Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: ___Darkrose___    14/02/2017    5 recensioni
Ci troviamo negli Stati Uniti, negli anni delle continue conquiste del territorio da parte degli americani a discapito dei nativi. Kagome è cresciuta in mezzo alla tribù Apache, mentre Inuyasha è un cowboy che condivide le idee espansionistiche dei suoi compatrioti. Nonostante le loro differenze i loro destini sono legati indissolubilmente.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Inuyasha era furibondo. Quella maledetta lo aveva abbandonato e si era anche portata via il cavallo.
Camminava calciando ogni sasso sul suo cammino, mentre la rabbia gli faceva ribollire il sangue nelle vene. Aveva fatto male a fidarsi di quella maledetta, avrebbe dovuta abbandonarla al suo destino oppure affogarla.
Ritirò subito quel pensiero, non avrebbe mai potuto fargli del male. Odiava gli indiani e tutto ciò che li riguardava, ma non le donne e soprattutto non lei. Non avrebbe mai potuto abbandonarla o ferirla, il suo orgoglio glielo impediva. Per quanto fosse una componente degli Apache, lui aveva il dovere come uomo di condurla in salvo.
In quel momento però gli risultava difficile fare buoni pensieri su quella ragazza. Sembrava così gentile, invece non aveva esitato e alla prima occasione utile lo aveva abbandonato al suo destino.
Cercò di dimenticarla, ma quegli occhi scuri continuavano ad apparirgli davanti. Odiava quella sensazione. Cercò di reprimere il più possibile le strane percezioni che aveva provato durante quei tre giorni di viaggio, non poteva rammollirsi in quel modo.
Si sistemò meglio il cappello sulla testa per proteggersi dal sole e proseguì.
Faceva caldo e la lieve brezza del vento era l’unica cosa che lo faceva stare meglio sotto la calura del mezzogiorno.
Dei rumori sospetti lo ridestarono dai suoi pensieri. Erano zoccoli che correvano nella sua direzione. Prese la sua pistola dalla fondina e la caricò prima di voltarsi. Doveva essere pronto a tutto e in quella zona poteva esserci dei banditi pericolosi o anche degli indiani.
Si voltò puntando la pistola nella direzione del rumore e rimase scioccato quando vide tornare indietro lo stallone del giorno prima.
Cercò di guardare sulla sua groppa, ma della piccola indiana neanche l’ombra.
Il cavallo si fermò davanti a lui, continuando a nitrire e sbuffare.
- Dov’è la ragazza? -.
Figurati, come se mi potesse rispondere pensò sarcasticamente.
Nonostante le sue supposizioni l’animale cercò di indicargli con il capo la sua groppa, come se lo volesse condurre da qualche parte.
Dopotutto non aveva molta scelta e avere una cavalcatura era sempre meglio di niente. Salì svelto e l’animale partì al galoppo così in fretta che si dovette abbracciare al suo collo per non cadere.
- Maledizione, rallenta! – gridò.
Lo stallone non lo ascoltò e continuò a galoppare veloce in una direzione precisa. Lo portò fino ad una distesa di canyon e lo fece scendere in un punto preciso.
Inuyasha guardò a terra e vide numerose impronte di zoccoli e di stivali. Qualcuno aveva catturato Kagome.
Si stupì della tremenda paura che lo attanagliò in quel momento. Era decisamente preoccupato per la sorte della ragazza e questo gli piaceva sempre meno. Avrebbe potuto prendere il cavallo e proseguire in un’altra direzione, ma sia il suo cuore che il cavallo era di un’altra opinione.
Si tolse il cappello e cominciò ad osservare le tracce. La ragazza era stata trascinata, lo dimostravano i segni sulla polvere. Se non l’avevano fatta salire in groppa ad un cavallo significava che il posto dove l’avevano condotta non era molto lontano.
Un nuovo moto di terrore si mosse nel suo cuore quando capì dove potevano averla condotta.
Quella era una zona in cui dovevano trovarsi parecchi fortini di soldati americani.
