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Autore: maito    14/02/2017    0 recensioni
Un allenatore dai capelli scarlatti si aggira per la regione di Johto. Non colleziona medaglie, non mira alla Lega Pokemon. Tra un passato che ha rinnegato e un futuro a cui ha rinunciato, Silver intraprende la strada più dura: quella della vendetta. Perchè ogni passo verso il suo obiettivo è un tuffo nell'abisso della solitudine.
Fanfiction ispirata agli eventi di gioco più che al manga.
Genere: Azione, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gold, Lance, Nuovo personaggio, Silver, Team Rocket
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Videogioco
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Salve a tutti! È la prima volta che mi avventuro in questo fandom, perciò mi sembra giusto fare una specie di introduzione. La voglia di scrivere questa storia mi è venuta leggendo 'Pokemon Masters' (che devo ancora finire) che vi consiglio vivamente di leggere nel caso non l'abbiate fatto. Mi sono piaciute un sacco l'ambientazione dark e matura accostata al mondo pokemon, così come il protagonista tormentato e l'idea che anche gli umani possano accedere ai poteri dei pokemon. Così ho deciso di provarci anche io. Ho costruito una storia attorno a Silver, perchè è un personaggio che si adatta bene al ruolo di antieroe e perchè sono molto affezionato alla seconda generazione. Ci tengo a precisare che ho una conoscenza solo sommaria di 'Pokemon Adventures'. La storia è ispirata agli eventi di gioco di Oro/Argento/Cristallo ma potrebbe essere considerata Ooc sia rispetto al videogioco che al manga. Ho provato anche a costruire un po' di 'lore' attorno alle ambientazoni di gioco.

Più o meno è tutto quello che volevo dire. Buona lettura.


 


 

FIORLISOPOLI

Il sole infiammava la grande distesa d'acqua mentre si abbassava a nascondersi oltre la linea dell'orizzonte. Silver smontò da Feraligatr, poggiando i piedi sul bagnasciuga. La traversata gli aveva occupato tutto il pomeriggio e lo aveva lasciato zuppo fin oltre le ginocchia. Eon scese con lui e arruffò il pelo nel tentativo di scrollarsi di dosso l'acqua di mare. Mentre faceva rientrare nella sfera l'enorme pokemon mascellone, Silver si guardò intorno.

"Questo sputo di paese sarebbe Fiorlisopoli?"

A poca distanza dalla spiaggia sabbiosa, su una porzione di terreno leggermente rialzata, erano visibili alcune costruzioni in legno che definire 'd'altri tempi' sarebbe stato un eufemismo. Fiorlisopoli era un piccolo villaggio imprigionato tra una parete rocciosa e il mare. Proprio a metà della parete spiccava l'unica attrazione degna di nota dell'isola: la Palestra Pokemon. Silver ne aveva sentito parlare. L'unico modo per arrivarci era salire una scalinata a strapiombo sul mare che era stata scavata direttamente nella pietra.

Al limitare della spiaggia un branco di marmocchi si agitavano e schiamazzavano attorno a qualcosa. Avvicinandosi si accorse che ce l'avevano con un altro ragazzino, raggomitolato sulla sabbia. Gli gettavano contro sabbia e sputi e lo insultavano gridando: «Sfigato!», «Vattene via!», «Porti sfiga!»

Silver si avvicinò noncurante, le mani nelle tasche. I marmocchi, così presi a prendersela con l'altro moccioso, nemmeno si accorsero di lui. Si accostò al primo che gli capitò a tiro e lo rovesciò a terra con un calcio. Gli altri si zittirono all'istante. Rimasero a fissarlo con la bocca aperta e gli occhi spalancati, come pietrificati davanti all'apparizione inaspettata. Quello che aveva colpito si rialzò e lo fissò. Quando si accorse che Silver era troppo grande per lui, gli tirò contro una manciata di sabbia e corse via maledicendolo. A quel punto gli altri marmocchi lo imitarono. Silver restò fermo al suo posto, in compagnia del miserabile che singhiozzava sommessamente sul bagnasciuga.

«Tirati su, piagnone. Mi serve un'indicazione.»

Il ragazzino sollevò la testa, rivelando un volto ricoperto di lacrime e due occhi arrossati dal pianto. Silver notò che stringeva al petto qualcosa.

«Vattene via! Lasciatemi in pace!» gli urlò contro il bambino.

Silver non si scompose: «Si può sapere cosa hai fatto a quei mocciosi?»

Il bambino lo guardò ancora, poi tirò su forte con il naso e rispose: «Ti ho detto di andare via!»

A quel punto si rialzò, sempre tenendo le mani strette al petto, e corse via incespicando in direzione del villaggio.


 

Silver salì il breve pendio che separava la spiaggia dalla parte abitata dell'isola, e si incamminò tra i caseggiati. Le strade erano in terra battuta, le costruzioni in legno e poggiavano su dei pali a diverse spanne da terra. Probabilmente erano state costruite con il piano di calpestìo rialzato per riparare l'interno da maree e inondazioni. Le ombre delle case si stagliavano sempre più lunghe. Conveniva affrettarsi a trovare un posto per la notte. Non fu difficile trovare il Centro Pokemon. Era l'unica costruzione in muratura e a due piani. Appena entrato si ritrovò in una sala d'aspetto dotata di poltrone e tavoli. Al momento era vuota ma in altre circostanze avrebbe potuto pullulare di allenatori. Sul lato opposto della stanza si trovava il banco d'accoglienza. Silver vi si diresse deciso e aspettò di essere ricevuto da un impiegato della Lega. Dopo pochi secondi fu un'infermiera a presentarsi.

