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Autore: Placebogirl_Black Stones    14/02/2017    3 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 13: Quando il passato torna a galla
 
 
Affondò nuovamente il cucchiaio nel barattolo di gelato alla fragola dove cercava conforto dopo quella dura giornata, mentre con l’altra mano continuava a cambiare canale nella speranza di trovare un programma abbastanza interessante da distrarla dai suoi pensieri. Quel senso di depressione non voleva saperne di lasciare il suo corpo e la sua testa, il ricordo delle parole dette e di quelle non dette la tormentava. Sentiva di aver perso qualcosa di importante, ma al tempo stesso aveva l’amara consapevolezza di non averlo mai posseduto. Non puoi perdere qualcosa che non ti appartiene.
Lasciò scivolare il telecomando sul divano accanto alle sue gambe rannicchiate, rinunciando a cercare qualcosa di interessante: quella sera nemmeno il palinsesto era dalla sua parte. Stava guardando di malavoglia quel film da quattro soldi per il quale aveva optato quando sentì suonare il campanello. Si girò verso la porta, stranita: chi poteva essere a quell’ora? Il primo pensiero ricadde su James, che per tutto il giorno si era preoccupato di lei; tuttavia le sembrava strano che fosse addirittura andato a casa sua, dopotutto non stava morendo, aveva solo avuto una giornata no.
Si alzò di malavoglia dal divano, posando il barattolo di gelato con dentro il cucchiaio sul tavolino e andò alla porta premendo il pulsante sul citofono e facendo la consueta domanda.
 
- Chi è?-
- Sono io- rispose semplicemente la voce all’altro capo.
 
Trasalì, riconoscendo il tono del suo interlocutore: l’ultima persona che si sarebbe aspettata di trovare davanti alla porta, ma la prima che occupava i suoi pensieri dalla notte scorsa. Il cuore iniziò a martellarle il petto, si sentiva come colta da un attacco di panico. Cosa doveva fare? Non poteva fingere di non essere in casa, ormai aveva risposto, però non se la sentiva di affrontarlo. Dopo un attimo di titubanza, decise di fare quello che era più civile fare: aprì la porta. Se lo ritrovò davanti con un bellissimo mazzo di fiori fra le mani, anemoni colorati e qualche calendula in mezzo. C’erano solo due motivi per cui un uomo poteva presentarsi a casa di una donna con dei fiori: dirle che l’amava o chiederle scusa. Considerando la natura del loro rapporto in quel momento, era molto più probabile che Shuichi fosse lì per la seconda opzione. Fu comunque sorpresa per quel gesto inaspettato, di certo non era da lui abbassarsi a tanto.
 
- Posso entrare? Vorrei parlare- le disse per rompere il silenzio.
 
Avrebbe voluto rispondergli come gli aveva risposto qualche ora prima al lavoro, ma ormai era in trappola, non poteva dire di essere occupata alle dieci e mezza di sera. Così sospirò e gli fece segno di entrare, gesto che il collega non si fece ripetere due volte.
 
- Che ci fai qui a quest’ora?- gli chiese, pur sapendo già la risposta.
- Mi sembra ovvio, no? Sono venuto a deporre l’ascia di guerra e a farti le mie scuse- le allungò con gentilezza il mazzo di fiori, che lei prese con piacere.
- Grazie, sono bellissimi- abbozzò un sorriso, ammirandoli e inspirandone il profumo.
 
Si guardò intorno, cercando qualcosa dove poterli mettere: lo sguardo le cadde su un vaso di ceramica vuoto posato in un angolo a terra vicino a un mobile. Lo prese e lo riempì d’acqua fresca, togliendo poi la carta e il fiocco dai fiori e posizionando questi ultimi al suo interno. Infine lo sistemò sopra al mobile stesso, il tutto sotto lo sguardo attento di Shuichi che non la mollava un secondo. Probabilmente si aspettava che dalla sua bocca uscisse qualche parola, considerando che fra due era lei quella chiacchierona ed espansiva, ma dopo essersi reso conto che non avrebbe ottenuto nulla cominciò a farle domande quasi sciocche, giusto per intavolare un discorso.
 
- Ti ho disturbato mentre mangiavi il dessert?- accennò con la testa al barattolo di gelato che aveva lasciato sul tavolino.
- Avevo semplicemente voglia di qualcosa di dolce- si limitò a dire, chiudendo il barattolo e riportandolo nel frigorifero prima che il gelato si sciogliesse completamente.
 