Capì che Kagome avrebbe passato molti guai in quel luogo. Gli uomini non vedevano molte donne e un conato di vomito lo prese allo stomaco al solo pensiero di quello che avrebbero potuto farle.
Salì di corsa in groppa al destriero e lo spronò nella direzione delle impronte.
Per quanto odiasse l’idea, si rese conto che provava un forte senso di protezione nei confronti di quella giovane. Non voleva che le facessero del male, non lo avrebbe permesso per niente al mondo.
Non era il momento di pensare al suo stupido orgoglio o ad altro, voleva soltanto salvarla e portarla via dalle grinfie di quei bastardi.
Quando arrivò al forte era quasi sera e il cavallo era stremato, ma nemmeno lui aveva accennato a volersi fermare.
I soldati a guardia dell’entrata lo fermarono.
- Alt, cosa ci fate qui? – gli domandò uno dei due.
Inuyasha scese da cavallo. – Con alcuni compagni ho assaltato un villaggio di Apache e mi sono perso nella foresta, ho bisogno di cibo e acqua – esordì.
Ovviamente non poteva dire che era arrivato lì per cercare l’indiana, lo avrebbero schernito e mandato al diavolo.
- Come vi chiamate? – chiese l’altro.
Inuyasha sbuffò, non amava dire il suo nome, dato che suo padre era famoso per le sue doti diplomatiche e anche perché era un uomo molto potente anche negli Stati Uniti.
- Inuyasha Taisho – sentenziò.
I due, come era prevedibile, sgranarono gli occhi e senza indugio lo fecero entrare.
- Aspetti qui, chiamiamo subito il comandante -.
Inuyasha lasciò il cavallo in una scuderia vicina cosicché si potesse riposare e attese. Continuava a guardarsi in giro in preda all’ansia. Della giovane non c’era traccia, ma le orme che aveva seguito conducevano in quel luogo e quindi non poteva trovarsi da nessun’altra parte.
Il forte era molto piccolo e quindi non vi erano celle.
Rabbrividì al pensiero che potesse trovarsi nella stanza di qualche soldato.
Risate e un grido attirarono la sua attenzione. Era buio, ma vide distintamente una ragazza correre spaventata e non gli ci volle molto a capire chi era.
Kagome stava scappando e probabilmente invocava aiuto nella sua lingua.
Non ci vide più; si diresse a passo spedito verso la sua direzione e si parò tra lei e il gruppo di soldati.
- Ragazzino levati, questo è il nostro svago – lo schernì uno dei tanti.
La sua aria da sbruffone gli mandò il sangue al cervello e lo colpì al viso con un pugno. Il sangue cominciò a scendere copioso dal naso dell’uomo, che mugugnò insulti e parole sconnesse.
Un altro provò ad avvicinarsi per difendere il compagno, ma Inuyasha estrasse la pistola e gliela puntò contro.
- Sono Inuyasha Taisho e voi farete meglio a starmi alla larga – sibilò. – Ho viaggiato per giorni, e credo di meritare una ricompensa -.
Senza dire nulla prese rudemente Kagome, ancora spaventata e scossa, e la trascinò nella stanza che uno dei soldati gli aveva indicato.
La scaraventò dentro e la fissò serio. – Rimani qui! -.
Chiuse la porta e si diresse dal colonnello del reggimento, che lo stava attendendo poco distante. Non sembrava scosso dalla scena e soprattutto non si sarebbe mai messo contro un Taisho, sapeva perfettamente quanto potente fosse il padre. Parlarono a lungo del suo viaggio e del motivo che lo aveva portato fino a quel forte. Ovviamente il colonnello non lesinò i complimenti e gli elogi, anche se Inuyasha sapeva perfettamente che quella sviolinata serviva per mettersi in buona luce davanti alla sua famiglia. Venne condotto fino al telegrafo, in modo che potesse contattare la gente di Forest County e avvertire Miroku che stava bene.