«Buonasera allenatore. Sono l'infermiera Joy. I tuoi pokemon hanno bisogno di cure?» domandò una ragazza nella classica divisa. Le infermiere di tutti i Centri Pokemon vestivano allo stesso modo e si comportavano allo stesso modo.

«Vorrei una branda e la cena.»

«Nessun problema. Posso vedere la tua Scheda Allenatore?»

Silver gliela consegnò. L'infermiera passò la tessera su un lettore e digitò qualcosa al pc prima di riconsegnarla.

«Tutto in regola. Da questa parte.»

Servizi come i Centri Pokemon erano gratuiti, ma solo per gli allenatori. Per godere di tali benefici, inoltre, bisognava essere regolarmente iscritti alla Lega Pokemon. Silver seguì l'infermiera fino alla scala che dava al piano superiore, dove la donna si arrestò di colpo.

«Al piano superiore si può salire solo scalzi. Ti pregherei quindi di togliere le scarpe e indossare un paio di ciabatte offerte dal Centro.» disse Joy indicando una scarpiera.

Silver si guardò i piedi. Aveva i pantaloni incrostati di salsedine e sabbia fino al ginocchio. Il pavimento del piano terra era costellato di sue impronte. Non ebbe alcun dubbio, in quel momento, che il sorriso dell'infermiera Joy fosse puramente di circostanza.

«Penso che avrò bisogno anche di un bagno e di una lavatrice.»

Dopo essersi dato una ripulita, si diresse in sala mensa. L'intero Centro Pokemon appariva deserto. Silver sembrava essere l'unico ospite, quella sera. Prese un vassoio e mangiò assieme ai suoi pokemon. Feraligatr stava rapidamente recuperando le forze spese nella traversata.

"Chissà dove si è cacciato Eon." pensò.

Dallo sbarco sull'isola non l'aveva più visto. Faceva sempre così, d'altronde. Scompariva e riappariva a piacimento, come un randagio.

Dopo aver consumato la cena si recò nella sala comune. Vi trovò l'infermiera che aveva conosciuto qualche ora prima. Se ne stava stravaccata su un divanetto a leggere una rivista, con una gamba distesa sul bracciolo e l'altra sullo schienale. Masticava una cicca ed era vestita con maglietta e pantaloncini. Quell'atteggiamento e quel vestiario stridevano fortemente con l'immagine casta e posata che caratterizzava l'immagine dell'infermiera Joy. Silver si sedette su una poltrona di fronte a lei. La donna abbassò la rivista e lo squadrò.

«Che cosa vuoi?» gli domandò bruscamente.

«Ti sembra l'atteggiamento da avere verso un ospite del Centro?» rispose lui.

«Ho finito il mio turno di oggi. Adesso c'è Miriam che interpreta l'infermiera Joy. Io sono in ferie e tu domani te ne sarai andato. Tutti gli allenatori fanno così. Tranne quelli scarsi e ostinati. Tu sei scarso e ostinato?»

«Non sono qui per sfidare il Capopalestra.» rispose semplicemente Silver.

«E allora cosa vuoi? Non mi sembri il tipo da attaccare bottone, quindi hai sicuramente bisogno di qualcosa. O ci vuoi provare con me?»

«Sto cercando una persona su quest'isola.»

«Caschi male. Mi hanno assegnato al Centro di Fiorlisopoli da appena due settimane. Prima stavo a Olivinopoli. Comunque dimmi, non si sa mai.»

«Si fa chiamare la Pokeveggente.»

L'infermiera Joy lo guardò incuriosita.

«Fammi capire bene, cerchi una 'veggente'», l'ultima parola venne pronunciata in modo ironico: «che avrebbe poteri divinatori?»

«Così dicono.»

L'infermiera Joy scoppiò a ridergli in faccia.

«Non ti credevo un tipo che crede alla divinazione. Sembri strano, sì, ma non ti pensavo quel tipo di persona.»

Silver era indispettito. L'infermiera cambiò espressione.

«Di' un po'. Conosci la storia di Fiorlisopoli?» domandò l'infermiera.

«Ha una qualche attinenza con quello che sto cercando?»

«Forse. In ogni caso tu e io siamo gli unici ospiti qui e Miriam sta lavorando.»

Silver, sospirando, si mise a sedere più comodo.

«Fiorlisopoli è nata come una città di pescatori. È stata una scelta obbligata per la gente del luogo, date la distanza dalla terraferma e la totale assenza di terra coltivabile. Tuttavia è un'attività che ha permesso ai suoi abitanti di sopravvivere, più che di arricchirsi, dato che l'area più redditizia, quella che circonda le Isole Vorticose, è resa pericolosa dai mulinelli. La comunità locale pesca e vive seguendo tutt'oggi lo stile di vita tradizionale. Recentemente, quando l'isola ha iniziato a subire la concorrenza dei più moderni pescherecci, Fiorlisopoli sembrava spacciata, ma poi capitò qui una persona.»

Fece una pausa e rivolse a Silver un sorrisino.

«Non mi chiedi chi è?»

«La Pokeveggente?»

L'infermiera rise di nuovo.

«Allora sei fissato.»

Silver capì che non stava facendo progressi.

«Cos'ho fatto per meritarmi questa storia?»

«Tranquillo, un motivo c'è. Capirai alla fine.»

Silver tacque.

«Comunque, stavo dicendo: un giorno giunse qui per allenarsi un uomo appassionato di arti marziali e da allora non se ne andò più. La sua fama di allenatore crebbe e raggiunse la terraferma. Gli sfidanti che venivano qui a sfidarlo aumentarono di numero, finchè la notizia della sua abilità raggiunse persino la Lega Pokemon. Furio venne riconosciuto come Capopalestra ufficiale e la Lega finanziò la costruzione di una Palestra vera e propria e di questo Centro Pokemon per accogliere gli sfidanti. Gli allenatori attirati da Furio sull'isola diedero un nuovo senso di esistere a un paese che stava morendo.»

