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Autore: Giulia Pond    17/02/2017    0 recensioni
[https://it.wikipedia.org/wiki/Toby_Kebbell]
[https://it.wikipedia.org/wiki/Toby_Kebbell]Lucy Moore ha 27 anni, si è trasferita a Londra col figlio di 7 anni e ha deciso di far girare il suo mondo attorno a lui.
Toby Kebbell ha 34 anni, conduce una vita senza freni e l'unico suo interesse è il lavoro.
Entrambi stanno scappando da qualcosa, ma nessuno di loro ha il coraggio di esternare le loro paure ed affrontarle.
Come faranno ad aiutarsi a vicenda? Come farà l'insicura Lucy a fidarsi del freddo, calcolatore e troppo sicuro di sé Toby?
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La sveglia suonò puntuale, si voltò per spegnerla e sarebbe rimasta volentieri a letto se non le servissero quei benedetti soldi. Si incoraggiò pensando alle imminenti vacanze ed uscì dalle coperte. Un brivido le percorse la schiena, in quella dannata catapecchia che lei chiamava casa faceva troppo freddo, ma non poteva permettersi di accendere tutti i giorni la caldaia. Andò a controllare suo figlio Jacob, gli sistemò le coperte e poi andò in bagno. Non voleva ancora svegliarlo, per lui era ancora  presto.
< < Guarda che faccia! > > esclamò Lucy vedendo le occhiaie sotto gli occhi. < < Nemmeno il trucco può migliorarti. > >
Sbuffò, avrebbe davvero voluto riprendere in mano la sua vita, aveva 27 anni e già si ritrovava a doversi dividere in due tra lavoro e figlio. Amava Jacob, era l'unica cosa buona che avesse fatto nella sua vita e non lo avrebbe cambiato per nient'altro al mondo; tuttavia avrebbe davvero voluto ritornare la giovane Lucy a cui piaceva uscire con gli amici. Invece adesso non aveva nemmeno il tempo per andare dalla parrucchiera, i suoi capelli mori erano irriconoscibili e piagnucolò vedendo che erano tutti pieni di nodi.
< < Non posso presentarmi così. > > borbottò aprendo l'acqua della doccia. Si sarebbe fatta una doccia veloce, non poteva andare al lavoro conciata come una barbona, non con tutti quegli uomini che la fissavano in continuazione. Non che le importasse, non voleva più avere un uomo al suo fianco, non dopo quello che era successo con l'ultimo. A lei importava soltanto delle mance che le lasciavano ogni volta che cinguettava per loro.
Il getto dell'acqua calda le accarezzò il corpo indolenzito, avrebbe voluto stare delle ore, ma il dovere la chiamava. Si sciacquò bene i capelli e, uscendo dalla doccia, indossò l'accappatoio con i fiori rosa. 
< < Ora va meglio. > > mormorò guardandosi allo specchio e ricordando quando abitava con i suoi genitori e passava ore e ore in bagno a sistemarsi per uscire con le amiche. Erano bei tempi, tempi in cui non doveva preoccuparsi di non fare ritardo per recuperare da scuola Jacob, tempi in cui non aveva paura a relazionarsi con gli altri. Da quando era venuta a vivere a Londra non aveva conosciuto nessuno, si era rinchiusa col figlio in quella catapecchia evitando ogni genere di rapporto umano con gli altri, a malapena conosceva i vicini.  Si era voluta creare un mondo tutto suo in cui nessuno poteva entrarvi e far loro del male. C'erano solo lei e Jacob.
< < Sei bellissima! > > esclamò il bambino di 7 anni entrando in bagno. < < Perché fissi lo specchio? Te lo dico io che sei bella! > >
Lucy sorrise e si abbassò a baciare l'unico amore della sua vita. < < Ero persa nei miei pensieri. Che ci fai in piedi? È un po' presto! > >
< < Volevo vedere se stavi bene. > >
< < Sai che facciamo? Mi asciugo i capelli e poi ti preparo una colazione da re! > >
Jacob sorrise e si lasciò andare a dei gridolini di gioia.