Gli stava sfuggendo e di sicuro lui l’aveva capito. Sarebbe stata un’ipocrita a dire che quel gesto carino non l’aveva colpita o che non aveva gradito quegli splendidi fiori; tuttavia la rabbia ancora viva e la consapevolezza che i suoi sentimenti non fossero ricambiati le impedivano di approfittare della situazione. Non era il momento giusto per avere una conversazione e doveva metterlo in chiaro.
 
- Senti Shu…- cominciò, non sapendo che parole usare - Sei stato davvero gentile a venire qui per scusarti e portarmi i fiori, lo apprezzo molto, davvero. Però ora non me la sento di affrontare la cosa, non sono dell’umore adatto. Non voglio peggiorare la situazione, perciò preferisco parlare in un altro momento, perdonami- concluse, facendo un lungo respiro.
- Jodie non sei più una bambina, sei una donna adulta, dovresti imparare ad affrontare certe situazioni. Vuoi davvero tenermi il broncio e rovinare i rapporti per un diverbio che ormai è stato chiarito?- la fissò con sguardo austero, com’era solito fare quando voleva atteggiarsi da uomo maturo e superiore.
 
Fu quella la goccia che fece traboccare il vaso, quelle parole forse anche peggiori di quelle della sera precedente. Una bambina lei?! Non aveva potuto esserlo nemmeno quando l’età anagrafica glielo avrebbe concesso, figuriamoci adesso! Non era lei che stava rovinando i rapporti, era lui con la sua mancanza di tatto e di sentimenti. Nella crescente ira che le offuscava la mente, si chiese per la prima volta come aveva potuto innamorarsi così di una persona del genere, un uomo che non si rendeva nemmeno conto di quanto le sue parole potessero ferire più delle pallottole che sparava con i suoi amati fucili. Non era perfetta, ma si meritava di meglio. Stava sprecando il suo tempo dietro a qualcuno che non si rendeva nemmeno conto di quanto amore gli avesse donato senza chiedere nulla in cambio. Era arrivato il momento che lo sapesse. Shuichi Akai doveva rendersi conto di non essere così perfetto come voleva far credere.
 
- Se fossi stata una bambina non avrei sopportato tutto questo, al contrario ti avrei già mandato al diavolo da un pezzo!!! Non avrei continuato a preoccuparmi per te come fa una mogliettina fedele dopo che sei anni fa mi hai dato il benservito con una scusa assurda!!! Sei tu quello che ha rovinato tutto e lo hai fatto nel momento in cui non ti sei mai preoccupato di farmi una sola, maledetta telefonata per sapere come stessi dopo che mi avevi piantata in asso!!! E non dire che non potevi perché altrimenti ti avrebbero scoperto, il tempo di telefonare a James per parlargli di come procedeva la tua missione ce lo avevi eccome! Avrei voluto sentirmi dire che anche io ti mancavo da morire come tu mancavi a me, anche se fosse stata soltanto una bugia per farmi felice ti avrei creduto lo stesso! Ma la verità è che tu non mi hai lasciata perché temevi di poterti tradire da solo durante la tua missione… la verità è che tu ti eri già innamorato di Akemi. Dopo la sua morte ti sei chiuso in te stesso e nonostante sia ormai passato un anno sembri non avere nessuna intenzione di riaprirti. Sembra quasi che provi una sorta di piacere oscuro nel continuare a crogiolarti nel tuo mondo fatto di dolore e sensi di colpa. Io ci ho provato, ci ho provato con tutte le mie forse a riportati a galla dall’abisso nel quale sei sprofondato, ma tu ti ostini a rifiutare la mia mano! Io… mi sono stancata di bussare a una porta che non apre-
 
