivo di Melania, una visione d'insieme mentre scivola con la schiena sulla porta d'ingresso, e poi in quest'ordine: volto, occhi, bocca, mano destra, mano sinistra, volto.

Ho tratto ispirazione dalle scene finali del film 'Höstsonaten' (1978), durante le quali la camera si concentra in brevi quanto strazianti primi piani dei protagonisti: la madre Charlotte, la figlia Eva e il marito di questa Victor, intenti a leggere una lettera scritta da Eva alla madre.
Ho tratto ispirazione anche dalle scene finali del film 'Persona' (1966), durante le quali la camera si concentra in prolungati e molto ravvicinati primi piani dei protagonisti: l'infermiera Alma mentre spiega alla paziente Elizabeth le ragioni per le quali, durante un'esibizione in teatro, ha riso e poi si è chiusa in un silenzio che non ha ragioni patologiche.
Entrambi i film sono stati diretti e scritti dal regista e sceneggiatore svedese Ingmar Bergman e hanno per protagonista Liv Ullman (la figlia Eva nel primo, la paziente Elizabeth nel secondo) e, rispettivamente, Ingrid Bergman (la madre Charlotte: il suo ultimo ruolo cinematografico e, a parer mio e di parecchi critici, il migliore) e Bibi Andersson (l'infermiera e amica Alma). Le interpreti sono in stato di grazia supportate da una mano esperta e interessata dietro la cinepresa e da una sceneggiatura solida e ricercata.
Il primo racconta il rapporto complicato tra una madre troppo concentrata sulla propria carriera e una figlia che ha sofferto più di quanto sembri di quel distacco messo in atto dalla madre che ha dovuto sostituirsi alla madre naturale nell'accudire la sorella minore Helena, gravemente malata. Il secondo – senza dubbio, il lavoro più sperimentale dell'autore e il più scandaloso, sia per le scene che per alcune battute –, quanto ho già scritto: l'attrice Elizabeth si blocca durante un'esibizione, chiudendosi in un silenzio inspiegabile e viene affidata alle cure dell'infermiera Alma che la porta su di una piccola isola, in una casetta, a trascorrere il fine settimana, durante il quale entrambe si conosceranno meglio, le proprie esperienze e i propri dolori e rimpianti e paure.
Inutile che ve lo dica, ma lo faccio comunque: se li avete già visti, allora rivedeteveli, altrimenti rimediate subito.

Infine, ho pensato a tutto il tempo come interprete di Melania per una versione cinematografica la Divina Heather Tom (con la tinta, visto che non è rossa naturale: per i capelli ho pensato alla Divina Isabelle Huppert, ma per una questione di età dovrei cambiare troppo nella trama, ma sarebbe altrettanto perfetta per le scene più audaci e più drammatiche). Diciamo che lavorare con entrambe - allo stesso progetto o a progetti diversi non fa differenza: basta riuscire a coinvolgerle - è la mia massima aspirazione di sceneggiatore/regista (e sogno, anche).

Spero che questo racconto vi piacerà. Buona lettura.
   
 
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