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Autore: Angel Of Fire    20/02/2017    12 recensioni
"La mia vita aveva preso davvero una piega grandiosa. Che gran favore mi aveva fatto, il mio salvatore! Quasi sarebbe stata meglio la morte melodrammatica che il mio caro ed amato fidanzato voleva concedermi con tanto entusiasmo, piuttosto che il desolante ritorno a quella patetica routine. Sarebbe stata un'uscita in grande stile, degna di un vero e proprio pirata della miglior specie. Invece..."
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Yuki
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Cuore di pirata'
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Riportami a casa

Riportami a casa


Quando l'amore vi fa cenno, seguitelo,

Benché le sue strade siano aspre e scoscese.

E quando le sue ali vi avvolgono, abbandonatevi a lui,

Benché la spada che nasconde tra le penne possa ferirvi.

E quando vi parla, credetegli,

Anche se la sua voce può mandare in frantumi i vostri sogni

come il vento del nord lascia spoglio il giardino.

(Khalil Gibran – Il Profeta)




Non fu affatto facile reagire alla fine di Dekher. Il suo tradimento mi aveva traumatizzata molto più della sua drammatica dipartita avvenuta, tra l'altro, mentre tentava di strangolarmi. Il suo voltafaccia mi aveva sconvolta molto più della consapevolezza che fosse stato Harlock stesso a freddarlo. Ma il Capitano aveva agito per proteggermi e non potevo fargliene una colpa. Se non fosse stato per il suo provvidenziale intervento non mi sarei potuta rintanare tra le amate e arrugginite paratie della mia Astral Gale a rimuginare per l'ennesima volta sulla patetica nullità della mia esistenza.

Come avevo potuto farmi fregare da uno come Dekher? Cuore di serpente a sonagli… Che diavolo mi era preso? Possibile che non fossi più in grado di distinguere un’adorabile canaglia dalla peggiore feccia dell'umanità?

La mia vita aveva preso davvero una piega grandiosa. Che gran favore mi aveva fatto, il mio salvatore! Quasi sarebbe stata meglio la morte melodrammatica che il mio caro ed amato fidanzato voleva concedermi con tanto entusiasmo, piuttosto che il desolante ritorno a quella patetica routine. Sarebbe stata un'uscita in grande stile, degna di un vero e proprio pirata della miglior specie. Invece...

In pochi istanti, il mondo che mi ero costruita faticosamente in cinque anni, si era sgretolato di nuovo. Non c'era via d'uscita, o forse, non c'era mai stata. Avevo solo bisogno di sbatterci il grugno ed aprire gli occhi. Avevo bisogno di guardare in faccia la realtà e convincermi che, in tutto l'universo, non ci sarebbe mai stato un altro posto per me, se non la mia buona e vecchia casa sull'Arcadia. Nessun altro amore se non quello per lui, il magnifico bastardo.

Harlock mi aveva vegliata segretamente in quei lunghi anni, ma perché lo aveva fatto? Desiderava che trovassi un brav’uomo col quale sfornare una mezza dozzina di marmocchi? O era con me che avrebbe voluto sfornarli? L'ennesimo enigma con il quale mi sarei dovuta arrovellare il cervello. Nonostante mi avesse concesso addirittura il lusso di un bacio, non ero ancora così sicura che mi volesse davvero e soprattutto... nel senso in cui lo intendevo io.

Già, mi aveva baciata, e in che modo poi... Tralasciando il piccolo macabro particolare di Dekher stecchito ai nostri piedi, era stato inaspettato, passionale, coinvolgente, e mi aveva scombussolato fin nel profondo. Come un uragano mi aveva violentemente risucchiato dalla mia banale realtà scaraventandomi in una dimensione intrisa di passione, di desiderio. Mi aveva fatto solo leggermente assaporare quello che avremmo potuto vivere, ma che non sarebbe mai stato. Avevo davvero faticato a trattenermi dallo strappargli i vestiti di dosso e farlo mio in quel merdoso buco di frontiera. Ma fortunatamente, quel briciolo di ragione che ancora mi teneva aggrappata alla realtà, mi aveva saggiamente suggerito che, davanti al cadavere del mio ex, non era proprio il caso di lasciarsi andare a quei bollori.