Mentre Inuyasha raccontava quello che gli era accaduto, ommettendo ovviamente il fatto che lui e l’indiana già si conoscevano, Kagome era nella stanza buia.
Era parecchio scossa e l’ansia la faceva tremare. Ovviamente era felice che Inuyasha l’avesse salvata, ma essere chiusa in quella stanza con il pericolo che quei soldati tornassero la spaventava a morte. Istintivamente si nascose sotto il malconcio letto e si strinse le ginocchia al petto.
Voleva disperatamente tornare a casa. Voleva rivedere sua sorella e poterla finalmente riabbracciare. Era di nuovo sotto il giogo del cowboy che la sera precedente l’aveva minacciata e soprattutto in una zona piena di stranieri.
Calde lacrime le solcarono il viso e lei le lasciò scorrere senza fermarle. Provava così tanta paura e dolore che sentiva una tremenda morsa al petto. Il pianto la scuoteva violentemente e i tagli sulle ginocchia e le percosse sul viso le facevano male, ma niente era paragonabile a quello che stava provando.
Pregò che Inuyasha non tornasse, che la lasciasse sola, ma quando sentì la porta aprirsi e la luce della sera penetrare nella stanza il suo pianto si fermò. Respirava piano per non farsi sentire, ma i tremiti continuavano a scuoterla e per il cowboy fu facile individuarla.
Chiuse la porta dietro di sé e si premurò che nessuno potesse entrare. Prese un lungo sospiro e si accucciò davanti al letto.
La ragazza era lì. Gli occhi erano grandi e rossi per la paura e il pianto, mentre il suo corpo continuava a vibrare. Sembrava un gatto spaventato.
Gli si strinse il cuore a vederla in quello stato e ci vollero parecchi minuti per convincerla ad uscire. Lei sembrava in un tale stato di shock che non riusciva a muoversi e alla fine fu costretto a trascinarla fuori.
La prese in braccio e la face sedere sul letto. Notò immediatamente i lividi sulle braccia e le escoriazioni causati dalle corde e probabilmente anche dalle mani dei soldati.
Si avvicinò al piccolo comodino sul quale era appoggiata una brocca d’acqua e un panno per lavarsi. Versò l’acqua in una ciotola e vi bagnò dentro la pezza.
Si avvicinò con una calma surreale a Kagome, non voleva spaventarla più di quanto non fosse.
Quando questo provò a poggiarle la pezza sulle braccia, lei si allontanò di scatto, sposandosi più lontano e ricominciando a piangere.
Non riusciva a smettere, ormai le emozioni avevano preso il sopravvento sulla ragione e anche quell’atto gentile le era sembrato troppo violento e avventato.
Avrebbe voluto trovarsi tra le calde braccia di sua nonna. Lei la consolava sempre e la stringeva forte, baciandole la fronte. Quando si faceva male le spalmava gli unguenti medicinali e le cantava canzoni.
Il suo unico desiderio era tornare a casa, non voleva altro. Si odiò per aver salvato il cowboy, se non lo avesse fatto in quel momento sarebbe stata sotto le cure di Sango e magari avrebbero celebrato un degno funerale alla sua amata nonna.
Si asciugò gli occhi e si voltò verso Inuyasha.
Era fermo con la pezza a mezz’aria e nei suoi occhi c’era solo tanta pena. Odiava essere guardata in quel modo e cercò di frenare il pianto.
- Faccio io – sussurrò, con la voce roca per il pianto.
Il ragazzo le passò la pezza e lei si pulì le ferite alle ginocchia e alle braccia. Quando la pezza fu ormai piena di sangue e di sporco provò ad alzarsi per bagnarla, ma un capogiro la bloccò e la fece cadere di nuovo a terra.
Inuyasha le fu subito accanto e cercò di aiutarla, ma lei cercava di scacciarlo.
- Non voglio farti del male – le sussurrò.
Istintivamente le carezzò la guancia sulla quale era ormai spuntato un vistoso livido violaceo. La rabbia lo prese alla gola e Kagome lo notò immediatamente e si ritrasse ancora di più in se stessa.
