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Autore: Kira Eyler    14/02/2017    4 recensioni
[Speciale San Valentino] [TokikoxRyou] [Prima degli eventi narrati]
"[...] Poi tutto tornò come prima, dopo un paio di minuti: Tokiko rientrò a scuola, accompagnata da due bambine e una maestra, e gli altri bambini tornarono a giocare, mentre Ryou si sedette su una panchina. Poggiò i gomiti sulle gambe e il viso tra i palmi delle mani, osservando un punto a caso del cortile scolastico con espressione affranta: poteva pur sempre fare qualcosa per farsi perdonare, no? Non era un tipo da bacetti e abbracci, poi non aveva mai chiesto scusa ad una femminuccia o ad un maschietto: quando litigava, faceva passare del tempo, e quando passava il tempo tutto si sistemava.[...]
[...] portò il mazzo di fiori davanti al petto come se fosse una piccola sposa.
-Quindi sono la tua fidanzata!?- gli chiese allegra, alzandosi sulle punte per arrivare all’altezza del bambino; continuò, mentre quest’ultimo indietreggiava confuso: -Ma però non sai come mi chiamo... va bene, mi chiamo Tokiko!-[...]"
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ryou Yoshizawa, Tokiko Tsuji
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tengo a precisare che è una storia molto semplice e breve: volontariamente non ho messo particolari descrizioni, volontariamente ho commesso errori grammaticali mentre i due bambini dialogavano (sono bambini, non possono parlare come ragazzi!). Tokiko e Ryou, anche se non sembra dall'anime, hanno un profondo legame d'amicizia: molto spesso Ryou divide le vittime con Tokiko, o si trova con lei nei bagni e nell'infermeria -mentre Yuki è chissà dove a fare chissà cosa, come uccidere gente xD. Quindi, beh, li shippo tanto <3
Do un biscottino a chi vota Ryou Yoshizawa per farlo aggiungere ai personaggi; è l'unico che manca! E do due cioccolatini  a chi mi segnala le sviste uwu 
Buon San Valentino a tutti gli innamorati! 
Vostra Kira :*