E poi ero arrabbiata, furiosa con lui. Dopo aver penato per anni per cercare di sciogliere quel suo fottuto cuore di ghiaccio non potevo cedere al primo approccio come un'ingenua ragazzina alla prima cotta. Non gliel' avrei resa un'impresa facile!

Così me ne andai, senza spiegazioni, melodrammi o smancerie, rendendogli pan per focaccia.

Passai dei giorni infernali dopo aver lasciato quel dannato pianeta, ma avevo un disperato bisogno di restare sola a metabolizzare l'accaduto. Gli ero molto grata per avermi salvata ma la gratitudine non era l'unico sentimento che mi ritrovavo a provare. Lo aveva fatto di nuovo: quel meraviglioso bastardo mi aveva condizionato e stravolto la vita. Dovevo sapere se mi aveva salvata solo per dovere, senso di responsabilità... sì, pure rimorso, per quante me ne aveva fatte passare. O se fosse davvero innamorato di me.

Innamorato... era una parola che esisteva davvero nel suo vocabolario? Rabbrividivo solo al pensiero, anzi, a dire il vero, mi scioglievo solo ad immaginarlo. Però il dubbio mi aveva molto più che sfiorata.

Gli inviai un messaggio nel codice criptato che conoscevano solo i membri dell'Arcadia ( mossa astutissima, da vera volpe spaziale...) ed attesi. Era l'unico modo per avere la conferma di ciò che davvero rappresentavo per lui. Solo poche parole che non lasciavano adito a fraintendimenti... o provvidenziali vie di fuga. Avevo gettato l’amo, dovevo solo aspettare che il pesce abboccasse.


______________________



Un giorno come tanti me lo ritrovai alle spalle, apparso così, all'improvviso. Sbucato dal nulla, come se si fosse materializzato in quell'istante, chiamandomi con un nome che ormai avevo quasi dimenticato: “Kei Yuki.” Lo scandì bene, con quel suo inconfondibile tono profondo e rassicurante, che mi fece letteralmente schizzare fuori il cuore dal petto. Dekher non era riuscito a farmi fuori, nonostante ce l'avesse messa tutta, ma Harlock avrebbe concluso l'opera, prima o poi, e con molto meno impegno.

Eravamo nel bel mezzo di un sudicio, maleodorante e sgangherato hangar del Settore Alpha, in pieno giorno e circondati da centinaia di persone. Mi voltai lentamente, pronta a dargli battaglia, forte di tutti gli anni passati a sperare, ma, appena lo ebbi nel mio campo visivo, miei istinti omicidi si andarono a sgretolare miseramente contro qualcosa che mai mi sarei aspettata di vedere. Non indossava la sua solita e oscura mise da pirata, ma non per questo la sua figura era meno appariscente ed affascinante. Una pesante giacca di pelle metteva in risalto l’ampiezza e la possanza delle sue spalle, dei morbidi pantaloni chiari gli fasciavano le cosce lunghe e slanciate, a completare l’opera degli stivali scuri che gli arrivavano fin sotto le ginocchia, un foulard bianco che svolazzava dalla giacca semiaperta e un’espressione lievemente impertinente che lo facevano sembrare un aviatore d’altri tempi. Il volto vagamente sorridente incorniciato dall’ondeggiare leggero della sua capigliatura castana. Nonostante si mimetizzasse alla perfezione in quell’ambiente, a me sembrava splendesse di luce propria.

Che dire? Era perfettamente in tinta con il mio tutone lurido e sbrindellato da meccanico improvvisato. Dopo l’ultimo sabotaggio l’Astral Gale aveva quasi esalato l’ultimo respiro e ormai partiva solo a suon di pedate e colpi di chiavi inglesi. Facevamo proprio una bella coppia.

