Libri > Il ritratto di Dorian Gray
Ricorda la storia  |      
Autore: Chloris    14/02/2017    1 recensioni
Gli uomini decadono.
Ma i ritratti no, quello di Dorian Gray è ancora lì fuori, da qualche parte.
Eterno come un dio, come la dea che ora lo sta contemplando.
Genere: Generale, Introspettivo, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Basil Hallward, Dorian Gray, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
"L'arte rispecchia lo spettatore, non la vita."
Oscar Wilde



L'atmosfera letargica e torpida che aleggiava nel quadro sembrava diffondere al resto della stanza la sonnolenta pigrizia di quel giorno di giugno in cui era stato dipinto.
Gladys si sentiva esposta e vulnerabile come un sacrificio sventrato sull'altare, come se l'augure, immolando le sue viscere, vi avesse letto un atroce segreto, ogni agghiacciante capitolo della sua vita.
Sicuramente stava vivendo la stessa estasi divina dei vergini martiri greci che si sacrificavano sull'altare del loro dio, candidi e beati nella loro giovinezza, nella convinzione di essere baciati dai Celesti. 
Ma la vera divinità, l'unico essere realmente celestiale, empireo, in quel momento era il giovane Adone fatto d'avorio, oro e corallo che la guardava languidamente da una cornice che, seppur mirabilmente fregiata con minuziosi arabeschi in oro, appariva incapace di equiparare la fulgida bellezza del suo ospite. 
Il giovane del dipinto possedeva  davvero quell'armonia di lineamenti che gli scultori greci avevano riservato ai loro dei, con quel volto efebico e luminoso, il collo pellucido, le spalle scultoree e gli occhi- oh gli occhi erano squarci aperti sul cielo immacolato, parevano aver rapito l'azzurro terso e limpido delle gelide sorgenti di montagna. 
Le labbra scarlatte erano appena socchiuse, cristallizzate in una posa eternamente stupefatta, meravigliata dagli interminabili incanti del mondo e della vita. La testa era leggermente reclinata all'indietro, cosicché i folti ricci biondi ricadevano sulle spalle eburnee del ragazzo come cascatelle di divina ambrosia, drappi di seta dorata che lambivano il marmo di una statua. 
E poi, nell'angolo sinistro della tela, la firma del pittore, vermiglia come il sangue versato, squarciava brutalmente la soave perfezione del proprio dipinto, come uno sfregio aperto: Basil Hallward.
Come poteva Dorian Gray, quel giovane semidio biondo e riccioluto, aver compiuto  un delitto tanto riprovevole? Come quelle dita raffinate e sottili potevano aver impugnato un'arma in modo così brutale? Chi avrebbe potuto immaginarle macchiate di sangue?
Gladys sicuramente no. 
Si guardò alle spalle, udendo delle lievi e contenute risate provenire dalla marmaglia umana altezzosa ed elegantemente vestita che brulicava nel corridoio, ma non riuscì a focalizzarsi su nessuno in particolare. 
Non si sarebbe stupita se stessero ridendo lei, pensava con un ghigno malcelato, ma, come diceva sempre molto amorevolmente sua madre, non era il centro del mondo. Non ancora, quanto meno. 
Decisamente poco intimorita, voltò sdegnosamente le spalle alla gente e riprese a contemplare quello che era, le parve, lo specchio della sua anima. Eppure Gladys non credeva davvero che il suo spirito torbido e vizioso potesse essere così liliale e immacolato.
No, si decise infine, non poteva insultare quel bel dipinto paragonandolo alla sua anima corrotta. 
Eppure, erano simili, maledettamente ed innegabilmente simili. Gladys sembrava essere appena uscita dal dipinto - e in fondo si chiese se il suo posto non fosse proprio quello, nello spazio vuoto accanto a Dorian Gray. Avrebbe potuto essere rimasta alle spalle del giovane fino ad un momento prima, con gli stessi indomabili boccoli biondi, in quel trionfo di velluti, broccati, orli e frange in oro e nastri di seta che ormai caratterizzava il suo vestiario e che aveva causato non pochi nasi storti al suo passaggio.
"Invidia", si ripeteva. Ed era invidia veramente.
Camminava sulla terra con la leggiadria di una ninfa e l'impetuosità di una dea. Era magnifica, naturalmente, e univa alla sua bellezza quella rara e pura libertà che probabilmente doveva al gelido distacco e alla boria che i genitori le avevano riservato. Poteva solo ringraziare gli dei che l'ostentata indifferenza della madre non le avesse tarpato le ali ma agevolato l'ascesa. 
Sarebbe emersa, voleva emergere dallo squallore che sommergeva la società, perfino casa sua, nonostante si trattasse di una casa di ricchi aristocratici.  Non piaceva alla gente, le interessava troppo poco la morale. 
Ma quando qualcuno riusciva a comprendere la sua bellezza, ne rimaneva completamente soggiogato, si lasciava travolgere da una vera e propria venerazione per la ragazza e si inabissava nei meandri più tormentati  e torbidi delle sue teorie edonistiche ed epicuree. Trascinava nel vizio coloro che la seguivano e solo lei- lei solamente- ne usciva indenne. 
Tutto quello che lei stava vivendo alla fine aveva portato Dorian ad uccidersi, involontariamente. Anche lei era destinata a morire così? Non ne aveva alcuna voglia.
Gladys provò ad immaginarsi il giovane sulla tela orrendamente deformato, e si chiese se anche la sua anima fosse destinata a diventare così, o se già non lo fosse. Lei non aveva un dipinto che decadesse al posto suo. 
Una dea non decade.
Chiunque, al di fuori di se stessa, si sarebbe accorto che nessun declino avrebbe potuto corrompere il suo splendore, esattamente come nulla avrebbe più alterato il volto sulla tela. Forse era genio, la sua fiamma abbagliante da cui tutti non potevano che restare accecati, un genio la cui unica Musa era la propria bellezza.
La consapevolezza di tutto ciò era sbocciata nella sua anima solo in quel momento, come se un alito di vento avesse appena dischiuso i petali di un germoglio appena fiorito. Era stato un dipinto a rivelarla? 
Un quadro e il suo libro. Bellezza e genio.

Bellezza e genio, continuava a ripetersi. Gladys possedeva entrambi.
Per la prima volta, le critiche urlate di sua madre le risuonavano nella mente come echi remoti e trascurabili. 
"Egoista, oziosa, viziosa, rivoltosa, permalosa, insofferente, maliziosa."
Perfetto, si disse, ora sarebbe diventata anche inarrestabile.

Quel giorno, quando il custode notturno fece il quotidiano giro di perlustrazione per i corridoi del museo, trovò una splendida giovane dai boccoli biondi ancora seduta su una delle panche foderate disseminate ovunque nell'edificio, perfettamente mimetizzata nell'atmosfera ottocentesca e sprezzante della voce metallica che dall'altoparlante aveva annunciato più volte la chiusura dell'orario di vista. 
Accompagnata all'uscita la visitatrice ribelle, senza chiederle il nome e senza neppure immaginare che il suo nome sarebbe ben presto stato sulle labbra di tutti, l'uomo ritornò nella sala dove aveva trovato Gladys e si sedette davanti al ritratto di Dorian Gray.
Passò così la notte, ma, alla fine del suo turno di lavoro, non era ancora riuscito a vedere niente, assolutamente nulla, oltre ad un volto gelidamente ed insensibilmente perfetto da statua d'avorio. 


A.d.a.
Questo elaborato è presente anche sul mio account Wattpad. Commenti e recensioni sono sempre ben accetti. 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il ritratto di Dorian Gray / Vai alla pagina dell'autore: Chloris