«La mia Pokeveggente dove rientra in tutto ciò?»

«La gente di qui» continuò imperterrita: «è tradizionalista, bigotta e superstiziosa. Non vede di buon occhio gli allenatori di pokemon, perchè gli ricordano la triste verità sul destino della loro comunità. Pregano pokemon acquatici per propiziarsi i venti ma non vedono di buon occhio l'occulto. Per concludere, se anche questa 'veggente' si trovasse sull'isola, non troveresti nessuno disposto a indicartela.»

«Mi hai raccontato questa storia infinita solo per sfottermi?»

«Considerala una punizione per avermi costretta a pulire tutte le orme che hai lasciato sul pavimento.» disse alzandosi dal divano: «Puoi chiedere anche a Miriam appena finisce in ambulatorio, ma dubito che possa dirti molto più di me. Buonanotte.»

Rivolse a Silver un occhiolino, prima di alzare i tacchi e andarsene. Aveva una camminata lievemente ancheggiante.

«Sai una sacco di cose su questo buco per essere qui da due settimane.» commentò Silver mentre si allontanava.

«Mia nonna era del posto.» rispose l'infermiera fermandosi un attimo: «Da piccola mi riempiva di storie su Fiorlisopoli e le Isole Vorticose. Ovviamente i suoi racconti erano molto più generosi dei miei verso l'isola. Sai, sembra che un uccello marino che controlla i venti venga a rapire i bambini cattivi durante le tempeste. Educativo, non ti pare?»


 

La mattina dopo incontrò la famosa Miriam alla reception, ma nemmeno lei seppe darle indicazioni. Si incamminò allora per il paese, interrogando gli abitanti che incontrava per strada e bussando alle porte. Nessuno sapeva o voleva metterlo al corrente. Tutto ciò che riuscì a racimolare durante la mattinata furono diverse occhiatacce. Una vecchia arrivò addirittura a fargli il sermone dicendo che 'le persone timorate' avrebbero dovuto tenersi alla larga da roba del genere e pontificando sulla perdita di valori che caratterizzava i giovani. Rendersi conto di come la ragazza della sera prima avesse previsto tutto gli diede ancora di più sui nervi. Si accorse di non conoscerne nemmeno il nome. In mancanza di un'idea migliore, arrivò ad ispezionare l'isola palmo per palmo. La scogliera abbracciava il villaggio a ovest e a sud. A est c'era il mare. Seguì la spiaggia che proseguiva a nord. La lingua di terra di stringeva e allargava, seguendo la parete rocciosa. Dopo alcune miglia si trovò nuovamente bloccato. La spiaggia terminava contro un gruppo di scogli. A pomeriggio inoltrato si decise a tornare al villaggio. Non era ancora in vista di Fiorlisopoli che venne messo all'erta da una voce accompagnata da versi di pokemon. Si avvicinò circospetto. I rumori lo indirizzarono verso un'anfratto scavato dalla marea nella parete rocciosa. Sbirciò all'interno. Un ragazzino stava incitando un pokemon ad eseguire degli attacchi. Guardò meglio. Era lo stesso moccioso del giorno precedente, quello che veniva bullizzato.

«Sneasel, usa taglio!»

Il pokemon lamartigli obbedì, avventandosi su alcuni pezzi di legno portati a riva dalla marea. I bersagli vennero sbriciolati, ma non ci fu nessun taglio netto, solo molte scheggiature e fratture nel legno già marcio.

«Alquanto deludente come risultato.» entrò in scena Silver.

Il ragazzino si voltò, apparendo smarrito per un attimo. Riavutosi, si precipitò a frapporsi fra il pokemon e Silver, che si stava avvicinando.

«Stacci lontano.» gridò alzando le braccia come per proteggere il pokemon.

«Stai sbagliando approccio marmocchio. Di solito l'allenatore sta dietro e il pokemon davanti.»

Il bambino continuò a fissarlo intimorito. Le gambe gli tremavano ma non si mosse.

«Sei venuto fin qui ad allenarti. Sembra tu voglia farlo di nascosto.»

«Ti ho detto di andartene!»

Silver inarcò un sopracciglio.

«Fai come ti pare. Sarà un miracolo se ti verrà un taglio decente.»

Detto questo alzò i tacchi.

«Che cosa vuoi dire?» gli urlò dietro il marmocchio.

"Dove cominciare?"

«Sneasel è un pokemon agile e scaltro. In natura si arrampica sugli alberi e attacca pokemon sfuggenti come i pidgey. Non puoi tenerlo qui a maciullare legnetti se vuoi che migliori. In questo modo stai uccidendo la sua natura.»

«Il mio Sneasel è un bravo pokemon.»

«Dipende tutto da come lo alleni.» puntualizzò Silver.

«Non è quello... Voglio dire, il mio Sneasel è un bravo pokemon. Non è è subdolo e maligno come dite voi. E non porta sfiga!»

«Fa come ti pare.» rispose Silver, andandosene. Per quel giorno ne aveva avuto abbastanza.

La sera, tornato al centro pokemon, si mise a letto pensando a Eon. La mattina seguente sarebbero stati due giorni che non lo vedeva. Niente di straordinario. C'erano state volte dove era sparito per molto più tempo, però si domandava dove avesse potuto andare a cacciarsi su un'isola claustrofobica come quella di Fiorlisopoli. Con questi pensieri in mente si addormentò.


 

«Eon, usa colpocoda!»

La piccola volpe castana spiccò un balzò. Contorcendosi a mezz'aria, colpì Koffing con la soffice coda. Il pokemon avversario sembrò incassare il colpo con facilità.

