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Autore: Nana_Osaki_    14/02/2017    0 recensioni
La vicenda, ambientata nell'Antica Grecia delle Poleis e dei conflitti tra Sparta e Atene, narra di una giovane schiava, le cui origini sono andate perse da generazioni, e di un giovane scultore senza apparente successo. In una vita dove il Fato gioca solo a sfavore di Eleuna gli Dei decideranno di cambiare le carte in tavola. Ciò che verrà fuori sarà bene o male?
Il genere della vicenda rientra in quello Tragico e si adatta agli antichi canoni delle Tragedie greche.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eleuna

Capitolo Terzo


Giungiamo in una modestissima abitazione nella periferia a sud-ovest della città, dove ad ogni vicolo si alterna un giardinetto, una fontana e alcune piazzette verdi che non mi dispiacciono affatto. Qui riesco a percepire un profumo diverso, non è il solito odore di benessere e ricchezza, ma è odore semplicità e mi piace. La casa dei miei padroni è ricca di piante e fiori di qualsiasi genere ma sono strettamente tenuti in piccoli vasi mentre qui, in queste chiazze verdi la natura ha il più assoluto potere. Aris ha, per fortuna, allentato la presa sul mio braccio ma sono sicura che domani lo troverò nero e violaceo e non avrò come curare quell’ematoma, come al solito… Ma non mi lamento. Entrati, lo scultore chiude la porta alla nostre spalle e io, inevitabilmente, comincio a guardarmi attorno come se fossi appena entrata in un’altra dimensione e un po’è così: ogni piano della casa è sommerso da fogli, pergamene, attrezzi vari per scolpire, materiale scartato, appunti e via dicendo, sicuramente senza tutta questa roba la casa risulterebbe più grande. Percepisco un lieve mal di testa che comincia a farsi sentire.
–Da questa parte- dice in mia direzione con un tono di voce stranamente più rilassato, il che mi tranquillizza. Avanza verso una stanza sulla sinistra della porta di ingresso e io lo seguo senza far domande nonostante non capissi dove volesse condurmi e dentro di me formulo diverse ipotesi. Poi più in là noto un’altra porta che viene aperta ma non riesco bene a vedere cosa c’è oltre poiché è più bassa e stretta di una comunissima e normalissima porta, particolare. Accelero di poco il passo e attraverso la soglia, mi sposto subito di lato, sulla destra, per lasciare che lui possa chiudere quella porticina che dava in una stanza spaziosa e stranamente ordinata, ber decorata, certo nulla in confronto alle grandi sale della casa dei miei padroni ma non commento, non mi importa di questo a dire il vero. In fondo alla sala, la cui forma è rettangolare, sta un divanetto affiancato da due poltroncine e diverse sedie e sgabelli, mentre all’inizio della stanza c’è uno sgabello, una sedia, due blocchi di pietra e un tavolo sul quale sono poggiati utensili per gli scultori. Riesco a riconoscere uno scalpello, un piccolo martello e delle lime. Aris si accomoda e si toglie da dosso una tunica pesante bianca e blu scuro che poggia in una sedia vicina, poi si rilassa e appoggia un gomito sul tavolo e poggia sopra la propria mano il capo e comincia a fissarmi ininterrottamente
–Non posso scolpire una divinità avendo come modello il gracile e imperfetto corpo di una serva qualsiasi, creerebbe scandalo e non posso permettermi di mandare in frantumi la mia carriera- le sue parole sono piuttosto fredde e dette quasi per forza, come se si sentisse in dovere di darmi delle spiegazioni. Mi sorge spontanea una domanda che sto per dire ma riesco a trattenermi, per fortuna
–No, avanti, parla- dice lo scultore che ora osservo, mi faccio coraggio e con un tono umile e basso avanzo la mia domanda –Perdonate la domanda indiscreta… Ma allora per quale ragione avete scelto me come vostra modella se il mio corpo è… Gracile ed imperfetto?-  detto, stavolta non ho tenuto per me niente, ho detto tutto ciò che avevo da chiedere e stranamente mi sento quasi sollevata ma niente sospiro di sollievo questa volta, mi sento ingessata. –Ottima domanda- dice lo scultore, poi continua
–Perché ritengo che scolpire corpi perfetti sia noioso… E poi non posso permettermi una vera modella!- sorride, e quel sorriso sembra sincero, non me lo aspettavo e stranamente ora mi ritrovo anche io a sorridere.
Scorrono diversi, interminabili, secondi di silenzio e riesco solamente a sentire i nostri respiri che si accavallano e il mio cuore che batte con forza e rumoroso si fa avanti come se intendesse uscire dal mio petto e quasi vorrei fermarlo.
–Hai fame?- mi domanda, sono distratta da istanti di riflessioni e non rispondo subito, esitando annuisco timidamente poiché nessuno mi aveva mai chiesto se avessi fame. –Che ti danno a mangiare, di solito?- pronuncia queste parole, lo scultore, e io con una certa freddezza, in automatico, rispondo –Gli avanzi, mio padrone..- esito ancora nel pronunciare le ultime due parole poiché tecnicamente lui non è il mio padrone, o lo è solo per un determinato periodo. –Aris- controbatte e io lo guardo senza capire. Lui ripete ancora –Aris!- mi sento piuttosto confusa, il mio sguardo è perplesso e lui sembra quasi divertito quindi non capisco che si sta prendendo gioco di me. Sorride e poi si spiega –Mi chiamo Aris e non sono il tuo padrone- sostiene.
–Però mi avete affittata!- mi scappano le seguenti parole, escono dalla mia bocca senza che io riesca ad accorgermene e non mi spiego come sia possibile, la punizione per questo potrebbe essere non lieve. Non so per quale motivo lo scultore non dica altro, al momento riesco solo a sperare vivamente di non essere stata fuori luogo ed eccessivamente sfacciata nel dire ciò che ho detto. L’uomo si alza rapidamente e senza guardarmi negli occhi apre la porticina che porta all’ingresso dell’abitazione, la oltrepassa e si avvia verso qualche stanza della casa senza darmi indicazioni.
   
 
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