Nonostante tutto non riuscii a nascondere lo stupore dell’essermelo trovato alle spalle e lui se ne accorse: “Qualcosa non va, secondo ufficiale?” Ruppe il silenzio, vagamente ironico.

Scossi il capo regalandogli un leggero sorriso: “Se mai fossi venuto davvero a cercarmi mi ero immaginata una situazione del tutto diversa...” mormorai divertita.

“Del tipo?” Quella sua aria da improbabile sbruffone mi stava piacendo, molto più del dovuto. Non avevo mai immaginato di potergliela vedere dipinta in faccia. Era sempre così ombroso e serio, quasi non fosse nemmeno più capace di cambiare espressione. “Beh... tipo un'entrata in scena in grande stile. Una cosa più... da te, un'apparizione mistica che scatenasse il panico tra la gente, con tanto di svolazzata di mantello” gli confidai mimando le virgolette con le dita.

“Sì, certo. Capisco...” mi concesse un altro sorrisino che avrebbe disintegrato la vocazione di un esercito di novizie. In quel momento un destro glielo avrei mollato volentieri, ma eravamo in mezzo ad un mare di persone e poi, non era un comportamento propriamente da signora.

“Che ci fai qui?” Ero sinceramente curiosa di sentire le sue ragioni, e soprattutto di come avrebbe giustificato il suo comportamento, “Sei di nuovo sulle tracce di qualcuno intenzionato a farmi la pelle?” Lo provocai sorniona incrociando le braccia al petto.

Lui scosse il capo senza smettermi di fissarmi, si avvicinò lentamente, allungò una mano verso il mio viso e mi pulì sensualmente uno zigomo da uno schizzo di olio per motori: “Lo sai il perché.” Il suo tono cavernoso e seducente mi fece sgranare gli occhi dallo stupore, un leggero brivido mi attraversò la schiena e sentii un tremito alle gambe come se fossero fatte di gelatina.

Scossi la testa per recuperare il mio autocontrollo. Sbuffai fingendomi indignata, cadeva sempre in piedi, avrei dovuto immaginarlo che avrebbe evitato abilmente la risposta esattamente come avrebbe fatto con un fendente di spada.

Chiaramente non ero prigioniera o in pericolo. O forse… prigioniera lo ero sempre stata, delle mie aspettative, delle mie disillusioni, del mio amore che avevo sempre creduto unidirezionale. Ed Harlock era finalmente venuto a liberarmi dai miei dubbi, per sempre.

Lo amavo così tanto che gli avrei tirato volentieri due ceffoni, un calcio negli stinchi e, per chiudere in bellezza, una ginocchiata tra le gambe, ma mi limitai a torturarlo ancora virtualmente concedendogli invece uno dei miei più radiosi sorrisi. “Perché qui, oggi, e davanti a centinaia di persone?” Lo misi alle strette di nuovo.

Lui inclinò appena la testa da un lato, nel suo solito modo adorabile e vagamente presuntuoso e poi assottigliò quel suo sguardo accattivante: “Visto come hai reagito l'altra volta ho pensato che ti saresti almeno trattenuta dall'istinto di puntarmi addosso una pistola... E che mi avresti lasciato parlare.”

Non potei evitare di arrossire. Beh, perspicace lo era sempre stato. L'idea di piantargli un laser nella pancia non mi aveva abbandonato del tutto. Non un colpo mortale, era inteso. Qualcosa di superficiale, che gli avrebbe fatto digrignare i denti dal dolore. Nulla di irrimediabile. Ma il desiderio di fargliela pagare, in qualche modo, era sempre lì, vivo e in agguato. Tuttavia non lo avrei mai seguito se non me lo avesse chiesto espressamente. La sua presenza lì, in quell’hangar puzzolente e malsano, era sicuramente più esaustiva di mille parole. Ma io pretendevo che me lo chiedesse, dopo tutto quello che avevo penato, era un mio sacrosanto diritto.

“So cosa stai rimuginando. Vuoi che te lo chieda.” Mi lesse nel pensiero con un'espressione stranamente divertita e tranquilla, ma notò comunque il mio scetticismo. “Kei Yuki, sono venuto per riportarti a casa.”