«Tutto qui?» domandò Milas facendosi sentire dall'altro capo del campo d'addestramento: «Koffing, muro di fumo!»

Una fitta coltre nerastra invase il campo, oscurando il campo visivo di pokemon e allenatori.

«Eon, fai come abbiamo provato ieri!»

Silver non vedeva il suo fedele compagno, ma era certo che stesse eseguendo il suo comando.

«Koffing, vai con fango!»

Il pokemon velenuvola, che fluttuava appena sopra la coltre fumogena, scagliò una raffica di melma violacea su tutto il terreno di scontro. Continuò alla cieca per diversi secondi, finchè il suo allenatore non si reputò soddisfatto.

«Che ne dici?» domandò Milas spavaldo: «Vuoi chiuderla qui e portare il tuo ratto in infermeria?»

«Ma come? Non dirmi che stavi facendo sul serio. Ci stiamo appena riscaldando!» rispose Silver a tono.

«Vedremo cosa ne dice il tuo pokemon. Koffing, pulifumo!»

Dal pokemon velenuvola fuoriuscì una nebbiolina biancastra che lentamente dissolse quella che ancora oscurava l'arena. Quando il terreno tornò limpido, Koffing si ritrovò ad essere l'unico pokemon in campo.

«Ma come...» di domandò Milas, disorientato.

«Eon, usa fossa!» gridò Silver.

Eevee sbucò fuori dal terreno, proprio sotto il koffing avversario, caricandolo. Koffing si sollevò lievemente più in alto, portandosi fuori portata.

«Bel tentativo, ma il mio pokemon possiede levitazione!»

«Eon, comete!»

La volpe castana si arrotolò su sè stessa. Mentre ruotava, il suo corpo emise dei bagliori che si avventarono sull'avversario come piccole meteore. L'impatto abbattè in volo koffing, che precipitò al suolo.

«Continua! Attacco rapido!»

Non appena Eon riappoggiò nuovamente le zampe a terra, accelerò rapidissimo in direzione dell'avversario. Lasciando dietro di sè una scia provocata dal rapido spostamento, l'eevee impattò violentemente contro Koffing, che cadde a terra esausto.

«Bah» si lamentò Milas, nervoso. «Dovrò procurarmi un pokemon più forte.»

«Sei stato grande!» gioì Silver, abbracciando Eon che gli era corso in contro felice.

«Niente male.» si congratulò Maxus, che aveva osservato l'incontro dall'inizio.

«Hai visto? Un giorno potrei diventare un Generale Rocket!»

Maxus rise: «Calma, calma. Non sei nemmeno una recluta al momento.»

Maxus era sempre allegro ma non si riusciva mai a capire cosa pensasse realmente. Era un personaggio strano ma a Silver non dispiaceva come persona. Gli faceva da mentore in un certo senso, dato che era un allenatore più esperto di lui e gli dava spesso consigli.

«Silver!» Archer lo chiamò dal fondo della palestra: «Tuo padre ti vuole parlare. Ti aspetta in ufficio.»

«Oh, pare che abbia parlato troppo presto.» commentò Maxus: «Che resti tra noi, ma mi sono giunte delle voci... Pare che presto potrebbe spettarti una missione.»

"Sì." pensò Silver.

«Hai sentito, Eon?» disse al suo eevee: «Forse ci mandano in missione! Diventeremo Rocket!»

Eon gioì. Sentiva la gioia del suo allenatore e così era felice con lui. Silver dal canto suo, poteva sentire la sincerità nell'animo del suo pokemon. Gli occhi argentei dell'uno si specchiavano in quelli dell'altro.

"Già, gli occhi di Eon. Di che colore erano quel giorno?"

Silver si svegliò. Non era più nei sotterranei di Smeraldopoli. Era di nuovo in una branda al Centro Pokemon di Fiorlisopoli. Nel buio assoluto della stanza, due luci rosse lo fissavano a un palmo dal volto.

«Eon.» disse sommessamente: «Dove sei stato?».

Il pokemon lucelunare di acquattò sul suo torace, senza emettere nessun suono. Silver si riaddormentò sereno.


 

Il giorno dopo incontrò di nuovo l'infermiera Joy. Non Miriam, l'altra, quella di cui non conosceva ancora il nome.

«Guarda chi c'è. Come è andata la tua ricerca?»

A Silver costò parecchio rispondere. Non gli andava di ammetterlo, ma la ragazza ci aveva azzeccato su tutta la linea. Nessuno gli aveva voluto dare informazioni e aveva perlustrato tutta l'isola senza risultato. In due giorni aveva solo sprecato tempo ed energie.

«Su, su con la vita. Vedrai che alla fine troverai quello che cerchi.»

«Pensavo ti augurassi che fallissi.»

«Nah, ti stavo solo prendendo un po' in giro, Silver.»

Silver era stupito.

«Come sai il mio nome?»

«L'ho letto sulla Scheda Allenatore ieri.»

«Ah.»

I due si guardarono in silenzio per un attimo.

«Senti.» disse infine l'infermiera: «mi sono ricordata di avere uno zio sull'isola. Non l'ho mai visto, ma siamo pur sempre parenti. Digli che ti mando io.»

«E che gli dico a questo zio? Non so nemmeno il tuo nome.»

«Perchè non te l'ho voluto dire.» rispose lei con un sorriso: «Mi chiamo Serena. Mio zio si chiama Saul. Ho controllato, abita proprio a fianco al Centro Pokemon. Non puoi sbagliare. Digli che sono la nipote di Sofia. Lui capirà.»