< < Tesoro, fai piano. I vicini dormono ancora. > > lo tranquillizzò Lucy sorridendogli. Per lei quei momenti erano d'oro, a causa del lavoro non riusciva a stare sempre con Jacob e ciò la rattristava dato che si stava perdendo la sua infanzia.
Si asciugò i capelli il più velocemente possibile e poi andò in cucina a scaldare del latte per Jacob.
< < Vuoi portare dei toast a scuola? > >
< < No, non mi vanno. Porto il cioccolato. > >
Lucy sorrise, sapeva quanto fosse goloso e prima o poi avrebbe dovuto negargli tutti quei dolci e fargli mangiare qualcosa di più salutare. Prese la barretta di cioccolato divisa in due e la mise nella tasca interiore della cartella di Jacob. 
< < Bene, la colazione é pronta. > >
Jacob arrivò di corsa facendogli il sorriso più bello che lei avesse visto, un sorriso che l' avrebbe aiutata ad andare al lavoro e sopportare le mille richieste del suo capo. Lo guardò mangiare avidamente i cereali, non disse nulla, non voleva sgridarlo perché stava mangiando come un cane affamato; voleva semplicemente godersi quel momento come se fosse l'ultimo.
 
-
La donna dormiva ancora, avrebbe dovuto svegliarla e mandarla via, ma non aveva voglia di sentirla fare le moine perchè voleva rimanere ancora da lui. No, se ne sarebbe dovuta andare come hanno fatto le altre prima di lei, lui non voleva nessuno.  Si alzò, indossò della biancheria pulita e accese la radio sperando che la musica la svegliasse. Cominciò a fischiettare seguendo il ritmo di quella canzone che gli stava facendo venir voglia di ballare e andò in bagno a sciacquarsi la faccia e a lavarsi i denti.
< < Ehi, tesoro. > > esclamò la bionda dietro di lui < < Torna a letto..con me. > >
Sputò il dentifricio. < >
< < Di già? Speravo di rimanere un altro po'. > > strepitò sorpresa la giovane < < Potrei aspettare che torni dal lavoro e farti trovare tutto pronto come una brava mogliettina. > >
< < Non ne ho bisogno, grazie. > > rispose rudemente l'uomo < < Vestiti e torna a casa. > >
La giovane non disse nulla, si limitò a tornare in camera, a rivestirsi e, senza salutare, se ne andò sbattendo la porta.
 
-
Era in ritardo, ecco cosa succedeva quando se la prendeva comoda a sbaciucchiare suo figlio prima di lasciarlo alle maestre. Quella mattina non voleva lasciarlo andare, voleva riportarlo a casa e trascorrere una giornata insieme come se fosse domenica. Corse verso l'ascensore, implorò i dipendenti di tenerle le porte aperte, ma quest'ultimi non le dettero ascolto. Non poteva aspettare il prossimo ascensore, non poteva concedersi questo lusso, non oggi. Così Lucy si diresse alle scale, doveva andare solo al quinto piano ce l'avrebbe fatta, no? Cominciò a dubitare di sé una volta arrivata davanti alle scale, perché non si era mai resa conto di quanto fosse in alto? Fece i gradini due a due sperando di non spaccarsi una caviglia visto che stava correndo con le scarpe col tacco; non poteva arrivare in ritardo, non oggi che c'era una riunione tra tutti i soci e lei doveva assicurarsi che non mancasse nulla. Al terzo piano si bloccò per prendere fiato, non era più abituata a correre come una volta, quando andava al liceo era bravissima, aveva persino vinto qualche premio e lei si era sentita come se sarebbe arrivata ovunque. Purtroppo si sbagliava, non sapeva che sarebbe finita in un grattacielo a fare da segreteria e cameriera a uomini d'affari a cui non importava altro che arricchirsi.
Prese fiato e ricominciò la sua corsa. Arrivò al quinto piano madida di sudore, i suoi capelli che aveva accuratamente sistemato in una treccia erano tutti fuori posto e attaccati alla cute. Imprecò dentro di sé, aveva passato mezz'ora davanti allo specchio a cambiare pettinatura e scegliere quella che più le piaceva; ed ora i suoi capelli erano orribili.