Era passata dal gridargli in faccia con tutto il fiato che aveva nei polmoni al versare lacrime mentre pronunciava quelle ultime parole con voce debole, il tutto senza nemmeno rendersene conto. Non aveva quasi preso fiato tra una frase e l’altra, le parole scorrevano senza sosta come un fiume in piena. Parole che per troppo tempo si era tenuta dentro, parole che non aveva mai trovato il coraggio di dire. Sapeva che adesso tutto sarebbe cambiato, che non poteva più rimangiarsi nulla, così come sapeva di aver confessato in modo indiretto ciò che ancora sentiva per lui. Non era certo così che si era immaginata il momento in cui gli avrebbe detto che lo amava ancora. Confusa e incapace di gestire tutti quei sentimenti che stava provando in un solo momento, continuava a piangere e guardarlo dritto negli occhi, in attesa di una sua replica. Per tutto il tempo in cui gli aveva inveito contro, era rimasto a guardarla con una faccia stranita, incredulo che tutto ciò stesse accadendo davvero. Non l’aveva mai vista così infuriata ed esasperata, forse non aveva nemmeno mai pensato che potesse arrivare a tanto. Ora, invece, se ne stava in silenzio con gli occhi chiusi, probabilmente elaborando ogni singola parola e traendo le sue conclusioni. Avrebbe tanto voluto sentirsi dire qualcosa, qualsiasi cosa, anche negativa, purché parlasse. La totale indifferenza le avrebbe fatto molto più male di una riposta glaciale. Ma il cecchino continuava a stare nel silenzio più assoluto.
Ormai incapace di sopportare altro, si diresse a passo veloce verso la porta, spalancandola bruscamente .
 
- Vattene!- ordinò, un’insolita scintilla di ferocia negli occhi.
 
Senza opporre la minima resistenza e controbattere, Shuichi camminò lentamente verso la porta con gli occhi chiusi, impassibile come sempre. Non si aspettava di certo una risposta prima che lasciasse il suo appartamento, ormai non si aspettava più nulla da lui. Non lo guardò nemmeno mentre varcava la soglia e si avviava lungo il corridoio per tornare da dove era venuto, non voleva vedere quell’indifferenza che la logorava dentro. Richiuse la porta e si appoggiò contro di essa con la schiena, lasciandosi scivolare a terra come sangue che scorre da una ferita, scoppiando in un pianto disperato. Da domani niente sarebbe più stato lo stesso. Aveva perso una spalla, un amico, l’amore di una vita.
 
 
 
Quando riaprì gli occhi il sole era già sorto da un pezzo, poteva intravederlo da dietro le leggiadre tende che coprivano la portafinestra. Nonostante la sonnolenza le indicasse che aveva dormito, si sentiva stanca come se avesse lavorato tutta la notte. Si rigirò sulla schiena, smuovendo le coperte: solo allora si rese conto di trovarsi nel suo letto. Non ci sarebbe stato nulla di strano, è lì che si va per dormire, il problema era che lei non ricordava quando e come ci era arrivata. L’ultima immagine proiettata nella sua mente era quella di Shuichi che se ne andava via dopo che lei lo aveva cacciato: tutto il resto era un enorme buco nero. Si passò le mani sulla faccia e sulla testa, per poi allungare una mano e prendere il cellulare sul comodino per controllare l’ora. Notò che, oltre a cinque chiamate perse di James, aveva anche due chiamate perse a nome Shiho, risalenti alla sera precedente. Era talmente assente che non si era nemmeno accorta del cellulare che suonava, o forse lo aveva sentito ma era stata incapace di rispondere e ora non se lo ricordava, come tutto il resto. Immaginò che le avesse telefonato per sapere come stava dopo la discussione con Shuichi a casa Kudo, ma in quel momento non aveva nessuna voglia di parlare di lui o di loro, perciò decise che l’avrebbe richiamata quando si sarebbe sentita in grado di affrontare l’argomento. Non era nemmeno sicura di essere in grado di andare al lavoro, non aveva la testa per stare concentrata su qualcosa che avrebbe deciso le sorti dell’assassina di suo padre, senza contare che sarebbe entrata in ufficio con più di due ore di ritardo. Così telefonò a James, per dargli almeno una spiegazione.
 
- Jodie, ma dove sei finita?! Sono due ore che ti chiamo!- la rimproverò subito non appena rispose alla chiamata, senza nemmeno augurarle buongiorno.
- Perdonami James, mi sono svegliata solo pochi minuti fa. Non mi sento per niente bene, non credo di riuscire a venire oggi. Sto anche peggio di ieri- si giustificò, sperando di cavarsela.
- Che cos’hai?- le chiese James, un po’ preoccupato.
- Niente di grave, credo sia solo un po’ di influenza- mentì, nonostante sapesse che James le avrebbe difficilmente creduto.
- Jodie, non puoi mollare proprio adesso, dobbiamo prepararci bene per il processo se vogliamo vincerlo- le ricordò, come se non lo sapesse.
- Lo so e domani farò il possibile per esserci, te lo giuro, ma oggi proprio non ce la faccio-
- Per caso il motivo per cui non riesci a venire al lavoro oggi è lo stesso per il quale stamattina Akai è più cupo e associale del solito, cosa che negli ultimi tempi non era più come lo era mesi prima?- le chiese diretto senza giri di parole.
 