Valentine's day

Per essere un giorno di febbraio, il Sole e l’aria sembravano quelli di un giorno di primavera: non vi era una sola nuvola nel cielo blu, il vento soffiava raramente e, tra i suoi intervalli, i raggi del Sole riscaldavano chiunque passasse sotto di loro.
I bambini della scuola stavano giocando nel grande cortile: era ricreazione e, dopo una dura giornata scolastica, con quel magnifico tempo, uscire dalle aule e stare qualche minuto all’aria aperta era una bella sensazione. Delle maestre uscirono insieme ai bambini, sedendosi poi sulle panchine per osservarli mentre si dividevano in gruppi: c’era il gruppo di tre bambine che giocava al salto con la corda, un’altro gruppo misto tra bimbi e bimbe che giocava a campana, i soliti bimbetti più vivaci che giocavano a nascondino o ad acchiapparella; e poi, come potevano mancare i bambini e le bambine più tranquilli che, semplicemente, disegnavano in disparte, chiacchieravano seduti con dei pochi amici o raccoglievano fiori?
Yoshizawa Ryou, un bimbetto dai capelli castani, stava cercando un posto nel cortile in cui nascondersi. Ne aveva già trovato qualcuno, ma i suoi amici avevano deciso di non condividere lo stesso nascondiglio, quindi gli toccava cercarne altri. Sentiva la conta dell’altro bambino rimbombargli nelle orecchie: “... cinque! Sei! Sette!”. Si fece prendere dal panico e, senza pensarci un secondo di più, si gettò dietro un cespuglio del cortile.
-Pronti o no, vi vengo a cercarvi!- fu l’esclamazione del bambino che stava contando.
Ryou cercò di farsi piccolo piccolo dietro il cespuglio, strinse le ginocchia al petto, vi appoggiò la fronte contro e le circondò con le braccia, sperando di non essere trovato per primo. Passarono pochi secondi prima che sentisse qualcuno frugare proprio in quel cespuglio; stava per alzarsi e correre via, quando un grido spaventato di bambina lo fece rimanere fermo dov’era.
-Scusami, cosa ci fai dentro al cespuglio?- sentì chiedere dalla stessa voce -Mi hai fatto paura!-
Ryou si portò un dito alle labbra, sussurrando un lungo “Shhh!”. Voltò il capo per osservare la bambina che gli aveva parlato, con rabbia e preoccupazione: era una bambina dai corti e lisci capelli castani, con due fermagli a fiorellino ai lati della testa; aveva gli occhi di un verde brillante, i quali erano puntati su di lui in modo da farli sembrare luccicanti di rabbia. Indossava una salopette rossa, che terminava come se fosse una gonna e non come un pantalone, e sotto di essa indossava un maglioncino rosa a collo alto; al petto stringeva un piccolo orso di peluche.
-Sto giocando a nascondino- le sussurrò lui, osservandola severamente; la vide sgranare gli occhi verdi e spalancare la bocca, emettendo un’esclamazione che era a metà tra “Ho capito!” e “Wow, che bello!”.
La bambina portò entrambe le mani lungo i fianchi, stringendo con una di essere la zampa del pupazzo; sorrise e gli parlò, gioiosamente: -Che bello, che bello! Posso giocare? Mi posso nascondere anche io con te? Sì, posso?-
Ryou scosse la testa in segno di negazione; i ciuffi dei suoi capelli castano scuro ondeggiarono lievemente. Le labbra assunsero la forma di un broncio: era certo che quella bambina lo avrebbe fatto scoprire!
-Perché no!?- continuò la piccina, quasi gridando. Perse il sorriso e gli occhi iniziarono ad inumidirsi, mentre si portava un ditino alle labbra.
-Perché n...- provò a dire il bambino, ma venne interrotto.
Un bambino balzò davanti a lui, indicandolo con un dito: -HO TROVATO RYOU!- esclamò vittorioso, prima di correre via con gridolini festosi e gioiosi come accompagnamento.
Il bambino rimase spiazzato. Sbatté le palpebre un paio di volte, poggiò le mani a terra e si diede la spinta per mettersi in piedi; osservò il luogo in cui era corso il suo amico, ancora in cerca degli altri, e schiuse le labbra ad “o”. Abbassò lo sguardo improvvisamente e strinse i pugnetti, stringendo tra loro i denti e le labbra, prima di voltarsi verso la bambina dietro di lui e osservarla infuriato.
-E’ tutta colpa tua!- le gridò contro furioso, facendola indietreggiare di un passo -Quando gioco tu non devi stare vicino a me!-
Finì di gridare: nel cortile era caduto il silenzio. Lo stavano fissando tutti, anche il compagno che prima l’aveva trovato, e tutti avevano la stessa aria confusa. Ryou si sentì improvvisamente in colpa e si tappò la bocca con le mani, osservando a destra e a sinistra i suoi amichetti. Un pianto improvviso si levò da vicino a lui, spezzando il silenzio: guardò la bambina, la quale aveva iniziato a piangere come una fontana e a singhiozzare rumorosamente; le copiose lacrime le scivolavano lungo le guance paffute, toccando anche le labbra tra loro spalancate., i pugni erano stretti lungo i fianchi.
Ryou si tolse le mani dalle labbra, provò a rimediare, ma la bambina corse via da una maestra, gettandosi tra le sue braccia. I bambini che poco prima stavano giocando con lui gli corsero incontro da ogni lato: chi lo fissava con un’espressione adirata, chi con una preoccupata. Non vi fu più silenzio, ma un sovrapposizionamento di frasi: “Perché l’hai fatta piangere?”; “Ma però poverina, vacci a chiedere scusa!”; “Non è colpa sua se ti nascondi male!”. Ryou, però, fissava la bambina e basta, dispiaciuto. E il dispiacere e i sensi di colpa aumentavano ogni volta che si trovava ad ascoltare una frase di quei bambini.
Poi tutto tornò come prima, dopo un paio di minuti: Tokiko rientrò a scuola, accompagnata da due bambine e una maestra, e gli altri bambini tornarono a giocare, mentre Ryou si sedette su una panchina. Poggiò i gomiti sulle gambe e il viso tra i palmi delle mani, osservando un punto a caso del cortile scolastico con espressione affranta: poteva pur sempre fare qualcosa per farsi perdonare, no? Non era un tipo da bacetti e abbracci, poi non aveva mai chiesto scusa ad una femminuccia o ad un maschietto: quando litigava, faceva passare del tempo, e quando passava il tempo tutto si sistemava.
Ma era anche vero che non aveva mai fatto piangere nessuno, oltre quella bimbetta. Sbuffò, si mise dritto sulla panchina e lasciò le mani sulle ginocchia; per puro caso puntò lo sguardo in un punto verde accanto alla panchina... e gli venne un’idea.