"Che bella figura farai Lucy" pensò rendendosi conto che non solo i capelli erano conciati male. In più le facevano male i piedi, avrebbe voluto sedersi e riposarsi almeno per 5 minuti, ma non poteva. Si incamminò verso il suo ufficio, ma appena fece un passo il dolore lancinante sotto la pianta dei piedi la costrinse a fermarsi e a togliersi la scarpa per vedere quanto fosse messo male il suo piede.
"Dannazione" imprecò ricordandosi di aver finito i cerotti per le vesciche. Sapeva che non avrebbe dovuto mettere le scarpe nuove, aveva sbagliato ed ora ne pagava le conseguenze.
Cercò di rimettersi la scarpa, ma perse l'equilibrio e scivolò addosso al malcapitato che stava passando in quel momento.
< < Porca puttana. > > imprecò l'uomo che l'aveva trattenuta dal rotolare come un salame.
Lucy si ricompose, non aveva nemmeno il coraggio di guardare in volto chi l'aveva afferrata talmente si vergognava. Tutti avrebbero parlato di lei, della maldestra Lucy e non era nemmeno una sorpresa. Qualche settimana fa era inciampata mentre portava del caffè caldo e aveva sporcato la preziosa moquette del signor Smith. Da allora era soggetta a risolini e battutine di poco gusto su quanto le sue gambe fossero sexy ma deboli. Ma loro non sapevano che a casa faceva, come lo chiamava lei, il secondo turno in cui cucinava, sistemava casa e faceva giocare Jacob prima di metterlo a letto. Non potevano saperlo perché lei era solo l'attraente segretaria che doveva stare ai loro ordini, non importava se era stanca, a loro bastava che il caffè fosse caldo e servito con mille moine.
< < Ma sai camminare? > > sbraitò Toby guardandola dall'alto in basso. < < Se devi sistemarti, vai in bagno e non in mezzo al corridoio. Qui c'è gente che lavora e che non ha bisogno di incipriarsi il naso. > >
Lucy arrossì violentemente, non si aspettava una reazione del genere, insomma gli era solo andata addosso, non l'aveva mica ammazzato. < < Mi scusi, ho perso l'equilibrio e.. > >
< < Non ho tempo per stare a sentire le sue stupide scuse. Ho del lavoro da fare. > > strepitò prima di andarsene e lasciare Lucy sola ed umiliata. Lo conosceva, l'aveva visto due o forse tre volte in mensa, e sapeva bene che tipo d'uomo fosse. Aveva una buona reputazione tra i colleghi, era temuto e rispettato e quasi nessuno osava andargli contro. Lucy prese fiato, andò verso il suo ufficio e provò a non pensare a quanto fosse stato maleducato Toby con lei. Si concentrò sul da farsi e, mentre recuperava dei documenti da consegnare al signor Smith, le venne in mente il sorriso di Jacob che le aveva fatto quella mattina.
"Lo faccio per lui. Sopporta ogni tipo di battuta. Sono tutti degli stronzi a cui non importa niente". Pensò prima di entrare nella sala riunioni e trovarsi tutti gli occhi puntati su di lei.
< < Dia i documenti al signore Kebbell, Lara. > >
< < Mi chiamo Lucy. > > bisbigliò avvicinandosi al più stronzo di tutti in quella sala. Era ormai dieci mesi che lavorava per loro e ancora sbagliavano il suo nome; non riusciva a crederci.
< < Grazie. > > esclamò prendendo i fogli e dandogli un'occhiata. < < Almeno stavolta non sei caduta addosso a nessuno. > >
Lucy gli sorrise, si trattenne pensando a Jacob e uscì dalla sala. Se solo avesse potuto urlare loro contro quanto era stanca di essere la loro schiava e che si meritava un ringraziamento sincero. Si sedette alla sua postazione, accese il computer e cominciò a sistemare alcune fatture finché non sentì un gran fracasso provenire dalla sala riunioni.
   
 
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