Rimase spiazzata da quella domanda e da come, nonostante fosse consapevole della perspicacia dell’uomo che l’aveva cresciuta durante tutti quegli anni, riuscisse ogni volta a capire e collegare tutto. “La saggezza che viene con l’età”, le diceva sempre, ma lei aveva sempre pensato che fosse una dote più che un’abilità acquista negli anni.
Ripresasi dallo stupore, sentì la rabbia crescerle dentro. Se stava male doveva per forza essere a causa di Shuichi?! Si maledisse nuovamente per come si era eclissata dietro alla figura di quell’uomo, tanto da renderlo visibile agli occhi di tutti. Magari non era solo James, magari i suoi colleghi sparlavano di questo dietro alle sue spalle. Si immaginava i loro commenti, del genere “Hai visto come gli scodinzola dietro?” o cose di basso livello come quella. Inoltre, non era certo un suo problema se Shuichi era scorbutico: così era nato e così sarebbe morto.
 
- Possibile che tutto quello che mi riguarda debba per forza girare intorno a lui?! Non è il centro del mondo!!! Ora non posso nemmeno più ammalarmi?!- urlò, per poi riattaccargli il telefono in faccia.
 
Se ne pentì subito dopo, rendendosi conto che alla fine James non aveva nessuna colpa, si stava solo preoccupando per lei.
Spossata da tutta quella situazione, tornò a rigirarsi su un fianco e si coprì completamente, infastidita anche dalla luce del sole che filtrava. Non aveva nessuna voglia di alzarsi da lì né di fare nulla.
 
 
 
………………….
 
 
 
Restò per un attimo a fissare il display del telefono dove la chiamata era appena stata interrotta, colpito dalla veemenza con cui la sua interlocutrice gli aveva risposto. Quando reagiva in quel modo la situazione era più seria di quello che sembrava, ormai la conosceva bene.
Sospirò, chiudendo gli occhi e riflettendo su da farsi. Poi uscì dal suo ufficio e andò a cercare Shuichi, che non gli aveva comunicato cosa avrebbe fatto quel giorno. Lo trovò in un ufficio isolato dagli altri, che avevano adibito ad archivio, seduto alla scrivania a leggere dei file contenuti in vecchi fascicoli. Vedendolo entrare, alzò gli occhi dalla lettura.
 
- È successo qualcosa?- gli chiese subito, pensando che se il capo andava da lui era per un emergenza.
- No, volevo solo chiederti se potevi tenere tutto sotto controllo per qualche ora, io devo assentarmi. Sei il mio uomo migliore, non saprei a chi altro chiedere- ammise, rinnovando la grande stima che provava nei suoi confronti.
- Va tutto bene?- chiese nuovamente, come se percepisse che gli stava nascondendo qualcosa.
- Sì, devo solo occuparmi di una cosa prima che sia troppo tardi. Allora, puoi sostituirmi?- rispose semplicemente, non volendo rivelargli cosa dovesse fare.
- Certo, ci penso io- acconsentì.
 
Senza aggiungere altro uscì dalla stanza, prese l’ascensore e raggiunse il parcheggio fuori dall’edificio, salendo sulla sua auto diretto a casa di Jodie.
 
Una ventina di minuti dopo era già davanti alla porta del suo appartamento. Suonò il campanello e attese fino a quando non sentì la voce al citofono.
 
- Chi è?-
- Sono io-
 
La serratura scattò e la porta si aprì, mostrando la giovane donna non proprio nella sua forma migliore. Aveva gli occhi arrossati e gonfi, segno che aveva pianto parecchio, i capelli arruffati e indossava ancora la camicia da notte che aveva coperto per pudore gettandosi un panno sulle spalle e avvolgendoselo addosso. Di certo la sua non era stata una scusa per non andare al lavoro e bighellonare in giro per la città.
 
