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Autore: _Juddy_    14/02/2017    2 recensioni
|| Kageyama/Fideo || Shonen-ai (spero) || 2.500 parole || Buon San Valentino ♥
"mai e poi mai sarebbe arrivato a giocare per devozione al suo allenatore ma, mentre la figura seria e austera si profilava un’ultima volta davanti ai suoi occhi, sapeva che avrebbe cercato di migliorarsi il più possibile per lui."
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kageyama Reiji, Paolo Bianchi/Fideo Ardena
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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THE LIGHT AND THE DARK
 

Ah, San Valentino, la festa degli innamorati!
E proprio per questa festa ho accolto la proposta/sfida di Lau che mi ha suggerito di scriverle una storia/regalo con la sua OTP.
Come potrete notare leggendo sono quattro flash/OS cadenzate da un periodo di tempo di due mesi ognuna, questo proprio per far svolgere l’ultima, la più introspettiva e, mi auguro, romantica, il 14 di Febbraio. I quattro momenti sono di genere leggermente diverso e noterete che vanno a svolgersi in un crescendo.
Avviso fin da subito che non mi è mai capitato di trattare questi due personaggi insieme, mi auguro che sia venuto un lavoro soddisfacente! Tra parentesi non so nemmeno quanto abbia messo veramente in risalto il sentimento tra Fideo e Kageyama, che nella mia idea doveva essere leggero ma ho paura che lo sia troppo XD
Vi prego di apprezzare il titolo scelto accuratamente per via del “Dark” che fa riferimento al cognome di Kageyama nel dub europeo (e se poi vogliamo essere precisi al massimo anche per il soprannome di Fideo, “Meteora Bianca) :3
Niente angolino dell’autrice in fondo, ho praticamente già detto tutto ora! Diciamo che avevo bisogno di illustrarvi un po’ prima la storia per farvela comprendere appieno. Tipo “Istruzioni per l’uso” ! ^^’’
Fatemi sapere cosa ne pensate nelle recensioni, un grazie a chiunque leggerà la storia! Storia che ovviamente è dedicata a Lau, con tutto il cuore e il mio impegno!
 
 
 
14 Agosto 
 
“- Sono il vostro nuovo allenatore, il mio nome è Kageyama Reiji.-’’
Seduto sul bordo del letto disfatto Fideo dondolava lentamente le gambe che non toccavano terra, il pallone da calcio stretto tra le mani e la maglietta madida di sudore appiccicata addosso. Pensieroso, posò lo sguardo sulla scrivania poco lontana da lui: la fascia da capitano che era solito tenere legata al braccio sembrava risplendere nella penombra della stanza. 
Sfinito dagli allenamenti si lasciò cadere all’indietro, la schiena ora rilassata a contatto con il morbido materasso. Era stato un allenamento particolarmente faticoso per lui sia dal punto di vista fisico che mentale: l’arrivo del nuovo allenatore aveva scombussolato non poco gli animi della squadra e i giudizi negli spogliatoi dopo l’allenamento erano stati un vero e proprio fiume in piena.
Come capitano aveva cercato di rassicurare i suoi compagni quanto più possibile, consolandoli e incitandoli a vedere l’improvviso cambiamento in maniera un po’ più ottimista, concordando comunque sul fatto che l’allenatore ispirava molta poca fiducia. In effetti, ora che ci pensava a mente fredda, il comportamento di Kageyama durante l’allenamento era stato ben strano: silenzioso, non aveva spiccicato parola per tutto il tempo, fossero consigli o altro, seduto sulla panchina a bordo campo si era limitato ad osservarli dietro le lenti scure degli occhiali da sole.
Si girò mettendosi disteso su un fianco, lo sguardo rivolto al muro davanti a lui. Per quanto si sforzasse non riusciva a togliersi dalla testa quell’uomo e le sue parole, le uniche che aveva rivolto loro quando, a inizio allenamento, si era presentato, e, doveva ammetterlo, la sua presenza gli aveva trasmesso una buona dose di adrenalina. Gli occhi nascosti di Kageyama, fissi per buona parte del tempo soprattutto su di lui, lo avevano spronato ad impegnarsi come mai aveva fatto fino a quel momento, gli avevano dato sicurezza e risvegliato in lui un orgoglio per troppo tempo rimasto nascosto.  
Le parole di Kageyama continuavano a rimbombargli nella testa in una litania senza fine mentre, sopraffatto dalla stanchezza, chiudeva lentamente gli occhi.
 