***

-Scusa, bimba!-
Ryou si fermò dietro la castana.
Si trovavano accanto alle scarpiere, dove la bambina stava seduta mentre la solita insegnante la aiutava ad infilare le ballerine bianche. La diretta interessata lo fissò voltando il capo, curiosa di sapere cosa volesse, mentre sul volto della giovane donna comparve un tenero sorriso.
Il bambino si grattò la nuca con una mano; l’altra la teneva ben nascosta dietro la schiena. Aspettò che la piccina si alzasse dopo aver finito di indossare le scarpe e che l’insegnante si allontanasse un po’ da loro, poi nascose anche l’altra mano dietro la schiena e abbassò gli occhi castani.
-Mi... mi dispiace- le disse. Alzò gli occhi e vide gli smeraldi della bambina illuminarsi di gioia, anche se non la fece sorridere; continuò, dispiaciuto e imbarazzato: -non volevo farti piangere!- smise di nascondere le mani dietro la schiena e le portò davanti a lui, porgendo alla bambina ciò che stringeva tra esse e chiuse gli occhi -Spero che mi perdoni!-
Sentì il tonfo di un peluche cadere a terra, seguito da un battito di mani allegro: aprì gli occhi e vide la piccola con un enorme sorriso in volto e le mani unite davanti al petto. Questa afferrò il mazzo di margherite che il bambino le stava porgendo, se le portò davanti al nasino e aspirò il dolce profumo, chiudendo gli occhi per qualche secondo. Quando li riaprì, portò il mazzo di fiori davanti al petto come se fosse una piccola sposa.
-Quindi sono la tua fidanzata!?- gli chiese allegra, alzandosi sulle punte per arrivare all’altezza del bambino; continuò, mentre quest’ultimo indietreggiava confuso: -Ma però non sai come mi chiamo... va bene, mi chiamo Tokiko!-
-P... Perché dovresti essere la mia fidanzata!?- riuscì solo a dire il bambino, fissandola spaventato: lui non voleva una fidanzata! Voleva solo fare pace!
Sentì un’insegnante scoppiare a ridere, avvicinandosi a loro; si abbassò alla sua altezza e lo guardò divertito.
-Le hai regalato dei fiori a San Valentino!- gli spiegò, sempre più divertita da quella faccenda.
Tokiko annuì contenta alle sue parole; Ryou sbiancò prima di correre via in cortile con lo zainetto in spalla. La maestra scompigliò i capelli della bambina, raccogliendo da terra il suo pupazzetto e porgendoglielo; la bambina, però, non era interessata al suo pupazzo. Stava sorridendo, fissava i fiori e immaginava che, da grande, avrebbe indossato un vestito come quello indossato un tempo dalla mamma, stretto dei fiori belli come quelli e avrebbe sposato il bambino, andando a vivere in un grande castello.
 

Purtroppo, però, come per farsi beffa di lei, la vita la donò
alla morte qualche mese dopo.

 

   
 
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