- James, che ci fai qui? Non dovresti essere al lavoro?- gli chiese stupita.
- Oggi ho qualcosa di più importante di cui occuparmi del lavoro-
 
Sapeva che quella che col tempo era arrivata a considerare come una figlia avrebbe capito che la cosa importante a cui si stava riferendo era proprio lei; infatti Jodie si gettò fra le sue braccia e ricominciò a piangere, sicura che lui non l’avrebbe giudicata troppo immatura o debole. Probabilmente quelle erano le parole che avrebbe voluto sentirsi dire da un’altra persona, la stessa per la quale stava versando lacrime. Lui era l’unico a sapere della loro storia, l’unico che sapeva di quanto avesse sofferto in quegli ultimi anni.
La abbracciò forte e lentamente la fece camminare fino al divano, dove si sedettero e lei continuò a sfogarsi piangendo contro il suo petto per parecchi minuti, mentre lui cercava di confortarla accarezzandole la testa. Restarono così fino a quando Jodie non si calmò, pur continuando a restare abbracciata a lui.
 
- Mi dispiace, mi sto comportando da stupida- gli disse asciugandosi gli occhi.
- Sei solo un po’ giù di morale, capita a tutti- la tranquillizzò - Che ne dici se ti porto fuori a pranzo a mangiare qualcosa di buono? Però devi darti una sistemata-
- Grazie, ma non ho fame- scosse la testa.
- Coraggio, devi mangiare qualcosa. Se non ti va di uscire ti preparo qualcosa io, però devi vestirti- si raccomandò, come avrebbe fatto un padre.
- E va bene vecchio brontolone!- sorrise lei, arrendendosi e dandogli un pizzicotto sulla spalla, per poi alzarsi dal divano e dirigersi nella sua stanza.
- Sul brontolone posso anche chiudere un occhio, ma sul vecchio no! Attenta a come mi parli signorina!- finse di essere serio, anche se si capiva che stava scherzando per tirarle su il morale.
 
Si alzò anche lui dal divano e cominciò a cercare nella dispensa qualcosa da preparare. Alla fine decise di fare del riso con carne e verdure, un piatto semplice ma nutriente, senza contare che non era rimasto molto in casa, dal momento che spesso a tutti loro agenti capitava di mangiare fuori.
Mise l’acqua a bollire in pentola e si apprestò a tagliare le verdure. Dopo poco Jodie lo raggiunse, con un aspetto decisamente più fresco: si era sciacquata le lacrime dal volto, i capelli erano pettinati e in ordine e indossava una camicetta e un paio di jeans, decisamente più appropriati di quella sottoveste succinta. Apparentemente sembrava che stesse meglio, ma sapeva bene che dentro di lei il fuoco bruciava ancora. Probabilmente non voleva affrontare l’argomento, ma doveva chiederglielo comunque.
 
- Allora, vuoi spiegarmi cos’è successo con Akai?-
- Ti prego, possiamo cambiare argomento? Altrimenti non riuscirò ad inghiottire nemmeno un boccone di quello che stai preparando- si sedette a tavola, sospirando.
- Mi dispiace insistere, lo so cosa provi e non voglio immischiarmi nei tuoi affari sentimentali, però io sono anche il tuo capo Jodie e vorrei assicurarmi che non ci saranno dissapori sul lavoro fra i miei sottoposti. Siete due agenti validi e io ho bisogno di entrambi. Dovete lavorare insieme ancora per molto tempo e non voglio che la vostra professionalità venga a meno per questioni personali- spiegò serio.
- Non succederà- disse convinta - Ho solo bisogno di qualche giorno da sola per smaltire il tutto. A questo proposito, non è che io e te potremmo lavorare da soli fuori dalla sede? Mi sentirei meno nervosa e riuscirei a concentrarmi meglio. Possiamo lavorare qui oppure da te- propose.
- Jodie, devi venire al lavoro, non sei più una bambina testarda con la quale devo scendere a compromessi- ribadì.
- Hai ragione, vedrò di rimettermi in sesto il più in fretta possibile. Però questo discorso dovresti farlo anche a Shu, perché non sono sicura che anche lui voglia lavorare ancora con me-
- La faccenda è davvero così grave?- chiese, sempre più confuso.
- Abbastanza- rispose semplicemente.
 