 
 
14 Ottobre
 
Dietro l’imponente scrivania di legno mogano, comodamente seduto sulla sua poltrona in pelle nera, Kageyama era ricurvo su delle scartoffie quando sentì Fideo avvicinarsi leggero, quasi timoroso di disturbarlo.
Trattenne a fatica uno sbuffo infastidito: odiava essere interrotto mentre lavorava e, soprattutto, detestava le persone che si recavano nel suo ufficio senza un’ apparente motivazione.
- Cosa vuoi, moccioso?-  disse senza neanche alzare lo sguardo.
- Volevo sapere come stava...Sono giorni che non esce dal suo ufficio.- la voce di Fideo risuonò titubante nel silenzio della stanza.
Un sorriso di velenoso sarcasmo distese le labbra di Kageyama mentre, imperterrito, continuava a consultare le sue preziose carte.
- Ora che hai appurato che sono ancora vivo ti spiacerebbe andartene? Sto consultando i dati dei prossimi avversari per cercare di farvi vincere ed è impegnativo...-
- Cosa? Consultare i dati dei prossimi avversari?-
- No, cercare di farvi vincere.-
Fideo alzò gli occhi al cielo e sospirò: le battutine pungenti del suo allenatore, oltre che metterlo a disagio, avevano anche il potere di infastidirlo non poco; cominciò a gironzolare per la stanza avvolta nella penombra deciso a far cambiare idea a Kageyama circa la squadra e le sue reali potenzialità.
- Ed è cosi difficile?-
- Direi proprio di si, visto il gioco prevedibile e la completa assenza d’intesa tra difesa e centrocampo. Presi uno a uno non sareste neanche tanto male, peccato per voi che questo non sia un gioco individuale ma di squadra.-
Fideo, che fino a quel momento aveva continuato a girellare, s’arrestò bruscamente; una foto sfocata, posta accuratamente su un piccolo mobiletto da ufficio, catturò la sua attenzione: un cielo azzurro limpido faceva da cornice a un enorme edificio grigio che si stagliava imponente su tutto l’ambiente circostante, le case intorno erano minuscole a confronto e sembravano inchinarsi di fronte all’incredibile altezza della costruzione. Sebbene fosse solo una foto sbiadita dal tempo e intrappolata dietro lo spesso vetro della cornice, Fideo fu scosso da un brivido quando percepì l’orgoglio e la forza che quell’oscuro edificio evocava; rimase ad osservarla fino a quando la voce rauca e graffiante di Kageyama non ruppe il silenzio che si era venuto a creare.
- Ti diverti così tanto a impicciarti degli affari altrui? Comunque  è’ una foto scattata qualche anno fa, la scuola media Teikoku Gauken. - Mi lasci indovinare! Era l’allenatore della squadra di calcio, vero?-
L’uomo, accantonato momentaneamente il lavoro, rivolse un’occhiata fugace a Fideo per poi distogliere lo sguardo su un punto imprecisato davanti a sé, il volto, solitamente libero da ogni emozione, era leggermente contratto in una lieve espressione di fastidio misto a tristezza che il ragazzo non seppe come interpretare.
- Preside.- disse con voce piatta – E, sì, ero anche l’allenatore della migliore squadra di tutta la prefettura giapponese.-
In quel momento la curiosità di Fideo raggiunse il culmine e capì che quella foto per Kageyama significava qualcosa di davvero importante.
- Mi dica di più!-
- C’è poco da aggiungere, moccioso. Come ti ho già detto, erano i migliori. Una strategia d’incastri, un gioco incentrato sulle abilità individuali di ciascun giocatore che, unito alla compattezza e alla concordia presenti nella squadra, creava un meccanismo a dir poco invincibile.-
- Come mai se n’è andato?-
Il corpo di Kageyama s’irrigidì improvvisamente a quella domanda e un timido guizzo di luce per un attimo gli attraversò saettante le lenti scure. 
- Non sono affari tuoi. Pensa solo a migliorare assieme alla tua squadretta mediocre.- disse imperturbabile ricominciando il suo lavoro di consultazione.
Ferito nell’orgoglio Fideo non aggiunse una sola parola: provava invidia verso quella squadra tanto perfetta da essere indimenticabile e anche un inspiegabile senso di gelosia per aver costituito una parte importante della vita passata di Kageyama. Con il sangue che gli ribolliva nelle vene e il cuore al galoppo, prima di uscire dalla stanza buia, si voltò in direzione della scrivania: mai e poi mai sarebbe arrivato a giocare per devozione al suo allenatore ma, mentre la figura seria e austera si profilava un’ultima volta davanti ai suoi occhi, sapeva che avrebbe cercato di migliorarsi il più possibile per lui.
 