Silver era già stato a casa di quell'uomo, il giorno prima. Lo zio di Serena era un signore in là con gli anni dalla faccia severa e i lineamenti austeri. Quando lo aveva incontrato, lo aveva liquidato prima ancora di fargli finire di chiedere ciò che voleva.

«Che c'è sei ancora qui? Su, vai!» lo incoraggiò Serena.

Silver non nutriva molte speranze, ma non gli andava di gettare al vento quell'opportunità.

«Grazie, Serena.»

«Non so perchè, ma ho come la sensazione che non ti rivedrò più.»

Silver non rispose. Mentre stava per uscire dal Centro Pokemon, Serena lo richiamò.

«Torna a trovarmi se ripassi da queste parti.»

"Mi dispiace." pensò lui: "Ma ho scelto un'altra strada."


 

Prima di andare a trovare lo zio di Serena, decise di provare a scandagliare l'isola dalla parte del mare. Salì in groppa a Feraligartr e seguì la costa sia a nord che a sud per qualche miglio. Nessun risultato. A pomeriggio inoltrato si decise a incontrare quel Saul. L'uomo lo accolse tenendolo prudentemente sulla porta di casa.

«Sì, sapevo di avere una nipote al di là del mare. Ciononostante potrebbe essere anche mia figlia ma non cambierebbe ciò che ti ho detto ieri. Non voglio avere nulla a che fare con la tua ricerca.»

Dopo due giorni di tempo buttato, Silver era veramente al limite della sopportazione.

«Non è affatto quello che mi hai detto ieri.»

Saul inarcò un sopracciglio.

«Ieri hai detto che non c'è nessuna veggente sull'isola. Oggi mi hai detto che non vuoi averci niente a che fare. Dì la verità vecchio. Sai qualcosa o no?»

Lo zio di Serena risultò visibilmente irritato dall'insistenza di Silver.

«Mi hai stancato. Sono stato già fin troppo paziente con te!»

Poi qualcosa attirò l'attenzione del vecchio.

«Gennaro!» gridò, ignorando il fatto che Silver non si fosse mosso.

«Gennaro! Dove diavolo ti sei cacciato tutto il giorno! Dovevi aiutarmi a ricucire le reti!»

Un bambino si era avvicinato alla casa. Saul non esitò a sgridarlo prendendolo per un orecchio.

«Ancora tu.» commentò Silver.

Lo stesso bambino, ancora e ancora. Da quando era approdato non faceva che imbattersi in lui.

«Scusa, scusa, scusa!» piagnucolò il marmocchio.

«Lo so io dove sei stato!» lo incalzò Saul: «Sei stato in giro con quel tuo pokemon malefico. Quel tipo buio!»

«Hai qualcosa contro il tipo buio?» si intromise Silver.

«Se ho qualcosa? Mi chiedi se ho qualcosa? I pokemon buio sono malvagi e portano sventura! Nessun timorato dovrebbe averci nulla a che fare! E tu! Dammi quella pokeball, ci penserò io a disfarmene!»

«No! Lasciami!» protestò Gennaro, ma la differenza di forza era troppa per lui.

Silver afferrò Saul per un braccio, costringendolo a mollare la presa.

«E tu cosa vorresti fare? Non intrometterti in affari che non ti riguardano!»

Silver sentì una rabbia crescergli dentro. Strinse più forte il braccio dello zio di Serena. Saul lo guardò dritto negli occhi. Non seppe dire cosa ci lesse nei suoi il vecchio, ma cambiò improvvisamente espressione. Da furiosa divenne spaventata.

«Tu...» lo apostofò: «Tu sei marchiato... Hai il marchio della bestia!»

Silver, spiazzato, lasciò andare la presa. Saul si ritirò rapidamente in casa sbattendo la porta dietro di sè.

«Vattene per non tornare più!» gridò da dietro l'uscio.

La baraonda aveva attirato sul posto alcuni curiosi. Gennaro aveva approfittato della confusione per darsela a gambe. Silver alzò a sua volta i tacchi e si allontanò dal villaggio.

Ritrovò il marmocchio esattamente dove si aspettava. Nell'insenatura in cui lo aveva incontrato il giorno precedente, Gennaro se ne stava ranicchiato a singhiozzare sommessamente.

«Fino a quando hai intenzione di startene lì a piangere?» intervenne bruscamente Silver.

Il bambino non sollevò nemmeno la testa. Silver cambiò tattica.

«Allora era per questo che ti allenavi di nascosto. So che gli Sneasel sono odiati dagli allevapokemon perchè si intrufolano nei nidi per predare le uova. Con loro, molti altri pokemon di tipo buio vengono malvisti per questa loro indole da sciacalli. Questo è anche il motivo per cui tradizionalmente gli è stato attribuito il titolo di portatori di sciagure.»

«Smettila! Sneasel non è cattivo! Lui... lui è un buon pokemon.»

«I pokemon buio sono solitari e territoriali. Sono predatori e prediligono la scaltrezza alla forza. È questa la loro natura. La vera domanda qui è: qual'è la tua di natura? Se hai intenzione di correre via a piangere ogni volta che ti trattano male, tanto vale che liberi quel pokemon. Stando con te non farà altro che rammollirsi.»

Di nuovo nessuna reazione.

«A quanto pare qui sto di nuovo perdendo il mio tempo.»

«Tu... volevi andare dalla pokeveggente no?»

Silver si bloccò di colpo.

«Ti ho sentito prima parlarne con Saul. Ti ci porto io.»