Inuyasha la riportò sul letto e la coprì, sedendosi accanto a lei.
- Quale dei soldati ti ha fatto questo? – le domandò con la voce carica d’odio.
Non poteva sopportare di vederla in quello stato, nonostante lei lo avesse abbandonato. Lei non si meritava quello che le era capitato, in ogni caso aveva già cercato di salvarlo in passato e si meritava di essere difesa. Non l’avrebbe fatta passare liscia al bastardo che l’aveva picchiata.
Kagome istintivamente gli prese la mano e con gli occhi lucidi lo fissò.
- Basta odio – mormorò. – Basta violenza, io non voglio più essere sola -.
Inuyasha rimase colpito dal suo buon cuore. Qualsiasi persona avrebbe legittimamente voluto vendetta, mentre lei no.
Un sorriso comparve sul viso del giovane e a Kagome questo piacque più di quanto si aspettasse. Non riusciva più a nascondere il fatto che il suo cuore le diceva che tra di loro c’era uno strano legame che neanche lei riusciva a capire. Come le avevano insegnato, però, l’animo capisce molto prima della testa e quindi non poteva sfuggire ai suoi sentimenti. Quando si era sentita in pericolo non aveva invocato il nome di Sango o di Koga, lei aveva pensato ad Inuyasha.
Era insensato, ma non riusciva a non farlo.
Il giovane continuò a sorridere e le spostò una ciocca di capelli dalla fronte. Era così bella. Se ne era reso conto dal primo momento in cui il suo sguardo si era posato su di lei, ma il suo orgoglio gli aveva impedito di ammetterlo con se stesso. Provava affetto per quella ragazza, era inutile continuare a negarlo a se stesso.
Doveva però mettere in conto che per loro due non ci potevano essere possibilità. Nessuno dei due sarebbe mai stato accettato nel mondo dell’altro.
Chiuse gli occhi e cercò di reprimere i ricordi. Aveva sperimentato sulla propria pelle quella sensazione e aveva visto quali sofferenze aveva portato.
Scacciò i pensieri che gli stavano attanagliando la mente, doveva andare a mangiare e cercare di portarle qualcosa di nascosto. Davanti a quegli uomini non doveva mostrarsi compassionevole.
Quelli erano soldati molto abituati al sangue, soprattutto quello degli indiani.
Si allontanò con dispiacere dalla giovane e tornò a fissarla serio.
- Io vado a mangiare, ti porterò qualcosa va bene? -.
La giovane annuì, anche se si vedeva che non voleva che la lasciasse sola.
Le sistemò meglio la coperta sul corpo. – Tornerò presto -.
Uscì dalla stanza e mangiò di fretta senza parlare con nessuno ed evitando gli sguardi rancorosi degli uomini a cui aveva portato via Kagome. Gli rivolse solo un sorriso di scherno e se ne andò.
Nascose delle tasche più pezzi di pane possibile e tornò nella stanza.
La sera era già calata e il caldo del mattino aveva lasciato spazio all’aria fresca della sera. Le guardie sulle torrette controllavano svogliatamente l’esterno, mentre alcuni uomini pulivano i cavalli e le scuderie.
Entrò nella stanza e trovò Kagome ormai addormentata. Sembrava di nuovo serene e respirava piano e silenziosamente. Quando dormiva sembrava un angelo.
Si mise seduto a terra a gambe incrociate e la osservò curioso. I lunghi capelli ricadevano davanti al viso incorniciandolo. La pelle era scurita dal sole, ma sembrava comunque morbida e perfetta.
La ragazza cominciò a muoversi nervosamente nel sonno e lui le carezzò la fronte.
Kagome aprì lentamente gli occhi e trovò davanti a lei gli occhi ambrati del giovane. Questa volta non si ritirò da quel contatto e si godette appieno la sensazione di calore che la sua mano trasmetteva.