 
 
14 Dicembre
 
Gli allenamenti erano finiti da un pezzo, folate di vento gelido ululavano tra le chiome degli alberi. Seduto sulla panchina a bordo campo Fideo guardava dritto davanti a sé, la maglietta della nazionale, sporca di terra e acqua, si raffreddava sul corpo tremante dal freddo, la fascia da capitano ben stretta tra le mani e gli occhi liquidi. Risuonarono leggeri dei passi alle sue spalle, sentì la schiena irrigidirsi quando il caldo tepore di una giacca poggiata con delicatezza sulle sue spalle lo avvolse dolcemente.
- Quanto ancora pensi di rimanere qui fuori a prendere freddo, eh moccioso? Ti fa così schifo la salute?-
Senza giacca e la camicia rossa che risplendeva alla flebile luce dei lampioni, Kageyama con un sospiro si mise a sedere sulla panchina.
- Le è mai capitato di sentirsi addosso il peso di troppe responsabilità? Ci pensavo in questi giorni: quando giochiamo gli occhi di un intero paese sono puntati sullo schermo della televisione a guardarci.-
- Ammetto di essermi sbagliato quando ho ritenuto che fossi un ragazzo sufficientemente intelligente da non stare a perdere tempo con certi pensieri utili solo a far venire la tremarella.-
- Quelle persone affidano a noi tutte le loro speranze e ambizioni.-
- Per questo avete il dovere di fare del vostro meglio, anche nel rispetto di quei ragazzi che non sono stati in grado di arrivare a simili livelli.-
- Lei lo ha fatto il suo dovere?-
- No, né come giocatore né come allenatore. Ma mi sta bene così: a me interessa solo vincere, a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo, i perdenti non meritano niente.-
Le labbra di Kageyama si distesero in un sorriso amaro.
 - E forse è proprio per questo, perché non lo meritavo, che non sono mai arrivato dove volevo.-
- Non mi sento degno di essere il capitano di questa squadra! Come posso condurli sulla vetta più alta del mondo se io per primo ho le vertigini?-
- Sono commosso da questa profonda metafora, perché non ti sei dato alla poesia invece che al calcio?-  
- Sono patetico.-
- Nessuno ha mai detto questo di te, se poi l’ho pensato la cosa non ti riguarda.-
- Si diverte così tanto nel vedermi in difficoltà?-
- Assolutamente.-
- Sa che le dico? Ha ragione quando dice di non aver mai fatto il suo dovere da allenatore! Questa conversazione assurda ne è la prova!-
- Ora che, insultandomi, hai sfogato la tua stupida ansia da quindicenne con gli ormoni alle stelle, saresti disposto ad ascoltarmi? –
-... Faccia un po’ lei.-
- Prendo questa incoraggiante risposta come un sì. Fideo, tu non sei arrivato a giocare a livello mondiale per la fama che ti precede o per semplice fortuna; hai vinto le eliminatorie e sei arrivato fin qui perché te lo meriti, perché quel soprannome da giocatore esaurito stanco della vita che ti ritrovi ha un fondo di verità. Non manca niente, né a te né ai tuoi compagni, per competere a livello mondiale.-
- Lo crede davvero?-
- Finché non mi cadrete uno a uno a piangere come delle femminucce, si. In fin dei conti anche io sarei voluto diventare una stella del calcio e giocare contro i migliori del mondo ma, a quanto pare, non tutti siamo destinati a vedere i nostri sogni realizzati.-
- La ringrazio per la fiducia, non so davvero cosa dire...-
- Non dire niente allora, che è meglio visto che per stasera hai anche detto troppo. Ricorda comunque che sono quei milioni d’occhi che ti guardano da casa, quei cori roboanti che chiamano il tuo nome allo stadio, quei ragazzini che ti scrutano di sottecchi con ammirazione, la tua vera vittoria.-
- Non credevo che fosse il tipo di persona da dire certe cose!-
- Fai bene. La vittoria si ottiene con i fatti, non con sentimentalismi o sciocchi sermoni appassionati ma il mio allenatore non era di quest’idea. A distanza di anni mi ritrovo, per una volta, a dargli ragione: viste le motivazioni ai tuoi ridicoli piagnistei solo le sue parole avrebbero potuto calmarti.-
- Il suo allenatore doveva essere una persona davvero in gamba!-
- Era un perdente che credeva nell’amore per il calcio e altre baggianate simili: fosse stato per i suoi consigli non avrei raggiunto neanche metà degli obbiettivi che avevo.-  
Mentre ascoltava in silenzio Kageyama, un leggero sorriso nacque sulle labbra di Fideo pensando a quanto fosse bello stare seduto su quella panchina scrostata dal tempo, nell’abbraccio della grande giacca bianca ancora poggiata sulle sue spalle, ad ascoltare il suo allenatore parlare.
 