Inspirai profondamente. D’accordo, più che una richiesta aveva tutta l’aria di un comando… o di una proposta che non si poteva rifiutare, ma il tono con cui aveva pronunciato quelle poche parole e l’intensità del suo sguardo mi fecero semplicemente sciogliere come neve al sole.

Sorrisi soddisfatta. Mi sentivo come un'antica principessa che il suo principe azzurro era venuto a salvare. Beh forse principe azzurro non era il termine più adatto... Cavaliere nero suonava decisamente meglio, anche visivamente, senza contare che io non ero esattamente l'incarnazione di una principessa delle fiabe.

“Vado... Vado a prendere la mia roba...” mugugnai inebetita, indicando con il pollice il rottame alle mie spalle.

“Non ne hai bisogno...” mi rassicurò senza mai smettere di fissarmi.

Deglutii a vuoto. Ecco, ero fottuta! Al diavolo l'Astral Gale e le sue ventidue libbre di quantinuum. Un carico che mi avrebbe fruttato almeno diecimila crediti. Chiunque avesse raccattato quella vecchia bagnarola arrugginita avrebbe fatto l'affare della sua vita.

Ma a me non importava. Non più almeno. Di fronte a me c’era tutto ciò che avevo sempre desiderato, sognato, bramato... Un magnifico stronzo bastardo!

Mi fece scivolare una mano dietro la schiena e con l’altra mi sollevò per le gambe, in un attimo mi ritrovai avvolta dal suo abbraccio, confortata dal suo calore. Mi rannicchiai contro il suo petto e lui, camminando verso il lupo spaziale, avvicinò la fronte alla mia.

Se era vero il detto che la sposa doveva far ingresso nella sua nuova vita in braccio al suo consorte, quel gesto aveva tutta l’aria di un tacito matrimonio. Sperai però che poi non mi avesse scaricata sulla sua navetta come un sacco di patate. Conoscendo certi suoi precedenti, non era da escludere del tutto.


__________________


Riabbracciare i miei vecchi compagni mi aveva incredibilmente commossa e reso di buon umore, perfino la faccia monoespressiva di Meeme mi era apparsa meno verdognola e… stranamente sorridente. Tuttavia non ero poi così sicura di esserle mancata, sicuramente più di quanto lei era mancata a me. È proprio vero che quando le cose cominciano a funzionare per il verso giusto, tutto ti appare sotto una luce diversa, sotto un’altra prospettiva.

Finiti i convenevoli Harlock mi invitò nel castello di poppa per brindare al mio ritorno. Brindare era la scusa che aveva preso per congedare gli altri, ma io ovviamente mi auguravo ben altri tipi di festeggiamenti.

Sperai che fosse lui a prendere l'iniziativa. Non che fossi una verginella casta e pura che non sapesse che pesci pigliare, per carità, in cinque anni avevo avuto abbastanza avventure da poter vantare una certa esperienza, ma di fronte alla sua gentilezza e disponibilità mi ero quasi dimenticata di come si facesse, tanta era la soggezione che mi metteva quel suo dannato occhio ambrato e indagatore. Era stupido e anche infantile, me ne rendevo pienamente conto, ma lui riusciva ancora a scatenarmi quell'effetto. I miei sensi erano come paralizzati ed il corpo incapace di assecondare i miei pensieri. Lo vidi avvicinarsi tenendo in mano due bicchieri di vino, sorrisi constatando che in tanti anni le sue buone abitudini non erano affatto cambiate. Ma in quell'istante non c'era l'aliena a condividere con lui quel gesto così intimo e privato, c'ero io. Istintivamente mi pizzicai una coscia per svegliarmi da quel bel sogno e ritornare alla mia scialba vita da mercante di quantinuum. Era certamente meglio tagliare corto prima di giungere ad un punto in cui sarebbe stato molto più doloroso svegliarsi. Il dolore che mi auto infersi però non cancellò l'immagine meravigliosa di lui che, in camicia semiaperta e calzoni, mi scrutava con l'espressione più dolce che avessi mai visto dipinta sul viso sempre cupo da implacabile pirata.