Anche se malvolentieri il ragazzo interruppe il contatto e tirò fuori dalla tasca il pane che le aveva portato.
- Non è molto, ma il cibo qua scarseggia sempre – le disse.
La ragazza si mise a sedere e cominciò a mangiare voracemente quello che le era stato portato. Il pane era duro, ma aveva così tanta fame che non ci fece caso.
Inuyasha si alzò in piedi e si levò il cappello e il gilet. Aveva bisogno di buttarsi addosso dell’acqua. Dopo la cavalcato di quel giorno il suo viso era pieno di polvere.
Si levò la camicia che aveva indosso e la buttò sulla sedia e poi prese la pezza che aveva già sciacquato e se la passò sulle braccia e sulle spalle.
Kagome era incantata. Sotto la strana veste che portava c’era un fisico statuario, ma non esagerato. Le spalle erano larghe e i suoi pettorali erano ben visibili.
Arrossì, rendendosi conto degli strani pensieri che le erano appena balenati nella mente. Nemmeno Koga era così bello, o almeno lei pensava questo.
Inuyasha si rese conto dell’imbarazzo della giovane e cercò di fare alla svelta per poi rivestirsi.
Si mise a sedere sulla sedia e cominciò a parlare.
- Tu dormi nel letto, io starò attento che nessuno si avvicini alla stanza, va bene? – le chiese.
La ragazza si pulì le labbra dalle briciole di pane, mentre lo guardava perplessa.
- Ma tu, dove dormi? -.
Lui scrollò le spalle. – Sono abituato a dormire in luoghi scomodi e questa sedia non è di certo uno dei peggiori -.
Kagome era dispiaciuta, non voleva che lui le cedesse anche il posto dove dormire. Era venuto già a cercarla nonostante lei fosse scappata e l’aveva difesa dai barbari, non poteva chiedergli così tanto.
- No, posso dormire per terra – rispose lei.
Inuyasha alzò gli occhi al cielo. – Non rompere e dormi! -.
Kagome sobbalzò e abbassò lo sguardo. Quel ragazzo era un completo mistero; prima sembrava dolce e premuroso e un secondo dopo tornava ad essere burbero e scontroso.
- Cosa ti ha ferito? – gli domandò senza pensare.
Si pentì subito di avergli fatto quella domanda, poiché gli occhi del giovane si accesero di nuovo di quella strana scintilla che gli aveva visto la sera prima.
- Non ti riguarda – sputò fuori con cattiveria.
La ragazza si portò le mani in grembo e cominciò a mordersi le labbra. Lo faceva sempre quando era nervosa. Forse gli aveva fatto una domanda troppo avventata e lui si era sentito ferito. Dopotutto loro si conoscevano da poco e nonostante lo strano legame che sembrava unirli, non erano molto intimi.
Decise che se voleva che lui si aprisse, doveva essere lei a fare il primo passo.
Prese un profondo respiro e cominciò a parlare.
- Io sono nata in queste terre. Nonna è sempre stata la sciamana del villaggio e sua figlia sposò mio padre. Io non li ricordo, ma mi hanno raccontato che lui era un forte guerriero. Lo descrivevano come buono e gentile, ma allo stesso tempo letale come i puma. Mia madre, invece, era saggia come mia nonna. Sapeva calmare l’animo irrequieto di mio padre e si amavano molto. Da quello che so un giorno lei era andata nel bosco a raccogliere della legna per il fuoco. Non vedendola tornare mio padre era andato a cercarla e quella fu l’ultima volta che li vidi. Un uomo fatto del male a mia madre e l’avevano ferita gravemente. Lui si è lanciato in battaglia e lo aveva ucciso, ma rimase gravemente ferito. Sono morti abbracciati -.
Quel racconto per lei era doloroso e trasmise quell’emozione anche ad Inuyasha. Non capiva come mai lei gli stesse raccontando tutto questo, ma cercò di comprenderla e di non allontanarla come era solito fare. Ora poteva capire il grande risentimento che l’aveva portata ad odiare tutti loro.