 

Gennaro condusse Silver in un punto dove la scogliera era scalabile. Si inerpicarono per alcuni metri, fino a trovare una porzione di roccia pianeggiante che formava un sentiero naturale. Il percorso era invisibile dal livello della spiaggia. Per questo Silver non l'aveva trovato. Lo seguirono verso Nord. Alla loro destra, qualche metro più in basso, avevano la spiaggia che Silver aveva scandagliato inutilmente il giorno precedente. Dove la spiaggia finiva contro gli scogli, il sentiero nella roccia proseguiva ancora per un centinaio di metri, dando a strapiombo sul mare. Il sentiero sboccò infine in una spiaggetta nascosta. Alcuni faraglioni ne celavano lo sbocco sul mare.

Era ormai notte.

In fondo alla piccola spiaggia, a ridosso della montagna, sorgeva una tenda rivestita di pelli. Era preceduta da due torce a fianco dell'ingresso.

«La pokeveggente si trova lì dentro. Gli abitanti del villaggio ne stanno alla larga, ma ogni tanto le portano del cibo perchè hanno paura di prendersi una maledizione nel caso in cui muoia.»

Silver era emozionato.

"Finalmente!"

Si incamminò verso la tenda.

«Hai davvero intenzione di entrare da quella strega?» domandò Gennaro intimorito.

«Non mi servi più. Puoi andartene.» lo liquidò Silver.

Gennaro lo seuì.

Silver scostò una grossa pelle che fungeva da porta ed entrò. Il pavimento era costituito da pelli e tappeti. L'ambiente era illuminato da un braciere posto al centro della tenda. Dietro il focolare, una vecchia decrepita se ne stava seduta su un cuscino. Il suo sguardo era fisso su Silver ma i suoi occhi erano trasparenti.

"È cieca." capì subito Silver.

«È dal giorno che sei approdato che mi aspettavo un tua visita.» esordì la megera.

«Mi aspettavi?» replicò Silver, scettico.

«Fin da qui ho percepito la tua presenza. Emani una forte energia di pokemon.»

"Sarà uno stratagemma per far colpo sui visitatori." pensò Silver, scettico.

«I pokemon sono creature che vivono in profonda sintonia con la natura.» cominciò a predicare la veggente. Silver si sedette di fronte al bracere.

«Fuoco, ghiaccio, fulmine... Essi riescono ad attingere alle forze che reggono il mondo e a sfruttarle in caso di necessità. Da sempre perciò, l'uomo ha cercato di assoggettarli per trarne vantaggio. Nei tempi antichi, prima che fossero create le sfere che servono a imprigionare i pokemon, erano pochi gli esseri umani capaci di dominarli. Solo instaurando un profondo legame con il pokemon, l'uomo riusciva a farsi obbedire da esso. Alcune persone, dotate di un legame straordinariamente forte con il loro pokemon, riuscirono a spingersi anche oltre. Dato che l'uomo era legato al pokemon e il pokemon alla natura, l'uomo riuscì a legarsi alla natura, attingendone la forza attraverso il legame con il pokemon .»

Silver ascoltava in silenzio.

«Tu emani un forte odore di pokemon.» insinuò la veggente.

«Ho sentito che sei in grado di dire da dove proviene un pokemon solo osservandolo.» cambiò discorso Silver.

«Osservandolo non è la parola più giusta.» lo corresse la veggente: «comunque sì, ne sono in grado. Hai portato un'offerta allo spirito?»

Silver estrasse un sacchetto dalla tasca e lo porse alla veggente. La vecchia lo soppesò, poi lo aprì e ne annusò il contenuto. Annuì soddisfatta.

«Vorrei che tu mi dicessi tutto ciò che riesci a sapere su questo pokemon.»

Silver estrasse una sfera dalla cintura e ne liberò la creatura contenuta all'interno. Un Murkrow si librò a mezz'aria all'interno della tenda.

«Viva Giovanni! Viva Giovanni!» gracchiò.

«T-tu... sei un allenatore di pokemon buio!» esclamò Gennaro sorpreso.

La veggente sollevò un braccio e recitò alcune parole sconosciute. Sembrava chiamare il pokemon. Murkrow si posò dolcemente davanti all'anziana. La vecchia distese entrambe le braccia sopra la testa del pokemon e recitò una specie di litanìa. Quando ebbe finito rimase in silenzio alcuni secondi.

«Vedo... Una grossa città lastricata, circondata dai boschi... Al suo centro uno stagno e una grossa piazza... A est, una radura al limitare del bosco... Lì, questo pokemon ha incontrato l'uomo che l'ha imprigionato.»

«Esiste una città così?» domandò sbalordito Gennaro.

«È Azzurropoli.» tagliò corto Silver: «Ma questo lo sapevo già.»

Silver era eccitato. Allora i poteri della veggente non erano solo una diceria.

«Sei in grado di dirmi qualcosa di più su quell'uomo?» domandò nervoso.

«Cosa ti serve sapere?»

«Voglio sapere dove si trova in questo momento.»

«Posso farlo.»

Era fatta. La veggente prese una manciata del contenuto del sacchetto portato da Silver e la gettò nel braciere davanti a sè. Vi aggiunse poi altre polveri ed erbe in suo possesso. Un denso fumo scuro si alzò nella tenda. Era un odore forte e pungente che arrivava dritto al cervello, La vecchia prese a cantare nella sua lingua sconosciuta. Murkrow, fino ad allora tranquillò, iniziò ad agitarsi e si sollevò nuovamente a mezz'aria.

«Viva Giovanni! Viva Giovanni!»

Silver sentì la testa annebbiarsi. Nelle narici aveva l'odore della cenere. Davanti a sè ardeva il fuoco, fiamme che divampavano sempre più alte, proprio come quella sera. Il rumore straziato di pokemon che venivano portati via a forza rimbombava nella sua testa. A un tratto se ne stava inginocchiato sulla nuda terra, con le mani abbandonate mollemente in grembo. Sulla lingua sentiva il sapore del sale, colato assieme alle lacrime che gli rigavano il volto. Un peso invisibile gli opprimeva il torace togliendogli il respiro. A pochi passi da lui, una figura ranicchiata giaceva immobile fra le ombre della sera. Aveva il volto gonfio di lividi e la bocca ridotta a un impasto sanguinolento. Non avrebbe voluto che finisse così.

