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Autore: lost in books    20/02/2017    1 recensioni
Una maga dal misterioso passato, un giovane con una missione, un re assetato di potere. Le loro vite si intrecceranno mentre un'antica minaccia incombe sul loro mondo.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Era buio e la terra tremava. No, il ragazzo sapeva che c’era qualcosa di strano.
Aprì gli occhi. Il sole era alto nel cielo e a giudicare dalla sua posizione doveva essere metà mattina. Guardandosi intorno capì che la terra non stava tremando ma che si trovava disteso a pancia in giù su un cavallo in movimento e aveva le mani legate.
Improvvisamente i ricordi della notte precedente riaffiorarono nella sua mente.

Era riuscito ad addentrarsi nella foresta, ma i soldati lo avevano raggiunto in fretta. Dovevano aver recuperato dei cavalli perché sentiva il rumore di zoccoli in lontananza ma sempre più vicini.
Così, prima che diventasse troppo tardi, raggiunta una zona abbastanza fitta della foresta, era sceso da cavallo e, dando al cavallo una pacca sul posteriore, lo aveva fatto partire al galoppo.
Lui invece si era diretto in un’altra direzione e, trovato un buon punto, aveva nascosto la pietra per poi continuare a scappare. Aveva sperato di riuscire a cavarsela e di poter tornare per la pietra una volta al sicuro ma quello non era il suo destino a quanto pare.
I soldati lo avevano trovato e il giovane aveva messo subito in chiaro che non avrebbero mai trovato la pietra senza di lui. Così i tre uomini avevano deciso di catturarlo ma non prima di essersi sfogati su di lui.

