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Autore: Violinlock    16/02/2017    1 recensioni
John Watson, 36 anni, ritorna dalla guerra e si confronta con la realtà.
Sherlock Holmes, 24 anni, cocainomane, si ritrova con i fondi bloccati e inizia a dedurre come professione, unendo l'utile al dilettevole.
Frase di Henning Mankell
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo resoconto inizia con una fine, quella della mia carriera militare.

Quando mi hanno sparato, devo ammettere che il mio quasi primo pensiero è stato questo. 

Essere congedato mi brucia ancora dentro, anche se in molti mi dicono che dovrei essere felice di essere di nuovo tra la gente comune, lontano dal ricordo di fumo e paura, lontano dalla guerra. Io non so come sentirmi.

“Non so come sentirmi” dico a Harry, il suo corpo sdraiato malamente sulla mia sedia pieghevole, quelle di brutta fattura bianca. Cerca di starci anche se è troppo diversa da essa, troppo più grande. 

Harry capisce subito, mi guarda immediatamente e annuisce soltanto, lasciando silenzio tutto intorno a noi. Sa io non stia del tutto bene, una volta mi ha trovato con una pistola puntata alla tempia, piangente, non tanto tempo fa a dire il vero, quando mi hanno detto che sono sfrattato da questa casa, da questa città, da Londra. Non sono sicuro di come stia andando la mia vita, non sono sicuro di dove andrò adesso che mi hanno sfrattato. Mia sorella è qui per questo, vuole condurmi nella sua dimora, venuta personalmente perchè scettica. Ieri le ho detto che non mi avrebbe trovato, che sarei stato già sopra un treno a vagare per qualche strada secondaria di qualche buco di città sconosciute, vagabondando, cercando un alloggio tutto mio. Mi era sembrata molto allettante l'idea, non voglio elemosinare niente. Solo che oggi non ho sentito, come sempre, la sveglia. Perlomeno, l'ho sentita, ma non ho voluto approfondire il sonno da appena sveglio, quindi ho spento, l'ho spenta, disattivata, messo il muto alla canzone di Elton John come suoneria. 

“Smettila di pensare che tu non sei bene accetto, che sei solo un peso. Smettila e basta.” Mia sorella inizia a piangere. 

“Sei troppo fragile” dico, a metà tra disappunto e comprensione.

Lei fa un lungo sospiro profondo, cercando di levarsi le due lacrime di dosso con poche dita malmesse da agitazione, il mascara che cola insieme ad una lacrima, dopo aver tenuto il suo peso sul ciglio, in uno scenario grottesco. Grottesco perchè anche inaspettato.

Inaspettatamente, mi abbraccia, ma io mi scanso. “Harry, sto bene.” 

“Non sei un peso” ripete.

“Vai in macchina, prendo le ultime cose, consegno il mio ultimo addio a questa dimora” dico, prendendole il viso tra le mani, facendo un piccolo sorriso pacato, le rughe della fronte aggrottate.

“'Fanculo, io non ti lascio abbandonare la tua dimora dalla tua finestra!” Arriva uno schiaffo, inaspettato anche questo. 

“Non puoi farlo” dico adesso più forte. “Harry, smettila di fare la maestrina repressa e lasciami fare quello che voglio!” grido adesso.

Lei grida altrettanto queste parole: “Maestrina repressa? Io non ho un lavoro, ma sto anche bene così, diciamo. Perchè ad ognuno capita di stare male, mica solo a te.” Adesso si paca e pronuncia le prossime frasi quasi tra sè, guardando me e il pavimento.“Ho un marito che amo, una casa che odio, una figlia appena nata che non riesco ad apprezzare del tutto, ma ci sono, ci sono sempre, cerco di prendere quello che c'è di buono, non mi faccio stupidi complessi perchè la guerra fortunatamente per me è finita, non sono una che scappa dalla propria famiglia, non sono una donna capace di prendere solo il brutto!” Mi guarda adesso, non distogliendo più lo sguardo, aspettando guardandomi una mia risposta. “Perchè non ti cerchi un lavoro? Qualcuno con cui condividere l'appartamento? Magari una donna? Da cosa nasce cosa, poi, sai.”

“Lo sai che non sono un tipo propriamente adatto a queste cose?”

“A cosa? Ad avere una donna?” 

Ridacchiamo insieme. “Ti prego, John, non fare il bambino” dice adesso, di nuovo propriamente seria.

“Non sono un bambino, Harry” dico serio. Capisco lei si preoccupi per me, sciupi un po' della sua sanità mentale per il suo bello e un pò complicato fratello, ma non accetto che ogni due per tre mi dica seria che non sono un bambino, che non devo esserlo.

Lei annuisce. “Io...”

“Lo so che non lo fai perchè mi vuoi male, ma ok, adesso vengo, lasciami prendere subito le ultime cose.” 

Lei prende subito tre sacchetti spessi verdi dal tavolo ormai sgombro, non che prima fosse attivo di tovaglia o altro, sopra c'era solo un vassoio con qualche frutta più o meno scadente.

“Ti aiuto io” dice, prendendo tutto lei, correndo verso fuori, non potendo fare niente per fermarla. Corre come un razzo.

   
 
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