Voci che conosceva lo schernivano accanto a lui, eppure le sentiva distanti, come se si trovasse con la testa immersa sott'acqua.

«Sei una delusione. Non mi aspettavo che ti mettessi a frignare come una checca.»

Risate accompagnavano le voci. Sempre più deboli, sempre più lontane.

«Non ascoltare Archer» altre voci, sempre conosciute: «Lo sai che è un piantagrane. Sei stato bravo, lo dirò anche a tuo padre.»

Era di nuovo solo. Solo in compagnia di quel corpo che giaceva al suolo inerte. A un tratto l'uomo si mosse, cercando faticosamente di issarsi a sedere. Silver si lasciò andare in una risata singhiozzante e strozzata.

"È vivo! È ancora vivo!"

Voleva gridargli di andarsene, scappare prima che qualcuno tornasse indietro e lo trovasse, ma le parole gli morirono in gola. La mano stremata del guardiano estrasse una pistola dalla tasca interna della giacca e gliela puntò contro. Silver cercò di stabilire un contatto visivo, ma non ci riuscì. Il guardiano aveva gli occhi ridotti a due fessure appena distinguibili attraverso i gonfiori al volto. Probabilmente non lo distingueva nemmeno. Biascicò qualcosa che Silver non capì. Gli avevano fatto saltare tutti i denti e ora non riusciva nemmeno a parlare. Silver avrebbe dovuto scappare, togliersi di lì. Invece rimase fermo, immobile. Un'ombra si mosse, saettando davanti a lui nel buio. Poi il fragore dello sparo. A quel punto si destò.

«Silver! Silver, ci sei?» gli gridava Gennaro scuotendolo dalla spalla.

Era di nuovo nella tenda. La vecchia aveva smesso di cantare.

«Viva Giovanni! Viva Giovanni!» gracchiava il Murkrow.

Silver era grondante di sudore.

«Riguardo la persona che cerchi...» disse la veggente: «So dove si trova.»

«Lo sai?» domandò Silver, ancora confuso e sconvolto.

«Voglio che tu sappia che non troverai un lieto fine in fondo alla strada che ti sei scelto. Sei ancora in tempo a scegliere un'altra strada.»

«Se lo sai devi dirmalo.»

La veggente rispose dopo alcuni secondi: «Lo farò, perchè grande è l'energia della natura attorno a te. Il Grande Spirito deve avere dei progetti che ti riguardano, e io non posso intralciare il tuo cammino. Tieni però a mente le mie parole. Possiamo lasciarci manipolare dal passato, oppure decidere da soli quello che sarà il nostro futuro. Nel mio sogno ho visto un paese di ninja nascosto in seno alle montagne. Un grande lago, scosso da onde furiose, ribolle nelle vicinanze. Un passaggio nascosto conduce nella dimora dell'uomo che cerchi. Un drago dorato ti indicherà l'entrata.»


 

Silver uscì a grandi passi dalla tenda della veggente. Ormai era fatta. Dopo mesi di ricerche, finalmente era riuscito a localizzare quell'uomo. Se il racconto della veggente corrispondeva interamente al vero, e Archer si trovava in un sotterraneo con un accesso segreto, allora voleva dire che aveva fatto tombola. A Mogania si trovava il nuovo covo di ciò che rimaneva del Team Rocket.

«Silver! Aspettami!» lo rincorse Gennaro, che era rimasto indietro: «Hai davvero scoperto quello che ti serviva? A me è sembrato che quella megera abbia detto un sacco di cose senza senso...»

«Mi ha detto tutto il necessario. Ho finito quello che dovevo fare su quest'isola.»

«Vuol dire che te ne vai?»

Avevano ormai risalito la parete rocciosa e si trovavano nel punto dove il camminamento dava a strapiombo sul mare. Le onde si infrangevano con forza contro la roccia, ma guardando in basso si vedeva solo una voragine oscura. Il buio della notte risucchiava la luce e amplificava i rumori.

«Quando ho scoperto che sei un allenatore di tipo buio ho pensato che... ecco, io...»

«Sentimi bene, moccioso, devo andare, ho già perso abbastanza tem...»

Una volata di vento improvvisa colpì in pieno Silver, facendolo barcollare. Per la sorpresa e lo scossone, il rosso si acquattò poggiando un ginocchio a terra.

«Cosa succede? Cos'era?» strillò Gennaro.

"Quello era un attacco raffica, e anche piuttosto forte." realizzò Silver.

«Bene, bene, bene.» ghignò una voce nel buio. Un uomo avanzò loro incontro sul camminamento, giungendo dalla parte opposta alla loro.

«Erano un paio di giorni che ti tenevo d'occhio e finalmente mi si è rivelata un'occasione propizia.»

Quando l'uomo si fu avvicinato abbastanza da distinguerne il viso attraverso l'oscurità, Silver ebbe la certezza di trovarsi di fronte a una vecchia conoscenza. Sbattendo le ali con forza, un grosso golbat si portò a finco dell'uomo.

«Maxus.» biascicò Silver rialzandosi in piedi: «Dovrei ringraziarti. Mi hai risparmiato la fatica di venire a stanarti dal tuo buco.»

Maxus rise.

«Sei molto scostante verso il tuo vecchio istruttore, Silver. Senza contare che negli ultimi tempi ci hai dato fin troppi problemi. Non si morde la mano che ti ha nutrito per tanti anni. Non si fa. Ora hanno mandato me a risolvere il problema, ma non provo alcun piacere a doverlo fare. Capisci in che situazone mi hai messo? Lo capisci?»