Una domanda gli balenò nella mente.
- Ma allora, perché parli la mia lingua? -.
Kagome si riscosse dai pensieri dolorosi e cominciò a raccontargli anche quella storia. – Io ho una sorella, Sango. I suoi genitori sono scomparsi quando lei era molto piccola e noi l’abbiamo trovata. Sono stata io ad insegnarle la nostra lingua e allo stesso tempo ho imparato la sua -.
Il ragazzo era sempre più confuso. – Ma se gli americani vi hanno fatto così tanto male, perché l’avete accolta? -.
A Kagome quella domanda parve davvero sciocca e non riuscì a trattenere una piccola risata.
- Vorrai dire, come potevamo non farlo -.
- Volevo dire quello che ho detto! – ribatte innervosito per essere stato deriso.
La giovane si sistemò i capelli dietro le orecchie e lo guardò perplessa a sua volta.
- Noi non potevamo non farlo. Lei era sola e non ci avrebbe fatto del male. Noi accogliamo tutti quelli che sono soli -.
Inuyasha cominciò a stringere il cappello. Gli indiani non erano così crudeli come aveva sempre pensato. Nonostante il dolore patito la sciamana e lei avevano accolto una giovane americana come se avesse fatto sempre parte della loro famiglia. Questo per la sua gente era quasi impensabile, nessuno avrebbe mai accettato un pellerossa.
Si mise seduto più comodamente e appoggiò il cappello sul comodino della stanza. Kagome era incantata a guardarlo. Adorava vederlo confuso, sembrava più dolce e gentile in quei momenti.
Aveva ormai capito che lui cercava di nascondere un dolore profondo sotto quel guscio duro come la pietra, ma se fosse riuscita a farlo confidare lui sarebbe potuto essere come Sango.
Lo aveva salvato, lo aveva temuto, ma ancora non aveva cercato  di fare quello che aveva fatto con la sorella; comprenderlo. 
- E il tuo passato? – provò a domandargli di nuovo.
Inuyasha parve di nuovo scocciato. – Io non voglio ricordare il mio passato -.
Anche lei cominciò ad indispettirsi. Era davvero cocciuto e nonostante lei si fosse aperta lui continuava a tenerla a distanza. Eppure lui non poteva essere malvagio come aveva pensato all’inizio, altrimenti non l’avrebbe salvata. Però non poteva sopportare quel suo caratteraccio.
Decise di calmarsi e di riprovare a parlare con più calma. Ne avevano passate molte in quei giorni e doveva capire che il suo nervosismo era giustificato. Lei aveva già sofferto molto e questo l’aveva portata a metabolizzare molto meglio le situazioni, forse per lui non era così.
- Sai, un uomo senza passato non può continuare il suo cammino – cominciò e gli indicò la sabbia che c’era sul pavimento. – Questa non è nata come sabbia, è nata come roccia. Ma è comunque il suo essere roccia che la ha portata a diventare quello che è ora. Nessuno può esistere senza il suo passato e per questo accettarlo. Mia nonna mi ha insegnato questo -.
Inuyasha ascoltava rapito le parole della giovane. Non aveva mai conosciuto una persona così saggia e allo stesso tempo così irritante. Però doveva ammettere che ammirava la sua cocciutaggine.
Decise che glielo avrebbe detto, intanto prima o poi le loro strade si sarebbero divise e la sua storia sarebbe diventata un lontano ricordo nella mente della giovane.
Prese il tabacco e la cartina che uno dei soldati gli aveva offerto durante la cena e la girò. Prese uno dei fiammiferi e la accese.
- Anche io sono nato qui – cominciò. – Mio padre è un Lord -.
- Lord? – gli domandò Kagome, che ascoltava attentamente.
Inuyasha alzò gli occhi al cielo. – Diciamo che è uno dei tanti capitribù che governano una parte di una terra. Sopra di lui c’è solo il vero capo di tutte le terre che noi chiamiamo re -.
La ragazza annuì convinta e riprese ad ascoltare.