Continuando così non sarebbe arrivato a niente. Lui le faceva domande e lei rispondeva vagamente, tutta la questione era avvolta dal mistero più totale. Ma non era andato lì per giocare al detective, era andato lì per risolvere il problema e se per farlo doveva essere insistente allora lo sarebbe stato. Iniziò a scrutarla e fissarla, cercando di metterla in soggezione a tal punto da farle vuotare il sacco. Di solito era una mossa che funzionava. Come previsto, la vide ruotare gli occhi per l’esasperazione.
 
- Abbiamo avuto una discussione pesante, lui ha detto cose, io ho detto cose e poi l’ho cacciato da qui- riassunse brevemente.
- Lo hai cacciato?- si stupì.
- - annuì - Era venuto per chiedermi scusa dopo che l’altra sera a casa di Shinichi Kudo non si era comportato benissimo nei miei confronti- accennò con la testa al vaso di fiori sopra al mobile - Però io non avevo voglia di parlargli perché volevo sbollire la rabbia. Lui ha insistito, mi ha provocata e io… - fece una pausa, intristendosi - Ho fatto un casino-
- Di che genere?-
- Del genere rinfacciargli delle cose che mi sono tenuta dentro per anni… - scosse la testa.
 
Ci fu un attimo di silenzio, del quale approfittò per buttare il riso nell’acqua ormai bollente e mescolarlo. Rielaborò tutto ciò che Jodie gli aveva appena detto, immaginandosi quali potessero essere queste cose che si era tenuta dentro. Una volta gliene aveva confessata qualcuna senza volere, una sera in cui aveva esagerato col vino, ma lui non se l’era più sentita di toccare l’argomento. Forse lei non lo ricordava nemmeno.
 
- Forse non è un male che tu ti sia sfogata, fingere che tutto andasse bene non era una soluzione- disse infine - In questi anni ti ho sempre sentita dire “va tutto bene” ogni volta che ti chiedevo se qualcosa non andava con lui, ma era ovvio che non andasse bene. Non c’è nulla di male se provavi rabbia nei suoi confronti, l’importante era che questa rabbia non si trasformasse in odio e perché ciò non avvenisse dovevi trasformarla in parole e liberartene. Ora che l’hai fatto puoi andare avanti-
- Il problema è che l’ho trasformata in parole acide che non posso rimangiarmi… - abbassò lo sguardo.
- Posso fare qualcosa per aiutarti?-
- Non sono più una bambina, l’hai detto anche tu. Se mi caccio nei guai devo uscirne con le mie forze- cercò di sorridere.
 
Aveva ragione, c’erano cose in cui non poteva aiutarla. Poteva preoccuparsi per lei, poteva prepararle il pranzo, ma non poteva intromettersi nelle sue questioni sentimentali. Tutto ciò che gli restava da fare era incoraggiarla a fare del suo meglio. Ricambiò quel sorriso, continuando a cucinare per lei come faceva ai vecchi tempi.
 
 
 
…………………..
 
 
 