«Risparmiami la commediola.» ringhiò Silver: «Ho scoperto da tempo qual'è la tua vera natura.»

Maxus non si scompose. «In questo caso... e qui cos'abbiamo?» disse fingendo di accorgersi solo allora di Gennaro: «Ti sei messo a giocare a fare il maestrino?»

Gennaro impaurito com'era, non aveva ancora fiatato. Il mare continuava a rombare sotto di loro.

Silver mise mano a una sfera.

«Non così in fretta.» protestò Maxus.

Senza che il suo allenatore dovesse istruirlo, golbat emise un suono stridulo dalla grande bocca.

"Cosa sto facendo?" ebbe appena modo di pensare Silver. Avrebbe voluto muovere la mano ed estrarre una sfera, invece si mosse la gamba. Cosa non andava col suo cervello? Silver barcollò come fosse ubriaco, e cadde. Fortunatamente non precipitò in mare ma sbattè violentemente la tempia contro la roccia al suo fianco. Si accasciò a terra mentre un rivolo di sangue gli scendeva sul viso. Maxus rise sguaiatamente.

«Che ti succede? Mi sembri confuso. Così confuso da ferirti da solo.»

Erano quelli gli effetti del supersuono di golbat? Silver non li aveva mai provati sulla propria pelle. A quanto pare agivano direttamente sul cervello dirottando gli stimoli nervosi ai muscoli. A fatica cercò di rialzarsi.

"Se solo Eon fosse qui."

«Basta, smettila!» strillò Gennaro, frapponendosi fra Silver e Maxus.

"Che diavolo fai, togliti da lì idiota!" avrebbe voluto gridargli Silver.

«Vai Sneasel!»

Il pokemon lamartigli uscì dalla sfera. Quando vide il golbat davanti a sè piegò leggermente le gambe, preparandosi allo scatto.

«È un bel pokemon quello che ti ritrovi, ragazzino. Sai anche usarlo come si deve?» lo provocò Maxus: «Golbat, fangobomba!»

L'enorme pipistrello sputò una melma violacea addosso al piccolo pokemon buio.

«Sneasel! Ehm... schiva!»

Il pokemon lamartigli evitò di essere colpito all'ultimo istante. La fangiglia rigurgitata da golbat iniziò a sfrigolare e fumare non appena toccò il suolo. Emanava un odore nauseabondo. Sneasel sfruttò la sua agilità per avvicinarsi all'avversario e contrattaccare ma, vedendo che non gli arrivavano altri comandi dal suo allenatore ,si arrestò a metà corsa.

«Devi dirgli cosa fare!» lo ammonì Silver, ma Gennaro era già nel pallone.

Maxus rise: «Siparietto divertente ragazzino, ma ora fuori dai piedi.»

Golbat si avventò su Sneasel, centrandolo in pieno con un attacco d'ala. Il piccolo pokemon precipitò nell'oceano. Gennaro era impietrito.

«Devi farlo tornare nella sfera! Richiamalo!»

«Ah, sì!»

Con le mani tremanti, Gennaro riuscì a recuperare lo sneasel appena prima che cadesse nell'acqua.

Maxus non stette a guardare. Con un calciò colpì il bambino allo stomaco, facendolo accasciare. Con un pugno alla nuca finì l'opera, mandandolo al tappeto svenuto.

«Non sei cambiato, Silver. Come al solito finisci con il coinvolgere altre persone nelle tue bravate. Adesso mi tocca occuparmi anche di lui. È colpa tua, lo sai, vero?»

Maxus afferrò il marmocchio per la collottola, sollevandolo.

«Fermati!» ringhiò Silver, ancora debilitato.

«Se sarà fortunato annegherà senza svegliarsi.»

«Fermati!» gridò Silver più forte. E a un tratto sentì una sensazione strana crescere dentro di sè: un misto di rabbia, disperazione, impotenza. L'aveva già sentita altre volte e sapeva perfettamente cosa comportasse. Si rialzò in piedi, senza sforzo. Eon apparve al suo fianco. I suoi occhi brillavano come rubini e gli anelli sul suo manto emanavano un bagliore lunare. Maxus lo fissò confuso.

«Che strano, non riesco a muovermi.» disse col suo solito tono.

«Si chiama malosguardo, Maxus.»

Silver si avvicinò a passi lenti.

«Che diavolo credi di fare. Golbat.»

Il pipistrello si abbattè su Silver, cercando di azzannarlo. Silver non si mosse.

«Sparisci!» gridò.

Il pokemon si bloccò a mezz'aria. Guardò Silver con occhi terrorizzati. Restò alcuni istanti indeciso sul da farsi, poi lanciò un'occhiata al suo allenatore e fuggì in direzione del mare.

«Golbat! Dove vai! Maledetto Silver, che diavolo gli hai fatto! L'ho sempre detto a tuo padre che saresti stato un problema! Avrebbe dovuto ascoltarmi!»

«I pokemon capiscono meglio degli umani quando è il caso di scappare. Ma tu non avrai questa possibilità.»

Un manto di tenebra avvolse Silver. Sentiva l'energia scorrere dentro di lui.

«Che cos'è? Cosa diavolo è? Quel manto...»

Silver sollevò il braccio. L'oscurità lo avvolgeva. Trapassò senza sforzo il corpo di Maxus, come la più affilata delle spade. Maxus tossì. Gocce di sangue sprizzarono sul volto di Silver.

«I tuoi occhi... Sono sempre stati rossi?»

Il Rocket spirò con un rantolo.

 
   
 
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