 
 
14 Febbraio
 
Pronti a scattare, i muscoli tesi e le mani sulle rispettive pistole, due poliziotti gli erano seduti accanto sul sedile posteriore dell’anonimo furgoncino nero che lo stava conducendo in carcere, continuavano a fargli domande alle quali Kageyama non voleva né sapeva rispondere dal momento in cui aveva ben altro per la testa: si sentiva ancora molto provato per la partita appena giocata, troppo per potersi concentrare sulla sua attuale condizione.
A dispetto del risultato, la squadra italiana aveva giocato una partita meravigliosa e poteva ancora aspirare ad arrivare alla finale per il titolo mondiale quindi, a ben pensarci, l’unico ad essere uscito veramente sconfitto da quello stadio era lui; la vittoria era sempre stata tutto, il vero e unico obbiettivo a cui aspirare, ma questa volta anche il perdente si era meritato qualcosa.
Troppo presto aveva conosciuto il sapore amaro della sconfitta e proprio a causa di questa un giorno suo padre, senza apparente motivo, era scomparso: quanto aveva pianto, chiuso in camera, la sua vigliaccheria! Kageyama Tougo, quel perdente, e il suo gioco da quattro soldi, con il tempo, erano stati completamente rimossi dalla sua memoria: erano ricordi fastidiosi, irritanti e, soprattutto in passato, anche motivi di scherno.
A questi pensieri gli occhi di Kageyama divennero lucidi dietro le lenti scure degli occhiali da sole: aveva voluto bene a suo padre e forse proprio per questo, perché si era sentito tradito, perché il dispiacere e il dolore che aveva erano diventati immensi, aveva finito con l’odiarlo.
Era stata indescrivibile l’emozione provata nel vedere Fideo giocare come suo padre: per un attimo ogni centimetro del suo corpo aveva vibrato per lo stupore e la commozione. In piedi a bordo campo aveva pensato che il suo amore per il calcio, a sua detta ormai scomparso, era lì, davanti a lui, in quel modo di giocare che un tempo aveva ammirato, in quella voglia di non arrendersi nonostante tutto, in quel ragazzino dai capelli castani scompigliati al vento che gli mostrava quanto tenesse a lui.
Scese lentamente dal furgoncino e si fermò a contemplare il cielo: libero da ogni nuvola, risplendeva nella sua lucente perfezione turchina, la stessa che caratterizzava i grandi occhi di Fideo, la personificazione del calcio che aveva sempre cercato, ammirato e amato. Non avrebbe mai dimenticato quel ragazzo che aveva saputo accettarlo per come era realmente e il suo affetto smisurato nei suoi confronti.
La vita è fatta d’incontri: persone meschine, ingannatrici, arroganti che ti passano accanto solo per sputarti in faccia ma anche di persone che darebbero tutto per te, gentili e sincere che ti amano per come sei. Non aveva mai incontrato la seconda categoria di persone, con il tempo era arrivato a considerarsi lui stesso un errore tante le volte in cui le persone lo avevano fatto sentire tale. E Kageyama sorrise un’ultima volta alla vita, rassicurato dall’immagine di quel ragazzo che sorrideva correndo dietro a un pallone che aveva risvegliato e possedeva il suo cuore.
  
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