Deglutii a vuoto e lo lasciai avvicinare di più fino a sentire il suo fiato caldo sul viso, lo lasciai avvicinare fino a sfiorare le sue labbra in un bacio carico di promesse e di rimpianti, disperato e agognato da tanto, troppo tempo...


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Avevo urlato qualcosa... Forse il suo nome. Sdraiata sul suo letto ansimante e sudata, mi augurai di non averlo mandato davvero al diavolo ad alta voce. Quando finalmente riuscii a recuperare un briciolo di lucidità mi accorsi di lui completamente abbandonato su di me, il suo viso affondato nell'incavo del mio collo, il suo respiro veloce a solleticarmi impertinente l’orecchio. Sorrisi soddisfatta. In quel momento fui grata a me stessa per non avergli tirato la famosa ginocchiata. Gli infilai le dita tra i capelli e, per la prima volta in vita mia, non fui tentata di strapparglieli ciocca dopo ciocca. Gli accarezzai dolcemente la schiena. E poi lo strinsi forte.

Non potevo credere che quello che era appena accaduto tra noi avesse posto fine alla rigorosa tradizione di cent'anni di castità. Ma nello stesso tempo, immaginarlo avvinghiato a Meeme, in quello stesso letto, non mi faceva stare meglio.

Era il mio chiodo fisso. Cosa ci potevo fare? Mi augurai che ogni tanto avesse almeno consumato come ogni altro stramaledetto pirata che si rispetti. Come faceva tutto il resto della ciurma. Ero ridotta proprio male per preferirlo tra le gambe di una sconosciuta piuttosto che tra le grinfie di quell'aliena.

Scossi il capo istintivamente cercando di scacciare quei perniciosi pensieri e lui se ne accorse. Si sollevò da me mettendosi su un fianco. “Su cosa stai rimuginando?” Mi chiese rilassato e curioso allo stesso tempo.

Sogghignai. Potevo farmi sfuggire una così ghiotta occasione? “Sul fatto che sei un meraviglioso stronzo, bast...”

Mi chiuse subito la bocca premendomi due dita sulle labbra. “Basta così, ho afferrato il concetto” ironizzò, con quel suo solito sorrisetto assassino che in quel momento gli illuminava lo sguardo.

“E la cosa non ti disturba...?” Mi affrettai ad aggiungere aggrottando la fronte. Ero davvero curiosa di sapere cosa lo avesse spinto a lasciarsi tutto alle spalle e a compiere finalmente quel tanto sofferto primo passo verso di me.

“No. So che nutri ancora del risentimento nei miei confronti…” Bravo, che tipo perspicace! “Ma al proprio destino non si può fuggire… e tu, malgrado tutto, sei e sarai sempre legata a questa nave. E a me...” svelò finalmente con il sentimento di un tostapane.

Mi sollevai leggermente sui gomiti e lo fissai come una leonessa che sta per azzannare la sua preda, pronta a vomitargli addosso ogni sorta di ingiuria che mi fosse passata per la testa. Ma appena aprii bocca mi trattenni, scossi la testa divertita cambiando subito espressione: “Lo sai vero che è la peggiore dichiarazione d’amore che la storia ricordi?” Sogghignai.

L'unica risposta che ricevetti fu un affascinante sorriso sibillino. Era inutile sperare nell’impossibile, non avrebbe mai pronunciato quelle due fatidiche e magiche parole, nemmeno sotto tortura. Anche se, in quel frangente, manette e frustino stavano diventando un pensiero davvero allettante. Come anche quello di una doccia... avevo ancora l’odore del carburante misto a fumi di scarico addosso e tra i capelli, gli scoccai un bacio a fior di labbra e mi sollevai mettendomi seduta sul bordo del letto. Feci per alzarmi ma una mano forte e calda mi afferrò per la vita facendomi ricadere all’indietro.