- Incontrò mia madre in uno dei suoi tanti viaggi diplomatici. Lei era una donna di frontiera, poco avvezza alle carinerie inglesi. Nonostante questo era sempre stata definita come molto raffinata e dolce. I miei genitori si innamorarono e dalla loro unione nacque Sesshomaru, mio fratello, ed io. Lui ha sempre cercato l’ammirazione di mio padre e per questo lo ha seguito ovunque nei suoi viaggi tra qui e l’Inghilterra e alla fine si è trasferito lì in pianta stabile. Mia madre invece… - si bloccò per qualche istante, ma alla fine riprese a parlare. – lei non si è mai trovata bene nella società inglese. Quando si ammalò io ero solo un bambino e mio padre ovviamente non c’era e io lo scongiurai nelle lettere che gli mandai di portare qualche medicina per salvarla. Quando tornò lei era morta e io lo incolpai di quello che le era successo. Decisi che io non avrei mai seguito le sue orme, non volevo diventare come l’uomo che aveva abbandonato mia madre. Abbiamo interrotto i contatti per molti anni e lui  è tornato qua da poco. Ha provato a scrivermi e parlarmi, ma io non riesco a perdonarlo per averci abbandonati -.
Kagome lesse negli occhi del ragazzo il rancore e istintivamente si alzò dal letto e lo strinse in un forte abbraccio.
Inuyasha era spiazzato, ma allo stesso tempo felice. Il calore delle braccia della giovane sembravano lenire le ferite del suo animo. Avrebbe voluto ricambiare il suo abbraccio, ma era completamente paralizzato.
Alla fine fu la giovane ad interrompere il contatto e lo guardò negli occhi, cercando di sorridere.
- Il passato è difficile, ma tu devi accettare. Quando accetterai e comprenderai sarai libero e il tuo spirito potrà volare alto nei cieli come le aquile. Ma se non lo fai, rimarrai bloccato in quel momento e proverai sempre dolore e allontanerai tutti -.
Inuyasha abbassò lo sguardo e fece un altro tiro di sigaretta. – Se è davvero così, perché tu che non mi conosci, non ti sei allontanata? -.
Di nuovo sul viso della ragazza comparve un sorriso sincero e il cuore di Inuyasha sembrò volergli uscire dal petto. Quei sorrisi erano l’unica cosa bella di quei giorni.
- Perché noi selvaggi, come ci chiamate, facciamo ancora parte del ciclo. Come ti ho già detto, se entri a far parte del ciclo puoi comprendere tutti. Anche chi sembra molto diverso -.
 
Naraku stava viaggiando nella sua carrozza dalle tende scure. Odiava il sole e la sua pelle così chiara ne era una dimostrazione. Stava percorrendo la strada per arrivare ad una di quelle noiose riunioni diplomatiche di cui non gli importava nulla. Quei patrioti noiosi facevano finta di essere solidali con i pellerossa solo perché non potevano ammettere quello che pensavano sul serio. Tutti odiavano quei selvaggi e avrebbero dato qualsiasi cosa per distruggerli e lui era l’unico che aveva il coraggio di ammetterlo.
Byakuya, il suo fedele valletto, sedeva composto sul sedile di fronte e osservava l’esterno. Era sempre stato silenzioso e come lui odiava i selvaggi. Per questo motivo andavano così d’accordo ed erano legati negli affari.
- I sette hanno portato a termine il lavoro? – domandò il ragazzo.
Naraku si passò una mano tra i capelli corvini sospirando. – Più o meno, ma ora non ci voglio pensare -.
Byakuya lo guardò allibito. – Tu che perdi interesse per un tuo affare? – esclamò.
L’uomo lo guardò innervosito. – Non ho voglia di parlare, ci dobbiamo già fermare al forte e sai che odio quei posti -.
Dovevano arrivare fino a Richmond per poi prendere il treno sulla ferrovia principale. Era la via più veloce per arrivare fino a Washington e il viaggio era ancora parecchio lungo.