Ricordava di aver perso i sensi per le botte e da ciò che poteva vedere i suoi vestiti erano praticamente da buttare. Sapeva che lo avrebbero portato nelle prigioni del castello di Anthemis e che una volta lì lo aspettavano solo torture inimmaginabili ma era ancora troppo debole per tentare la fuga. Anche se fosse riuscito a gettarsi dal cavallo la caduta lo avrebbe ridotto peggio di quello che già era.
Stava ancora cercando una soluzione quando il cavallo rallentò la sua corsa.
Era troppo tardi. Avevano raggiunto il castello. I soldati dovevano aver spronato i cavalli a correre per tutta la notte e la mattina, facendo solo delle brevi soste per farli riposare così da riuscire a raggiungere quel luogo nel minor tempo possibile.
Arrivati alle porte del castello i soldati si fecero identificare e subito dopo si diressero verso una serie di corridoi che dovevano portare alle prigioni. Il ragazzo capì che non sarebbe stato in grado di ricordarsi il percorso tra l’ingresso del castello e la prigione. Doveva essere stato fatto apposta così, per scoraggiare i prigionieri.
Una volta giunti alle prigioni i tre uomini si rivolsero ad una guardia.
“Abbiamo carne fresca” disse uno dei tre.
“Bene. Il torturatore di corte si stava annoiando in questi giorni. Seguitemi” rispose la guardia e prese un mazzo di chiavi dalla sua cintura con cui aprì la porta che portava alle celle. Erano due file di celle in pietra separate da un corridoio.
La cosa che colpì il giovane era che tutte le celle che passavano erano vuote ma si potevano vedere diverse macchie scure al loro interno. Si rattristò per il destino dei precedenti inquilini di quelle celle ma allo stesso tempo temette per ciò che lo attendeva.
Infine giunsero davanti all’ultima cella sul lato sinistro del corridoio. La guardia ne aprì la porta e, preso il giovane in consegna dai soldati, lo gettò sul freddo e umido pavimento  senza tanti complimenti. Prima di richiudere la cella la guardia prese il ragazzo per quello che rimaneva della sua camicia e gli disse “Benvenuto nella tua nuova casa”
Il suo alito puzzava di vino.
Prima di andarsene si rivolse verso la cella di fronte rispetto a quella in cui aveva appena lasciato il giovane.
“Ti  ho portato un amico, strega. Poi non dire che ti trattiamo senza riguardo” e se ne andò.
Il ragazzo non perse tempo a sciogliere il laccio che gli teneva legate le mani.
 Fu allora che notò che non era il solo inquilino della prigione.
Nella cella di fronte a lui si trovava una donna seduta a terra. Poteva essere sulla ventina, aveva lunghi capelli castano scuro, gli occhi nocciola ed era magra; indossava una tunica logora e sopra di essa portava un mantello, anch’esso in pessime condizioni.
Il ragazzo notò che la cella della donna non era normale poiché le sbarre e le pareti emanavano un tenue colore azzurrino. Dopotutto la guardia la aveva chiamata strega, quindi quella doveva essere una cella in grado di bloccare la magia. Ricordava di averne sentito parlare ma non ne aveva mai vista una prima.
La donna alzò lo sguardo verso di lui e lo guardò torva.
“ Non ti hanno mai insegnato che fissare è maleducazione?”
Al suono della sua voce il ragazzo si riscosse. Non si era reso conto di essere rimasto imbambolato a fissarla.
“ Mi dispiace” le rispose.
“ Fa niente” la donna prese a guardarlo incuriosita “ Piuttosto, che ci fa qui un Darman come te  tutto solo? Di solito vi spostate in gruppo”
“ Come?” il ragazzo rimase spiazzato. Non comprendeva come lei avesse capito cos’era.
La donna se ne accorse perché indicò la zona tra il pettorale e la spalla sinistra del ragazzo dove la camicia gli si era stappata. La poca luce della prigione le aveva permesso di vedere il marchio che si trovava proprio in quel punto.
Il marchio dei Darman, segno indelebile del popolo a cui il ragazzo apparteneva suo malgrado. Gente odiata da tutti per la loro natura. Coloro che non sarebbero dovuti esistere. Il giovane si affrettò a coprire il marchio che possedeva dalla nascita, visibilmente a disagio.
“ Va bene. Non vuoi dirmelo, ma almeno dimmi come ti chiami” riprovò la donna.
“Sandir” le disse, dando risposta anche alla sua prima domanda.
“Mi dispiace” la donna ora lo guardava con un’espressione sul volto che voleva dire solo una cosa. Pietà.
Sandir era il termine con cui la sua gente definiva chi era troppo debole, chi non era nemmeno degno di un nome. Infatti Sandir significava proprio quello: senza nome. Lui aveva scelto di usare quel termine come nome nonostante tutto. Quelli come lui venivano abbandonati dalla sua gente al loro triste destino quando erano solo dei bambini. Tutti erano a conoscenza di  quella crudele usanza. Se non fosse stato per Bog…
No, non doveva pensarci.
“ E tu, come ti chiami?” le chiese cercando di allontanare i suoi tristi pensieri.
La donna sembrò pensarci su ma alla fine gli rispose “Ilia”
“Piacere di conoscerti Ilia. Hai idea di come uscire da qui?” le chiese, senza troppi giri di parole.
“Certo, con la magia. Ma purtroppo sono chiusa in questa cella che blocca i miei poteri, altrimenti sarei evasa da molto tempo, non trovi?” lo guardò alterata la maga.
Sandir non sapeva più che dire quando la donna sospirò e riprese a parlare “ In due credo che possiamo farcela. Se collaboriamo bene, si intende”
“Va bene. Sono tutto orecchi”
“ Ascoltami bene. Tu ti occuperai della fase uno e cioè tramortire la guardia”
“Ma come faccio?” la interruppe Sandir.
La maga per tutta risposta gli indicò il punto in cui si trovava una panca di legno, unico giaciglio nella cella del ragazzo.
“ Sotto la panca troverai un mattone di pietra leggermente scostato in avanti rispetto agli altri. Il precedente inquilino della tua cella era riuscito a trafugare una lima ed a staccare dal muro uno dei mattoni. Il poveretto pensava di riuscire a scappare prima o poi ma lo hanno giustiziato.
Prendi il mattone, distenditi a terra e non muoverti. La guardia che hai avuto modo di conoscere prima viene a controllare la situazione nelle celle mezz’ora prima della fine del suo turno. Siamo fortunati, ci è capitato lo stupido ubriacone, quindi non dovresti avere problemi a metterlo fuori gioco. Gli dirò che hai smesso di respirare così aprirà la tua cella, tu lo colpirai  e, una volta prese le sue chiavi, mi libererai. Al resto ci penso io”
“ Pensi che ci cascherà sul serio?” il giovane era diffidente.
“ Tu fidati di me” gli disse la maga.
Sandir non sapeva se fidarsi o meno ma doveva assolutamente andarsene da lì il più presto possibile e Ilia gli aveva offerto una possibilità di fuga. Così fece ciò che lei gli aveva chiesto.
La guardia si presentò a controllare le celle come Ilia aveva detto. Sandir era a terra, pronto ad eseguire il piano.
Sentì Ilia dire alla guardia che il prigioniero della cella accanto non respirava e la guardia imprecare “Maledizione, ci serve vivo”
La guardia aprì in fretta la cella e si accucciò alle spalle del ragazzo, che si mosse fulmineo, colpendolo alla testa con il mattone.
La guardia cadde a terra privo di sensi.
“ Visto? Tutto secondo i piani” gli sorrise Ilia “ Ora liberami”
Sandir prese le chiavi dalla guardia e trovò subito quella giusta. Anch’essa emanava una debole luce come la cella che apriva.
Una volta libera, la maga fece cenno al ragazzo di seguirla.
I due uscirono dalle prigioni e, risalita una rampa di scale, si ritrovarono in un corridoio del castello.
Sandir notò che Ilia procedeva con passo sicuro fermandosi nelle intersezioni dei corridoi per controllare che la via fosse libera. Se stavano per incrociare dei soldati li faceva addormentare usando un incantesimo del sonno.
Gli fu presto chiaro quanto lei fosse pratica delle vie del castello e che fosse una maga di grande talento, visto che non l’aveva sentita pronunciare nessun incantesimo a voce, come aveva visto fare solo da maghi esperti. Ma le domande che voleva porle avrebbero dovuto aspettare. Ora dovevano concentrarsi sulla fuga.
Finalmente Ilia lo condusse all’esterno attraverso un’uscita secondaria del castello, continuando a far addormentare le guardie sul loro cammino.
“ Dobbiamo allontanarci prima che qualcuno dia l’allarme” gli disse la maga ma proprio in quel momento Sandir udì il suono di una campana.
“Dicevi?” le disse, sull’orlo di un attacco di panico.
“Maledizione. Corri!”
E ancora una volta Sandir fece come lei aveva detto, ma poco dopo, guardandosi indietro, vide che degli uomini a cavallo li stavano inseguendo.
“Ora che facciamo?” era completamente nel panico. Non poteva finire così.
In quel momento Ilia si girò verso di lui e disse con un ghigno sulla faccia “Ora usciamo di scena con stile”
Sandir la vide afferrare il suo braccio destro e poi tutto divenne buio.
Nel punto in cui i due si trovavano un attimo prima non rimaneva più nulla.
   
 
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