Chiuse anche quel fascicolo, mettendolo nella fila di quelli già letti. Ormai era passata anche l’ora di pranzo e nessuno era andato da lui, perciò tutto doveva essere sotto controllo. Si chiese se James fosse già tornato e soprattutto cosa fosse uscito a fare. Sembrava preoccupato, ma di certo se ci fosse stato un problema che riguardava l’FBI glielo avrebbe detto. Prese un altro fascicolo dalla fila dei non letti e lo aprì, cominciando a visionare i file al suo interno: erano tutti appunti che aveva raccolto durante i suoi anni da infiltrato nell’Organizzazione. Si sarebbe potuto definire un tuffo nel passato, ma di certo non con ricordi piacevoli. Ogni pagina che sfogliava era una ferita che si riapriva. Una vendetta che gli era costata cara, la sua. Nella sua mente si accavallavano diversi pensieri, da suo padre ad Akemi. Persone che amava e che gli erano state portate via. D’un tratto, però, il ricordo della sua rottura con Jodie riaffiorò nitido come se fosse accaduto il giorno prima. Si ricordò di ogni singola parola che si erano detti in quella macchina che ormai non esisteva più, come la loro storia. Benché avesse cercato di non darvi troppo peso, come faceva con le cose che gli risultavano troppo scomode da accettare, sapeva di averle spezzato il cuore, ma non avrebbe mai pensato che Jodie covasse rancore nei suoi confronti per questo. Lei, che gli aveva sempre perdonato tutto, anche gli errori che lui stesso non si era mai perdonato. Dal canto suo, anche per quel lui quel giorno non era stato facile. Non l’aveva di certo lasciata a cuor leggero come pensava lei, non aveva provato gioia nel sacrificare la donna che amava per uno sporco lavoro. I suoi sentimenti erano veri, ma ora stava pagando il prezzo per non averglielo mai detto o per lo meno fatto capire. Sapeva che lei provava ancora dei sentimenti molto forti per lui, lo aveva capito da tempo, ma aveva preferito fare il finto tonto per non illuderla di voler ricominciare un rapporto con lei. Non aveva il cuore in pace per ricominciare una relazione, né con lei né con nessun’ altra donna, ma aveva sempre cercato di non farla soffrire.
A quel pensiero gli tornarono in mente le parole che Shiho gli aveva detto la sera prima: “abbi rispetto per i suoi sentimenti”. Doveva essersi accorta anche lei di ciò che provava Jodie. Fu in quel momento che si rese conto che in realtà non aveva certo fatto del suo meglio per avere rispetto dei suoi sentimenti, poiché non si era mai curato di nascondere i suoi sentimenti per Akemi anche quando lei gli stava vicino e poteva percepirli senza che lui parlasse apertamente. Preso com’era nel suo stoico dolore, non si era accorto che anche lei stava soffrendo nel vederlo in quello stato e nel sapere che non era lei la donna oggetto dei suoi pensieri. Quella donna che aveva dovuto sacrificare per la sua missione, quella donna che per prima gli aveva fatto provare dei sentimenti forti dopo che aveva deciso di chiudersi in se stesso a causa della scomparsa del padre, era sempre stata lì per lui e lui l’aveva fatta sentire come se ci fosse sempre qualcosa di più importante di lei. Jodie era una donna fantastica, che non avrebbe di certo avuto problemi a trovarsi mille uomini pronti a farla sentire una regina; ciò nonostante aveva scelto lui, che per quanto galante ed educato non era certo il principe delle favole. E lui aveva sprecato quell’opportunità, troppo concentrato su stesso e sui suoi obiettivi. Era stato cieco davanti a tutto, e anche quando aveva visto, aveva preferito fingere di non averlo fatto, perché così era tutto più facile. Mettere a tacere i sentimenti era la cosa migliore da fare, perché affrontarli l’avrebbe reso vulnerabile e non poteva permetterselo.
Rimise i file nella cartella e la chiuse, lasciandola appoggiata sulla scrivania. Aveva troppi pensieri per la testa, era inutile cercare di concentrarsi. Incrociò le mani dietro la nuca e rimase lì, in quell’ufficio isolato e poco illuminato, a riflettere sui suoi errori.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
So che non è il capitolo giusto da postare a San Valentino ma non è colpa mia se l’ho finito esattamente oggi! XD Quanti si aspettavano questo risvolto nella storia? Tutti perché sono troppo prevedibile! XD Lascio a voi commenti ed impressioni, facendo solo un piccolo appunto sui fiori che Shuichi porta a Jodie. Gli appassionati di cultura giapponese sapranno che in Giappone è molto diffuso l’Hanakotoba, ovvero il linguaggio dei fiori (ricordate quell’episodio del Clash of Red and Black dove i MIB mandano una pianta di aquilegia a James e Conan ne spiega il significato?). ho deciso di usarlo anche io in questo capitolo e vi riporto cosa significano i fiori che Shu regala a Jodie (anche se penso sia abbastanza chiaro!):
 
 Anche un mazzo di Anemoni colorati (tutti i colori tranne il bianco) è un chiaro simbolo di riconciliazione […] le Calendule che nel linguaggio dei fiori indicano “dolore e dispiacere“, quindi evidenziano il pentimento.”
 
Fonte: http://www.edendeifiori.it/il-linguaggio-dei-fiori
 
Come sempre fatemi sapere le vostre impressione se volete! ;) E grazie a tutti quelli che leggono!
Bacioni
Place
 
PS: Pubblicità progresso! Se avete voglia di chiacchierare con me su Detective Conan, Nana, One Piece, ma anche musica e altro venite a trovarmi nel mio piccolo portfolio! ;)
 
 «Place's 707 Room»
   
 
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