Non gli piaceva allontanarsi troppo dalla sua tenuta al sud. Lui e i suoi genitori l’avevano tirata su dal niente, dopo essersi allontanati dall’Inghilterra. I suoi erano ricchi possedenti terrieri, ma gli inglesi non amavano i “nuovi ricchi”, come li definivano. Così si erano imbarcati e avevano usato i soldi per costruire una tenuta maestosa ed enorme. Avevano comprato parecchi schiavi dal continente nero e li avevano messi a lavorare nei campi. Bravi lavoratori a basso costo che fruttavano davvero bene. Quando non servivano più li rivendeva ai Lord, che li usavano nelle loro case per lavori di bassa manovalanza.
Una volta che i suoi genitori morirono, lui ereditò l’intera fortuna, dato che sua sorella Kagura era una donna. Le sarebbe spettata solo una dote, ma quella non aveva alcuna intenzione di sposarsi. Naraku non la sopporta, avrebbe voluto spedirla con il primo damerino disponibile, ma lei non ne voleva sapere. L’unico uomo di cui si era innamorata era il primogenito dei Taisho, ma lui l’aveva lasciata perdere dopo poche fugaci avventure. Non gli importava più di tanto, anche se quello smacco da quei damerini gli aveva bruciato parecchio, ma lui sapeva già come vendicarsi dei torti subiti nel passato, che non si limitavano solo a quello fatto alla sorella.
Sbuffò, quella stupida ora era alla tenuta tutta sola e probabilmente si pavoneggiava facendo finta di essere la padrona.
Quando arrivarono al forte era mattina, le trombe fischiavano e i soldati correvano ai loro posti. Li fecero entrare con la carrozza e entrambi gli uomini scesero, sistemandosi i capelli scuri sulla testa.
Naraku camminava fiero con il suo bastone da passeggio, mentre il lungo cappotto sventolava sotto i suoi piedi alzando la polvere.
Il colonnello arrivò dopo pochi secondi correndo trafelato. Naraku McConnor era un uomo molto potente, quasi alla pari dei Taisho e per lui era un onore avere al suo cospetto due ospiti di tale importanza. Decise che avrebbe organizzato un pranzo importante, ritardando ovviamente il rancio dei soldati. Non poteva permettere di farli mescolare con degli uomini così semplici.
- Signor McConnor, che onore aversi qui – esclamò, allungano la mano verso l’uomo.
Questo fece finta di niente e si guardò intorno. – Dove pensate di farci dormire? Spero non in una stanza da poco – borbottò.
Il comandante cercò subito di riprendersi dalla sconforto dell’essere stato ignorato e si sistemò il cappello.
- No Signore, stiamo cercando di preparare due stanze degne del vostro livello. Mi dispiace solo che il Signor Taisho non abbia voluto lo stesso trattamento -.
All’udire quel nome Naraku sentì il sangue gelarsi nelle vene.
- Lord Taisho? – domandò Byakuya.
- No Signore, il figlio minore – rispose frettolosamente, rendendosi conto che quel nome non era gradito al suo ospite.
Naraku cercò di mantenere un contegno e si sistemò il cappotto. – E dove si trova ora? Avremo il piacere di pranzare con lui? -.
Il colonnello annuì. – Ma certamente! Manderò subito qualcuno a chiamarlo, nel frattempo posso farvi accomodare? -.
L’uomo scosse il capo. – Mi servirebbe il telegrafo, devo mandare un telegramma importante -.
 
Ciao a tutti!
Finalmente sono riuscita a tornare e come promesso finalmente è apparsa la famigerata figura di Naraku e spero che questo vi abbia fatto piacere!
In ogni caso so che magari questa parte è abbastanza “sdolcinata”, ma spero che l’abbiate comunque apprezzata :)

Insomma, mando un bacione enorme a tutti voi e vi ringrazio per seguirmi sempre e per le vostre continue recensioni! Davvero grazie!
Un bacione a tutti quanti!
Silvia
   
 
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