“Dove credi andare?” Mi bloccò, rotolando sopra di me, imprigionandomi con la sua iride ambrata ancora ardente di desiderio.

Non feci in tempo a replicare che mi trovai la bocca chiusa dalla sua. Era vero, da quelle labbra morbide e tiepide un ti amo, non sarebbe mai venuto fuori, ma dopo aver sperimentato le prodezze della sua lingua sapiente su tutto il mio corpo, la consapevolezza che sapesse parlare in tutt’altra maniera mi allettava certamente di più.

Quasi soffocata dai suoi baci e dalle sue carezze roventi e audaci, fui pervasa da una drammatica consapevolezza: non avevamo preso nemmeno uno straccio di precauzione. Sorrisi sulla sua bocca e lui non ne intuì il motivo. O forse non si era nemmeno posto il problema. Il fatto che mi avesse donato tutto se stesso, senza preoccuparsi delle conseguenze, valeva molto più di qualsiasi sdolcinata e prolissa dichiarazione d’amore.

Fantastico! Pensai. Già mi prefiguravo gli sforzi sovrumani per tentare di infilarmi la tuta aderente combattendo con l'ingombrante pancione e mi immaginavo a sfornare il mio primo marmocchio sotto l'imperversare di una battaglia. Ma la cosa stranamente non mi dispiaceva, né mi intimoriva, anzi ero fiduciosa, elettrizzata. Sapevo che su una nave pirata una pistola è la prima cosa che si mette in mano ad un bambino ancora prima che cominci a camminare, perché per noi avrebbe dovuto essere diverso?

Quella era la vita che avevamo scelto, con le sue gioie impreviste da accogliere come benedizioni e gli inevitabili dolori. L'unica vita che avremmo mai potuto amare. Mi lasciai andare alle sue focose effusioni mentre l’Arcadia, fendendo il nero dello spazio infinito, si godeva tranquilla e silenziosa quel prezioso momento di quiete prima della prossima avventura.

Ecco, mi stava accadendo di nuovo, sentivo il cuore battere all'impazzata, il sangue pulsane nelle vene e l'adrenalina salire alle stelle. Ero di nuovo un pirata, parte di quella meravigliosa ciurma di scalmanati pronti a tutto, a dare anche la vita per quello in cui avevano sempre creduto. Ero di nuovo quella che, in fondo, non avevo mai smesso di essere nel corpo e nell’anima: Kei Yuki, secondo ufficiale della corazzata più invincibile dell’universo ed ero finalmente tornata a casa.


F I N E

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L'angolo dello smatto fobico ^ ^'

Questa fiction l'ho ripescata in una vecchia cartella del mio PCino ormai dimenticata e sepolta tra un mare di altri files, l'avevo scritta per dare un finale a Precious, ma poi avevo perso l'entusiasmo e... nulla, l'avevo abbandonata. Perché l'ho tirata fuori proprio adesso? Nessun arcano mistero da svelare, semplicemente è un periodo in cui ho bisogno di lieti fine, che non schiatti nessun protagonista in modo barbaro e disumano, insomma amore e felicità a iosa contro l'infinita merda di questo mondo infame. Y___Y

Per la scena del capitano che prende in braccio Kei per portarla sullo space wolf il credit va alla mia amica A. lei sa chi è (oddio spero se lo ricordi... Te lo ricordi vero?) quindi non c'è bisogno che faccia nome e cognome. Visto che in qualche modo ce l'ho messa? <.< il mio mal di schiena ti ringrazia NdHarlock

Grazie a chiunque passi di qua. Se qualcuno vuole lasciare pure un parere, son pronta a staccare un assegno (no scherzo, sono pressoché al verde) ^ ^' ma certamente gli sarò infinitamente grata :)

E dopo questa piccola parentesi Harlockiana me ne ritorno in una galassia lontana lontana... fa pure rima what

Besos a todos e che la forzah sia con voih!

Disclaimer: Tutti i personaggi di Capitan Harlock sono © di Leiji Matsumoto. La fan art invece è opera mia ;) 

  
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